Alle nove di sera l’Old Pub era ancora chiuso. Pietro stava sistemando i
bicchieri ordinatamente dietro il bancone senza badare ai commenti dei
musicisti che quella sera avrebbero suonato nel locale. Era intento a pensare
all’esame di estetica che avrebbe dovuto sostenere di lì a poche
settimane e stava organizzando mentalmente il carico di studio che avrebbe
dovuto smazzarsi da lì al giorno della prova
finale.
- Ragazzino, ci dai una mano? –
lo chiamò sgarbatamente uno dei musicisti. Quel giorno si sarebbero
esibiti i Moonchild, gruppo heavy
metal piuttosto celebre lì a Washington, ovviamente per chi bazzicava la
scena. Nathan lo aveva chiamato per sapere esattamente a che ora avrebbero
iniziato a suonare, visto che sicuramente sarebbe venuto a vederli essendo un
amante di quel genere scassa timpani. E, a proposito di amanti, Pietro
scommetteva che sarebbe venuto pure A.J, più
per dovere che per diletto, e per questo piuttosto scazzato e nervoso. Il
cameriere pregava ardentemente che il poliziotto chiudesse entrambi gli occhi
sullo show e su quello che probabilmente sarebbe successo sotto il palco,
altrimenti per il boss e per il locale le cose si sarebbero complicate
parecchio.
- Dimmi, hai bisogno di qualcosa?
– Pietro si ricosse dai suoi pensieri e rispose nel modo più
gentile possibile all’uomo che lo aveva chiamato.
- Portaci tre birre medie. In fretta,
su su! –
Il ragazzo decise di ignorare la
maleducazione del tipo. Era abituato a quel genere di palloni gonfiati: nel
locale suonavano spesso musicisti famosi e poiché portavano gente e
soldi, anche se erano degli stronzi dovevano essere trattati bene. Pietro si
divideva fra il bancone e il dietro alle quinte, correndo di qua e di là
per portare da mangiare, prendere le ordinazioni e ritirare i bicchieri sporchi,
stando bene attento a non essere irriverente o a deluderli.
Provava dei sentimenti contrastanti
per questa peculiare categoria umana: da una parte i musicisti lo avevano
sempre affascinato ma dall’altra…beh, come potevano credere di
essere meglio degli altri solo perché strimpellavano qualche strumento?
Non riusciva proprio a capire perché si permettessero di essere sgarbati
e volgari, come se tutto gli fosse concesso per volontà divina, della
dea musica. Fosse stato per lui, alla prima mancanza di rispetto li avrebbe
messi alla porta; purtroppo lui non era il proprietario e non poteva fare altro
che accettare quella situazione senza dire una parola.
Il ragazzo preparò i bicchieri
e li portò al chitarrista e al bassista. Si girò intorno come per
cercare l’ultimo avventore del pub, quando il bassista gli indicò il
terzo membro del gruppo, seduto poco lontano e intento a cambiare la pelle del
rullante.
Pietro lo raggiunse e gli
appoggiò la bionda sul tavolo, in mezzo alle chiavi e ad altri aggeggi
che completavano il suo equipaggiamento. – Grazie. – gli rispose
lui, lanciandogli una velocissima occhiata di straforo.
- Nulla. – Pietro si
bloccò, incuriosito. – Che stai facendo? -
L’uomo si fermò a sua
volta e alzò la testa verso di lui. – Come, prego? –
- Intendo dire…con quel
tamburo. -
Il batterista scoppiò a
ridere.
- Questo è un rullante, -
cominciò, prendendo in mano la sua birra e bevendone un sorso. – Gli
sto cambiando la pelle, sai, è dove colpisci con la bacchetta quando
suoni. Se la pelle si usura il timbro dello strumento cambia e la
qualità del suono cambia. Allora bisogna sostituirla, come sto facendo
io ora. -
- Ah. – si lasciò
scappare Pietro. – Beh, è…uhm… forte. Interessante.
– sentendosi osservare con sufficienza e pensando di essere arrossito
violentemente decise di tornare al suo posto, in tempo per essere chiamato dal
capo per scaricare il camion appena arrivato con le cibarie.
***
L’aveva osservato tutta sera,
non si era perso nemmeno un minuto del suo concerto: Pietro si era perdutamente
innamorato di quel batterista. Dopo il loro piccolo dialogo si era perso nei
preparativi del locale e lo aveva visto ricomparire dalle quinte qualche ora
dopo, senza maglietta, e lì aveva avuto un colpo: il suo ventre era
perfettamente scolpito, i muscoli delle braccia guizzavano tra i tatuaggi
tribali e i rasta ricadevano sparsi sulle forti spalle. Lo aveva osservato
sedersi con aria decisa e concentrata e picchiare sui suoi tamburi (e sul suo
rullante) con rabbia selvaggia e questo lo aveva enormemente eccitato. Ma,
ricordandosi che stava lavorando e che aveva comunque da tenere un contegno
anche fra quegli animali che si affollavano sotto il palco e che pogavano inferociti, si impose di non dargli poi troppa
importanza. Almeno fino a quando non si presentò davanti a lui alla fine
della performance, al bancone del bar, a ordinare uno scotch.
- Ehi, complimenti per il concerto,
siete stati grandi! – il primo ad accorgersi che era arrivato fu Nathan.
In visibilio per il concerto stava parlando concitatamente con AJ di cosa gli
era piaciuto del live, delle canzoni e della musica dei Moonchild.
AJ, seduto al bancone assieme a lui, gli dava poca importanza e osservava la
folla che si divideva fra le porte del locale e i tavolini disseminati intorno
al palco. Pietro, che navigava lungo il bancone cercando di servire tutti il
più velocemente possibile, lanciava qualche sorriso agli amici, fino a
quando vide Nathan attaccare discorso con il suo batterista.
- Grazie, amico. Allora, ragazzino,
che ne dici di darmi da bere? – rispose distratto l’uomo, lanciando
una lunga occhiata misteriosa a Pietro. Era ancora tutto sudato e senza
maglietta, cosa che fece bloccare per un attimo il cameriere per osservarlo
bene.
- Subito. – gli rispose Pietro.
Gli porse il bicchiere e le loro mani si fiorarono. L’uomo
lo salutò con un sorriso e l’occhiolino, poi sparì fra la
folla. Lungo la scia vide dei flash: sicuramente qualche fan aveva reclamato
una foto con il suo beniamino. Fortunati.
Pietro si sentì morire
ripensando a quello che era appena successo.
- E così anche tu con la fissa
delle rockstar, eh? Ti facevo più intelligente. – gli disse AJ
appena il musicista sparì fra la folla. Nonostante fosse fuori orario di
lavoro e non avesse la divisa d’ordinanza non si faceva fatica a capire
che era vigile, pronto a intervenire nel caso di violenza gratuita o di crisi
di nervi. Si guardò di nuovo le spalle prima di dirigere il suo sguardo
indagatore verso il suo amico, cercando di decifrare una risposta alla sua
domanda ben prima che lui potesse rispondere.
Nathan si appoggiò alla spalla
di AJ, interessandosi parecchio anche lui della faccenda. – Sentiamo, che
male c’è nel prendersi una cotta per un musicista? -
- Un momento… - cercò di
inserirsi Pietro, senza successo.
- Per quel coso lì? Mi spieghi
perché dovrebbe piacere un tipo del genere? – sbottò AJ,
facendo il finto offeso ma passando il braccio intorno alle spalle del suo
ragazzo.
- Beh, è bello, misterioso, ha
carisma… - cominciò Nathan.
- Ma è un pezzente! Minimo
vivrà nella sua auto! –
- Te l’ho mai detto che sei
pieno di pregiudizi? Perché mai un musicista deve essere per forza
squattrinato?–
- Ragazzi! – li fermò il
cameriere. – Ma di cosa state parlando? –
I due si rivolsero verso
l’amico, mentre gli altri avventori lo chiamavano per poter ordinare.- Si
vede lontano un miglio che ti piace Bart Cameron. – rispose Nathan, un
po’ stupito e un po’ malizioso.
- Chi? –
- Il batterista dei Moonchild! Quello che se n’è appena andato!
–
- Ma…io…a me non piace!
–
- Raccontalo a qualcun altro. –
rise AJ. I due ormai lo guardavano come due che la sapevano lunga, con uno
sguardo che non gli piaceva proprio, che lo metteva a disagio. A lui i
musicisti non erano mai andati a genio, ma quel batterista, quel Bart, era
proprio figo…
Pietro si diresse verso due punkabbestia che volevano essere serviti, chiudendo il
discorso.
***
Alle quattro di mattina il locale
chiuse le porte e i camerieri ricominciarono a rigovernare la sala. Pietro
osservava di sottecchi Bart mettere via la sua strumentazione. Voleva
chiedergli se aveva bisogno di una mano ma sapeva che al capo non sarebbe
andato a genio che abbandonasse i suoi compiti per qualcosa che lui non gli
aveva chiesto. Comincio a spazzare per terra e a raccogliere i sacchi della
spazzatura. I musicisti erano ancora su di giri e anche tra i camerieri
c’era un’aria piuttosto allegra. Pietro si trovò a pensare
che l’unica cosa che voleva fare era tornare velocemente a casa e
chiudere gli occhi appoggiando la testa sul cuscino. Avrebbe dimenticato Bart e
si sarebbe di nuovo focalizzato sul suo esame, tutto sarebbe tornato normale,
nell’ambito della sua routine quotidiana. Non vedeva l’ora.
Prese i sacchi della spazzatura e si
uscì sulla strada per sistemarli a lato della strada: poche ore
più tardi e sarebbe arrivato il camioncino della spazzatura a ritirarli.
Vide ancora alcuni ragazzi seduti sul marciapiede o appoggiati ai lampioni
intenti a fumare e a chiacchierare. Uno di loro, la testa rasata e il
dilatatore all’orecchio sinistro gli chiese una sigaretta.
- Non fumo, mi dispiace. – lo
scostò velocemente Pietro. Quel ragazzo puzzava di birra.
- Ehi, ehi, dove scappi così
velocemente? – il tipo gli mise una mano sulla spalla per bloccarlo. Il
cameriere cominciò a divincolarsi, ma mingherlino com’era non
poteva fare molto.
- Senti, ho del lavoro da fare, ok?
– cercò di liquidarlo Pietro.
- Dai, tienimi compagnia per qualche
minuto… -
- Dimmi, quanto hai bevuto stasera
per comportarti così da coglione? –
Al ragazzo non piacque molto il tono del
cameriere. Spostò la mano dalla spalla al suo collo, facendo pressione.
Pietro voleva urlare, ma non
riusciva: quello stringeva troppo forte. Provò a fargli allentare la
presa prendendogli la mano fra le sue e guardò disperato gli altri
ragazzi, che sembravano non essersi accorti di nulla. Cominciava sentirsi
mancare quando finalmente qualcuno prese il tipo di peso e lo scagliò in
mezzo alla strada, permettendogli di respirare di nuovo.
- Che cazzo stai facendo? – gli
urlò contro Bart, improvvisamente materializzatosi accanto a Pietro. L’uomo
si girò verso di lui e lo prese gentilmente per le spalle, osservandolo
preoccupato. – Stai bene? –
- Sì, nessun problema. Dai,
rientriamo.. -
- Testa di cazzo, solo perché
sei il batterista di un fottuto gruppo metal non significa che ti puoi
immischiare nei cazzi degli altri, capito? – il tipo sembrava indeciso se
scatenare rissa o meno: Bart era comunque un tipo grosso ed era parecchio
minaccioso con i rasta e i tatuaggi. D’altronde sembrava che il suo amor
proprio non gli permettesse di lasciare cadere così la questione e fece
per avvicinarsi.
L’arrivo del proprietario fu
decisivo per terminare la faccenda. - Vatti a fare un giro, ho già
chiamato la polizia. – gli urlò, più seccato che altro. Il
tipo prese il suo amor proprio e sparì velocemente dalla loro vista,
così come altri ragazzi, fiutato che la serata era ormai terminata.
***
Il boss si premurò che Pietro
fosse in buone condizioni e gli ordinò di tornare subito a casa,
nonostante lui continuasse a dire che non c’era niente di cui
preoccuparsi e che stava bene. Il boss non volle sentire ragioni e il cameriere
si ritrovò a digitare il numero del servizio taxi.
- Ragazzino. – Bart lo
chiamò appena mise fuori il piede dal locale. Si avvicinò a lui e
si appoggiò al muro dello stabile, guardandolo enigmatico. –
C’è qualcuno che può venire a prenderti? –
- Prendo un taxi e vado di filato a
casa. Non c’è problema. – disse, quasi per scusarsi al non
aver risposto come lui sperava facesse.
- Sei sicuro ad andare in giro da
solo? Se quel tipo fosse ancora in giro e avesse in mente di seguirti? –
- Conosci meglio di me questa gente.
Sarà da qualche parte a smaltire la sbornia. – cercò di
metterla sul ridere Pietro, ma Bart rimase serio.
- Non sto scherzando. –
- No c’è problema, davvero.
–
- Senti, - cominciò
l’altro. – so che probabilmente ti sembrerò meno affidabile
del tuo aggressore, ma sono venuto con la mia macchina stasera e, a parte
caricare la roba sul furgoncino dei miei soci non penso ne avrò ancora
per molto…lo vuoi un passaggio? –
***
Le cose a volte prendono una piega
inaspettata. Pietro, timido ragazzo di provincia venuto nella capitale per
studiare e diventare un importante reporter mai si sarebbe aspettato di
innamorarsi di una rockstar selvaggia e di andarci a letto poche ore dopo
averla conosciuta.
Erano le sei di mattina e il sole
stava sorgendo. La giornata era gelida e non c’era nessuno per strada, se
non qualche povero passante col cane al guinzaglio. Pietro si allontanò
dalla finestra e guardò il suo ospite.
- Posso fumare? – gli chiese
Bart, tirando fuori una sigaretta dal pacchetto e aspettando un cenno dal
ragazzo per poterla accenderla.
- Certo, ma apro la finestra.
Farà un po’ freddo. –
Pietro ricominciò a vestirsi
mentre il suo ospite fumava placido nel letto sfatto. Sentiva che Bart lo stava
guardando, anzi, lo stava studiando, e questo gli causava imbarazzo.
- Devo andarmene? – gli chiese
il batterista dopo un lungo silenzio.
- No, io…puoi stare qui fin
quando vuoi. – disse Pietro, mordendosi subito la lingua: la risposta gli
sembrava uscita veramente patetica.
Bart scoppiò a ridere. - Lo
prendo in parola. – si alzò sulle ginocchia e, poiché il
ragazzo era poco lontano dal letto, lo trascinò con sé fra le
lenzuola.
Bart fece per baciarlo ma Pietro lo bloccò.
– Cosa c’è? –
- Preparo del caffè. -
- Non voglio del caffè.
– sogghignò Bart, cercando di nuovo di baciarlo, ma Pietro era
agile e si liberò della sua presa.
- Come lo vuoi? Nero, con
panna,latte… -
- Io non voglio nulla! Si può
sapere che ti prende? – gli rispose sgarbatamente il batterista. Pietro
si umettò le labbra, imponendosi di stare calmo e di trovare le parole
più adatte per definire i sentimenti che in quel momento si scatenavano
in lui.
- Sappiamo entrambi
cos’è stato questa sera. –
- Cosa? –
- Una scopata e basta. Non se sono
arrabbiato, tranquillo, l’avevo messo in conto: so come sono i musicisti.
–
- E’ questo che pensi? –
Bart sbatté gli occhi, poi guardò il mozzicone della sigaretta.
– Dove lo butto questo? –
- Da a me. – Pietro gli si
avvicinò e Bart ne approfittò per attirarlo fra le sue braccia.
Il fastidio sembrava averlo abbandonato completamente. Cominciò a
baciare Pietro sul collo ma questo non rispondeva alle sue attenzioni.
- Non capisco. – gli disse,
allentando un poco la presa e permettendo a Pietro di sedersi accanto a lui.
– Ho fatto qualcosa che non va? –
- No, no… è solo…
che forse non sarebbe dovuto succedere. –
- Non ti è piaciuto? Sono
stato…? –
- Non è quello. – Pietro
si passò una mano sul braccio. Fissava il pavimento. – E’
solo che…sono deluso da me stesso. Avrei voluto che questo non fosse
successo. –
- Come? –
- E’ triste. Trovo triste
consumare un rapporto senza sentimento. Cioè è sicuramente
divertente per quanto riguarda il sesso e tutto il resto, ma poi non rimane
nulla. E questo mi rende triste. Il fatto che non ci sia niente fra noi mi
rende triste. -
I due rimasero in silenzio.
Finalmente Bart sospirò. – Non vedo perché debba rimanere
qui. Tu e le tue idee del cazzo avere rovinato la giornata. –
l’uomo si alzò e si infilò i jeans.
- Resta almeno per la
colazione… - suggerì Pietro. Quello che aveva detto lo sentiva
veramente, ma in quelle poche ore era stato veramente bene con Bart. Si era
sentito protetto e desiderato: cosa che non succedeva da tempo, e voleva
trattenere quelle effimere sensazioni ancora un po’.
- Lascia stare. – il batterista
era ormai alla porta.
- Beh, - Pietro lo raggiunse e lo
salutò con un sorriso tirato. – Grazie per avermi salvato, e
grazie per questa sera. Spero di poterti rivedere presto all’Old Pub. –
- Già. – gli rispose
lui. Un lampo di tristezza gli attraversò lo sguardo mentre accarezzava
la guancia del ragazzo. – Lo spero anche io. –
Siamo arrivati alla terza coppia: dopo Nathan e AJ e Naomi e Chris ecco
Pietro e Bart. Sembra sia tutto finito, vero? In fondo è stata
l’avventura di una notte… oppure no? Vedremo col prossimo racconto,
o forse con quello dopo ancora…non so! Sicuramente comincerò a
lavorare su Michelle e Spencer (aka Mira e Spartacus) e vedremo quali altre storie si intrecceranno
durante il racconto delle loro vicende amorose!
Grazie a tutti quelli che seguono questa raccolta di one-shot;
vi invito a scrivermi cosa vi piace, cosa non vi piace, cosa avreste cambiato,
come pensate si evolveranno le storie! Mi piace sapere cosa pensano i lettori e
mi danno un sacco di spunti andare avanti con la raccolta.
Se vi siete persi qualcuna delle precedenti fanfics
ecco i link:
-
Enemies
(Nathan/Nasir – AJ/Agron)
-
Allies
(Nathan/Nasir – AJ/Agron)
-
Too much for me
(Naomi/Naevia – Chris/Crixus)
Per il resto potete trovare altri miei racconti sulla pagina personale. Grazie ancora a tutti e alla prossima!