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Autore: vampirella    17/11/2013    1 recensioni
Pietro è uno studente di giornalismo. Per mantenersi gli studi lavora in un locale di Washington, locale in cui spesso suonano bands di grosso calibro. Tra una birra e un assolo incontrerà un batterista misterioso...
[storia della serie Spartacus AU: 'Life is a beautiful war'] [PietroxBarca con un po' di AgronxNasir]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agron, Barca, Nasir, Pietros
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Life is a beautiful war. [Spartacus AU]'
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Alle nove di sera il locale era ancora chiuso

Alle nove di sera l’Old Pub era ancora chiuso. Pietro stava sistemando i bicchieri ordinatamente dietro il bancone senza badare ai commenti dei musicisti che quella sera avrebbero suonato nel locale. Era intento a pensare all’esame di estetica che avrebbe dovuto sostenere di lì a poche settimane e stava organizzando mentalmente il carico di studio che avrebbe dovuto smazzarsi da lì al giorno della prova finale.

- Ragazzino, ci dai una mano? – lo chiamò sgarbatamente uno dei musicisti. Quel giorno si sarebbero esibiti i Moonchild, gruppo heavy metal piuttosto celebre lì a Washington, ovviamente per chi bazzicava la scena. Nathan lo aveva chiamato per sapere esattamente a che ora avrebbero iniziato a suonare, visto che sicuramente sarebbe venuto a vederli essendo un amante di quel genere scassa timpani. E, a proposito di amanti, Pietro scommetteva che sarebbe venuto pure A.J, più per dovere che per diletto, e per questo piuttosto scazzato e nervoso. Il cameriere pregava ardentemente che il poliziotto chiudesse entrambi gli occhi sullo show e su quello che probabilmente sarebbe successo sotto il palco, altrimenti per il boss e per il locale le cose si sarebbero complicate parecchio.

- Dimmi, hai bisogno di qualcosa? – Pietro si ricosse dai suoi pensieri e rispose nel modo più gentile possibile all’uomo che lo aveva chiamato.

- Portaci tre birre medie. In fretta, su su! –

Il ragazzo decise di ignorare la maleducazione del tipo. Era abituato a quel genere di palloni gonfiati: nel locale suonavano spesso musicisti famosi e poiché portavano gente e soldi, anche se erano degli stronzi dovevano essere trattati bene. Pietro si divideva fra il bancone e il dietro alle quinte, correndo di qua e di là per portare da mangiare, prendere le ordinazioni e ritirare i bicchieri sporchi, stando bene attento a non essere irriverente o a deluderli.

Provava dei sentimenti contrastanti per questa peculiare categoria umana: da una parte i musicisti lo avevano sempre affascinato ma dall’altra…beh, come potevano credere di essere meglio degli altri solo perché strimpellavano qualche strumento? Non riusciva proprio a capire perché si permettessero di essere sgarbati e volgari, come se tutto gli fosse concesso per volontà divina, della dea musica. Fosse stato per lui, alla prima mancanza di rispetto li avrebbe messi alla porta; purtroppo lui non era il proprietario e non poteva fare altro che accettare quella situazione senza dire una parola.

Il ragazzo preparò i bicchieri e li portò al chitarrista e al bassista. Si girò intorno come per cercare l’ultimo avventore del pub, quando il bassista gli indicò il terzo membro del gruppo, seduto poco lontano e intento a cambiare la pelle del rullante.

Pietro lo raggiunse e gli appoggiò la bionda sul tavolo, in mezzo alle chiavi e ad altri aggeggi che completavano il suo equipaggiamento. – Grazie. – gli rispose lui, lanciandogli una velocissima occhiata di straforo.

- Nulla. – Pietro si bloccò, incuriosito. – Che stai facendo? -

L’uomo si fermò a sua volta e alzò la testa verso di lui. – Come, prego? –

- Intendo dire…con quel tamburo. -

Il batterista scoppiò a ridere.

- Questo è un rullante, - cominciò, prendendo in mano la sua birra e bevendone un sorso. – Gli sto cambiando la pelle, sai, è dove colpisci con la bacchetta quando suoni. Se la pelle si usura il timbro dello strumento cambia e la qualità del suono cambia. Allora bisogna sostituirla, come sto facendo io ora. -

- Ah. – si lasciò scappare Pietro. – Beh, è…uhm… forte. Interessante. – sentendosi osservare con sufficienza e pensando di essere arrossito violentemente decise di tornare al suo posto, in tempo per essere chiamato dal capo per scaricare il camion appena arrivato con le cibarie.

 

***

 

L’aveva osservato tutta sera, non si era perso nemmeno un minuto del suo concerto: Pietro si era perdutamente innamorato di quel batterista. Dopo il loro piccolo dialogo si era perso nei preparativi del locale e lo aveva visto ricomparire dalle quinte qualche ora dopo, senza maglietta, e lì aveva avuto un colpo: il suo ventre era perfettamente scolpito, i muscoli delle braccia guizzavano tra i tatuaggi tribali e i rasta ricadevano sparsi sulle forti spalle. Lo aveva osservato sedersi con aria decisa e concentrata e picchiare sui suoi tamburi (e sul suo rullante) con rabbia selvaggia e questo lo aveva enormemente eccitato. Ma, ricordandosi che stava lavorando e che aveva comunque da tenere un contegno anche fra quegli animali che si affollavano sotto il palco e che pogavano inferociti, si impose di non dargli poi troppa importanza. Almeno fino a quando non si presentò davanti a lui alla fine della performance, al bancone del bar, a ordinare uno scotch.

- Ehi, complimenti per il concerto, siete stati grandi! – il primo ad accorgersi che era arrivato fu Nathan. In visibilio per il concerto stava parlando concitatamente con AJ di cosa gli era piaciuto del live, delle canzoni e della musica dei Moonchild. AJ, seduto al bancone assieme a lui, gli dava poca importanza e osservava la folla che si divideva fra le porte del locale e i tavolini disseminati intorno al palco. Pietro, che navigava lungo il bancone cercando di servire tutti il più velocemente possibile, lanciava qualche sorriso agli amici, fino a quando vide Nathan attaccare discorso con il suo batterista.

- Grazie, amico. Allora, ragazzino, che ne dici di darmi da bere? – rispose distratto l’uomo, lanciando una lunga occhiata misteriosa a Pietro. Era ancora tutto sudato e senza maglietta, cosa che fece bloccare per un attimo il cameriere per osservarlo bene.

- Subito. – gli rispose Pietro. Gli porse il bicchiere e le loro mani si fiorarono. L’uomo lo salutò con un sorriso e l’occhiolino, poi sparì fra la folla. Lungo la scia vide dei flash: sicuramente qualche fan aveva reclamato una foto con il suo beniamino. Fortunati.

Pietro si sentì morire ripensando a quello che era appena successo.

- E così anche tu con la fissa delle rockstar, eh? Ti facevo più intelligente. – gli disse AJ appena il musicista sparì fra la folla. Nonostante fosse fuori orario di lavoro e non avesse la divisa d’ordinanza non si faceva fatica a capire che era vigile, pronto a intervenire nel caso di violenza gratuita o di crisi di nervi. Si guardò di nuovo le spalle prima di dirigere il suo sguardo indagatore verso il suo amico, cercando di decifrare una risposta alla sua domanda ben prima che lui potesse rispondere.

Nathan si appoggiò alla spalla di AJ, interessandosi parecchio anche lui della faccenda. – Sentiamo, che male c’è nel prendersi una cotta per un musicista? -

- Un momento… - cercò di inserirsi Pietro, senza successo.

- Per quel coso lì? Mi spieghi perché dovrebbe piacere un tipo del genere? – sbottò AJ, facendo il finto offeso ma passando il braccio intorno alle spalle del suo ragazzo.

- Beh, è bello, misterioso, ha carisma… - cominciò Nathan.

- Ma è un pezzente! Minimo vivrà nella sua auto! –

- Te l’ho mai detto che sei pieno di pregiudizi? Perché mai un musicista deve essere per forza squattrinato?–

- Ragazzi! – li fermò il cameriere. – Ma di cosa state parlando? –

I due si rivolsero verso l’amico, mentre gli altri avventori lo chiamavano per poter ordinare.- Si vede lontano un miglio che ti piace Bart Cameron. – rispose Nathan, un po’ stupito e un po’ malizioso.

- Chi? –

- Il batterista dei Moonchild! Quello che se n’è appena andato! –

- Ma…io…a me non piace! –

- Raccontalo a qualcun altro. – rise AJ. I due ormai lo guardavano come due che la sapevano lunga, con uno sguardo che non gli piaceva proprio, che lo metteva a disagio. A lui i musicisti non erano mai andati a genio, ma quel batterista, quel Bart, era proprio figo

Pietro si diresse verso due punkabbestia che volevano essere serviti, chiudendo il discorso.

 

***

 

Alle quattro di mattina il locale chiuse le porte e i camerieri ricominciarono a rigovernare la sala. Pietro osservava di sottecchi Bart mettere via la sua strumentazione. Voleva chiedergli se aveva bisogno di una mano ma sapeva che al capo non sarebbe andato a genio che abbandonasse i suoi compiti per qualcosa che lui non gli aveva chiesto. Comincio a spazzare per terra e a raccogliere i sacchi della spazzatura. I musicisti erano ancora su di giri e anche tra i camerieri c’era un’aria piuttosto allegra. Pietro si trovò a pensare che l’unica cosa che voleva fare era tornare velocemente a casa e chiudere gli occhi appoggiando la testa sul cuscino. Avrebbe dimenticato Bart e si sarebbe di nuovo focalizzato sul suo esame, tutto sarebbe tornato normale, nell’ambito della sua routine quotidiana. Non vedeva l’ora.

Prese i sacchi della spazzatura e si uscì sulla strada per sistemarli a lato della strada: poche ore più tardi e sarebbe arrivato il camioncino della spazzatura a ritirarli. Vide ancora alcuni ragazzi seduti sul marciapiede o appoggiati ai lampioni intenti a fumare e a chiacchierare. Uno di loro, la testa rasata e il dilatatore all’orecchio sinistro gli chiese una sigaretta.

- Non fumo, mi dispiace. – lo scostò velocemente Pietro. Quel ragazzo puzzava di birra.

- Ehi, ehi, dove scappi così velocemente? – il tipo gli mise una mano sulla spalla per bloccarlo. Il cameriere cominciò a divincolarsi, ma mingherlino com’era non poteva fare molto.

- Senti, ho del lavoro da fare, ok? – cercò di liquidarlo Pietro.

- Dai, tienimi compagnia per qualche minuto… -

- Dimmi, quanto hai bevuto stasera per comportarti così da coglione? –

Al ragazzo non piacque molto il tono del cameriere. Spostò la mano dalla spalla al suo collo, facendo pressione.

Pietro voleva urlare, ma non riusciva: quello stringeva troppo forte. Provò a fargli allentare la presa prendendogli la mano fra le sue e guardò disperato gli altri ragazzi, che sembravano non essersi accorti di nulla. Cominciava sentirsi mancare quando finalmente qualcuno prese il tipo di peso e lo scagliò in mezzo alla strada, permettendogli di respirare di nuovo.

- Che cazzo stai facendo? – gli urlò contro Bart, improvvisamente materializzatosi accanto a Pietro. L’uomo si girò verso di lui e lo prese gentilmente per le spalle, osservandolo preoccupato. – Stai bene? –

- Sì, nessun problema. Dai, rientriamo.. -

- Testa di cazzo, solo perché sei il batterista di un fottuto gruppo metal non significa che ti puoi immischiare nei cazzi degli altri, capito? – il tipo sembrava indeciso se scatenare rissa o meno: Bart era comunque un tipo grosso ed era parecchio minaccioso con i rasta e i tatuaggi. D’altronde sembrava che il suo amor proprio non gli permettesse di lasciare cadere così la questione e fece per avvicinarsi.

L’arrivo del proprietario fu decisivo per terminare la faccenda. - Vatti a fare un giro, ho già chiamato la polizia. – gli urlò, più seccato che altro. Il tipo prese il suo amor proprio e sparì velocemente dalla loro vista, così come altri ragazzi, fiutato che la serata era ormai terminata.

 

***

 

Il boss si premurò che Pietro fosse in buone condizioni e gli ordinò di tornare subito a casa, nonostante lui continuasse a dire che non c’era niente di cui preoccuparsi e che stava bene. Il boss non volle sentire ragioni e il cameriere si ritrovò a digitare il numero del servizio taxi.

- Ragazzino. – Bart lo chiamò appena mise fuori il piede dal locale. Si avvicinò a lui e si appoggiò al muro dello stabile, guardandolo enigmatico. – C’è qualcuno che può venire a prenderti? –

- Prendo un taxi e vado di filato a casa. Non c’è problema. – disse, quasi per scusarsi al non aver risposto come lui sperava facesse.

- Sei sicuro ad andare in giro da solo? Se quel tipo fosse ancora in giro e avesse in mente di seguirti? –

- Conosci meglio di me questa gente. Sarà da qualche parte a smaltire la sbornia. – cercò di metterla sul ridere Pietro, ma Bart rimase serio.

- Non sto scherzando. –

- No c’è problema, davvero. –

- Senti, - cominciò l’altro. – so che probabilmente ti sembrerò meno affidabile del tuo aggressore, ma sono venuto con la mia macchina stasera e, a parte caricare la roba sul furgoncino dei miei soci non penso ne avrò ancora per molto…lo vuoi un passaggio? –

 

***

 

Le cose a volte prendono una piega inaspettata. Pietro, timido ragazzo di provincia venuto nella capitale per studiare e diventare un importante reporter mai si sarebbe aspettato di innamorarsi di una rockstar selvaggia e di andarci a letto poche ore dopo averla conosciuta.

Erano le sei di mattina e il sole stava sorgendo. La giornata era gelida e non c’era nessuno per strada, se non qualche povero passante col cane al guinzaglio. Pietro si allontanò dalla finestra e guardò il suo ospite.

- Posso fumare? – gli chiese Bart, tirando fuori una sigaretta dal pacchetto e aspettando un cenno dal ragazzo per poterla accenderla.

- Certo, ma apro la finestra. Farà un po’ freddo. –

Pietro ricominciò a vestirsi mentre il suo ospite fumava placido nel letto sfatto. Sentiva che Bart lo stava guardando, anzi, lo stava studiando, e questo gli causava imbarazzo.

- Devo andarmene? – gli chiese il batterista dopo un lungo silenzio.

- No, io…puoi stare qui fin quando vuoi. – disse Pietro, mordendosi subito la lingua: la risposta gli sembrava uscita veramente patetica.

Bart scoppiò a ridere. - Lo prendo in parola. – si alzò sulle ginocchia e, poiché il ragazzo era poco lontano dal letto, lo trascinò con sé fra le lenzuola.

Bart fece per baciarlo ma Pietro lo bloccò. – Cosa c’è? –

- Preparo del caffè. -

- Non voglio del caffè. – sogghignò Bart, cercando di nuovo di baciarlo, ma Pietro era agile e si liberò della sua presa.

- Come lo vuoi? Nero, con panna,latte… -

- Io non voglio nulla! Si può sapere che ti prende? – gli rispose sgarbatamente il batterista. Pietro si umettò le labbra, imponendosi di stare calmo e di trovare le parole più adatte per definire i sentimenti che in quel momento si scatenavano in lui.

- Sappiamo entrambi cos’è stato questa sera. –

- Cosa? –

- Una scopata e basta. Non se sono arrabbiato, tranquillo, l’avevo messo in conto: so come sono i musicisti. –

- E’ questo che pensi? – Bart sbatté gli occhi, poi guardò il mozzicone della sigaretta. – Dove lo butto questo? –

- Da a me. – Pietro gli si avvicinò e Bart ne approfittò per attirarlo fra le sue braccia. Il fastidio sembrava averlo abbandonato completamente. Cominciò a baciare Pietro sul collo ma questo non rispondeva alle sue attenzioni.

- Non capisco. – gli disse, allentando un poco la presa e permettendo a Pietro di sedersi accanto a lui. – Ho fatto qualcosa che non va? –

- No, no… è solo… che forse non sarebbe dovuto succedere. –

- Non ti è piaciuto? Sono stato…? –

- Non è quello. – Pietro si passò una mano sul braccio. Fissava il pavimento. – E’ solo che…sono deluso da me stesso. Avrei voluto che questo non fosse successo. –

- Come? –

- E’ triste. Trovo triste consumare un rapporto senza sentimento. Cioè è sicuramente divertente per quanto riguarda il sesso e tutto il resto, ma poi non rimane nulla. E questo mi rende triste. Il fatto che non ci sia niente fra noi mi rende triste. -

I due rimasero in silenzio. Finalmente Bart sospirò. – Non vedo perché debba rimanere qui. Tu e le tue idee del cazzo avere rovinato la giornata. – l’uomo si alzò e si infilò i jeans.

- Resta almeno per la colazione… - suggerì Pietro. Quello che aveva detto lo sentiva veramente, ma in quelle poche ore era stato veramente bene con Bart. Si era sentito protetto e desiderato: cosa che non succedeva da tempo, e voleva trattenere quelle effimere sensazioni ancora un po’.

- Lascia stare. – il batterista era ormai alla porta.  

- Beh, - Pietro lo raggiunse e lo salutò con un sorriso tirato. – Grazie per avermi salvato, e grazie per questa sera. Spero di poterti rivedere presto all’Old Pub. –

- Già. – gli rispose lui. Un lampo di tristezza gli attraversò lo sguardo mentre accarezzava la guancia del ragazzo. – Lo spero anche io. –

 

 

Siamo arrivati alla terza coppia: dopo Nathan e AJ e Naomi e Chris ecco Pietro e Bart. Sembra sia tutto finito, vero? In fondo è stata l’avventura di una notte… oppure no? Vedremo col prossimo racconto, o forse con quello dopo ancora…non so! Sicuramente comincerò a lavorare su Michelle e Spencer (aka Mira e Spartacus) e vedremo quali altre storie si intrecceranno durante il racconto delle loro vicende amorose!

Grazie a tutti quelli che seguono questa raccolta di one-shot; vi invito a scrivermi cosa vi piace, cosa non vi piace, cosa avreste cambiato, come pensate si evolveranno le storie! Mi piace sapere cosa pensano i lettori e mi danno un sacco di spunti andare avanti con la raccolta.

Se vi siete persi qualcuna delle precedenti fanfics ecco i link:

 

-         Enemies (Nathan/Nasir – AJ/Agron)

-         Allies (Nathan/Nasir – AJ/Agron)

-         Too much for me (Naomi/Naevia – Chris/Crixus)

 

Per il resto potete trovare altri miei racconti sulla pagina personale. Grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

   
 
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