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Autore: e m m e    17/11/2013    4 recensioni
In realtà è forse l’unica che riesce a vedere Loki per quello che è: un bambino viziato a cui è stato tolto il giocattolo preferito per punizione e nel quale, anche se il giocattolo non ha più importanza, la rabbia non è ancora svanita.
A Darcy piace un sacco.
[Loki/Darcy]
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darcy Lewis, Loki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La dubbia utilità delle bugie bianche'
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Autore: emme
Fandom: 
Thor, ma in generale tutti i film della Marvel sono interconnessi, quindi mica lo so dove potrebbe essere collocate.

Titolo: Intossicante sapore di mele
Personaggi: Loki/Darcy
Riassunto:  In realtà è forse l’unica che riesce a vedere Loki per quello che è: un bambino viziato a cui è stato tolto il giocattolo preferito per punizione e nel quale, anche se il giocattolo non ha più importanza, la rabbia non è ancora svanita.
A Darcy piace un sacco.

Rating: 
Word:  1413 (W)
Generi: Introspettivo, Commedia, e un po’ di Romanticismo sui generis, via.
Avvisi: What if?, probabile OOC di Loki
Note#1: Questa storia è stata scritta per il Writing Norse Day, della Community 24hours_of_fun che co-gestisco assieme a Geilie. I giochi sono ancora aperti, se volete partecipare.
Note#2:  Non ho idea di quando si ambienti, ma soprattutto non ho idea se abbia o non abbia senso. Diciamo che l’ho scritta solo per far felice Lady Hawke, perché ogni tanto c’è bisogno di fare una risata, anche se tutto sembra essere nero e brutto.
Beta: Nessuno, ergo segnalatemi gli errori che trovate e correggerò con gioia!

 


Intossicante sapore di mele


You know, for a crazy homeless person... he's pretty cut.
Darcy Lewis - Thor


Loki è disteso sul divano dell’Umana. E' un divano stranamente comodo per essere stato ideato e costruito da degli esseri con la mente tanto inferiore alla sua e Loki ha, purtroppo, imparato ad apprezzarne la morbidezza e i cuscini sgualciti e deformati che lo costellano.
Sta lì, dunque, con le braccia incrociate dietro la testa, ad osservare il cielo fuori dalla finestra. È un cielo limpido, che non ha niente a che fare con le mutazioni rapide subite dal cielo di Asgard, è azzurro e azzurro e azzurro. E Loki ne è tristemente annoiato.
Sembra immerso nel più completo ozio, ma in realtà la sua mente lavora e lavora, nel tentativo di tessere qualche buon piano per riottenere i propri poteri e riuscire finalmente ad attuare la sua eterna vendetta contro coloro che lo hanno tradito in mille e mille modi diversi.
Da qualche parte, nel profondo, quel tradimento fa ancora del male fisico, ma la realtà è che si è tramutato più in un capriccio che in qualcosa di reale.
Non se ne rende conto, ovviamente, per lui ha la stessa importanza che aveva il primo giorno, ma chi se ne è resa conto è la ragazza che in quel momento sta condividendo la stessa stanza – e lo stesso appartamento, a dirla tutta – insieme a lui. In realtà è forse l’unica che riesce a vedere Loki per quello che è: un bambino viziato a cui è stato tolto il giocattolo preferito per punizione e nel quale, anche se il giocattolo non ha più importanza, la rabbia non è ancora svanita.
A Darcy piace un sacco.
Ma piacerebbe ancora di più se prestasse un poco di attenzione a lei, invece di lasciar vagare i suoi occhi chiari e velenosi nel cielo azzurro al di là del vetro.
Darcy è seduta al tavolino della cucina, che è anche salotto, che è anche ingresso, e ha appena finito di preparare una torta di mele.
Non che lei sia il tipo da cucinare torte, intendiamoci, ma ha perso una scommessa con Jane – la scommessa riguardava il tipo che adesso se ne sta disteso sul suo divano, tra le altre cose – e non sia mai detto che Darcy Lewis non paga i propri debiti.
Sa perfettamente che la torta è venuta uno schifo e sa perfettamente che, un giorno di quelli, dovrà trovare la forza di ripulire il disastro che è andato a crearsi nella sua piccola cucina da single, ma non è quello il giorno. Quel giorno ha deciso di rimanere coperta di farina, con le dita impiastricciate di burro e zucchero e bucce di mela tra i capelli, perché è anche un po’ pigra, Darcy, e l’unica cosa che le andrebbe di fare adesso è distendersi sul divano. Quel divano che è occupato da ormai quasi tre ore.
Potrebbe semplicemente chiedere a Loki di alzare i tacchi, ma sa bene che la sua più promettente reazione sarebbe un grugnito, più logicamente invece sarà ignorata.
Darcy sospira, fantasticando di possedere la forza di Thor in modo da sollevare quel Dio gracilino – seriamente, assomiglia un po’ ad un’acciuga sotto sale – e sbatterlo da qualche altra parte che non sia il suo divano. Ma è una fantasia che passa alla svelta, perché Darcy sa essere più dispettosa che violenta e quello è il momento giusto per mostrarlo al mondo.
Afferra una delle bucce di mela disperse sul tavolo di legno, che sembra un campo di battaglia, e la distrugge in piccoli pezzi di circa un centimetro quadrato l’uno. Poi prende attentamente la mira... e lancia il primo pezzo sul tappeto.
Non è che Darcy abbia una mira grandiosa, s’intende, ma quando ci si mette sa essere molto, molto testarda.
È al quinto lancio – dopo aver centrato in pieno il vaso di fiori ormai morti sul tavolino vicino al divano, esserci andata vicinissima beccando il cuscino su cui è adagiata la testa di Loki, aver tentato una volee che si è conclusa nell’acquario, vuoto, del pesce morto mesi prima – che finalmente colpisce il Dio degli Inganni.
Lo colpisce sullo stomaco, niente di così grandioso, quindi, e lui non sembra farci caso.
Darcy socchiude le palpebre e stringe le labbra, scocciata, e il sesto lancio, finalmente, plana sulla faccia annoiata del Dio.
Loki ha un movimento inconsulto e si solleva a sedere – ottimi addominali, a proposito – guardandola con disgusto.
Darcy lo fissa a sua volta e, senza nemmeno prendere la mira, lancia di nuovo un pezzo di mela.
Incredibilmente, guidata dalla mano di un dio che non è di certo asgardiano, la buccia colpisce di nuovo la faccia di Loki, si appiccica per qualche attimo alla sua guancia e poi cade a terra.
«Se stai cercando di attirare la mia attenzione, sappi che l’unica cosa che hai ottenuto è stata quella di farmi arrabbiare»
Darcy si stringe nelle spalle, indifferente. «In realtà cercavo di passare il tempo» confessa candidamente.
«So che avete un detto, qui a Midgard: mai stuzzicare il can che dorme. Detto interessante» prosegue Loki, alzandosi in piedi con aria minacciosa e avvicinandosi a lei, che si ostina a rimanere seduta, con la faccia coperta di farina e odore di mele che si spande dalla sua pelle. Loki può sentirlo distintamente.
«E saresti tu il cane? Paragone interessante» gli fa eco lei, alzandosi finalmente in piedi e ruotando attorno a tavolo, apparentemente allarmata.
«Non motteggiarmi, Umana!» si infervora Loki, e un po’ di sangue sale alla sua faccia, colorandogli il volto di rabbia.
Darcy fa un sorrisetto e continua a ruotare attorno al tavolo, lasciando che Loki faccia altrettanto finché entrambi raggiungono le posizioni che l’altro deteneva poco prima: Loki è separato dal sacro divano dal tavolo e da Darcy e Darcy è quindi libera di saltarci sopra e prenderne possesso.
E lo fa, con uno scatto felino, seminando polvere bianca e bucce di mela per la stanza, e ride mentre lo fa, perché stuzzicare Loki la mette sempre di buon umore.
Il Dio, che non sembra poi così tanto un Dio, visto che indossa una semplice maglietta nera e un paio di jeans, con i piedi nudi che toccano il pavimento sporco senza apparentemente notare l’appiccicume che lo circonda, sgrana gli occhi, comprendendo di essere stato giocato.
Non è facile ingannare il Dio degli Inganni, ma Loki deve ammettere che quella ragazzetta ci sta riuscendo piuttosto bene, nell’ultimo periodo. Che il motivo sia la perdita dei suoi poteri? Spera sinceramente che sia così, oppure significa che sta perdendo colpi.
Si schiarisce la gola, perché sente dentro di sé che dovrebbe essere irritato, se non arrabbiato nero, ma l’unica cosa che riesce a provare è autentico, sincero divertimento, e questa sì che è una novità.
«La pagherai per questo affronto» dice, e anche alle sue orecchie la frase sembra poco convincente.
«Certo certo» lo rassicura Darcy, «non vedo l’ora.»
E Loki ha la strana sensazione che, con quelle parole, lei non stia affatto scherzando.
Inoltre c’è quell’odore intossicante di mele, e la sua faccia coperta di farina tanto che la pelle sembra non vedersi più: Loki sente il bisogno di andare a scoprire se, in effetti, di pelle ce n’è rimasta ancora un po’ sul volto di Darcy.
Incrocia le braccia sul petto, infastidito dai suoi stessi desideri, ma non sufficientemente infastidito da voler cambiare stanza e mandare al diavolo la ragazzetta Umana. Avanza attraverso la stanza, girando attorno al tavolo, fissando gli occhi scuri di Darcy che lo osservano a loro volta, con familiare il profondo divertimento di quel cervello inferiore e incapace di percepire il pericolo che si avvicina.
E il pericolo si sta avvicinando quando Loki si erge davanti a lei, che sta con le gambe incrociate e le mani in grembo, la testa sollevata a guardarlo con una traccia di aspettativa che si delinea sulle sue labbra.
Loki l’afferra per i capelli, e la sua stretta non è in alcun modo gentile benché lei non si lamenti – ma forse sta mentendo a se stesso, perché un poco gentile lo è – e le tira la testa ancora più indietro, scoprendo il collo di Darcy. Anche lì ci sono tracce di zucchero e lo stesso, odioso, odore di mele.
Si china in avanti, ed è un chinarsi molto lungo, perché lui è davvero alto e il divano è davvero basso, ma alla fine la bocca di Darcy è lì ad aspettarlo, calda, morbida, dall’inconfondibile sapore di mele, mescolato a quello un po’ acido della farina.
Ed è davvero strano, perché Darcy nemmeno le sopporta, le mele.

 

 

 

 

 

 

 

  
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