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Autore: Vals Fanwriter    17/11/2013    6 recensioni
La casa alla quale è diretto non è molto distante, è sempre la stessa, ma è da molto tempo che non ci va e avverte una strana sensazione al petto, come di nostalgia, mentre percorre il marciapiede e il vialetto di pietrisco che conduce alla veranda. L’ha tenuta d’occhio per un sacco di tempo, aspettando movimenti e ritorni, ma nulla. È rimasta vuota per anni, fino a quel momento.
Thadastian Week 2013 | Romantico, Sentimentale, Fluff | Mini-Long, Cliché, AU
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Understanding what we’ve grown to be.
Capitoli: 7/7.
Iniziativa: Thadastian Week 2013.
Prompt: Daddies!Thadastian (ma non proprio Daddies).
Pairing: Thadastian (Thad/Sebastian).
Genere: Romantico, Sentimentale, Fluff.
Avvertimenti: Mini-Long, Cliché, AU.
Rating: Verde.
Note d’Autore: Non credevo possibile di riuscire ad arrivare fino a qui e invece, alla fine, ci sono! Cioè, sono puntuale, è ancora il settimo giorno e ho trovato la forza di scrivere questo “finale” – tra virgolette perché più che un finale è un inizio. E voi siete ancora qui a dirmi quanto carini e “adottabili” sono i miei mini Thadastian e, gn, non l’avrei mai detto che quest’idea sarebbe potuta piacere. Grazie a tutti per avermi accompagnata in questa settimana faticosissima e di avermi sostenuta, e grazie a tutti quelli che hanno scritto su questo pairing invadendo la sezione di efp con le vostre dolcezze. Dovrebbe esserci più spesso così tanta Thadastian in giro, è tipo la cura per il cancro. Grazie davvero. ♥
Vi lascio all’ultimo capitolo con la speranza che vi faccia spuntare un sorriso. :3

 
grown
 
7.
 




‹‹Uno… Due… Tre… Quattro… Cinque… Sei… Sette… Otto… Nove… Dieci… Finito!››

Sebastian si volta su se stesso, sciogliendo l’intreccio delle sue braccia e scostandosi dalla parete accanto alla porta d’ingresso di casa sua per potersi guardare intorno. Il giardino e la strada sembrano deserti, all’apparenza, ma il bambino sa che lì da qualche parte c’è il suo vicino di casa. Inoltre sa anche che Thad non è particolarmente bravo a trovare nascondigli strategici, quindi non ha modo di abbattersi di fronte al silenzio che gli sta attorno. Lo conosce troppo bene e, ogni volta, riesce a trovarlo in un batter d’occhio. Del resto, Thad adopera sempre gli stessi trucchetti quando giocano a nascondino.

‹‹Adesso ti vengo a cercare, eh.››

Silenzio.

Di solito, Thad si lascia prendere dall’ansia di essere trovato e si lascia tradire anche da un minuscolo suono, ma stavolta niente. Stavolta sembra davvero che sia sparito nel nulla. Sebastian sorride sicuro di sé. Probabilmente questa volta si divertirà un po’ di più a cercarlo, magari Thad si è impegnato maggiormente questa volta. Ma prima di esserne completamente sicuro, decide di accertarsi di questa supposizione andando a sbirciare nei tre luoghi preferiti di Thad.

Il primo, quello che all’inizio ha creato veramente tanti grattacapi a Sebastian, è quel piccolo passaggio attraverso le tavole di legno usurate della veranda. Thad suole accovacciarsi sotto di esse e fin troppo spesso si ritrova a sperare che Sebastian non lo trovi. Ma ormai è un nascondiglio vecchio ed è il primo che il bambino controlla quando giocano a nascondersi.

Però lì non c’è, oggi.

Il secondo, un po’ più banale rispetto agli altri, è quel cumulo di cespugli, accanto alla casa, che il giardiniere assunto da Anne proprio non si decide mai a potare. Thad l’ha scoperto quella volta che lui e Sebastian hanno giocato a fare i soldati. Si erano vestiti entrambi di verde e avevano scoperto, con stupore e meraviglia, cosa significava veramente “mimetizzarsi”.

Tuttavia, Sebastian non lo trova neanche lì.

L’ultimo posto – e Sebastian stavolta parte con la convinzione di scovarlo per davvero – è il lavabo che si trova alle spalle della casa di Thad. Il bambino è talmente piccolo da riuscire ad entrarci completamente e non essere visto da nessuno, visto che è anche abbastanza profondo. Amanda lo usa per attingervi l’acqua necessaria ad innaffiare i suoi fiori. La prima volta che Sebastian lo ha trovato, è stato tutto merito della signora che si era recata con un piccolo secchio al lavabo e vi aveva trovato dentro il figlio. Sebastian si era sbellicato dalle risate mentre lo indicava e diceva: ‹‹Ti ho trovato.››

Ma Thad non ha scelto neanche quel posto, a quanto pare.

Sebastian sbuffa e si gratta la testa, arricciando il naso e guardandosi intorno. Dove potrebbe essersi nascosto?

E poi succede una cosa strana: alle sue orecchie gli giunge un miagolio flebile. E non è uno di quelli che fa Thad quando tenta di imitare gli animali – accade spesso quando giocano con la fattoria che zia Madeleine ha regalato al nipote – è un miagolio vero, di un gatto vero, e non è molto lontano da dove si trova Sebastian adesso. Così il bambino lascia perdere Thad per un attimo e sgattaiola sul retro di casa Harwood, aggrottando la fronte e allungando il collo per la curiosità. Quando gira l’angolo trova sia l’autore di quel verso dolcissimo e basso, sia il suo compagno di giochi. Thad è seduto a terra, con la schiena poggiata alla parete di casa sua e le gambe incrociate sul prato. In grembo ha una piccola creaturina spelacchiata che cerca di sfuggire dalla sua presa inutilmente: un micetto.

‹‹Stai fermo, dai›› gli sta dicendo, mentre gli passa il palmo sulla testolina, forse nel tentativo di lisciare il manto ribelle del gattino.

‹‹Dove l’hai trovato?›› gli chiede Sebastian, avvicinandosi e dimenticandosi completamente del gioco che stavano facendo.

Thad lo guarda e gli sorride, sollevando il micetto con entrambe le mani come a volerglielo mostrare. Il cucciolo muove le zampette nel vuoto e miagola, evidentemente non gli piace non avere la terra sotto ai piedi.

‹‹Era qui e faceva ‘miao’, così l’ho preso.››

Sebastian si china leggermente sulle ginocchia, facendo gravare tutto il suo peso su di esse e poggiando le mani a terra – quasi stesse imitando la postura di un ranocchio – e avvicina il naso al musetto della bestiola, proprio nel momento in cui quella emette un altro verso simile a uno squittio.

‹‹È bellissimo, vero?›› dice Thad, e Sebastian annuisce in risposta, facendo una smorfia simile a un sorriso.

‹‹Sembra un topino.››

‹‹Ma è un gattino, Bas.››

Thad ridacchia e poi si porta di nuovo il micio in grembo, facendolo accoccolare contro il suo petto come fosse un bambino e continuando a lisciargli la testa e le orecchie.

‹‹Hai visto com’è piccolo?›› chiede, mentre Sebastian allunga cautamente una mano verso il cucciolo per lasciargli una lieve carezza su un lato del collo; poi si avvicina di più all’altro bambino, quasi gattonando, e si va a sedere accanto a lui. Il gattino miagola di nuovo, in una maniera implorante che sembra quasi dire: “Vi prego, non mi abbandonate.”

‹‹Secondo me, ha fame›› sentenzia Sebastian, accarezzandolo con un po’ più di coraggio. È così piccolo che ha quasi paura di fargli male, al contrario di Thad che, invece, sembra avere la capacità di strapazzarselo in mille e più modi.

‹‹Uhm, e che cosa mangiano i gattini, Bas?››

Thad lo guarda con interesse e ammirazione. In questi casi, capita che il bambino si ricordi che Sebastian è un po’ più grande di lui e che, inconsciamente, si affidi a lui per prendere le decisioni importanti. Infatti adesso pende dalle sue labbra, mentre Sebastian arriccia le sue e osserva il micetto con fare pensieroso.

‹‹In un cartone animato, alla tv, ho visto un gattino che beveva il latte.›› Sebastian annuisce più volte, risoluto, senza cancellarsi dal volto quell’espressione concentrata. ‹‹Sì, sì, beveva proprio il latte, mi ricordo bene.››

‹‹Dobbiamo dargli subito il latte allora›› esclama Thad, stringendo più forte il micetto, quando quello tenta di sfuggire dalla presa solida delle sue braccia.

Sebastian si alza in piedi, allora, e tende la mano all’altro bambino per aiutarlo ad alzarsi. Thad la afferra di buon grado e salta su, in piedi.

‹‹Andiamo a casa mia. La mia mamma ha comprato tanto latte ieri.››

Inizia a tirarlo in direzione della casa, mentre Thad rafforza più che può la presa sul cucciolo, quasi a volerlo proteggere da chissà cosa. Dopo aver salito i gradini della veranda, però, Sebastian si ferma di nuovo e si volta verso Thad, osservandolo con un cruccio preoccupato in volto.

‹‹Non dobbiamo farlo vedere alla mamma però›› dice e si morde il labbro inferiore, mentre il suo cervello lavora veloce per cercare una soluzione valida. ‹‹Facciamo così, tu vai nella mia cameretta. Io prendo il latte e poi vengo da te.››

Thad annuisce, deciso, ed ha in viso un’espressione talmente ferma e concentrata che, visto dall’esterno, sembra che stia ubbidendo a un generale.

‹‹Okay.››
 
 



 
Il micetto ha fatto un po’ di fatica a mangiare e Thad ha dovuto tenerlo fermo, onde evitare che scappasse via – anche se Sebastian si era premurato di chiudere la porta, dopo aver raggiunto l’altro bambino in camera – ma alla fine anche quella missione è andata a buon fine. Ora il cucciolo è di nuovo tra le braccia di Thad e il bambino lo sta cullando leggermente come se stesse tentando di farlo addormentare.

‹‹Sei un bravo micetto, tu›› gli bisbiglia e sorride felice, perché non ha mai avuto un animale di cui prendersi cura e si sta impegnando veramente tanto per fare il bravo “papà”.

Sebastian sorride mentre osserva quella scena singolare ma dolcissima e intanto si sporge leggermente in avanti, dalla sua postazione sul tappeto, per capire come stia reagendo il gattino a tutta quella premura.

‹‹Dorme?››

‹‹Ancora no, ma ogni tanto chiude gli occhi.››

‹‹Che dici se gli costruiamo un lettino?››

La risposta di Thad è un sorriso sdentato e coinvolgente. Sta guardando Sebastian come se fosse il suo eroe, perché lui non ci aveva pensato a quella soluzione e, adesso che lui l’ha proposta, gli sembra un’idea geniale.

‹‹Sì, così può stare comodo e caldo.›› Si china e bacia la testolina del micio. ‹‹Gli dobbiamo anche dare un nome.››

Sebastian si alza e si dirige verso il suo bauletto dei giocattoli, alla ricerca di qualcosa di confacente al suo scopo.

‹‹Chiamiamolo Topo›› propone, ridacchiando sottovoce e stando attento a non fare troppo rumore mentre si mette a cercare nel baule – non vuole far spaventare il cucciolo e vanificare i tentativi di Thad di farlo addormentare.

‹‹No, Bas, Topo no. Chiamiamolo Lenticchia.››

‹‹Lenticchia?››

‹‹Lenticchia, sì, è piccolo come una lenticchia.››

‹‹Ma poi cresce.››

‹‹Ma Lenticchia mi piace.››

Sebastian sbuffa leggermente e tira fuori un piccolo cestino in vimini che, un tempo, conteneva le caramelle della zia.

‹‹Va bene, lo chiamiamo Lenticchia. Ma se troviamo un altro gatto decido io.››

Si volta, giusto in tempo per vedere l’altro bambino annuire e rivolgergli uno sguardo tenerissimo.

‹‹Come hanno fatto mamma e papà con me e Wayne? E okay.››

Un attimo dopo, Sebastian ha recuperato una sua vecchia sciarpa dall’armadio e l’ha avvolta su se stessa per fare sia da piccolo materasso che da coperta, dopodiché l’ha posata nel cestino e ha osservato la sua opera d’arte soddisfatto.

‹‹È perfetto. Ora mettilo a dormire, dai.››

E Thad fa come gli dice, usando la massima delicatezza per posare il micio nella cesta. Sebastian lo copre con la sciarpa e poi entrambi sorridono in maniera radiosa, nel rendersi conto che al gattino piace e che vi si sta accoccolando per davvero.

‹‹Dobbiamo stare attenti a non farci scoprire dalla mia mamma e dal mio papà, okay?›› bisbiglia Sebastian.

‹‹Sì, stiamo attenti, non ti preoccupare.››

Avrebbero continuato a rubare il latte dal frigorifero di Anne ancora per poco, però.
 
 
 
 





 
~ Dieci anni dopo.

 
Il sole abbagliante che riempie il cielo di luce costringe Sebastian a socchiudere gli occhi, quando il ragazzo esce di casa, quel sabato mattina. Si è appena svegliato, con un sorriso sulle labbra, per giunta, e si è avvolto una sciarpa intorno al collo prima di uscire per recuperare il quotidiano, appena consegnato e lasciato ai piedi della veranda. Scende i gradini con passo strascicato e gli occhi che faticano a stare aperti, ed emette uno sbadiglio sonnacchioso, senza riuscire a fermarlo; prima di abbassarsi a recuperare il giornale, getta uno sguardo alla casa accanto alla sua e sorride sognante, col pensiero delle labbra di Thad in testa.

Sono passati due giorni da quando il ragazzo lo ha baciato e sono passati gli stessi due giorni da quando lui ha scoperto quanto possa essere bello condividere qualcosa con qualcuno. Con Thad gli riesce fin troppo semplice parlare senza farlo davvero, fare promesse senza emettere un fiato. Con Thad è facile pensare di essere innamorati, non fa paura, gli fa desiderare di capire e provare sentimenti nuovi. Gli fa desiderare di restare e di meritare tutto ciò che Thad rappresenta.

Quando ha iniziato a provare quei sentimenti per lui, di certo non pensava che lo avrebbero coinvolto così tanto e a tal punto, ma è bastato un bacio, un minimo contatto, per fargli capire che Thad è una persona che non va via. Che Thad fa innamorare in un modo che non te ne accorgi neanche, mentre succede. È quel sentimento che una mattina ti prende e ti fa desiderare di alzarti e vederlo, e conquistare un suo sorriso un’altra volta ancora.

Ed è quel pensiero che ha svegliato Sebastian, è quel pensiero che lo tiene lì, fermo sulla sua veranda ad osservare quella di casa Harwood. È quel pensiero che poi lo costringe a scendere i gradini e ad ignorare il giornale che attendeva di essere recuperato per proseguire attraverso il giardino e raggiungere i suoi vicini, perché il suo desiderio più grande al momento è vederlo e dargli il buongiorno con un bacio.

A metà strada, però, è costretto a fermarsi. Un miagolio lo coglie di sorpresa e gli mette addosso l’ennesima sensazione di déjà-vu.

Si volta. Un altro miagolio. E Sebastian vede, davanti a sé, un gatto dal pelo grigio e tigrato, un gatto che non fatica molto a riconoscere.

‹‹Lenticchia?››

Il gatto – decisamente più grande rispetto all’ultima volta che l’ha visto – lo fissa, muovendo la coda in maniera sinuosa e lenta, e fa un passo alla volta verso di lui, come se lo stesse studiando. Sebastian si china sulle ginocchia e sorride radioso e quasi incredulo, perché si era praticamente dimenticato di questo piccolo particolare, del fatto che il loro Lenticchia fosse stato adottato dalla famiglia Harwood, prima della sua partenza.

‹‹Ma guardati.››

Il ragazzo allunga le mani e, stranamente, Lenticchia si lascia prendere tra le braccia, senza fuggire o soffiare contro di lui. Sebastian si alza in piedi e lascia che il gatto si accoccoli contro la sua spalla.

‹‹Il tuo padrone ti ha perso di vista, uh?››

Gli lascia qualche carezza leggera sul dorso e non fa neanche in tempo a finire di parlare che la porta di casa Harwood si spalanca e la voce – non esattamente soave e bendisposta – di Thad gli arriva alle orecchie chiara e definita.

‹‹Wayne, sei un idiota, potevi anche evitare di lasciare la porta sul retro aperta. Lo sai che Lenticchia se ne approfitta e scappa.››

‹‹Non è colpa mia se il tuo gatto è stupido.››

‹‹È il nostro gatto e non è stupido, è solo-››

‹‹È stupido. E non è mio.››

Solo in seguito a quella sequela di battute, vede Thad uscire fuori di casa e sbuffare, le guance gonfie e la fronte aggrottata.

‹‹Non permetterti di accarezzarlo più allor-›› Si volta e, nel vedere Sebastian a pochi metri da casa sua, arrossisce vistosamente e sorride come un cretino. ‹‹Ehi, ciao.››

La sua voce si è addolcita improvvisamente e il suo viso è diventato talmente imbarazzato da apparire adorabile agli occhi di Sebastian.

‹‹Qualcosa mi dice che stai cercando lui.››

Thad si è accorto a mala pena della bestiola appallottolata contro il petto di Sebastian e sono le parole di quest’ultimo a farglielo notare. Schiude le labbra per la sorpresa e si affretta a scendere i gradini e a raggiungere il ragazzo.

‹‹Lo hai trovato, pensavo fosse scappato per l’ennesima volta›› dice e, una volta giunto dinanzi a Sebastian, elargisce una piccola carezza dietro le orecchie a Lenticchia. ‹‹Ti ho detto mille volte di non scappare, peste.››

‹‹In realtà, è stato lui a venire da me. Forse ha riconosciuto il suo papà.››

‹‹Probabilmente gli mancavi.››

I loro occhi si incontrano, in maniera timida e sfuggente, ma ugualmente intensa. Le labbra di Thad ora si sono piegate a formare quel solito sorriso da bambino che fa impazzire Sebastian e che, se potesse, gli ruberebbe baci a non finire. Continuano a lisciare il pelo di Lenticchia contemporaneamente, ma non smettono di guardarsi in quel modo, come se ci fossero solo loro e le auto non stessero continuando a scorrere in strada. A un tratto, le loro mani si sfiorano e, quando accade, i loro movimenti si arrestano. Sebastian aspetta solo un secondo prima di intrecciare le sue dita a quelle di Thad, tuttavia senza scostarle dal dorso del gatto.

‹‹Probabilmente anche lui mi mancava.››

E non stanno più parlando di Lenticchia, hanno smesso di badare alla presenza del micio ormai. Si stanno avvicinando, Sebastian abbassandosi, Thad alzandosi leggermente in punta di piedi. E poi accade di nuovo: si baciano e stavolta quel gesto appare di gran lunga più naturale, come se lo avessero fatto altre mille volte prima di quella. Thad sorride sulle sue labbra e Sebastian non riesce ad impedirsi di fare lo stesso, perché si sente bene ed è felice, e gli sembra quasi di aver ritrovato qualcosa di perduto. Gli fa scivolare la mano libera dietro la nuca, desideroso di tenerlo a contatto con le sue labbra ancora per qualche minuto e di accarezzare le sue con la massima delicatezza, come per dirgli ciò che prova in maniera silenziosa ma significativa.

Alla fine, l’unica cosa che li convince a lasciarsi andare – sarebbero rimasti in quella posizione per infiniti altri minuti ancora – è la voce di Wayne che li raggiunge dalla veranda.

‹‹Fratellino, il caffè si sta raffreddando. Almeno quello.››

Un sospiro, poi Thad si allontana dalla bocca di Sebastian che, dal canto suo, si sente un po’ stordito per l’intensità di quel bacio. Mette su un broncio, in direzione del fratello, e borbotta il suo nome tra i denti, a mo’ di ammonimento. Wayne scrolla le spalle e rientra in casa, non prima di aver aggiunto:

‹‹Preparo il caffè anche a Sebastian.››

Il diretto interessato ghigna e inarca le sopracciglia in un’espressione divertita.

‹‹Non lo ricordavo così simpatico, lui.››

‹‹Infatti non lo è, è un idiota›› lo corregge Thad, con una piccola smorfia, e poi torna a sorridergli con estrema dolcezza e devozione. Gli porta una mano tra i capelli spettinati dal vento per lisciarglieli e pettinarglieli all’indietro, dopodiché sussurra come se fosse un segreto: ‹‹Ti va di entrare?››

E quello non è affatto un déjà-vu. Quella è la frase con cui Sebastian gli ha chiesto di accomodarsi in casa sua la prima volta che si sono rincontrati. Stavolta però non c’è spazio per gli errori e i duplici significati.

Thad gli sta inequivocabilmente chiedendo di entrare a far parte della sua vita.

‹‹Certo che mi va.››

E probabilmente, quello è solo l’inizio di tutto.
 




   
 
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