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Autore: Obsessed    17/11/2013    3 recensioni
Thadastian Week.
Di nuovo Thad e Sebastian. Pezzi delle loro vite. Pezzi del loro amore.
"Avevano iniziato una vita che sarebbe sembrata nuova se loro non fossero rimasti esattamente gli stessi."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Trent Nixon | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I know your heart hurts, but I’m with you for what it’s worth

love burns, ice cold, the proof inside you forgets control

heavy eyes, don’t lie (don’t lie)

I’m the blue and your my sky

and I know your heart hurts, but I’m with you for what it’s worth

(Hot Chelle Roe – Heart Hurts)

 

 

 

 

 

Day 7: Daddies

 

 

 

 

-Papà…- Colin bussò piano alla porta, aprendola. –Come stai?-

 

La domanda vera che avrebbe voluto porre Colin era “Sarai sempre così teatrale?”. Ma Sebastian era incazzato e nulla l’avrebbe salvato da un ceffone – sedici anni o meno – se non avesse pesato correttamente le parole.

 

Sebastian era nel suo studio, le luci erano spente e lui era affondato nella poltrona. Thad era incazzato al piano di sopra, Dylan era altrettanto incazzato ed era tornato a casa. Colin era molto vicino alle lacrime, ma cercava di rimettere insieme i pezzi di quelli pessima cena.

Perché era iniziata così: con una cena.

Colin si ricordava sorrisi e risate, manzo al sangue e purè di patate, poi Sebastian aveva visto – per sbaglio, si erano alzati entrambi per andare a prendere il vino – Colin contro il muro e Dylan che lo sovrastava. Non stavano facendo nulla di che; le labbra si sfioravano appena, le mani di Dylan erano sul suo sedere e lo stringevano, tirandoselo contro.

Sebastian non aveva proprio pensato.

Aveva dato una spallata alla porta e tirato un cazzotto a Dylan per allontanarlo il più possibile dal corpo di suo figlio. Colin non aveva sentito molto di quello che si erano urlati, era rimasto immobile tra i due per evitare che se ne dessero di santa ragione. Thad era accorso, attirato dalle grida, ed aveva, con Dio sa quale forza, trascinato via Sebastian.

Dylan aveva continuato ad urlare anche dopo. Colin aveva provato a prendere la parola ma le urla non gli permettevano di continuare.

Dylan se ne era andato scollandolo dalla porta con una spallata. Colin aveva provato a trattenerlo, stringe dogli la manica, ma alla fine era stato costretto a lasciarlo andare.

Salendo nella sua camera aveva sentito i suoi genitori strillare.

Aveva affrettato il passo.

Voleva smettere di ascoltare.

Si sdraiò sul letto portando una mano a coprire gli occhi. Si chiese se sarebbe stato sempre così tra suo padre e Dylan, se ci sarebbero sempre state solo urla incontrollate e lacrime.

Pochi minuti dopo suo padre venne a controllare.
–Posso entrare?-

 

-Anche se ti dicessi di no, entreresti lo stesso.-

 

Le parole uscirono ovattate perché Colin teneva il volto affondato nel cuscino.

Sentì la porta chiudersi e poi il materasso abbassarsi sotto il peso di suo padre.

 

-Mi dispiace, Colin-

 

E Thad stava, di nuovo, chiedendo scusa per Sebastian.

 

-Non devi scusarti di certo tu!- esclamò Colin, voltandosi.

 

Thad gli spostò i capelli dalla fronte. –Hai provato a chiamare Dylan?-

 

Colin scosse la testa. –Ho vergogna. È arrabbiato e ne ha tutte le ragioni. Si è preso un cazzotto per avermi a stento baciato, papà-

 

Thad si passò una mano tra i capelli pensando velocemente ad un modo per sbrogliare la situazione. –Perché non provi ad andare da Sebastian?-

 

Colin sbuffò. –Perché devo essere sempre io?-

 

-Perché è questo che fanno i figli quando hanno un padre difficile, e sappiamo quanto il tuo sia il più difficile tra i difficili-

 

Colin ci pensò e si sentì uno stupido mentre si lasciava convincere e mestamente si alzava per andare da suo padre.

 

 

 

 

-Sto bene-

 

La voce di Sebastian era bassa e graffiante.

Colin chiuse la porta alle sue spalle e andò a sedersi sulle sue ginocchia.

Immediatamente, le braccia di Sebastian furono intorno alla sua vita. Una mano risalì lungo la sua schiena fino ad arrivare alle labbra, dove Sebastian con forza sfregò il pollice.

 

-Papà! Smettila, mi fai male!-

 

 Colin allontanò il volto da lui, toccandosi le labbra con le mani fredde.

 

-Ti ha baciato-

 

-Ottimo spirito di osservazione-

 

-Non fare lo spiritoso, ragazzino-

 

-E tu smettila di rovinare sempre tutto-

 

Colin poteva sentire gli occhi di Sebastian sulla sua faccia, poteva sentirlo quasi ringhiare. Non si comportava spesso così.

Colin evitava di rispondere ai suoi genitori. Era sempre molto silenzioso e accondiscendente.

Con un padre come Sebastian, dovevi scegliere per cosa importava davvero lottare.

 E Dylan importava. Troppo.

 

-Si, papà mi ha baciato. È il mio ragazzo. Ha il diritto di farlo, ma, tu! Tu non hai nessun diritto di rovinare tutto- quasi urlò Colin, sfuggendo dalla presa di suo padre e scattando in piedi.

 

-Attento ragazzino…-

 

-Un giorno scoperemo, papà. Non potrai fare niente per evitarlo.-

 

-Solo un’altra parola ragazzino…- urlò Sebastian, alzandosi a fronteggiare il figlio – e ti darò un ceffone talmente forte che lo ricorderai per il resto dei tuoi anni!-

 

Colin rimase in silenzio incrociando le braccia al petto. –Potresti, come minimo, chiedere scusa- mormorò allora.

 

Fu allora che Sebastian distolse lo sguardo per rivolgerlo al pavimento.

Non era stupido. Sapeva che, forse, aveva esagerato.

Ma da qui all’ammetterlo ne passava di acqua sotto i ponti.

Colin sospirò stanco. Si strofinò gli occhi e si grattò la nuca.

 

-Vado a chiamare Dylan. Cercherò di sistemare questa cosa. Quando avrai deciso di comportarti da adulto, io sono in camera mia-

 

-Ragazzino…- sibilò Sebastian, ma, Colin era già uscito.

 

 

***

 

Tornato in camera, Colin si sedette sul letto tenendo il cellulare tra le mani tremanti. Compose il numero di Dylan e attese.

Quando rispose, Dylan tacque.

 

-‘Lan? –

 

Colin poteva sentirlo.

Il respiro pesante e veloce.

 

-Che c’è, Colin?- sospirò, alla fine.

 

Quest’ultimo chiuse gli occhi mentre si mordeva le labbra per trattenere le lacrime. –Mi dispiace-

 

Dylan sospirò, di nuovo. Senti…sentiamoci domani, ok?-

 

Colin si lasciò scappare un singhiozzo.

 

-Non piangere. Non sono arrabbiato con te, né ho intenzione di lasciarti, come immagino il tuo cervello stia macchinando. Ho bisogno di pensare. Pensare a come portare avanti questa cosa. E si, sono arrabbiato con tuo padre e sono sicuro, che se iniziassi a parlare di lui in questo momento, tu, nonostante abbia torto, lo difenderesti. Perché tra me e lui non c’è sfida. Lui vince sempre. Devo calmarmi e pensare. Ti chiamo domani.-

 

Nonostante gli avvertimenti Colin non poteva evitare di piangere. Su questo era il degno figlio di Thad Harwood, piangeva sempre.

 

-Come faccio a non piangere, se tu non vuoi parlarmi?- singhiozzò Colin, cercando di fermare quello che era un evidente attacco di panico.

 

-Non sono arrabbiato con te. Calmati, non me ne vado. Ti chiamo domani e ne parleremo. Io sono incazzato e tu sei scosso, piccolo. Questa conversazione non porterebbe da nessuna parte, se non a peggiorare le cose-

 

Colin annuì, anche se Dylan non poteva vederlo.

Sebastian scivolò, silenziosamente, nella camera del figlio.

 

-Prova a riposare, Cole. Ci sentiamo domani-

 

-Ok. A-A domani- singhiozzò il minore, poggiando il cellulare sul comodino.

 

Si sdraiò sul letto lentamente, tremando appena. Sebastian si stese al suo fianco. Colin non ebbe la forza di mandarlo via, anzi, affondò la testa nel suo petto, lasciandosi avvolgere dal calore del padre.

Sebastian incastrò una mano tra i suoi capelli, baciandogli più volte la tempia.

 

-È tutta colpa tua-

 

E Sebastian si aspettava un “ti odio” alla fine di quella frase come Colin si aspettava un “mi dispiace”.

Ma nulla di tutto ciò arrivò.

Forse dovevano semplicemente smettere di avere aspettative e prendersi ciò che veniva.

 

-Non ho pensato, te lo concedo, ma non ammetto che succeda di nuovo. Fate in modo che non vi veda o di chiudere la porta a chiave. Non ammetto, e ascoltami Colin, - sibilò Sebastian alzandogli il volto in modo che si potessero guardare negli occhi – che mi si parli come tu hai fatto, mai più. Sono comunque tuo padre e pretendo rispetto. Domani, se ciò ti rende felice, parlerò con Dylan. Ci sono delle regole da rispettare se volete andare avanti con questa relazione. Sono stato chiaro?-

 

Colin annuì.

Questo valeva più di mille scuse.

 

Domani avrebbe parlato con Dylan e avrebbero chiarito, perché loro si amavano già da piccoli e nulla avrebbe potuto spezzare quello che avevano, ma ora Colin aveva bisogno di tutto suo padre, perché se era importante combattere per Dylan, combattere contro, per o con Sebastian lo era molto di più.

 

 

Thad li trovò stretti in abbraccio, in un letto che era decisamente troppo piccolo per contenere entrambi. Colin quasi non si vedeva tanto che era stretto a suo padre, che aveva braccia e gambe attorcigliate intorno a lui come a non lasciarlo scappare.

Spense la luce e li lasciò dormire, sorridendo.

 

 

 

 

 

Note

 

Questo è forse stato il prompt più difficile. Colin e Dylan della mia long “Noi Siamo Infinito” , non potevano mancare. Dylan è una povera vittima, tanto che la mia beta ha fondato un club su di lui che assomiglia tanto al C.R.E.P.A di Hermione Granger. Il rapporto tra Colin e Sebastian rimane sempre strano, ambiguo per certi versi. Non voglio che Colin venga visto come una vittima. Colin è assolutamente conscio delle scelte che prende e di quello che fa. Come ho scritto, sceglie le sue battaglie.

Spero che vi sia piaciuta e spero di riuscire a pubblicare domani l’ultimo ultimissimo prompt.

Grazie a tutti voi che avete letto, recensito e seguito questa storia.

 

   
 
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