I know your
heart hurts, but I’m with you for what it’s worth
love burns, ice cold, the proof inside you forgets control
heavy eyes, don’t lie (don’t lie)
I’m the blue and your my sky
and I know your heart hurts, but I’m with you for what it’s worth
(Hot Chelle Roe – Heart Hurts)
Day
7: Daddies
-Papà…-
Colin bussò piano alla porta, aprendola. –Come stai?-
La
domanda vera che avrebbe voluto porre
Colin era “Sarai sempre così teatrale?”. Ma
Sebastian era incazzato e nulla l’avrebbe salvato da un ceffone – sedici anni o
meno – se non avesse pesato correttamente le parole.
Sebastian
era nel suo studio, le luci erano spente e lui era affondato nella poltrona.
Thad era incazzato al piano di sopra, Dylan era altrettanto incazzato ed era tornato
a casa. Colin era molto vicino alle lacrime, ma cercava di rimettere insieme i
pezzi di quelli pessima cena.
Perché
era iniziata così: con una cena.
Colin
si ricordava sorrisi e risate, manzo al sangue e purè di patate, poi
Sebastian aveva visto – per sbaglio, si erano alzati entrambi per andare a
prendere il vino – Colin contro il muro e Dylan che lo sovrastava. Non stavano
facendo nulla di che; le labbra si sfioravano appena, le mani di Dylan erano
sul suo sedere e lo stringevano, tirandoselo contro.
Sebastian non
aveva proprio pensato.
Aveva
dato una spallata alla porta e tirato un cazzotto a Dylan per allontanarlo il
più possibile dal corpo di suo figlio. Colin non aveva sentito molto di quello
che si erano urlati, era rimasto immobile tra i due per evitare che se ne
dessero di santa ragione. Thad era accorso, attirato dalle grida, ed aveva, con
Dio sa quale forza, trascinato via Sebastian.
Dylan
aveva continuato ad urlare anche dopo. Colin aveva provato a prendere la parola
ma le urla non gli permettevano di continuare.
Dylan
se ne era andato scollandolo dalla porta con una spallata. Colin aveva provato
a trattenerlo, stringe dogli la manica, ma alla fine era stato costretto a
lasciarlo andare.
Salendo
nella sua camera aveva sentito i suoi genitori strillare.
Aveva
affrettato il passo.
Voleva
smettere di ascoltare.
Si
sdraiò sul letto portando una mano a coprire gli occhi. Si chiese se sarebbe stato
sempre così tra suo padre e Dylan, se ci sarebbero sempre state solo urla
incontrollate e lacrime.
Pochi
minuti dopo suo padre venne a controllare.
–Posso entrare?-
-Anche
se ti dicessi di no, entreresti lo stesso.-
Le
parole uscirono ovattate perché Colin teneva il volto affondato nel cuscino.
Sentì
la porta chiudersi e poi il materasso abbassarsi sotto il peso di suo padre.
-Mi
dispiace, Colin-
E Thad stava, di
nuovo, chiedendo scusa per Sebastian.
-Non
devi scusarti di certo tu!- esclamò Colin, voltandosi.
Thad
gli spostò i capelli dalla fronte. –Hai provato a chiamare Dylan?-
Colin
scosse la testa. –Ho vergogna. È arrabbiato e ne ha tutte le ragioni. Si è
preso un cazzotto per avermi a stento baciato, papà-
Thad
si passò una mano tra i capelli pensando velocemente ad un modo per sbrogliare
la situazione. –Perché non provi ad andare da Sebastian?-
Colin
sbuffò. –Perché devo essere sempre io?-
-Perché
è questo che fanno i figli quando hanno un padre difficile, e sappiamo quanto il tuo sia il più
difficile tra i difficili-
Colin
ci pensò e si sentì uno stupido mentre si lasciava convincere e mestamente si
alzava per andare da suo padre.
-Sto
bene-
La
voce di Sebastian era bassa e graffiante.
Colin
chiuse la porta alle sue spalle e andò a sedersi sulle sue ginocchia.
Immediatamente,
le braccia di Sebastian furono intorno alla sua vita. Una mano risalì lungo la
sua schiena fino ad arrivare alle labbra, dove Sebastian con forza sfregò
il pollice.
-Papà!
Smettila, mi fai male!-
Colin allontanò il volto da lui, toccandosi le
labbra con le mani fredde.
-Ti ha baciato-
-Ottimo spirito
di osservazione-
-Non fare lo spiritoso, ragazzino-
-E tu smettila
di rovinare sempre tutto-
Colin
poteva sentire gli occhi di Sebastian sulla sua faccia, poteva sentirlo quasi
ringhiare. Non si comportava spesso così.
Colin
evitava di rispondere ai suoi genitori. Era sempre molto silenzioso e
accondiscendente.
Con un padre
come Sebastian, dovevi scegliere per cosa importava davvero lottare.
E Dylan importava. Troppo.
-Si,
papà mi ha baciato. È il mio ragazzo. Ha il diritto di farlo, ma, tu! Tu non
hai nessun diritto di rovinare tutto- quasi urlò Colin, sfuggendo dalla presa
di suo padre e scattando in piedi.
-Attento ragazzino…-
-Un giorno
scoperemo, papà. Non potrai fare niente per evitarlo.-
-Solo
un’altra parola ragazzino…- urlò Sebastian, alzandosi a fronteggiare il figlio
– e ti darò un ceffone talmente forte che lo ricorderai per il resto dei tuoi
anni!-
Colin
rimase in silenzio incrociando le braccia al petto. –Potresti, come minimo, chiedere scusa- mormorò allora.
Fu
allora che Sebastian distolse lo sguardo per rivolgerlo al pavimento.
Non
era stupido. Sapeva che, forse, aveva
esagerato.
Ma da qui
all’ammetterlo ne passava di acqua sotto i ponti.
Colin
sospirò stanco. Si strofinò gli occhi e si grattò la nuca.
-Vado
a chiamare Dylan. Cercherò di sistemare questa cosa. Quando avrai deciso di
comportarti da adulto, io sono in camera mia-
-Ragazzino…- sibilò Sebastian, ma, Colin
era già uscito.
***
Tornato
in camera, Colin si sedette sul letto tenendo il cellulare tra le mani
tremanti. Compose il numero di Dylan e attese.
Quando
rispose, Dylan tacque.
-‘Lan?
–
Colin poteva
sentirlo.
Il
respiro pesante e veloce.
-Che
c’è, Colin?- sospirò, alla fine.
Quest’ultimo
chiuse gli occhi mentre si mordeva le labbra per trattenere le lacrime. –Mi
dispiace-
Dylan
sospirò, di nuovo. – Senti…sentiamoci domani, ok?-
Colin
si lasciò scappare un singhiozzo.
-Non piangere. Non sono arrabbiato con
te, né ho intenzione di lasciarti, come
immagino il tuo cervello stia macchinando. Ho bisogno di pensare. Pensare a come portare avanti questa cosa. E
si, sono arrabbiato con tuo padre e sono
sicuro, che se iniziassi a parlare di lui in questo momento, tu, nonostante abbia torto, lo difenderesti. Perché tra me e lui non c’è
sfida. Lui vince sempre. Devo calmarmi e pensare. Ti chiamo domani.-
Nonostante
gli avvertimenti Colin non poteva evitare di piangere. Su questo era il degno
figlio di Thad Harwood, piangeva sempre.
-Come
faccio a non piangere, se tu non vuoi parlarmi?- singhiozzò Colin, cercando di
fermare quello che era un evidente attacco di panico.
-Non sono arrabbiato con te. Calmati, non
me ne vado. Ti chiamo domani e ne parleremo. Io sono incazzato e tu sei scosso,
piccolo. Questa conversazione non porterebbe da nessuna parte, se non a
peggiorare le cose-
Colin
annuì, anche se Dylan non poteva vederlo.
Sebastian
scivolò, silenziosamente, nella camera del figlio.
-Prova
a riposare, Cole. Ci sentiamo domani-
-Ok.
A-A domani- singhiozzò il minore, poggiando il cellulare sul comodino.
Si
sdraiò sul letto lentamente, tremando appena. Sebastian si stese al suo fianco.
Colin non ebbe la forza di mandarlo via, anzi,
affondò la testa nel suo petto, lasciandosi avvolgere dal calore del padre.
Sebastian
incastrò una mano tra i suoi capelli, baciandogli più volte la tempia.
-È
tutta colpa tua-
E Sebastian si
aspettava un “ti odio” alla fine di quella frase come Colin si aspettava un “mi
dispiace”.
Ma nulla di
tutto ciò arrivò.
Forse dovevano
semplicemente smettere di avere aspettative e
prendersi ciò che veniva.
-Non ho pensato, te lo concedo, ma non ammetto che succeda
di nuovo. Fate in modo che non vi veda o di chiudere la porta a chiave. Non
ammetto, e ascoltami Colin, - sibilò
Sebastian alzandogli il volto in modo che si potessero guardare negli occhi –
che mi si parli come tu hai fatto, mai più. Sono comunque tuo padre e
pretendo rispetto. Domani, se ciò ti
rende felice, parlerò con Dylan. Ci
sono delle regole da rispettare se volete andare avanti con questa relazione.
Sono stato chiaro?-
Colin
annuì.
Questo valeva
più di mille scuse.
Domani
avrebbe parlato con Dylan e avrebbero chiarito, perché loro si amavano già da
piccoli e nulla avrebbe potuto spezzare quello che avevano, ma ora Colin aveva
bisogno di tutto suo padre, perché se
era importante combattere per Dylan, combattere
contro, per o con Sebastian lo era molto di più.
Thad
li trovò stretti in abbraccio, in un letto che era decisamente troppo piccolo
per contenere entrambi. Colin quasi non si vedeva tanto che era stretto a suo padre,
che aveva braccia e gambe attorcigliate intorno a lui come a non lasciarlo
scappare.
Spense
la luce e li lasciò dormire, sorridendo.
Note
Questo è forse stato il prompt più
difficile. Colin e Dylan della mia long “Noi Siamo Infinito” , non potevano
mancare. Dylan è una povera vittima, tanto che la mia beta ha fondato un club
su di lui che assomiglia tanto al C.R.E.P.A di Hermione Granger. Il rapporto
tra Colin e Sebastian rimane sempre strano, ambiguo per certi versi. Non voglio
che Colin venga visto come una vittima. Colin è assolutamente conscio delle
scelte che prende e di quello che fa. Come ho scritto, sceglie le sue battaglie.
Spero che vi sia piaciuta e spero di
riuscire a pubblicare domani l’ultimo ultimissimo prompt.
Grazie a tutti voi che avete letto,
recensito e seguito questa storia.