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Autore: Alex Wolf    18/11/2013    6 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just can’t let her go.
 


Non lasciarmi di nuovo.
 
-My Happy Ending. Avril Lavigne.

 
 


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« Eleonora, ti prego ferma. » Isil allungò le mani davanti a se e le mosse velocemente. Fece un passo indietro e inciampò nel braciere, che cadde a terra con un tonfo seguito da lei. La legna in fiamme si sparse sul pavimento e morì, immersa nelle ceneri. Mia sorella si alzò e tornò a indietreggiare. Feci scattare i palmi in avanti e due fiammate fuoriuscirono da essi. Il fuoco le sfiorò la pelle e lei gridò di dolore, inginocchiandosi e abbracciandosi con le braccia.
« Isil! » Gring strillò, precipitandosi verso la bionda. Circondò il suo esile corpo con le braccia forti e mi rivolse un’occhiata tagliente. Feci per muovermi ma due mani mi trattennero. Voltandomi vidi gli occhi blu del re tentare di calmarmi. Tentai di liberarmi da quella stretta, ma il re era forte e non si decideva a lasciarmi.
« Stai per fare una cavolata, Eleonora », mi sibilò all’orecchio, « C’è ne occuperemo noi, ok? » E lanciò un occhiata di sfuggita alle guardie che ci circondavano.
Titano, che devo fare?
Quello che ti dicono, ragazza. Aragorn sa quello che fa.
« Come ti pare », sibilai. Fissai ancora una volta i due traditori e poi, sospirando, me ne andai. La luce del tardo pomeriggio mi colpì in volto, costringendomi a camminare il più velocemente possibile per la noia che mi dava. Varcai il grande portone d'entrata e me ne andai dalla sala del trono. L’aria fredda mi fece rizzare i peli sulla nuca, ma i raggi del sole riscaldarono la mia pelle. Mi appoggiai a una colonna vicina e stetti ad osservare la grande radura che si estendeva oltre le mura del fosso di Helm: era costellata di colline verdeggianti, e il cielo sopra di esse era azzurro. Poche nubi si avvicinavano da lontano. Tra poche ore quel terreno prosperoso avrebbe assorbito sangue, morte e disperazione. Al solo pensiero chiusi gli occhi e mi concentrai sui rumori. Ora che ero divenuta una custode i miei sensi erano triplicati, riuscivo a sentire suoni che prima non percepivo nemmeno.
« Non capisco. Ogni essere vuole comandare, ma a nessuno basta il territorio che ha. » Parlai, quando un noto suono arrivò ai miei timpani. « Tutti vogliono vivere in pace, ma non si può avere la pace se prima non si fa la guerra, vero? » Aprii le palpebre e voltai leggermente il volto verso le porte.
Una figura snella era ferma avanti a esse, che ora erano chiuse. I vestiti verdi e marroni rilucevano alla luce, e i capelli biondi creavano un aura attorno al volto dai lineamenti regali. Gli occhi di ghiaccio di Legolas si soffermarono sui miei, finché non tornai a guardare la pianura.
« Dobbiamo combattere, lo sai benissimo. » Disse, e la sua voce si fece più vicina a ogni sillaba. Quando si fermò, gli lanciai uno sguardo di sottecchi. Odiavo il fatto che fosse così convinto che bisognasse combattere. Forse ero così ripugnante alla cosa, adesso, perché avevo conosciuto l’altra parte della medaglia e non volevo danneggiarla. Ti troverò, mi aveva detto, e la sua voce non era più uscita dalla mia testa. Persino in quel momento, che ero vicina a Legolas, il volto di Sauron mi compariva davanti agli occhi.
Come potevo lasciare che le sue truppe fossero sconfitte? Come potevo anche solo pensare di lasciarle perire? Eppure, era sbagliato credere una cosa così.
« Legolas, forse dovremmo… Non lo so, insomma, perché non chiediamo la pace e basta? »
« Non si può. Sauron ha dichiarato guerra, e guerra avrà. » Rispose duramente l’elfo. Poi si mise davanti a me, e lessi nei suoi occhi infelicità, tristezza e dolore. D’istinto gli accarezzai una guancia, e a quel contatto lui chiuse gli occhi. « Mi dispiace, mi dispiace per tutto El. » Sussurrò, accarezzandomi le braccia.
Il cuore che non avevo più, se ci fosse stato ancora, in quel momento avrebbe battuto come un martello pneumatico. Poggiai la schiena al pilastro e lasciai che il corpo del giovane elfo si avvicinasse al mio quel tanto che bastava per schiacciarmici.
« Io, davvero, non credevo che Isil fosse capace di tanto. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. » Abbassò il capo e poggiò la fronte sulla mia. Respirai il suo profumo di muschio e erba fresca, stringendo la sua casacca nei miei pugni. « Eleonora, mi dispiace così tanto. »
« Legolas, non è colpa tua », sussurrai. Avevo pronunciato quella frase talmente piano che non ero sicura che Legolas l’avesse sentita. « Non è mai stata colpa tua, ok? Tu mi sei sempre stato vicino, anche quando il legame con Titano si era appena creato, ed ero incontrollabile. » Alzai il viso incontrando i suoi occhi azzurri. « Tu ci sei sempre stato, per me. Mi hai salvata quando ero svenuta su quella montagna, in mezzo alla neve. Non devi assolutamente scusarti, ok? »
« Non sono neanche stato in grado di riuscire a capire che tua sorella ci stava ingannando. Sono un fesso. »
« Sei un fesso, è vero. » Scherzai io, cercando di farlo sorridere, e ci riuscii. « Ma non importa. Sei un fesso che mi ha salvato la vita più volte di quanto mi piaccia ammettere, e non hai nulla da rammaricarti. Ok? »
« Ok », annuì. « Ti amo. »
Avrei tanto voluto rispondergli “anche io” ma non ci riuscii. Qualcosa dentro di me lo impediva.
Le sue mani ripercorsero ancora le mie braccia, e i pollici si soffermarono sulle spalle; creavano piccoli cerchi concentrici e mi facevano venire la pelle d’oca. Il suo respiro s’infrangeva sul mio volto, mentre le nostre labbra si toccavano. Strinsi di più la stoffa dei suoi abiti fra le mie mani e mi alzai in punta di piedi, mentre lui mi stringeva del tutto. Le nostre lingue si incontrarono e una piccola scossa di piacere mi percorse. Lui rafforzò la presa e mi spinse contro il proprio copro, possessivo.
« Non rinuncerai comunque alla guerra, vero? » Domandai dopo che si fu staccato.
« Non posso, Eleonora. E nemmeno tu. Abbiamo un compito, datoci da Re Elrond, da portare a termine. »
« Ma è sbagliato! » Ringhiai io, staccandomelo di dosso e percorrendo a grandi passi il piazzale davanti a me. Finito, tornai indietro. « Queste persone », indicai la gente che si vedeva da sotto il muro, « soffriranno. Moriranno. Vittime innocenti che nulla centrano. »
« Ci sono sempre vittime in una guerra, El. Sono danni collaterali. » Strinse la mia mano nella sua, e non la lasciò.
« Ma se noi parlassimo con Sauron, magari potrebbe esserci una tregua, magari… »
« Quel… mostro, non ci concederà una tregue El. » Era serio, e non accettava risposte da me. Quella non era un’ipotesi, per lui quella era la verità. Ma io conoscevo Sauron, lui mi  avrebbe ascoltata. Mi avrebbe capita. Avrebbe accettato la pace.
« Sauron non è un mostro », e lo pensavo davvero. Si era preso cura di me quando tutto andava male, e ero sull’orlo dell’abisso del non ritorno. Non poteva essere un mostro.
« Cos’è, non ti sarai mica innamorata di lui vero? » Scherzò l’elfo biondo. Vedendo che non rispondevo divenne serio. « Eleonora, non ti sarai realmente innamorata di lui, durante la tua prigionia, vero? »
Esitai. Non mi ero innamorata di Sauron, ma non si poteva certo dire che ne ero indifferente. O forse provavo per lui qualcosa e non volevo ammetterlo?
« Legolas, io… », sospirai gettando il mio sguardo oltre la sua spalla destra. Non c’è la facevo a guardarlo negli occhi, sapendo a che cosa sarei potuta andare incontro. « Oddio, Legolas, non lo so. » Ammisi. Mi coprii la fronte con una mano e chiusi gli occhi. La figura dell’elfo s’irrigidì.
« Mi stai dicendo che quello che c’è fra noi… quello che è successo quella sera, per te non vale più niente? » La sua voce era tagliente come un rasoio. Rabbrividii al solo pensiero di averlo ferito, di nuovo, e quando tentai di dirgli qualunque cosa le porte del palazzo si spalancarono e ne uscì Re Theoden seguito dagli altri. Io e l’elfo li guardammo. Il biondo si voltò, pronto a seguirli.
« Legolas », strinsi il suo polso in una presa flebile. Avevo paura di quello che avrebbe potuto fare, dire. Se si fosse messo a gridare davanti a tutti? Ma non fece nulla di tutto ciò. Il principe di Bosco Atro non tornò da me per parlare a quattr’occhi, voltò leggermente il capo e mi gettò un’occhiataccia. « Io. »
« Ne riparleremo dopo la battaglia, se mai saremo ancora vivi. » Mi bloccò tagliente. « Tu lo sarai di certo, visto che Sauron non ti vuole morta. » E diede uno strattone al braccio, liberandosi dal contatto che ci legava.
 
« Voglio che gli uomini e i ragazzi forti, in grado di reggere le armi, siano pronti alla battaglia entro stasera. » Ordino Theoden a una guardia. Scambiai un’occhiata frettolosa ad Aragor, che pareva pesare la mia stessa cose, ovvero: “ Questa è una follia ”.
Senza che nessuno dicesse nulla, seguimmo l’uomo oltre i cancelli e io mi appoggiai al muro di pietra. Lanciavo occhiate all’elfo, nella speranza che lui se ne accorgesse e venisse, almeno, a chiedermene il motivo. Dovevo spiegargli il malinteso di poco prima. Tutta via, le uniche occhiate che mi venivano rivolte erano quelle di Gimli, che mi sorrideva sempre. Non avevo nulla contro quel nano, ma non era la sua attenzione che cercavo.
« Noi sorveglieremo la strada rialzata e il cancello dall’alto. Nessun’esercito ha mai creato una breccia nelle mura fossato. O messo piede nel tromba torrione. » Gridò fiero il re.
All’udire l’ultimo nome, mi scappò una risata sommessa che Gimli mi placò dandomi gomitate alle costole.
« Questa non è una marmaglia di stupidi orchi. Questi sono Uruk-ai; hanno armature spesse e scuri imponenti. » Il nano era serio, e il suo sguardo non lasciava trapelare paura.
« Io ho combattuto molte guerre, mastro nano. So come difendere il mio bastione. » Fu la risposta arida di Theoden. Se non fosse stato il re, e io non fossi stata nella posizione in bilico in cui mi trovavo, l’avrei preso a botte. Il re se ne andò, seguito da Aragorn e Legolas.
« Non te la prendere », dissi a Gimli quando rimanemmo soli, « quello è tutto fumo e niente arrosto. Vedra: come comincerà la guerra scapperà dentro il suo adorato !palazzo” con le sottane all’aria. » Il nano rise divertito e mi fece l’occhiolino. « Ah, Gimli. Mi puoi dire che fine hanno fatto fare a Isil e Gring? »
« Per ora sono nelle celle, sotto le grotte. Non sono stati toccati. »
« Ah, ho capito. Grazie, mastro nano. Ora sarà meglio correre, li stiamo perdendo. » Corremmo a riprendere il passo del trio.
« Irromperanno su questa fortezza, come l’acqua sulle rocce. Le orde di Saruman attaccheranno e appiccheranno il fuoco: una cosa già vista. Le colture si possono riseminare, le case ricostruire. All’interno di queste mura, noi sopravivremmo. » Theoden sembrava così sicuro di se, che per un secondo mi diede come l’impressione di sapere quello che stava facendo. Ma io, come i miei compagni, sapevamo che sebbene parlasse tanto delle strategie di guerra e il futuro dentro tremava di terrore.
« Non vengono a distruggere le colture o i villaggi di Rohan, ma la popolazione: fino all’ultimo bambino. » Aragorn parlò chiaramente.
« Che cosa dovrei fare io? Guarda i miei uomini, il loro coraggio è appeso a un filo. Se dev’essere la nostra fine, allora farò fare loro una grande fine. Che venga ricordata per sempre. » Ringhiò in faccia ad Aragorn il re, le mani strette attorno alla stoffa della casacca dell’uomo.
« Invia messaggeri mio signore, tu devi chiedere aiuto. » Intervenne Aragorn.
« E chi verrà? Gli elfi, i nani? Non siamo fortunati come te nelle amicizie. Le vecchie alleanze sono finite. » Ammise amaramente il re.
« Gondor? Dov’era Gondor quando cadde l’ovest-falda? Dov’era Gondor quando i nostri vicini ci hanno circondato? Dov’era Gond… No mio signore Aragorn: noi siamo soli. »
« Ma se chiedessimo una tregua, miei signori? » Intervenni io, facendomi largo fra i due uomini. Entrambi mi fissarono accigliati, e confusi. « Magari, Sauron richiamerà Saruman e… »
« Sauron non richiamerà proprio nessuno, mia signora. Non l’avrebbe fatto prima, figuriamoci ora che sei qui. Vorrà riaverti al suo fianco a tutti i costi, senza contare il prezzo da pagare. E se questo prezzo fossero le vite di uomini e donne umani allora, se potesse, li avrebbe già uccisi tutti », mi rispose Legolas duramente. Quando lo guardai negli occhi rimasi distrutta.
L’avevo fatto ancora una volta: l’avevo ferito.
 « Il principe ha ragione. Non ci sarà nessuna pace, nemmeno se lo volessimo. » Così dicendo Theoden se ne andò.
 
Ormai era sera, e io mi ritrovavo a seguire Aragorn  che continuava  a indicare cose e dire frasi, mentre la mia testa non  lo ascoltava neanche io. In più avevo una strana nausea, e non mi sentivo bene.
« Aragorn, tu devi riposare. Non ci sei utile vivo a metà. » Quando l’elfo parlò, mi riattivai  come una molla. Facendo un passo in avanti lo affiancai.
« Legolas ha ragione », mormorai stancamente, « dovresti riposare. »
« Mio signore! » La voce di Eowyn mi risuonò nelle orecchie come un martello pneumatico. Se solo fossi stata a casa, nell’era moderna, nella mia terra, avrei supplicato mia madre per un’aspirina o un oki.
Oh no, lei no. Ti prego lei no!
« Aragorn! » Ci raggiunse. « Sarò mandata insieme alle donne nelle grotte. » Si lamentò.
« E’ un incarico onorabile », affermò il re.
« Per badare ai bambini, e trovare cibo e letti quando gli uomini tornano? Che rinomanza c’è in questo? » L’ultima frase mi arrivò ottavata alle orecchie. Le figure davanti a me presero a offuscarsi, e la testa a dolere. D’istinto portai una mano alla pancia, ma cercai di non crollare.
« Mia signora, c’è un momento per il valore senza rinomanza. A chi si rivolgerà la tua gente durante l’ultima difesa? »
« Lasciami stare al tuo fianco », pregò lei.
« Non è mio potere imporre questo. »
« E poi, non saresti utile a nulla in battaglia », borbottai. Ma la voce non uscì dalle mie labbra, bensì fu solo un piccolo, fievole sospiro. Le figure ora volteggiavano davanti a me, e tutti i colori si mescolavano.
Non posso svenire ora. Non devo.
« Ragazza, tutto bene? » Chiese Gimli. Forse mi vedeva strana, forse doveva imparare a farsi i fatti suoi. Tutta via la sua domanda attirò l’attenzione di Legolas, che mi rifilò un’occhiata lunga.
« Sto », non feci in tempo a concludere la frase che Eowyn irruppe nelle nostre fila e mi venne contro senza accorgersene. Mi aggrappai alla spalla dell’elfo per resistere e lui, contro ogni logica, mi sostenne.
« Sei bianca cadaverica, e non ti reggi in piedi. Non stai bene », soffiò preoccupato al mio orecchio.
« Invece, sto benissimo », presi un bel respiro. Chiusi gli occhi per un’istante e un pesante senso di nausea mi assalì. « Ok, hai ragione. Sto da schifo. » Lo allontanai e tenendomi le mani sulla pancia mi diressi verso il castello di pietra, dove sapevo esserci un medico.
« Vuoi che ti accompagni? » Gridò Legolas.
Mi voltai facendo segno di “no” con la testa e gridai: “Vedrete che non è nulla, solo un po’ di nausea. Continuate pure il… tour”.
Quando li vidi sparire, mi misi a correre il più in fretta possibile e non appena fui abbastanza lontana da tutto e tutti mi accasciai a terra e vomitai. Qualcuno mi tirò su i capelli e mi accarezzò la schiena.
« Lo sapevo che non stavi bene. Non puoi mentirmi su tutto, El. »
  
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