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Autore: Scattered Dream    18/11/2013    2 recensioni
Tratto dal capitolo:
"[ Il più grande ostacolo da superare, delle volte,
siamo proprio noi stessi ]
-Chi sei?- chiese, guardando leggermente confuso la sua copia, che fece un passo avanti, sorridendo beffarda. Perfino il suo sorriso aveva qualcosa di sinistro. Ora che il bambino misterioso si era avvicinato, Suzuno poté constatare di essersi sbagliato, poiché gli occhi dell’altro erano blu. Un blu talmente scuro da sembrare quasi nero, un blu simile agli abissi del mare, ed erano terribilmente simili ai suoi. Erano occhi che avevano conosciuto il dolore e il peso della solitudine."
***
Una one-shot che parla di un Suzuno bambino alle prese con quello che ha dentro, con quello che prova.
Spero vi piaccia ^^
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ice Mask
[Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio del cuore ]
 
 
Non sapeva nemmeno lui da quanto tempo, ormai, era seduto sui gradini sporchi e freddi della scalinata che collegava le due stradine secondarie del suo quartiere.
Le giovani coppiette, le vecchie ingobbite, i bambini, i cani, tutti quelli che si fermavano a lanciargli brevi occhiate di compassione, gli  apparivano come ombre confuse. Tutto ciò che lo circondava non lo toccava minimamente, per lui era come se non ci fosse nessuno. L’unica cosa che vedeva, nitida e chiara, erano i nuvoloni grigi sopra di lui, carichi di pioggia. Ora che ci pensava, amava la pioggia, e anche i temporali. Li amava perché gli ricordavano che anche il cielo, ogni tanto, aveva bisogno di piangere e di urlare. Proprio come lui, proprio come ogni essere vivente. Sentì una gocciolina d’acqua bagnargli il viso, poi due, tre, fino a che non ne iniziarono a cadere a migliaia, colorando di un triste grigio il paesaggio. Sorrise tristemente, mentre calde lacrime, trattenute per troppo tempo, iniziarono a uscire involontariamente dagli occhi, mischiandosi alle gocce di pioggia.
 
 
“-Perché ti piace così tanto il cielo?- gli chiese un vecchio dalla barba bianca che, abitualmente, andava a portare giocattoli usati e vestiti  all’orfanotrofio.
-Perché il cielo è come me-
L’anziano lo guardò senza capire.
-Tutte le persone che conosco dicono che sono freddo, che non provo emozioni. Il fatto è che, semplicemente, le nascondo, così che nessuno possa usarle per farmi del male. Il cielo fa la stessa cosa, nascondendo tutto quello che prova dietro il sole. Però, quando è brutto tempo, iniziano a cadere lacrime dalle nuvole, e questo dimostra che anche il cielo è triste, e che quindi può comprendere quello che proviamo-"
 
Strinse le braccia intorno alle ginocchia, sentendosi solo come non mai. A causa del brutto tempo le persone in strada erano diminuite, era vero, ma una buona parte c’era ancora, passava davanti a lui, lo guardava, lo indicava. Ma allora perché, nonostante tutte le persone che aveva intorno, provava quell’enorme senso di solitudine? Era in una stradina affollata, eppure sarebbe stata la stessa cosa se fosse stato in una stanza vuota. E questo era quello che faceva più male. Lui era sempre solo, sempre. Quando usciva per una passeggiata era solo, nella sua camera c’era solo lui, quando giocava a calcio lo faceva da solo. Perché nessuno lo voleva? I suoi genitori non l’avevano voluto, abbandonandolo in quell’orfanotrofio, dove tutte le persone che venivano per adottare un bambino lo guardavano spesso, incuriosite, ma alla fine non lo sceglievano mai.
 
[Dicono che la tua casa sia dove c’è qualcuno che ti pensa]
 
Ma lui aveva qualcuno che lo pensava? Sua madre, magari, ogni tanto si chiedeva come stesse il suo bambino? O viveva meglio senza la sua presenza? Guardò con sguardo vacuo una mamma che sgridava il proprio bimbo, che non  la smetteva di lamentarsi. Scosse la testa, e i capelli bianchi spruzzarono tante goccioline a destra e a manca. Avrebbe preferito mille volte essere sgridato, che provare quel senso di vuoto vicino al cuore… Perché la solitudine era un dolore che non aveva nulla a che fare con l'essere sgridati dai genitori.  Alzò il viso al cielo, gridando tutta la sua delusione, tutta la sua rabbia, tutti i sentimenti che teneva ben nascosti dietro la maschera di indifferenza e freddezza che si era costruito, e che, ne era certo, avrebbe fatto sempre parte di lui, sempre. Forse, con il passare del tempo, avrebbe incominciato persino a non provare più nulla.
Quel pensiero, stranamente, non lo preoccupò, anzi, si sentì in qualche modo confortato, perché non sentendo niente, non avrebbe avuto modo di soffrire ancora.
-Guarda!- urlò, alzandosi in piedi di scatto -Guarda il mostro che hai creato! Guarda il bambino di ghiaccio!- una signora si fermò a guardarlo, poi, attirando vicina a lei la sua bimba, aumentò il passo e scomparve nel fitto muro di pioggia. Suzuno non la vide nemmeno, troppo impegnato com’era a prendersela con la vita. Stette li in piedi, mentre l’acqua gli scivolava sulle spalle come sabbia tra le dita. Avrebbe mai smesso di piovere dentro di lui? Avrebbe mai rivisto il sole?
 
-Suzuno? Suzuno!- era una voce calda, quella che l’aveva chiamato.
-Sì?- rispose, mentre la figura offuscata di una donna lo prendeva per mano, sorridendogli.
-Vieni, Suzuno, ti porto in un posto speciale- e, una volta detto questo, la donna lo portò a fare un passeggiata nel parco, a prendere un gelato e, quando il sole stava tramontando, lo condusse davanti ad una struttura che si chiamava “Sun Garden”.
Da quel momento in poi, il sole non era più risorto nella sua vita”
 
 
[ Il più grande ostacolo da superare, delle volte,
siamo proprio noi stessi ]
 
Il ragazzino dai capelli bianchi si ritrovò da solo in un posto a lui del tutto sconosciuto, completamente bianco e silenzioso. Si guardò in giro sospettoso, mentre candidi fiocchi di neve cadevano dall’alto. In quel posto stava nevicando, eppure quella in cui si trovava era una stanza e, a rigor di logica, in una stanza non poteva nevicare.
Una figura comparve all’improvviso, interrompendo i suoi ragionamenti. Aveva il suo stesso colore di capelli, era alto come lui, e aveva la medesima carnagione chiara. Sarebbero stati identici, se non fosse stato per gli occhi dello sconosciuto. Occhi delle stesse dimensioni, certo, ma così pieni di rabbia e rancore da sembrare quasi inumani. Se era vero che l’anima si riflette negli occhi di una persona, allora l’anima di quel ragazzino, così simile a lui, doveva essere completamente devastata dal dolore e dalle tenebre.
-Chi sei?- chiese, guardando leggermente confuso la sua copia, che fece un passo avanti, sorridendo beffarda. Perfino il suo sorriso aveva qualcosa di sinistro. Ora che il bambino misterioso si era avvicinato, Suzuno poté constatare di essersi sbagliato, poiché gli occhi dell’altro erano blu. Un blu talmente scuro da sembrare quasi nero, un blu simile agli abissi del mare, ed erano terribilmente simili ai suoi. Erano occhi che avevano conosciuto il dolore e il peso della solitudine.
-Dovresti saperlo- rispose con il suo stesso timbro di voce la sua copia, continuandolo a guardare beffardo -Io sono te, sono la parte più oscura del tuo cuore, la parte più vera di te stesso! Sono il tuo odio e la tua rabbia, il tuo dolore e la tua sete di vendetta- Fuusuke sentì un brivido percorrergli la schiena, gelido come il soffio del vento in inverno. E così, quello era il suo vero “io” ? Quello era lui? Chissà perché era così sorpreso, dopotutto, anche se non lo aveva mai voluto ammettere con se stesso, sospettava che la sua vera natura fosse così oscura. Eppure, una parte di lui non lo riusciva ad accettare. Perché era vero che aveva sempre indossato una maschera di ghiaccio, ma era anche vero che qualcosa, dentro di lui, non accettava quel comportamento, e lo spingeva ad uscire dal guscio in cui si era rintanato, invogliandolo a cercare la felicità. Ed era proprio quella parte ribelle, in quel  momento, che gli suggeriva di non dare ascolto alle parole del suo clone.
-Cerchi ancora di ribellarti al tuo destino? - evidentemente, essendo parte di lui, il suo sosia malvagio intuì i suoi pensieri, poiché fece di tutto per persuaderlo a dargli ascolto -Cerchi ancora una felicità che non esiste? Lo sai che provare a cercarla non cambierà le cose. Non riuscirai mai a sconfiggere il rancore che ti porti dentro. Non riuscirai mai a sconfiggere me. - Una risata cupa riecheggiò tra il silenzio della neve. La vocina dentro di lui che sussurrava di lasciar stare quei discorsi si fece più intensa, crebbe diventando quasi un urlo, e a quel punto, Suzuno, non seppe più cosa fare. Doveva ascoltare il suo clone, o la sua parte ribelle? La testa gli iniziò a pulsare, facendolo crollare in ginocchio. E mentre stava lì, cercando di tenere testa alla lotta che si stava svolgendo dentro di lui, un ricordo riaffiorò, come un fiore che cresce solitario nella nuda roccia.
 
“ -Oh, capisco, è per questo che ti piace così tanto il cielo- rispose il vecchio, guardandolo con un sorriso bonario stampato sul viso rugoso.
-Ma devi imparare a guardare le cose anche in un altro modo! Il sole non è solo una maschera dietro cui il cielo nasconde i suoi sentimenti, è anche una scelta!- esclamò l’anziano signore, creando dei piccoli anelli di fumo con la pipa.
- Una scelta?- Fuusuke non capiva. Era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa simile, e voleva saperne di più.
-Si, perché quando il sole brilla alto nel cielo, è la scelta di quest’ultimo di continuare ad essere azzurro e sereno nonostante le nubi in arrivo. Per noi umani, equivale a scegliere di continuare a sorridere e a sperare nonostante i colpi bassi che ci ha giocato, e che continuerà a giocarci, la vita!- ”
 
Una fitta al cuore lo lasciò senza fiato. Tutto gli giunse ovattato, confuso, come se qualcuno gli avesse infilato dei tappi nelle orecchie. In compenso, la vocina ribelle si fece più chiara, diventando molto simile al suono della voce si sua madre.
 
-Suzuno-
-Mamma, sei tu? Che ci fai qui?-
-Sono io, piccolo mio, sono sempre stata con te. Tu non sei solo-
-Mamma…-
-Tu sei forte, piccolo mio, non devi lasciarti abbattere-
 
E, così come si era ritrovato a parlare con la donna che gli aveva donato la vita, Suzuno si ritrovò altrettanto bruscamente a fronteggiare di nuovo il suo clone. Ma, stavolta, sapeva cosa fare.
-Lo so- sussurrò, rialzandosi in piedi, con in petto una sensazione di calore che non aveva mai provato prima -So che il mio dolore sarà sempre con me- si avvicinò a piccoli passi verso il suo vero “io” che, improvvisamente, smise di sorridere, rimanendo visibilmente confuso e atterrito da quelle parole. Forse, era addirittura spaventato.
-Tutti quelli che hai amato ti hanno lasciato da solo! Non hanno fatto altro che feriti, non lo ricordi più?- La rabbia aveva preso il sopravvento sullo stupore, ed ora la sua copia non cercava più di convincerlo a dargli ascolto, stava semplicemente dando sfogo a tutto quello che, in quegli anni, entrambi avevano dovuto sopportare. Ed erano state emozioni difficili da sopportare, pesi strazianti che opprimevano il cuore e l’anima.
-Ti sbagli, le persone che amo sono ancora qui con me, per il semplice fatto che sono state troppo importanti per sparire dal mio cuore così facilmente!- adesso anche Fuusuke urlava, guardando gli occhi del suo clone che, pian piano, iniziavano a riempirsi di lacrime.
-Cosa hai intenzione di fare adesso?- il suo se stesso pieno di odio e rancore crollò a terra, tenendosi la testa tre le mani -Non puoi distruggermi con la forza, e nemmeno puoi scacciarmi!- Suzuno si inginocchiò davanti a lui, posandogli una mano sulla spalla.
-Il cielo non può fare a meno di essere nuvoloso e minaccioso, alcune volte, ma poi torna sempre ad essere sereno, e non importa quanto tempo ci voglia. Penso che farò la stessa cosa: accetterò la tua presenza, e continuerò a vivere la mia vita, poiché sono sicuro che, un giorno, così come i nuvoloni grigi, anche tu diventerai più debole, e forse, col tempo, scomparirai- Fuusuke sorrise, e gli occhi blu scuro del suo clone assunsero una tonalità più chiara. Non era certo lo stesso colore azzurro dei suoi, ma era comunque meglio del blu profondo e oscuro di prima.
 
[Vorrei ricordassi che tra i drammi più brutti, 
 il sole esiste per tutti.
                 Cit. Tiziano Ferro]
  
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