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Autore: 1rebeccam    18/11/2013    16 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 7
 

 
-Sono contento che siamo venuti da Rémi, un posto elegante e sofisticato non avrebbe avuto la stessa atmosfera stasera.-
Alexis annuisce, mentre addenta il suo hamburger e gli ruba un paio di patatine. Si ferma con il panino a mezz’aria e mette i bastoncini di patate davanti agli occhi di suo padre, che solleva la testa dal piatto corrucciando la fronte.
-Si chiamano patatine… le conosco bene!-
Esclama non riuscendo a capire perché la figlia gliele sventoli sotto il naso.
-Lo so anch’io cosa sono e so che ti faresti ammazzare per una sola di queste, perciò perché non vai in escandescenza, facendomi cadere la faccia a terra davanti a tutto il locale, visto che te le sto rubando? Chi sei tu?-
Si sporge sul tavolo verso di lui additandolo con le patatine.
-Che ne hai fatto di mio padre?-
Lui la guarda divertito, anche se non riesce a capire la sua sceneggiata, mentre lei torna a sedersi comoda e manda giù le patatine mostrandogli un’alzata di spalle.
-Sembri distratto papà!-
-Non sono distratto. Penso solo che starai via tanto tempo e mi sento scombussolato, tutto qui.-
La ragazza solleva un sopracciglio e lui si perde ad osservarla.
Ha ragione lui a dire che è ancora una ragazzina e che dovrebbe restarsene a casa.
Alexis continua a guardarlo seria, con l’espressione dubbiosa e Castle sorride ammettendo dentro di sé che non è vero. La sua bambina è cresciuta, è diventata grande davvero e lui ne è infinitamente orgoglioso e ancora più infinitamente spaventato.
Guarda il panino nel suo piatto, ma i suoi occhi vagano lontano, nella camera da letto sconosciuta di una giovane donna strappata alla vita in modo crudele.
L’immagine di Geraldine Prescott è così impressa nella sua mente che solleva lo sguardo accigliato, quando sente uno strano calore sulla sua mano.
-Che c’è papà, sei preoccupato? E’ tutta la sera che pensi a qualcos’altro.-
Lui sorride imbarazzato e le stringe la mano.
-Scusa tesoro, sono solo stanco, oggi è stata una giornata davvero lunga.-
Lei annuisce e incrocia le braccia al petto.
-La ragazza drogata e poi soffocata in casa sua? Se ne sta occupando Beckett?-
Lui corruccia la fronte e lei sorride.
-Ho visto come sei rimasto imbambolato davanti al telegiornale stasera, prima di uscire. Stavano parlando di lei.-
Castle annuisce e beve un sorso di birra.
-Si… è un caso di Beckett, ed è parecchio complicato. In dodici ore non abbiamo trovato nessun indizio concreto che possa portare all’assassino.-
Alexis gli ruba un’altra patatina.
-Capisco, ma tu sembri preoccupato, più che stanco!-
-Beh… non so come spiegarlo… era pochi anni più grande di te e questo mi ha fatto un certo effetto.-
Lei sorride e gli accarezza ancora la mano sul tavolo.
-Sei dolcissimo papà!-
Lui le stringe la mano e gliela bacia. Guarda fuori dalla finestra del locale e si rende conto che ha ripreso a nevicare.
-Quest’anno non vuole proprio smetterla, siamo quasi a marzo e nevica ancora.-
Alexis lo guarda intenerita dalla sua espressione. Ha l’aria malinconica e sa che uno dei motivi del suo stato d’animo è la sua partenza.
-Starò attenta papà, ti prometto che non mi metterò nei guai, ti puoi fidare di me.-
Lui si gira a guardarla sorridendo.
-Lo so che posso fidarmi di te, è del resto del mondo che non mi fido.-
-Beh… non ti fidi di una piccola cerchia ristretta!-
Esclama lei scoppiando a ridere seguita dal padre.
-Sai papà, sono contenta per te e Beckett…-
Arrossisce abbassando lo sguardo mentre lo dice, ma poi torna a guardare suo padre sorridendo.
-Non ne abbiamo mai parlato prima, come se fosse tutto scontato, ma volevo lo sapessi e… mi piacerebbe anche dirlo a Kate, non siamo state più molto vicine io e lei ultimamente… e la colpa è anche un po’ mia. Però mi piace questo nuovo lato di te e volevo proprio dirtelo.-
-Un nuovo lato di me?!-
-Il tuo lato sentimentale, quello vero… quello innamorato!-
Ammicca sottolineando la parola innamorato e lui abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate, senza rispondere.
-Andiamo papà! Non sei mai stato veramente innamorato di una donna da quando io ricordi. Kate è diversa. Sei completamente preso da lei… potri dire che… dipendi da lei.-
Dipendo da lei!?
Rick continua a non guardarla, perso nei suoi sentimenti e lei gli stringe entrambe le mani.
-Ed io ne sono felice! Perché tu sei felice e anche lei si merita di essere serena. Negli ultimi tempi sembra davvero che lo sia.-
Finalmente Castle solleva lo sguardo su di lei, le sorride quasi imbarazzato. In fondo al cuore aveva sempre avuto il timore che lei non accettasse la sua relazione con Kate. Sapeva che le voleva bene, ma dopo l’attentato al cimitero qualcosa si era rotto dentro di lei e si era allontanata poco a poco.
-Mi fa piacere sentirtelo dire tesoro… è importante per me, non sai quanto. Non riesco più ad immaginarmi senza Kate. Hai ragione tu, forse dipendo troppo da questo sentimento, ma non saprei come tornare indietro.-
Lei annuisce diventando improvvisamente seria.
-Perché dovresti?-
Lui solleva le spalle e abbassa lo sguardo.
-Ho sempre avuto un po’ paura a confrontarmi con te per questa relazione.-
-A me sta bene, se fa stare bene te… e mi sembra che sia così. Solo…-
Lui solleva la testa di scatto.
-Solo… cosa!?-
Sussurra, trattenendo il fiato, cercando di capire cosa sottintenda quella parola lasciata in sospeso.
-Solo… vorrei che la smettessi di giocare ancora al poliziotto. Voglio dire, ora che state insieme potresti anche evitare di stare sempre sul campo e metterti in pericolo.-
Gli dice tutto d’un fiato abbassando lo sguardo, ma lui le solleva il viso mettendole la mano sotto al mento, tornando a respirare, contento che non abbia nulla contro Kate.
-Alexis, io non gioco al poliziotto.-
Lei sospira facendo una smorfia con le labbra.
-Va bene. All’inizio avevo preso tutto come un gioco. Era tutto nuovo, eccitante, mi sembrava di leggere un libro d’azione vivendo dentro le pagine. Era eccitante anche perché le idee mi fluivano nella testa come un fiume in piena, osservavo Beckett nel suo lavoro e ho creato un personaggio nuovo e soprattutto vero.-
Lei annuisce con l’espressione di chi sa di avere ragione.
-Poi ho cominciato a restare al distretto per Kate, non so quando è successo Alexis, so solo che avevo bisogno di vederla, di starle vicino…-
-Appunto papà! Adesso state insieme, puoi vederla quando vuoi… puoi…-
Lui solleva la mano e la ferma.
-Non è solo per Kate!-
La ragazza corruccia la fronte e lo guarda con attenzione.
-Come posso spiegarti Alexis? Ricordi la bomba al Boylan Plaza?-
-Come potrei dimenticarla papà!-
Esclama la ragazza stringendo la mascella al solo pensiero e lui annuisce.
-Ricordi cos’hai provato cercando di sistemare gli effetti personali delle vittime? Ricordi cosa mi hai detto quando ti chiesi se volevi lasciar perdere?-
Aspetta un attimo prima di continuare osservando gli occhi di sua figlia e riprende.
-Mi hai detto che sentivi di fare qualcosa d’importante per la prima volta nella tua vita.-
Alexis annuisce e comincia a capire dove voglia andare a parare suo padre.
-Quello era un periodo strano per me e Beckett, le cose non andavano bene, avevamo… diciamo litigato… ed io non avevo nessun motivo di restare al distretto… eppure l’ho fatto. Sentivo di dover fare qualcosa per quelle persone che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Poteva succedere ad ognuno di noi.-
La ragazza lo guarda con gli occhi lucidi.
-Tesoro, io non ho mai fatto niente di buono nella mia vita, tranne te. E’ vero, sono uno scrittore affermato, conosciuto, ma effettivamente non ho mai avuto nessun ruolo importante nella società. Lavorare al distretto mi fa sentire utile, mi fa stare bene. Non è più un gioco e non mi  metterò nei guai, né tantomeno Beckett permetterà che mi succeda qualcosa.-
Alexis si sporge oltre il tavolo e lo bacia sulla guancia.
-Tu sei importante papà… per me e sono tanto orgogliosa di te.-
Gli sussurra all’orecchio lasciandolo di stucco. Resta imbambolato a guardarla anche quando Alexis si alza e lo prende per mano.
-Paga il conto e andiamo, ha smesso di nevicare.-
Escono dal locale mano nella mano e lui solleva gli occhi per guardare il cielo.
-Peccato. Mi piace pattinare sotto i fiocchi di neve.-
Lei gli poggia la testa sulla spalla e si stringe a lui.
-E se facessimo semplicemente una passeggiata?-
Rick la guarda sorridendo e le bacia la fronte, mentre s’incamminano verso il parco.
-Sai zucca, io non so come si comporta un padre, non per esperienza personale, perciò non so se sono stato un buon padre…-
Lei lo guarda mentre passeggiano ancora mano nella mano, stringendolo forte.
-…però ho cercato davvero di fare del mio meglio. Sono stato fortunato perché tu sei una ragazza splendida e l’unica cosa che posso prometterti è che sarò sempre un padre preoccupato e geloso.-
-Sembra più una minaccia che una promessa!-
Risponde lei ridacchiando.
-Prendila come ti pare, ma tu sarai sempre la mia piccolina, anche tra vent’anni, perciò… vedi di fartene una ragione!-
Si ferma a guardarla in faccia e lei gli butta le braccia al collo.
-Ci mancherebbe pure che tu smettessi di fare il geloso!-
Scoppiano a ridere e lui la solleva da terra stringendola forte e, mentre ricomincia a nevicare, riprendono la loro passeggiata mano nella mano.
 

Era seduto ad un paio di metri di distanza da lei, la osservava da circa venti minuti.
Si era svegliata da poco, cercava di girare la testa per capire cosa stesse succedendo, ma l’unica cosa che le riusciva con difficoltà, era ruotare gli occhi a destra e a sinistra.
Era nella sua camera da letto. Non ricordava come ci fosse arrivata e non capiva perché non riusciva a muoversi.
Lui sorrideva.
Continuava ad avere quel sorriso soddisfatto e beffardo che si era portato dietro tutto il giorno.
Si alzò portando con sé la sedia.
Il rumore la fece sussultare e riscuotere dalle domande che le affollavano la mente.
Cercò di mettere a fuoco l’ombra che vedeva davanti a sé e,  quando questa si fece più vicina, si rese conto che era un uomo… era lui!
Chiuse gli occhi e cominciò a respirare freneticamente, cercava di muovere le braccia. Voleva riuscire a muovere le gambe, se ci fosse riuscita avrebbe potuto dargli un calcio, difendersi.
-Cc… ch…-
Cercò di parlare, ma le corde vocali non volevano proprio aiutarla, era come se una mano le stringesse la gola e le impedisse di emettere suoni.
Lui si chinò lentamente su di lei e avvicinò il dito alle sue labbra.
Se fosse riuscita a muoversi lo avrebbe morso, glielo avrebbe staccato quel dito, invece non riusciva nemmeno a girare il viso per impedirgli di toccarla.
-Tranquilla… non devi sforzarti a parlare… dammi ancora dieci minuti.-
Dieci minuti! Voleva dieci minuti di tempo per fare cosa?
La sua mente non riuscì più a ragionare lucidamente ed il panico s’impossessò di lei.
Un panico che non riuscì ad esprimere se non con gli occhi.
Voleva gridare, dimenarsi, graffiare, riuscire a difendersi, invece riusciva soltanto a respirare velocemente e a tenere gli occhi sbarrati su quell’uomo che girava intorno al suo letto, prendendo qualcosa da dentro uno zaino per sistemarlo con calma sul comodino alla sua destra.
Dopo un tempo per lei infinito, prese la sedia che aveva portato dalla sala, la sistemò accanto al letto e si sedette.
Si sporse verso di lei, che chiuse gli occhi quando le accarezzò i capelli.
-Tra poco sarà tutto finito…-
 
 
-Ehi… giù le mani dalla mia pizza, non hai detto che hai già cenato?-
Kate dà uno schiaffetto sulla mano di Jim prima che possa impossessarsi di un triangolino di pizza.
-Ho mangiato solo un’insalata! Vuoi davvero privarmi di un pezzetto della tua pizza? E’ enorme!-
Lei annuisce seria.
-Certo che si, è mia!-
Risponde con la bocca piena e Jim scoppia a ridere.
-Katie… non cambierai mai. Quando eri piccola e qualcuno si azzardava a mettere le mani nel tuo piatto, diventavi pericolosa. Hai sempre difeso alla grande il tuo sostentamento.-
Kate segue il padre nella risata e gli offre un pezzo della ‘sua’ pizza.
-Va bene… dai! Te la meriti solo perché ti sono piombata qui all’improvviso, mentre magari volevi già andare a dormire.-
Lui addenta la pizza e si asciuga le labbra con il tovagliolino di carta.
-Puoi piombare qui quando vuoi Katie… lo sai, mi fa piacere stare un po’ con te!-
Lei gli sorride e Jim prende dal frigo due bottigliette di succo di mela.
-La casa offre questo, avresti dovuto portarti dietro anche la birra.-
-Questo va benissimo con la pizza, papà!-
Bevono un paio di sorsi dalla bottiglia e dopo aver posato la sua sul tavolino, Jim mette una mano sopra quella della figlia.
-Dimmi Katie… come vanno le cose con Rick?-
Solleva le mani davanti a lei con lo sguardo spaventato.
-Sempre che possa chiedertelo senza che mi fulmini.-
Lei ride bevendo un altro sorso di succo e poi annuisce.
-Bene papà. Vanno bene…-
Si sporge in avanti, per posare la bottiglia accanto a quella del padre, sospirando.
-…fin troppo!-
Esclama alla fine e Jim corruccia la fronte.
-Come sarebbe a dire ‘fin troppo’? Lo dici come se fosse una cosa brutta!-
Lei china lo sguardo sul pavimento e scuote la testa sollevando le spalle.
-No, infatti non è una cosa brutta, solo che…-
Sospira ancora, sapendo che quello che sta per dire è una contraddizione, ma a qualcuno deve dirlo, con qualcuno deve confidarsi.
-…solo che questa cosa sta diventando… insomma… comincio a dipendere troppo da lui!-
Jim annuisce serio continuando a tenerle la mano.
-E questa è una cosa brutta!-
Afferma costringendola a guardarlo.
-Certe volte mi rendo conto che ho bisogno del suo sguardo, del suo sorriso, delle sue stupidaggini… ne ho bisogno come l’aria. Dipendo troppo da lui ed io… io non sono abituata a questo.-
-Tu sei abituata a cavartela da sola e a non avere bisogno di nessuno, specie dopo che io ti ho lasciata sola!-
Annuisce lui rattristandosi.
-No papà… non intendevo questo!-
-So cosa intendi Katie. Hai bisogno che lui ti stia vicino e faccia parte di te. L’hai fatto entrare nella tua vita e non vuoi che ne esca!-
La guarda dritto negli occhi e sorride.
-Katie… quello che tu chiami ‘questa cosa’ ha un nome ben preciso: amore. Sei innamorata! E’ normale che senti di dipendere da lui, ma hai paura perchè non hai mai provato niente del genere.-
Lei lo guarda trattenendo il respiro.
-Non voglio dipendere da questo sentimento… se dovesse finire…-
-Katie perché dovrebbe finire? Credi di avere paura soltanto tu? Pensi che lui non abbia bisogno di te?-
Lei continua a non fiatare.
-Lui dipende da te da anni ormai. Non dimenticherò mai la sua espressione il giorno che ti hanno sparato, la sua sofferenza, il suo senso di colpa per non essere riuscito a proteggerti. Se questo non è dipendere dalla vita di qualcun altro, allora sono proprio uno stupido!-
Lei sorride e abbassa ancora lo sguardo.
-Lo so cosa prova per me, non ho nessun dubbio sui suoi sentimenti.-
-Allora perché ti poni problemi che non ci sono?-
-Perché quando sei felice poi…-
Si ferma senza riuscire a continuare e suo padre le mette un braccio attorno alle spalle.
-La felicità ti chiede il conto… lo so!-
Lei appoggia la testa sulla sua spalla e lui la stringe ancora più forte.
-Anche tua madre ed io dipendevamo l’uno dall’altra e quando lei è morta io mi sono sentito perso. Volevo solo distruggere tutto, ma sai una cosa?-
La allontana da sé per guardarla negli occhi.
-Non rimpiango un solo istante vissuto accanto a tua madre. Katie non negarti di essere felice per paura di cosa sarà… sii felice ora! E credimi, se te lo dice tuo padre… Richard Castle è la tua felicità… adesso!-
Lei sorride con gli occhi lucidi e lui le accarezza i capelli come quando era bambina.
-Tu lo ami Katie ed è per questo che hai paura!-
Lo amo!?
A quella parola china di nuovo la testa, si morde il labbro corrucciando la fronte e Jim sospira sconsolato.
-Non glielo hai mai detto, è così?-
Kate solleva la testa di colpo, meravigliata da come suo padre possa leggerle dentro con tanta semplicità e lui le sorride teneramente.
-Tu ed io siamo simili Katie, per questo ti capisco bene.-
-Non gliel’ho mai detto è vero, però… lui sa cosa provo, certe volte restiamo a guardarci in silenzio per un tempo infinito ed è come se parlassimo per ore… non credo che una frase fatta possa essere più importante di queste piccole complicità tra noi.-
Jim la guarda serio e prova un moto incredibile di tenerezza, non verso la donna coraggiosa che è diventata sua figlia, ma verso quella bambina indifesa che non è riuscita a crescere.
-E’ vero, i fatti sono infinitamente più importanti delle parole… eppure a volte fa tanto piacere sentirselo dire.-
Le dà un bacio sulla fronte e la stringe a sé.
-Perché non resti a dormire qui? Hai detto che Rick resterà con Alexis questa notte! La tua stanza è sempre pronta. Dormi qui con il tuo vecchio, domattina  facciamo colazione insieme e poi ognuno per la propria strada.-
Lei storce le labbra.
-Non è che ti sei messo d’accordo con Castle?-
Jim corruccia la fronte e lei fa altrettanto mostrandosi seria.
-Ha insistito lui perché venissi qui stasera, non è che ti ha convinto a tenermi prigioniera fino a domani?-
Lui la guarda in silenzio e lei scoppia a ridere.
-Ah… a volte non ti capisco piccola! Vado a prenderti un’altra coperta, il copriletto e troppo leggero per questo periodo.-
Si alza scuotendo la testa e lei continua a ridere.
Beve un altro sorso di succo di mela e si appoggia allo schienale del divano, pensando che ormai è troppo tardi per cercare una cura per guarire dalla sua dipendenza.
Ma poi voglio davvero guarire da lui?!
 
 
Riaprì gli occhi cercando di guardarlo.
Tra qualche minuto sarebbe finito tutto… perché?
Cosa gli aveva fatto, perché quel tizio entrasse in casa sua e la facesse soffrire?
Non riusciva a muoversi, ma sentiva le sue mani addosso.
Si rese conto che le aveva sollevato la felpa e rabbrividì al pensiero che stesse per toglierle i vestiti e chissà cos’altro.
Con suo stupore lui non la spogliò, non le tolse la felpa, non le sganciò il reggiseno.
Lo vide prendere un pennarello che aveva posato sul comodino e con calma si chinò su di lei a scrivere.
-Cerca di stare calma e di respirare piano, o mi farai sbagliare!-
Sussurrò proprio accanto al suo orecchio.
Quando percepì un formicolio sul suo stomaco chiuse gli occhi, chiedendosi quale cosa sporca ed offensiva stesse scrivendole addosso.
Non voleva morire pensando che qualcuno avrebbe potuto leggere parole orribili su di lei.
Quando ebbe finito le sistemò la felpa, si alzò, posò la sedia al suo posto e riordinò dentro lo zaino tutto quello che aveva usato.
Si mise di nuovo accanto a lei e le sorrise.
La donna cercò di stringere i pugni dalla rabbia, ma non riuscì a fare nemmeno questo; se avesse potuto si sarebbe presa almeno la soddisfazione di sputargli in faccia.
Vide i suoi occhi posarsi sul cuscino accanto a lei, poi tornò a guardarla e le sorrise ancora… e lei capì…
Guardò i suoi movimenti, mentre si sporgeva a prendere il cuscino e, come a rallentatore, lo vide avvicinarsi inesorabilmente al suo viso. Sapeva che non sarebbe riuscita a muoversi, perciò decise che non ci avrebbe nemmeno provato.
Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi abbandonandosi all’inevitabile…

-Buona sera! Si ricorda di me?-
Lei corrucciò un attimo la fronte, ma sorrise immediatamente quando riconobbe l’uomo che per poco non ammazzava in strada quel pomeriggio, sembrava diverso con l’impermeabile e il cappello a falde larghe.
-Salve, come potrei dimenticarmi, l’ho quasi uccisa!-
Lui sorrise sollevando le spalle e lei chinò la testa di lato ricambiando il sorriso.
-Che ci fa qui, come ha fatto a trovarmi?-
L’uomo prese qualcosa dalla tasca e gliela mostrò.
-Si è persa questa oggi, l’ho trovata in strada dopo che lei è corsa via, credo sia una ricevuta. Ci sono il nome e l’indirizzo e pensando che fosse importante, mi sono detto che era una buona idea portarglielo, signorina Nichols… è lei la Sarah Nichols del foglio, giusto?-
Lei prese in mano la ricevuta e sorrise di nuovo.
-Si certo che sono io, la sbadata Sarah Nichols… grazie, è stato gentile, mi serve per ritirare un fascicolo importante in tribunale domani, senza questa non me lo avrebbero mai dato..-
Lui si strinse ancora nelle spalle, mettendosi le mani in tasca.
-Per così poco, non mi è costato niente.-
Lei indugiò qualche secondo, mentre lui stava per congedarsi. Le sembrava scortese mandarlo via così, era stato gentile a fare tanta strada per riportarle la ricevuta.
-Vuole entrare? Dopo averle quasi rotto le costole le devo almeno un buon caffè!-
Lui sorrise sollevando un po’ il cappello.
-Beh, un caffè non si rifiuta mai!-
Le rispose mentre lei si spostava di lato alla porta per farlo entrare.
-Si accomodi, le faccio strada in cucina.-

Fu l’ultima frase che disse prima di sentire un bruciore alla base del collo e due braccia sollevarla da terra.
Ripercorse con la mente gli ultimi attimi di quella sera, pensando a quanto fosse stato stupido, da parte sua, invitarlo ad entrare.
Riuscì a restare lucida ancora qualche secondo, in cui si rese conto che sarebbe riuscito ad entrare in casa comunque, anche se lei non fosse stata tanto ingenua.
Perchè le stava facendo questo?
Voleva assolutamente una risposta soddisfacente prima di lasciarsi andare, mentre il cuscino sul viso le toglieva il respiro e le annebbiava il cervello… chiedeva disperatamente una risposta che non sarebbe mai arrivata!
 
 
Non dormiva nella sua vecchia stanza da anni.
Era contenta di essere rimasta da suo padre, parlare con lui le aveva fatto bene, si sentiva più sollevata.
Sapeva che quello che provava per Castle era amore, lo sapeva da tanto e sapeva anche che quello che lui provava per lei era ancora più forte, se possibile. Glielo leggeva negli occhi ogni volta che glieli posava addosso.
Lui dipende da te da anni ormai… Non dimenticherò mai la sua espressione il giorno che ti hanno sparato, la sua sofferenza, il suo senso di colpa per non essere riuscito a proteggerti…
Non avevano mai parlato del giorno del suo ferimento. Non avevano mai parlato del dolore che lui aveva provato. Che lei gli aveva provocato.
Suo padre aveva ragione, sapeva ancora leggerle dentro come quando era ragazzina, ma era riuscito soprattutto a leggere dentro Rick e a fidarsi di lui ancora prima che riuscisse a farlo lei.
Guarda il cuscino accanto a sé e sospira, si gira di fianco e lo abbraccia stretto.
Tu lo ami Katie ed è per questo che hai paura… non glielo hai mai detto, è così? Eppure a volte fa tanto piacere sentirselo dire…
Suo padre aveva ragione anche in questo.
Castle le aveva detto di amarla due volte. Entrambe le volte lei aveva avuto paura, ma il solo pensiero di quelle due parole pronunciate tra la paura di perderla e la disperazione che fosse lei a perdersi, le scaldava il cuore.
Non si era mai posta il problema nelle altre relazioni che aveva avuto, ma con Castle era tutto diverso e si chiedeva perché non riuscisse a dirgli che lo amava. Perché era così difficile fare uscire quelle due semplici parole dalla sua bocca, quando il suo cuore e il suo cervello non facevano altro che urlarle? Lo amava senza riserve e con tutta se stessa, non aveva dubbi. Come poteva non essere così?
Come si supera!?...
Alla domanda a bruciapelo di  Jessica Benton, la vecchia Beckett non avrebbe risposto, avrebbe eluso la domanda in maniera elegante e sarebbe uscita dalla stanza senza una parola. Ma lei non era più la vecchia Beckett e ad un paio di centimetri di distanza c’era lui… aveva trovato nella sua presenza silenziosa la forza di rispondere e, soprattutto, di rispondere la verità.
Chiude gli occhi e si stringe ancora più forte al cuscino, sorridendo quando sente il vibro del telefono.
Guarda il display e il sorriso di Castle illumina la stanza.
-Ehi Castle!-
Sente dei fruscii all’altro capo del telefono e corruccia la fronte.
-Che stai facendo?-
Gli chiede curiosa e lui impreca facendo ancora più fracasso.
-Castle! Stai bene?-
Si mette a sedere in mezzo al letto e aspetta che lui si degni di rispondere.
-Si… tutto bene… sto cercando di mettermi i pantaloni del pigiama e… ahhh… accidenti!-
Lei scoppia a ridere quando sente un tonfo e poi solo silenzio, si morde il labbro continuando a ridere e aspettando un segno di vita dall’altra parte del telefono.
-Ok… ok… sono vivo! Mi sono attorcigliato in mezzo ai pantaloni e sono inciampato, ma ci sono!-
Lei continua a ridere immaginandosi la scena.
-Ah-ah… che ridere… sono vivo, ma mi sono fatto male Beckett, se la cosa ti può interessare!-
-Scusa Castle, ma non potevi infilarti il pigiama e metterti comodo a letto prima di telefonarmi?-
Lui storce le labbra contento che lei non possa vederlo, si sta massaggiando il ginocchio che ha sbattuto contro il letto.
-In effetti poteva essere un’idea… però… non vedevo l’ora di sentire la tua voce!-
Finisce la frase sussurrando, con la voce profonda e lei smette di ridere.
-Sei già a letto?-
Le chiede con lo stesso tono.
-Si, sono rimasta da mio padre… dormirò nella mia vecchia stanza!-
Rick sorride e si sistema meglio appoggiandosi al cuscino, facendo una smorfia per il dolore al ginocchio.
-Vorrei proprio vederti nell’ambiente naturale della piccola Katie.-
Lei sorride e svia il discorso, meglio non tirare in ballo la piccola Katie con lui.
-Com’è andata la serata?-
-Bene! Abbiamo parlato tanto e passeggiato sotto la neve tenendoci per mano come quando era bambina!-
Dice tutto d’un fiato e lei sorride, pensando all’espressione tenera che deve avere al momento sul viso, mentre parla di Alexis.
-Sono felice di avere passato la serata solo con lei, avevi ragione tu, ne avevamo bisogno.-
-Dovresti saperlo ormai che io ho sempre ragione.-
Lui sbuffa al telefono facendola ridere.
-Sei presuntuosa lo sai?-
Lei devia anche questo discorso.
-Sei più tranquillo adesso?-
-No. Non voglio comunque che parta!-
Kate alza gli occhi al cielo.
-Spero che tu non glielo abbia detto! Non sarai stato depresso tutta la sera?-
Lui fa il broncio, ma lei naturalmente non può vederlo.
-Tranquilla, stasera sono stato felice per lei, ma ora che sono solo, permettimi di essere depresso per me stesso!-
Lei non può fare a meno di ridere e lui sbuffa ancora.
-Ti diverti sulle mie disgrazie!-
-No… mi diverte sentire quanto sei tenero…-
Quel sussurro lo fa rimanere in silenzio e lei si distende sul cuscino a faccia in su.
-L’ultima volta che un ragazzo mi ha telefonato all’una di notte in questa casa, in gran segreto s’intende, avevo 18 anni.-
Continua lei sussurrando e lui sorride.
-Io non ricordo esattamente quanti anni avevo l’ultima volta che ho fatto una telefonata del genere ad una ragazza di notte, però ero ancora uno sbarbatello!-
Ridono assieme e lui sospira.
-Ricordi ancora come finivano queste telefonate?-
-Mm..mmm…-
Risponde lei continuando a ridere, mentre si arrotola una ciocca di capelli con il dito.
-Chiudi tu…-
Lui ride e si gira di fianco, odorando il cuscino che usa Kate.
-No, chiudi tu…
Lei continua a ridere al pensiero di quanto possa essere stupida questa cosa, ma non riesce a non stargli dietro.
-Non voglio chiudere io…-
-Ok… allora conto fino a tre e chiudiamo insieme…-
Lei annuisce e aspetta che Rick inizi a contare.
-Uno, due, tre… notte Beckett!-
-Notte Castle!-
Riattaccano insieme e Kate affonda la faccia nel suo cuscino, sbuffando sonoramente quando non sente altro che il profumo di pulito della federa.
Non posso dipendere anche dal suo odore sul cuscino…
Sospira, chiudendo gli occhi e si ritrova a sorridere senza volerlo, ancora, mentre si sistema comoda sotto le coperte, sperando di riuscire a dormire senza il suo calore vicino, accontentandosi soltanto dell’abbraccio di Morfeo.
 

Prese dallo zaino il suo capitolo con la copertina che aveva stampato qualche ora prima e lo nascose sotto al cuscino.
Si guardò intorno ancora una volta, aveva sistemato tutto come doveva essere, ma mancava ancora una cosa.
Estrasse il ciondolo a forma di edera dalla tasca dei pantaloni, sollevò di poco il cuscino e lo fece scivolare sul viso della donna con la lacrima.
Si avvicinò di nuovo a Sarah e le sfilò delicatamente uno degli orecchini che indossava: una piccola goccia di ametista.
Sorrise guardando la scena che aveva preparato.
Perfetta!
L’aveva scritta proprio così, non poteva fare meglio.
Aprì tranquillamente la porta, senza paura di essere visto e con lo zaino in spalla e molta calma s’incamminò verso casa.
La giornata era stata fruttuosa, tutto era come doveva essere…




Angolo di Rebecca:

Non ho capito perchè molte di voi hanno pensato che la serata solitaria di Kate potessere essere, per lei, pericolosa!?
Sta bene (per adesso) è rimasta da papà Beckett, ha parlato con lui...
Ah... questa dipendenza!!!
Kate litiga ancora con il suo cervello e Rick sospira di sollievo per la discussione con la sua zucca, però si rompe il ginocchio per la fretta di sentire la voce della sua detective al telefono *-*
Chiudi tu?
No, chiudi tu!
No... chiudo io... sul nostro amico simpatico non mi soffermo, non saprei che dire, parla da solo!
BaciBaci <3




 
  
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