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Autore: Tardis Door    18/11/2013    1 recensioni
La mia, era quella che si definiva una vita strana, anormale, fantastica. O almeno così mi sembrava. A quanto dicevano i medici, ero completamente sana di mente, eppure io credevo di aver vissuto due vite, se non di più. Cioè, ora vi spiego...
La mia storia è collocabile in un punto indefinito dopo la 7° stagione. Il Dottore incontrerà una nuova companion, Barbara, che in seguito scoprirà essere imparentata con qualcuno che conosce ''molto bene'' ;)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Doctor - Altro, Jack Harkness, Nuovo personaggio, TARDIS
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Pov. Barbara]

Erano ormai passati venti anni. Venti anni da quando il Dottore mi aveva abbandonata. Non avrebbe potuto ferirmi tanto neppure impegnandosi.
''Una volta che corri col Dottore è difficile ritornare alla solita routine'' mi aveva detto Jack, i primi giorni della nostra convivenza, per farmi abituare al nuovo stile di vita. Lui capiva come mi sentivo, come distruggeva dentro quell'amara situazione. Mi aveva aiutata molto in venti lunghi anni. Mi aveva spiegato le motivazioni del Dottore per avermi lasciata nelle sue mani, promettendomi che sarebbe ritornato. Mi aveva insegnato cose che non sapevo e mi aveva preparata a combattere contro qualsiasi cosa, nel Torchwood. Mi aveva assunta, per farmi sentire parte di qualcosa, come lo era lui. Ma non mi era mai bastato.
Andai spesso a trovare i miei genitori, in barba a quello che mi dicevano sul non coinvolgere la famiglia. Avevo bisogno di sapere che stavano bene, che potevo ancora contare su di loro, sapere di avere ancora delle radici, pur essendo stata abbandonata da una delle persone più importanti della mia vita.
Quel giorno era iniziato bene. Sentivo aria di cambiamento e ne ero spaventata. Qualcosa mi diceva che sarebbe tornato, e proprio non sapevo come affrontare quella situazione. Jack mi aveva preparata al suo eventuale ritorno, ma la teoria era diversa dalla pratica. Corsi al Torchwood e trovai solo lui. Era presto, e quel giorno non c'era nessuna minaccia da sventare, quindi se la prendevano tutti comoda.
<< Jack. Sta tornando. >>
Lui mi guardò, afferrando al volo di chi stavo parlando. Qualcosa mi diceva che lo sentiva anche lui, ma non voleva darlo a vedere.
<< Come fai a dirlo? >> Mi chiese.
<< Lo sento. Tu non lo senti? >>
Mi voltò le spalle, evitando di rispondermi. Non voleva dirmi che anche lui lo sentiva? Lo raggiunsi e gli presi la mano.
<< Andiamo su a vedere se arriva? >> Chiesi tirandolo verso la pedana elevatrice. Lasciò la mia presa. Non voleva rivedere il Dottore o era una mia impressione? << Che ti prende? >> Gli urlai.
<< Vuoi andare di nuovo con lui, vero? >> Mi chiese di rimando.
<< Certo! Perché tu no? >>
<< Io ... >> Iniziò, ma lasciò la frase a metà. Cos'era che lo tormentava tanto? Cosa non poteva dirmi?
Sentimmo un tonfo. Qualcosa si era schiantato contro il monumento che copriva la base del Torchwood. Per fortuna il sistema di protezione aveva salvato la struttura dal distruggersi in mille pezzi. Corremmo a controllare, sperando fosse il Tardis. Ma non era lui. In cielo, come una pioggia argentea, tantissimi Cyberman stavano cadendo e distruggendo ogni cosa si trovasse sotto di loro.
<< Torniamo dentro! Presto! >> Jack mi tirò per la manica della maglia e tornammo dentro, al sicuro.
<< Devo prendere mia madre! Non posso lasciarla! >> Urlai per sovrastare i forti rumori.
<< Vado a prenderla io, ma tu promettimi di restare qui, immobile! >> Urlò di rimando. Per una volta. L'unica nella mia vita, obbedii ad un ordine. In fondo era Jack. Mi fidavo di lui, e non avrei mai fatto nulla che avrebbe potuto metterlo nei guai. Avevo lasciato che rischiasse la vita per i miei genitori, solo perché ne aveva molte altre a disposizione. Non avrebbe perso nulla.
Venti minuti dopo, Jack era tornato con mia madre, mia nonna e il mio bisnonno. Al Torchwood potevano sentirsi al sicuro dalla Cyber minaccia. Mentre li rassicuravo e gli porgevo una tazza di tè ciascuno, sentii Jack parlare con qualcuno. Stava nel suo ufficio, con la porta socchiusa.
<< Si, e lei l'ha sentito. Ok, a presto. >> Fece e posò furtivamente il telefono che aveva in mano, guardandosi intorno. Lo raggiunsi e aprii la porta.
<< Con chi parlavi? >> Chiesi apparendogli alle spalle all'improvviso. Lo presi alla sprovvista per non dargli il tempo di inventarsi una scusa decente. Balbettava come un demente, tentando di dirmi che era un parente o chissà chi.
<< Parlavi col Dottore, vero? >> Anche questo l'avevo percepito. Aveva il suo numero e in venti anni non me l’aveva mai detto. Avrei potuto telefonarlo, dirgli quanto mi mancasse, sgridarlo per come mi aveva lasciata. Avrei potuto domandargli come stava, cosa faceva, se aveva già trovato qualche altra compagna …
<< Si. >> Ammise infine.
<< Perché non me l'hai detto? >> Chiesi evitando scenate. Quella la stavo facendo nella mia mente.
<< Perché non voglio che te ne vai! >> Sbottò.
Quell'affermazione mi prese alla sprovvista. Il mio unico cuore prese a battere all'impazzata. Da quanto me lo teneva nascosto? Non sapevo cosa dire, così aspettai che facesse lui una mossa. Ma neppure lui fece nulla, anzi, girò i tacchi e si allontanò. Lo fermai, prendendogli una mano.
<< E perché non me l'hai detto prima? >> Lo sgridai con un sorriso. Lui ricambiò il sorriso poi mi baciò. Stavolta fui io a ricambiare. Lo spinsi sul tavolo della scrivania, lui si girò prendendomi per il busto e facendomi sedere. Era così forte che sembrava stesse sollevando un cuscino. Buttò giù tutti gli ostacoli che ci impedivano di stare comodi. Mi tolse rapidamente la maglia e la lanciò lontano, feci lo stesso con la sua, approfittandone per toccare i suoi muscoli. La sua mano mi scivolò delicatamente sul collo, toccandomi il seno e scendendo fino all’ombelico. La sua bocca famelica mi morse le labbra mentre mi baciava furiosamente. Si tolse i pantaloni e le mutande insieme. Poi pensò alle mie. Sfilò tutto in meno di un secondo e la sua bocca scese tra le mie gambe. Riuscii a toccare le stelle con le dita grazie alla sua lingua. Immaginai quanta esperienza poteva aver fatto con tutti quegli anni avuti a disposizione. Mi aggrappai alla scrivania e nel momento in cui stavo per avere il primo orgasmo, lui si fermò. Strinsi le gambe. Quanto lo desideravo! Mi aprì con forza le gambe e i nostri corpi si confusero. Facemmo l'amore sulla sua scrivania, attenti a non farci sentire dai miei parenti e dagli altri componenti del Torchwood che, se vivi, stavano per arrivare. Quella notte per me, non c’era nessuno se non lui. E fu così finché non finimmo.
<< Resterai con me? >> Mi chiese mentre mi rivestivo. Il sudore mi ricopriva. Sarebbe stato meglio fare una doccia.
<< No. >> Risposi. << Verrai tu con noi. >>
Uscii dalla stanza, senza guardare il suo viso per non sapere ciò che stava provando. Non volevo lasciarlo, ma non volevo lasciare neppure il Dottore! Il resto del personale del Torchwood non si fece vivo, cercammo di contattarli ma nessuno rispose. Jack temeva il peggio.

Decidemmo di andare a perlustrare la situazione da soli. Prendemmo le armi e girammo per la città in cerca di superstiti da aiutare. Ma non c'era quasi nessuno da aiutare. La città era stata rasa al suolo. Grosse nuvole di fumo nero raggiungevano compatte il cielo, mentre il rosso del fuoco ancora si impossessava di tende e di tutto ciò che riusciva a bruciare. Gli edifici, oramai ridotti in cenere, ostruivano le strade e ci costringevano a fare attenzione a cosa calpestavamo, oltre che a farci cambiare percorso più e più volte.
<< Elementi ribelli, cancellare! >> Urlarono due Cyberman puntando le loro armi contro di noi. Li sparammo con le armi aliene di cui disponeva il Torchwood. Poi in lontananza vedemmo un bambino in difficoltà. Era il primo essere vivente che vedemmo in giornata. Ringraziammo il cielo per quell’anima salvata.
<< Ho perso la mamma! >> Piangeva. Lo aiutammo, chiamando ad alta voce i nomi, a trovare i suoi genitori. Si erano nascosti in bunker sotterranei che risalivano alla seconda guerra mondiale. Ovviamente tutti si nascondevano come meglio potevano. Alcuni si barricavano in casa, chi poteva prestava servizio militare, sennò aiutavano le altre famiglie in difficoltà. Tutte le grandi autorità chiamavano noi per chiederci aiuto, ma non potevamo fare granché in due. Era scoppiata una guerra, i giornalisti la chiamavano Terza Guerra Mondiale. Ma in fondo il termine ''mondiale'' era usato impropriamente. Non c'era di mezzo solo il mondo, ma parte dell'universo. Era, in realtà, la Terra contro gli alieni.

<< Che facciamo? >> Chiesi dopo altre domande per chiarire la terminologia ''Cyberman'' e cosa essi erano in grado di fare.
<< Non lo so! >> Urlò spazientito. Tutti i miei parenti si girarono spaventati. Li guardai per rassicurarli, poi tornai su Jack. Lo accarezzai per tranquillizzarlo.
<< Scusami! >> Disse nervoso e si allontanò. Ero sicuramente io la causa del suo nervosismo, oltre, ovviamente, all'attacco dei Cyberman. L'avevo deluso dopo avergli fatto credere qualcosa di diverso da ciò che volevo io. Ma non l'avevo fatto apposta. Era capitato e basta, e a quanto sapevo era lui quello libertino!
<< Senti, viviamo questa storia come va, ok? Niente complicazioni, niente distrazioni. Solo istinto. >> Dissi, avvicinandomi a lui. Mi guardò, dubbioso. Poi sorrise.
<< In pratica stai dicendo che la viviamo alla Jack Harkness! >> Rispose.
<< Esatto! >> Gli diedi una gomitata, ridendo e dimenticando per un attimo tutti i problemi.
Per tre settimane la situazione rimase immutata. I sopravvissuti si univano, definitivamente e indistintamente dal sesso dalla razza e dall'età, all'armata inglese. Tutti andavano bene per difendere la patria, bambini compresi. Noi pensavamo a cosa fare, ma senza la mente non avevamo idee.
<< Potremmo amplificare il potere delle armi alimentandola con la fessura, ma il raggio d'azione coprirebbe solo l'Inghilterra, l'Irlanda e parte della Francia. >> Propose Jack, mostrandomi i computer super moderni, che per quel periodo erano molto avanzati. Erano sicuramente di qualche secolo successivo.
<< Li dimezzeremo, è già un gran passo in avanti. >> Annuii. Premette alcuni tasti a caso e ci fu una scossa di terremoto.
<< E' normale! >> Urlò per sovrastare il baccano. Mi prese per mano e ci tenemmo forte per non rischiare di cadere. Dopo cinque minuti si ristabilì la calma. Attraverso i computer ci accertammo che, nel raggio indicato da Jack, i Cyberman fossero scomparsi.
Le riprese mostravano le strade piene di ''cadaveri'' di quei maledetti alieni. Aveva funzionato! Ma il lato negativo era che tutti, dopo aver visto cosa eravamo in grado di fare, volevano il nostro aiuto, la nostra tecnologia. Ci arrivavano messaggi da tutto il mondo. Italia, Francia, Germania, America, Russia. E noi non sapevamo come fare. Ci sentivamo così impotenti!

Poi successe quello che aspettavamo da troppo. Sentimmo quel dannato rumore e vedemmo apparire la cabina blu, proprio nel Torchwood ad un piano di distanza da noi.
<< Ci penso io! >> Urlò uscendo dalle porte del Tardis. << So come fare ad ampliare il raggio in tutto il mondo! >>
<< Come? >> Chiese Jack.
<< Passami quel filo nero e quel cavo rosso e collegali alla struttura del Torchwood, come facesti per mandarmi quel segnale che mi permise di arrivare sulla Terra, ricordi? >>
<< Si! >> rispose Jack obbedendo. Nel frattempo montò qualcosa che sembravano delle mattonelle giocattolo.
<< Poi metti questo nella macchina per ampliare l'energia presa dalla fessura. Ed io collego il tutto al Tardis, un po' della sua energia sarà sufficiente! >> Collegò dei cavi fin dentro al Tardis, che, per tutta risposta, sussultò sentendosi togliere energia.
<< Jamme ja! >> Urlò ancora e cliccò il pulsante fatale. Il raggio, come aveva previsto il Dottore, funzionò. In tutto il mondo i Cyberman stavano morendo, uno dietro l'altro come tanti computer che andavano in corto circuito nello stesso momento. Accadde tutto così in fretta che non mi passò neppure per la mente di salutarlo. Lui e Jack continuarono a correre avanti e indietro per il Torchwood come due esauriti. Mentre io ero immobile. Non avevo idee su cosa fare o cosa dire. Aspettavo che mi chiedessero qualcosa, ma non arrivò nessun ordine per me, anzi sembravo invisibile, non mi consideravano proprio. Li vedevo sfrecciare da un lato all'altro, cliccando pulsanti e dando comandi vocali a macchine intelligenti, a volte pensavo si sarebbero scontrati come due biglie, ma purtroppo non successe. Peccato, sarebbe stato divertente!
Cosa avrei fatto dopo? Sarei rimasta con Jack? O avrei seguito il Dottore? Li amavo entrambi, in modi diversi, platonicamente il Dottore e fisicamente Jack. E non volevo essere costretta a scegliere uno di loro. Volevo restare con tutti e due per sempre, viaggiando col Tardis, un'altra cara e muta amica. Passare il resto della mia infinita vita con loro, sarebbe stato perfetto.
<< Jack controlla i video dei telegiornali di tutto il mondo, giusto per essere sicuri che abbia funzionato. >> Chiese il Dottore a Jack da tre piani di distanza mentre scendeva, più veloce che poteva, le scale. Jack corse ai computer e controllò.
<< Stanno morendo tutti! >> Urlò. << La posta elettronica è piena di ringraziamenti da parte di tutti i pezzi grossi di tutto il mondo! >>
Il Dottore gli apparve alle spalle per controllare coi propri occhi ciò che aveva affermato. Dopo qualche secondo, risero e si abbracciarono.
<< Ottimo lavoro. E non avete neppure avuto bisogno di me! >> Dissi. I due si bloccarono, sciogliendo l'abbraccio. Il Dottore si girò e mi guardò serio, quasi con sguardo severo. Pensai volesse sgridarmi per qualcosa, ma la sua espressione cambiò in un quarto di secondo. Si allargò un sorriso che arrivava alle orecchie e corse ad abbracciarmi. Per la velocità che aveva raggiunto quasi mi buttò a terra, durante lo scontro. Mi afferrò e mi alzò da terra, facendomi girare. Mingherlino com’era mi stupii che ce l’avesse fatta. Lo strinsi forte, inalando il suo buon odore e tastando la sua presenza, sperando che fosse davvero lui e non un'illusione o un ologramma. Con lui non si poteva mai sapere cosa sarebbe successo!
Erano passati venti anni ed ero morta tre volte per aiutare l'umanità nel Torchwood, in attesa che tornasse. Ma avevo capito che se il Dottore tornava, era sempre per la presenza di una catastrofe imminente, o già iniziata. Forse per questo Jack sembrava amare e odiare l'arrivo del Dottore.
<< Cos'era quella strana lingua che hai nominato prima? >> Chiesi.
<< Era il dialetto napoletano! Jamme ja! Sono stato recentemente a Napoli, in Italia e sapete cos'ho scoperto? Che il Mickey Mouse che conoscete è nato lì. Un certo Michele Sorece l'aveva disegnato per l'etichetta di una bevanda all'anice del suo negozio. Poi emigrò in America e per caso bevve un sorso della sua bevanda col Signor Walter Disney che ebbe così l'idea per il famoso topo che prende proprio il nome dal creatore. Infatti Mickey Mouse è l'inglese per Michele Sorece. La prova che ciò che dico è vero è che Walt non ha mai fatto togliere quel topo, per plagio, dalla bevanda napoletana! Chi l'avrebbe mai pensato! >> Disse tutto d'un fiato. Sorrisi, non l'avevo neppure ascoltato, chi nell’intero universo sarebbe riuscito a stare al passo della sua lingua? Mi fissò strano, chiedendosi cosa avessi da ridere.
<< Mi sei mancato! >> Dissi, tornando ad abbracciarlo.
<< Anche tu mi sei mancata! >> Rispose sprofondando con la faccia nei miei capelli. Il tempo sembrò fermarsi mentre i nostri corpi si stringevano. Poi una voce si insinuò nella calma del momento.

<< Barbara presto vieni qui! >>
Era la voce di mia nonna. Corsi nella loro direzione. Vidi, da lontano, mia mamma stesa a terra in preda alle convulsioni.
<< Donna! >> Urlò il Dottore, scivolando al suo fianco. L'aveva sentito, l'aveva visto, si era ricordata di lui. E ora stava morendo.
Seguii il Dottore al suo fianco e la calmai accarezzandole la fronte.
<< E' tutta colpa mia, mi ero dimenticata di lei! >> Dissi scoppiando in lacrime.
<< Dottore! >> Disse mia madre con un filo di voce. << Felspoon. >> Accennò un sorriso.
<< No, Donna resisti! Non puoi lasciarmi di nuovo! >> Sussurrò, stringendole la mano.
<< Cosa posso fare? >> Singhiozzai. << Ti prego Dottore, ci dev'essere qualcosa che posso fare! >>
<< No, >> mi rispose mia madre, << niente, ho controllato nel mio cervello da Signora Del Tempo. >> Sorrise ancora. << Sono ancora il Dottore - Donna! >>
   
 
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