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Autore: Desty    18/11/2013    0 recensioni
Le persone famose. Tutte uguali. Tutte troppo impegnate a creare scandali che, alla fine, interessano le persone solo perché fatti da loro; troppo impegnate a drogarsi per riuscire a “reggere lo stress” causato dai dozzinali impegni presenti sulle agende e sul presentarsi sempre perfetti anche quando, alla fine, devono solo uscire di casa per attraversare la strada e raggiungere il primo bar. Le detesto anche fin troppo, anche se non ho mai avuto un motivo preciso; forse per invidia, o forse perché penso che le loro vite siano così inutili e banali, riescono ad ottenere qualsiasi cosa vogliono anche solo battendo le mani. Con il passare degli anni le mie convinzioni si sono rafforzate sempre di più, costruendo un castello immaginario con le fondamenta ben solide; o almeno così credevo. Quel castello si era venuto a sfaldare però quando avevo avuto la brillante idea di derubare Zayn Malik. Quel ragazzo, membro di una delle band più popolari del momento, era riuscito a mandare sotto sopra quel mio piccolo mondo e io non potevo far altro che sentirmi uno schifo per tutto ciò che gli stavo facendo. Molto probabilmente sarebbe finito tutto nel peggiore dei modi, ma tanto valeva continuare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter One.

 

Sbattei la porta con un sonoro tonfo. L’odore di chiuso in quella casa si sentiva anche fin troppo bene e come se non bastasse il buio, che regnava padrone, m’impediva di vedere con chiarezza dove stessi andando. Non sarei mai riuscita a capire per quale assurdo motivo Damian continuava a vivere rinchiuso in quel posto, senza far filtrare in alcun modo nessuna forma di luce, se non quella proveniente dai numerosi schermi dei computer presenti nel suo studio, nel quale viveva ventitre ore su ventiquattro -se si evitava di calcolare i minuti che impiegava per vestirsi, usufruire del bagno e, raramente, mangiare-. Damian era, di per sé, un ragazzo anche fin troppo complicato ma alla fine se non lo si accettava così, non lo si sarebbe mai riuscito ad accettare. Conoscevo Damian dall’età di nove anni quando, ancora in Olanda -precisamente ad Haarlem, capoluogo dell’Olanda settentrionale- , ci eravamo incontrati in un normale pomeriggio al parco. Inizialmente persino io avevo dubitato di quel ragazzino che, già all‘età di tredici anni, risultava anche fin troppo strano agli occhi di tutti. Eppure, molto probabilmente, fu la sua stranezza ad attrarmi così tanto. Alla fine quel ragazzino era diventato il mio migliore amico e, alla fine, entrambi eravamo riusciti a muoverci verso l’Inghilterra. Vivevamo a Londra da circa due anni, ma ora avevo bisogno di tornare ad Haarlem. L’unico problema era, naturalmente, il costo troppo elevato del biglietto aereo e la scarsa quantità di soldi da me posseduti. Nel giro di due anni ero già stata licenziata da diversi locali e a causa delle mie difficoltà nell’inglese non riuscivo ad ambientarmi ancora. Si, molto probabilmente non mi sarei mai dovuta trasferire eppure l’impulso e la consapevolezza di riuscire a cambiar vita e non essere più costretta a vivere in quel luogo che era sempre stato per me fonte di disagio e tristezza, mi aveva fatto agire senza riflettere a pieno nelle conseguenze; fortunatamente, però, Damian si era presentato subito disponibile e favorevole all’idea, causata dalla stupidità, di una ragazzina diciassettenne a trasferirsi. Sicuramente senza di lui non sarei mai riuscita nemmeno a resistere un giorno qui eppure, nonostante i vari problemi, ero comunque ancora viva. Avevo solo bisogno di soldi, ma avevo già un piano e per quello mi serviva, nuovamente, l’aiuto e l’appoggio di Damian.

Mi tolsi la giacca, adagiandola su quello che riconobbi essere una specie di divano; Damian era decisamente l’anticristo dell’arredamento ma, naturalmente, detestava essere aiutato dalle persone, in qualsiasi cosa, e preferiva fare tutto da sé. Ma non potevo di certo giudicarlo per quello, Damian era fatto così. Camminai con passo deciso percorrendo quello stretto corridoio che collegava l’ingresso di quell’appartamento alle stanze secondarie. Come avevo pensato trovai il mio migliore amico chiuso in quel luogo che da lui veniva considerato il suo studio; l’unica luce presente era quella che filtrava dal piccolo spiraglio inferiore della porta in legno d’acero. Bussai un paio di volte in modo anche fin troppo violento ma sapevo perfettamente che quel ragazzo stava, sicuramente, testando video giochi ad un volume talmente alto da poter disturbare gli altri presenti nel condominio così da costringerlo ad utilizzare le cuffie. Incrociai le braccia al petto e attesi, sicuramente mi aveva sentito ma sapevo quanto tempo ci avrebbe impiegato a srotolarsi dai vari cavi con i quali si divertiva a giocare per chissà quale motivo.

-Aana, sei tu?- chiese prima di aprire la porta. Mi si presentò davanti perfettamente vestito con dei semplici pantaloni grigi della tuta, un maglione blu sfasato e una cuffia in tinta col maglione che copriva vagamente quegli arruffati ricci biondi. -Accomodati pure- aggiunse, in seguito, sorridendomi vagamente. Gli accarezzai un braccio velocemente, facendomi spazio e cercando di non cadere inciampando dei fili sparsi per terra.

-Dovresti iniziare a mettere apposto- borbottai col mio pessimo accento inglese. Mi risultava ancora abbastanza difficile parlarlo, anche se nel comprenderlo le difficoltà non erano particolarmente elevate. Lo sentì sbuffare e già m’immaginavo la sua espressione corrucciata dalle mie costanti lamentele sul suo disordine e sul suo stile di vita, ma ormai ci era abituato. Ero sempre stata una bambina, e tutt’ora ragazza, sempre pignola e fissata con l’ordine.

-Hai bisogno di qualcosa? Stavo lavorando- chiese, sviando il discorso lanciandomi, però, una delle sue solite frecciatine che mi fecero capire che quel disordine era causato, appunto, dal suo lavoro. Capii che sarei dovuta passare immediatamente al punto giusto, senza troppi giri di parole cercando di essere il più comprensibile.

-Rijke, devo tornare da lei e ho bisogno di soldi. Ho un piano in mente e mi serve il tuo aiuto per attuarlo- dissi il può concisa possibile. Lo sguardo di Damian s’irrigidì immediatamente; sapeva dei vari problemi di Rijke.

-Spara- vidi Damian sfrecciare verso uno dei numerosi I-Mac presenti sulla scrivania. -Immagino già cosa tu abbia in mente- si lasciò scappare, in secondo luogo, rivolgendomi un sorriso ben divertito. Non potei fare a meno di uscirmene con una risata divertita in memoria dei vecchi tempi; io e Damian, in Olanda, avevamo dei precedenti non molto legali ma molto divertenti per noi. Ma, in fondo, derubare case era uno dei pochi modi che due ragazzini impertinenti potevano immaginare per racimolare un po’ di soldi.

-Hai già in mente chi?- chiese osservandomi con la coda dell’occhio. Non riuscivo a muovermi in quella stanza poco illuminata e per niente spaziosa; non mi chiesi nemmeno come Damian riuscisse a muoversi lì in mezzo con una facilità incredibile. Scossi la testa afflitta; la zona di Londra nella quale vivevamo io e Damian non era per niente popolata da persone d’alto rango sociale anzi, era uno dei quartieri meno calcolati.

-Presumo che siano poche le persone con alti profitti finanziari, qui- ammisi sconsolata. Attesi per una decina di minuti una risposta da parte del riccio biondo ma sembrava neanche mi avesse ascoltato, troppo preso dal suo computer. Rimasi zitta per il resto del tempo, osservandolo mentre scriveva velocemente cose che non riuscivo nemmeno a leggere da quella distanza. Ero rimasta vicino alla porta d’ingresso, le spalle ben appoggiate contro la parete dietro di me insieme alla maledetta luce di quel televisore al plasma che mi puntava in faccia; l’immagine bloccata in quello schermo rappresentava la tipica scena di un video gioco sicuramente violento. Vista la mia scarsa esperienza non riuscii ad indovinare di quale genere specifico si trattasse ma, alla fine, il mio interesse verso quel video gioco non era particolarmente elevata; decisamente scarsa. Mi passai una mano tra i capelli corti e neri, lanciando veloci occhiate a tutta la stanza; monotona come sempre.

-Gevonden!- (trovato) urlò Damian in Olandese, scattando dalla sedia. Sussultai spaventata e presa alla sprovvista; la sua voce bassa e possente era spesso in grado di spaventare se sentita in toni elevate. Mi fece segno con la mano di raggiungerlo. -Bewegen, komen - (muoviti, vieni) aggiunse, con entusiasmo. Annuii lentamente e, facendo attenzione a non inciampare, lo raggiunsi appoggiandomi con le mani allo schienale della sedia girevole in eco pelle nera. Socchiusi gli occhi per riuscire a vedere ciò che veniva rappresentato nello schermo; sembrava una cartina di una qualche parte di Londra e alcuni post-it erano stati scritti in Olandese e attaccati nei diversi lati della tastiera.

-Che cos’hai tra le mani?- chiesi voltando il capo verso di lui. Damian afferrò al volo una penna e la puntò contro lo schermo picchiettando velocemente un punto preciso. Riuscii a leggere a malapena il nome della via.

-Una delle band più famose è quella dei One Direction e hanno la residenza qui a Londra, sparsi ovunque. Secondo le mie ricerche l’abitazione più vicina alla nostra localizzazione è quella di un certo Zayn Malik e, sempre secondo le mie ricerche, il pupo è tornato dalla famiglia a Bradford e la casa qui a Londra è rimasta incustodita a causa dell’assenza di donna delle pulizie da circa tre settimane. È abbastanza per te?- domandò sogghignando. Riuscivo perfettamente ad immaginare l’adrenalina che scorreva nelle sue vene; l’aveva sempre emozionato compiere cose del genere. Sorrisi entusiasta, il tutto non sembrava estremamente complicata ai miei già esperti occhi. L’abitazione di quel Zayn Malik risultava trovarsi in una zona particolarmente isolata e in posizione lontana da occhi indiscreti -molto probabilmente per non essere trovata dalle numerose fans -, non troppo distante da noi anzi, facilmente raggiungibile a piedi o in macchina. Abbracciai da dietro Damian, schioccandogli un veloce bacio sulla fredda guancia. Sicuramente Zayn Malik non avrebbe risentito particolarmente dell’assenza di alcuni oggetti d’arredamento o alcuni suoi vestiti, alla fine era uno dei membri di una delle band più famose.

-Le telecamere?- chiesi arricciando le labbra e Damian, d’istinto, si esibì in una fragorosa risata.

-Questa tua domanda mi offende. Sarà un gioco da ragazzi disattivarle, così come il sistema d’allarme- disse, tranquillamente, come se stesse parlando di calcio con un amico. Alzai l’angolo destro delle labbra e lo strinsi nuovamente in un abbraccio.

-Dank. Ik hou van je- (grazie, ti voglio bene) sussurrai nel suo orecchio; lo vidi sorridere.

-Ik heb ook - (anche io) rispose sussurrando a sua volta.



 

Desty's Corner.
Sì, sono tornata.
Sì, una nuova storia.
Sì, non so nemmeno io come sono riuscita a trovare il tempo per scriverla ma, specialmente, pubblicarla.
Beh, che posso dirvi? Siamo solo al primo capitolo e non si capisce ancora molto, anche se si presume già su cosa si baserà la storia, almeno spero.
Bene, scappo perchè le palpebre si chiudono da sole (ste stronze, eh!); aspetto davvero con ansia una recensione! c:
RINGRAZIO, COME SEMPRE, NUVOLABLU PER IL BANNER, LO ADORO Zì! (è il sonno, comprendimi).
vi lascio con una foto di Aana (Brittani Kline):

E Damian:

(Penso di esserne innamorata, credetemi)
Love. #Desty

 

 
  
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