I due bracconieri si trovavano nel bosco, uno da una parte e
uno dall'altra di un fuoco da campo, accanto a loro c'erano i cadaveri dei miei
amici animali, uccisi barbaramente da loro, che si dicevano "civilizzati",
erano molto più "civilizzati" coloro che avevano
ucciso. Non potevo perdonarli, non dopo tutto quello
che avevano combinato, ma il mio corpo si paralizzava al pensiero di ciò che
avrebbero potuto fare ai miei genitori, Sele e Magor, una lupa e un orso che mi
avevano cresciuto per diciassette lunghi anni, oppure a me, se mai sapessero
che esistevo anch'io.
Mutai forma e diventai un falco, volando da lì fino alla tana materna.
Erano ormai passati tre anni da quando avevo incontrato per la prima volta la
civiltà quando, strappata con violenza al mio bosco, ero
cresciuta per qualche mese tra i druidi, finendo per diventare una di loro,
anche se fuggii per non far uccidere i miei genitori adottivi, ma il mio nome
era stato cambiato: non ero più Nion, mi avevano chiamata così perché ero stata
trovata in quel mese, ma ero Aki, Aki Arcana, druidessa del mio bosco.
Atterrai davanti alla tana e feci per entrare, ma percepii, una volta tornata
umana, la sgradevole sensazione di dolore e morte, appena accennata quando ero
nella forma falco. Corsi dentro la tana e, incapace di reggermi alla vista
dell'interno, crollai in ginocchio in lacrime.
La scena era agghiacciante: sangue sulle pareti, membra di orso
e di lupo sparse qua e là, ma non le teste, le mie cose messe a soqquadro,
segni di un recente incendio, probabilmente conclusosi poco tempo prima.
Se fossi rimasta… se solo fossi rimasta avrei forse potuto evitare tutto ciò,
avrei potuto salvare coloro che salvarono me… e non
fallire miseramente…
Tutti i ricordi della mia infanzia scorsero davanti ai miei occhi, per nulla
distorti dalle lacrime. I miei primi combattimenti con mio
padre, le prime corse con mia madre, le continue insistenze per farmi camminare
eretta invece che a quattro zampe, le immagini che mi trasmettevano per
insegnarmi a parlare, i miei primi giochi, adattamenti per il combattimento, e
molti altri ancora. Alla fine nel mio cuore rimase il vuoto, il vuoto
più assoluto.
Presi dai resti del mio giaciglio, i miei avevano sempre
voluto che dormissi sul morbido anche se non se sapevo il perché, le mie
due scimitarre. Da quando ero tornata dal campo dei druidi
mi ero esercitata a combattere con entrambe, come avevo visto fare alcuni
laggiù, e ora avevo raggiunto un livello decente di abilità… e solo l'indomani
avrei voluto mostrare ai miei genitori l'abilità, in modo che fossero
orgogliosi di me, in fondo non era facile crescere un'umana da quando aveva
solo pochi giorni di vita.
Null'altro era salvabile da quel macello e decisi di seppellire i miei genitori
una volta compiuta la vendetta e recuperate le loro teste.
Quei bastardi l'avrebbero pagata cara, ben più di una qualsiasi punizione che potevano dare loro…
Corsi verso l'accampamento e mi fermai poco distante da loro. Si stavano congratulando
l'un l'altro per la quantità di morti che avevano
fatto. Sentii montarmi la collera.
NO! Se mi fossi lasciata andare dopo ne avrei sentito
le conseguenze a lungo. Cercai di calmarmi, ma una parola di troppo ruppe le
mie difese.
- Peccato solo che non abbiamo trovato quello spirito della natura che vive
qui, mi sarebbe piaciuto molto vederla piegata alla mia lussuria.- rise uno dei
due.
- In fondo, cosa vuoi che sia, torneremo un'altra volta solo per lei, già
quella lupa e quell'orso ci hanno dato dei bei problemi.- rispose l'altro.
Per me, solo per avere me avevano ucciso i miei amici, perché non riuscivano a trovarmi si erano sfogati sugli altri.
Estrassi le scimitarre dal fodero, con passo felpato, mi portai alle spalle del
primo e, come la spada affondò nel suo corpo, mi lasciai cadere nell'ira e
nella collera più profonde: avrebbero visto, prima di morire, lo spirito
vendicativo della natura, non quello docile e gentile che aiutava soprattutto i
piccoli sventurati abbandonati nel bosco, i quali avevano rispetto di questo.
Li uccisi, straziai senza pietà i loro cadaveri e, quando tornai in me, caddi
in ginocchio, lasciando cadere accanto a me le scimitarre e osservando le mie
mani, piangendo silenziosamente. I miei genitori erano
vendicati, io avevo appena ucciso due stolti. Recuperai i corpi dei miei
amici e dei miei genitori e li portai davanti alla
caverna in cui ero cresciuta, scavando con semplici utensili la dura terra
invernale che si stava lentamente sciogliendo per il tepore primaverile.
Lasciai all'interno gli amici e ricoprii la tomba, poco distante scavai
un'altra tomba, dove ricomposi i corpi dei miei
genitori, mettendoli nella posizione in cui di solito dormivano. Il lavoro mi
tenne occupata per tre settimane e finii all'inizio del mese di Saille, due
mesi dopo il mio diciassettesimo compleanno.
Quello era l'ultimo addio, l'ultimo saluto a tutti prima d'intraprendere la mia
via nel mondo fuori dal bosco.
Camminai per giorni, non li contavo nemmeno più, e in un villaggio venni a sapere
in un villaggio di un setta che uccideva ignari
viaggianti.
- Sì, sono tutti assassini.- commentò una persona, un uomo.
Mi avvicinai a loro con calma, facendo un minimo di rumore. Era un piccolo
capannello di quattro persone.
- Tutti, dal primo all'ultimo, senza contare il loro sacerdote.- rispose
un'altra, una donna.
- Penso che chiunque abbia ucciso quei due poveri cacciatori dovrebbe
essere ucciso prima che li raggiunga.- disse un altro.
- Chissà quanti altri moriranno prima che si riesca a prenderli.-
rispose l'ultima.
- Buongiorno, perdonate la mia curiosità, buoni signori.- dissi,
avvicinandomi.- Potreste gentilmente dirmi di cosa state parlando?-
- Di una setta che uccide ignari viaggiatori in un bosco che pare incantato.-
rispose il primo che avevo sentito parlare.- Lei chi è?-
- Mi chiamano Aki, potrei conoscere i vostri nomi?-
- Noi non abbiamo nomi veri e propri, si trova a Guesttown, qui tutti abbiamo
un numero e null'altro.- disse la seconda.
- Che cosa strana e buffa.- commentai piano.
- Io sono 87402,- disse il terzo.- loro sono 80242,-
indicò il primo.- 83833- la seconda.- e 83011.- indicò l'ultima.
- Piacere di fare la vostra conoscenza.- dissi, facendo un piccolo inchino.
- Il piacere è tutto nostro.- rispose 80242.
- Ma potrei sapere qualcosa di più su questa
"setta"? Almeno dove posso trovarla?-
- Ha intenzione di unirsi a loro?- chiese 83833, preoccupata.
- Se non li conosco non posso sapere se compiono
veramente queste cose tanto malvagie di cui vi ho sentito parlare.- risposi,
semplicemente.
- Segua questa strada… e che l'Altissimo vegli su di
lei.- disse 83011, facendomi il segno della croce.
Questo fu particolarmente buffo anche perché la donna era molto più bassa di
me, che non ero certo tra le persone più alte con il
mio metro e cinquantacinque di altezza, forse lei avrebbe avuto un metro di
altezza.
Mi congedai da loro e seguii la strada indicatami senza nemmeno smettere un
attimo il mio cammino per pranzare. Dovevo raggiungerli, era come una cosa
naturale, che li raggiungessi, anche se non sapevo
spiegarmene bene il perché. Vidi il sole tramontare davanti a me, come ogni
fine della giornata, ma, almeno, questa volta avevo una meta, raggiungere
quella "Somma Setta" che sembravano tanto
temere. Erano assassini, come lo ero stata io. Per la prima volta, dopo tanto
tempo, mi fermai a vedere il tramonto, il sole che pareva una ferita tonda
dalla quale colava il sangue che tingeva di rosso il sangue.
Il sole scomparve oltre alla linea dell'orizzonte e le stelle salirono nel
cielo e proseguii, tenendo a destra la stella maestra, quella che comunemente chiamavano la Stella Polare. Osservai un attimo la strada,
che parve diventare nera, rispetto al bianco che aveva nel periodo in cui il
Sole era alto.
A un tratto mi sentii cadere e il paesaggio attorno a
me cambiò radicalmente.
Caddi seduta e vidi davanti a me un'enorme villa e dieci persone mi
circondarono.
- Voi dovete essere la Somma Setta.- feci, sorpresa.
Non era la cosa più sensata che avevo mai detto, ma
non mi venivano in mente altre parole al momento. Finalmente ero lì, ma il
futuro era ancora incerto, per me.