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Autore: Pandora86    19/11/2013    4 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
Capitolo 13.
 
 

Yohei ascoltò le parole del giocatore in silenzio.

Finalmente, Sendoh gli confermò quello che Rukawa gli aveva già detto.

E, a quanto pareva, non sembrava più intenzionato a nasconderlo.

“Perché?” si ritrovò a ripetere.
Sendoh sospirò.

Era preparato, infatti, all’incredulità dell’altro. Fu per questo che non si perse d’animo.

“Perché mi piaci?” gli domandò con un sorriso.

Yohei annuì con la testa.

Sendoh iniziò a ridere allegramente.

“Hai sbagliato domanda” rispose sorridente.

Yohei inarcò un sopracciglio di rimando.

“Cioè?” chiese scettico.

“La domanda giusta è: perché non dovresti piacermi?” gli spiegò sereno.

“Non mi conosci” rispose pratico Yohei, incurvando le labbra in una linea dubbiosa.

“Neanche Rukawa conosceva Sakuragi” tornò alla carica Sendoh.

“Eppure, io credo che gli sia piaciuto fin dal primo momento. E anche per Sakuragi deve essere stato così, no?” domandò all’altro conoscendo tuttavia la risposta.

Infatti, Mito annuì piano.

“Credi davvero che serva una conoscenza decennale per queste cose?” riprese il giocatore.

“Certe cose si sentono. E il mio istinto non sbaglia mai!” continuò in quello che, a occhi esterni, poteva sembrare un monologo.

Solo a occhi esterni però, perché Yohei partecipava con il suo silenzio non perdendosi una sillaba di quanto dicesse il giocatore.

E lo stesso era per Sendoh, attentissimo agli occhi dell’altro.

Era più un dialogo silenzioso quello, che un dibattito rumoroso.

Uno parlava seguendo gli sguardi dell’altro, l’altro ascoltava prestando attenzione alle inflessioni della voce di chi aveva accanto.

Ha una voce molto bella, si ritrovò a pensare incoerentemente Yohei.

“E credo di piacerti anch’io!” disse il giocatore dopo un po’, non rinunciando alla sua allegria.

Vide Mito inarcare un sopracciglio e guardarlo con disappunto.

“Ah, si?” domandò Yohei scettico non riuscendo a trattenersi.

“Sì” confermò l’altro con tranquillità.

“E come fai a esserne così sicuro?” indagò Mito.

“Perché altrimenti mi avresti già mandato al diavolo” fu pronto nella risposta, come sempre, Sendoh.

“Veramente” si sentì in dovere di correggerlo Yohei, “L’ho già fatto!” ghignò, riferendosi alla loro prima conversazione.

“Giusto” approvò il giocatore. “Ma non sei stato molto incisivo” gli appuntò con un sorriso furbo calcando bene le parole e riferendosi anche lui alla prima volta che si erano parlati.

“Di certo, ti incuriosisco” continuò poi con più serietà. “Di sicuro non hai lo stesso interesse che ho io per te, ma poco importa!” alzò le spalle con semplicità.

“E perché?” non potette fare a meno di domandargli Mito.

Sendoh lo stava travolgendo con molte parole eppure, il tono calmo che aveva nel conversare non metteva ansia nell’animo di chi ascoltava.

Era di certo un ottimo conversatore quando lo voleva, pensò distrattamente Yohei.

Fu a causa di questi pensieri che, quando voltò il viso in cerca dell’altro, se lo ritrovò a una distanza ravvicinata.

“Perché ti farò innamorare di me!” sussurrò Sendoh a pochi centimetri dal suo volto.

“Così come lo sono io di te!” concluse, rimanendo a poca distanza dall’altro, con voce flebile eppure perfettamente chiara.

Quando si è avvicinato?

Fu tutto quello che riuscì a pensare Yohei in quel momento.

Innamorato!

Sendoh non era solo interessato, era innamorato!

“Io…” incominciò Yohei interrompendosi subito dopo ma non abbassando lo sguardo.

Che avrebbe dovuto dire in una situazione come quella?

Con il giocatore a quella distanza effimera poi.

Sendoh, da parte sua, continuava a non scostarsi guardandolo fisso negli occhi.

Yohei ebbe il sospetto di essere arrossito parecchio.

Inutile, ovviamente, sperare che l’altro non lo notasse.

“Mi darai la possibilità di frequentarti?” domandò Sendoh con voce bassa e sensuale eppure, al contempo, carica di aspettativa.

Yohei deglutì di rimando cercando di riacquistare, almeno in parte, un po’ del suo sangue freddo.

“Suppongo che non riuscirei a impedirtelo” disse costatando che, nonostante tutto, la voce era ferma e complimentandosi quindi con se stesso per non aver dato vita a parole balbettate e suoni sconnessi.

“Supponi bene!” gli sorrise Sendoh tornando al suo posto.

Il sospiro dell’altro per quella nuova distanza gli arrivò forte e chiaro alle orecchie ma decise di soprassedere.

Mito non doveva amare molto i contatti fisici e lui, per questo, lo rispettava.

Perché era vero quello che aveva detto; voleva farlo innamorare di sé non portarselo semplicemente a letto.

Di conseguenza, voleva creargli meno disagio possibile.

Il contatto sarebbe venuto poi e a Sendoh non importava sapere quando.

A lui bastava semplicemente poter godere ancora della compagnia di Yohei e avere l’esclusiva su di lui; sulle sue espressioni, sulle sue risate, sulla sua voce allegra.

Sì, pensò guardando l’altro che fissava ostinatamente davanti a se.

Un contatto più approfondito era l’ultima cosa che desiderava in quel momento.

Distratti dall’atmosfera non si accorsero del tempo che era passato.

Il primo fuoco pirotecnico li fece sobbalzare entrambi, che si guardarono in volto sgranando gli occhi.

“A quanto pare, il tempo è volato” disse Sendoh, sentendo il suo cuore tornare a battere a una velocità più moderata.

“Che spavento” aggiunse ridendo e osservando un secondo fuoco far compagnia a quello precedente.

“Mh…” mugugnò Yohei che aveva ancora una mano al petto.

“È la prima volta, vero, che assisti a questa festa?” domandò Sendoh, stendendosi sulla sabbia, con voce tranquilla.

Il tono però non era indagatore; si trattava, infatti, di un semplice inizio di conversazione.

Yohei, che con il giocatore a quella distanza si sentiva decisamente più lucido, tornò a distendersi decidendo di abbandonare, almeno per il momento, tutte le ostilità.

“Già!” gli confermò con altrettanta tranquillità, portando un braccio dietro la testa.
Intanto, i fuochi scorrevano su di loro, dando vita a disegni bellissimi.

Per parecchi minuti i loro occhi furono troppo impegnati ad ammirare le complicate forme colorate che si estendevano su di loro.

Il cielo, visto da quella prospettiva, si mostrava in tutta la sua immensità e bellezza.

Sendoh si voltò a osservare il viso tranquillo di Yohei che osservava lo spettacolo con la bocca increspata da un sorriso e con gli occhi illuminati da mille bagliori diversi.

Fu travolto da quello sguardo così sereno e sinceramente ammirato, tanto da spezzare il silenzio che li accompagnava da parecchi minuti.

“Vorrei che ne conservassi un buon ricordo!” esclamò il giocatore con semplicità.

Vorrei che lo conservassi anche tu, pensò Mito capendo immediatamente il senso della frase nonostante fossero passati buoni venti minuti da quando il giocatore aveva parlato.
La risposta partì automatica nella sua mente ma non trovò però il coraggio di esprimersi ad alta voce.

“Credo che si possa fare!” disse invece con il tono scanzonato che lo distingueva e cercando, in questo modo, di prendere tempo da tutte quelle nuove sensazioni che lo avevano investito.

Sendoh sorrise a quelle parole non potendo fare a meno di allungare la sua mano verso sinistra, alla ricerca di quella dell’altro.

La trovò con facilità, allungando le dita sul palmo dell’altro.

Il suo sguardo era sempre rivolto verso il cielo ma dentro di sé sperava che l’altro non si scostasse. Perché, in quell’istante, sentiva di non desiderare null’altro che non fosse la mano di Yohei stretta nella sua, mentre entrambi si godevano quel cielo così colorato e suggestivo.

Sentì Yohei irrigidirsi ma non ritirare la mano e questo lo spinse a non scostare la sua.
Attese qualche istante prima di intrecciare le lunghe dita in quelle dell’altro scoprendo che, proprio come aveva ipotizzato, la sua pelle era morbida al contatto.

Che strano teppista, pensò con un sorriso.

La mano di Mito sembrava, al tatto, molto curata.

E anche molto fredda, valutò fra sé pensando quanto gli sarebbe piaciuto poterle riscaldare entrambe con le sue.

Yohei lo lasciò fare, rilassandosi poco a poco.

E rimasero così a lungo.

Le loro mani erano intrecciate, i loro volti atti a guardare lo spettacolo pirotecnico, i loro cuori riscaldati dalla vicinanza dell’altro.

Passarono ore che sembrarono istanti.

Continuarono a tenersi per mano, senza parlare, per tutta la durata dello spettacolo.

Quando anche l’ultimo fuoco fece capolino nel cielo nessuno dei due si scostò.

Rimasero ancora mano nella mano osservando il manto stellato che prendeva il posto dei colori allegri e vivaci dei fuochi d’artificio.

Eppure, Sendoh si rese conto che quel contatto non poteva durare in eterno.

A malincuore, staccò la mano da quella di Yohei sciogliendo le dita e interrompendo lentamente il contatto.

Si girò a guardare il volto di Mito che, osservando le stelle, appariva come al solito imperscrutabile.

Di sicuro non gli aveva dato fastidio l’iniziativa che Sendoh aveva preso.

Il giocatore però non sapeva neanche se l’avesse gradita.

Motivo per cui, aveva deciso di non rischiare oltre per quella sera.

In fondo, Yohei gli aveva garantito che avrebbero continuato a frequentarsi.

Per questo sorrideva sereno.

Era certo di aver ottenuto un grosso risultato.

Non poteva sapere che, da lì a pochi minuti, le sue speranze sarebbero crollate miseramente.

Non poteva sapere che, di lì a pochi minuti, avrebbe cominciato la partita più difficile della sua vita: quella contro i fantasmi del passato di Yohei.

Nel frattempo, Mito rimuginava fra sé.

La mano del giocatore si era staccata e lui si sentiva strano ora che le dita di Sendoh non erano più intrecciate alle sue.

Non che avesse fatto nulla per incoraggiarlo, era, infatti, rimasto fermo ad aspettare la mossa successiva del giocatore.

Mossa che però non c’era stata.

E, a quel punto, Mito si era lasciato andare trovando le mani del giocatore piacevolmente calde.

O forse, era lui che le aveva sempre troppo fredde, considerò ripensando a quante volte Hanamichi l’avesse preso in giro per il fatto che cercasse di riscaldarsi sempre e ovunque le mani in qualunque posto fosse.


“Se cercate Yo” era solito sfotterlo Hanamichi nei mesi invernali, “guardate vicino al primo termosifone: ci troverete le sue mani sopra e quindi anche il proprietario”.

“In fondo” aggiungeva poi a bassa voce, in modo che nessuno potesse sentirlo, “le devi preservare” e gli faceva l’occhiolino.


Il contatto con la mano di Sendoh sembrava essere divenuto normale tanto che Mito aveva avvertito uno strano gelo quando il giocatore lo aveva interrotto.

Vide Sendoh tornare a sedersi sulla sabbia.

Yohei lo imitò senza dire nulla; sapeva che quella serata stava per volgere al termine.

Strano ma vero, a quel pensiero Mito provò dispiacere e anche il giocatore doveva provare qualcosa di simile vista l’espressione rammaricata che gli rivolse.

Se si fosse interrotto lì, se non avesse pronunciato più nessuna parola, allora Sendoh avrebbe potuto catalogare quella festa come una delle più belle vissute fino a quel momento.

Peccato che non potesse saperlo né prevederlo in alcun modo.

Peccato che la serata non fosse finita lì.

Avrebbe ricordato a lungo quella serata negli anni a venire.

Ma la mano di Yohei non sarebbe stata la prima cosa che avrebbe richiamato alla mente.

Negli anni a venire, la prima cosa che avrebbe ricordato, sarebbe stata la sensazione di gelo provocata dalle parole di Yohei.

Avrebbe ricordato la sensazione prima di disagio, sostituita successivamente da un profondo rammarico.

Avrebbe ricordato per sempre le sensazioni che gli avrebbero gettato addosso le parole di Yohei.

Peccato che non potesse saperlo.

Peccato che avesse continuato a parlare, sicuro di aver oramai superato l’ostacolo più grosso nella frequentazione con Mito.
 

“Domani devo cambiare pensione” disse Sendoh con voce atona, guardando il mare.

Il basket era una parte importante della sua vita e non lo avrebbe mai considerato un ostacolo.

Eppure, perché non aveva voglia di cambiare pensione?

La risposta era semplice: stava tutta nel ragazzo che sedeva alla sua sinistra.

Quelle ore con Yohei erano volate e, seppur molto piacevoli, non erano comunque una base concreta per un qualcosa di più grande.

Nonostante Mito non si fosse tirato indietro alla sua stretta di mano e nonostante Sendoh gli avesse detto chiaro e tondo ciò che provava, il giocatore sapeva bene quanto Mito potesse scivolargli via da un momento all’altro.

Sospettava che questa sarebbe stata una caratteristica che lo avrebbe sempre contraddistinto, anche quando il loro rapporto sarebbe diventato più stretto.

Con Mito non bisognava, infatti, dare nulla per scontato.

Eppure, nonostante questo al giocatore non dispiacesse, non avrebbe mai trovato stimolante un rapporto piatto, ora non lo faceva sentire tranquillo.

Non voleva perdere quello che aveva conquistato ma soprattutto, non voleva lasciare Yohei in una situazione così complicata.

Non voleva che l’altro fosse solo e che continuasse a cavarsela senza contare su nessuno.

Lui, per Yohei, voleva esserci.

Nonostante quelle ore di svago, infatti, Sendoh non aveva dimenticato il motivo per cui
Mito si trovasse in quel posto.

Fu per questo che espresse ad alta voce i suoi dubbi.

“Sai” incominciò, “non mi va di cambiare pensione!” disse in quello che era poco più di un sussurro.

“E perché mai?” chiese perplesso Yohei guardandolo attento.

Anche il suo tono era stato un po’ troppo indagatore ma il giocatore decise di non farci caso.

“Non ci arrivi?” chiese Sendoh con un sorriso.

Mito lo osservò per alcuni istanti.

Sì, alla luce di quanto si erano detti, Yohei ci arrivava, almeno a livello intuitivo.

Quello che però non continuava a capire era il perché.

“Credevo che il basket fosse importante!” disse solamente, senza alcuna particolare inflessione nella voce.

Lo sguardo però si era notevolmente indurito nel pronunciare quella frase.

Ancora una volta Sendoh lo notò.

E, ancora una volta, decise di lasciar perdere.

“Lo è” si limitò a confermargli pacatamente. “Ma non è la sola cosa importante nella mia vita!” concluse determinato.

“Sembri molto sicuro di quello che dici” esclamò a quel punto Yohei, inclinando la testa di lato e osservandolo perplesso.

E stavolta, neanche Sendoh poté ignorare il chiaro tono di sfida dell’altro.

“Sono sicuro di quello che sento!” non si tirò indietro Akira.

Yohei gli sorrise sarcasticamente prima di parlare.

“Lasciarsi trasportare dalle sensazioni è stupido, perché, in molti casi, è ingannevole” disse con tono duro.

Yohei si era fatto inflessibile, sia nello sguardo che nella voce e a Sendoh non sfuggì quell’ulteriore cambio d’umore.

Cambio d’umore che, stavolta non era stato repentino.

Mito aveva indurito il tono e lo sguardo a ogni frase, segno del suo fastidio crescente.

E, se in precedenza i toni erano stati velati e quindi Sendoh aveva potuto continuare come se nulla fosse, ora non poteva fare finta di nulla all’evidente malumore dell’altro.

Inoltre, sembrava che Yohei parlasse a se stesso, riferendosi a qualcosa che lo toccava molto da vicino.

Non indagò oltre, decidendo di soprassedere.

Non rinunciò però a contestare quanto Mito aveva appena detto.

“Meglio essere stupidi che soli!” disse sicuro.

Yohei si voltò di scatto, guardandolo con un sorriso cattivo.

“Allora continua” disse scandendo lentamente le parole. “Vediamo se ti piacerà ancora quest’idea quando sarai rifiutato!” concluse con sarcasmo.

In quella risposta, Sendoh ebbe la conferma del fatto che Mito stava parlando di sé.

Le parole che aveva detto erano solo cariche di veleno.

“Non è detto che debba essere per forza così!” disse piano, Sendoh sentendo il suo cuore divenire pesante.

Abbandono… era questo che leggeva in Mito.

Eppure, Mito non era il classico cucciolo smarrito.

Accanto all’abbandono, lo sguardo di Mito recava anche le tracce di una fierezza fuori dal comune.

Ripensò fugacemente a un disegno che, in passato, lo aveva colpito.

Era stato all’incirca due anni prima.

Non si ricordava come, ma si era ritrovato a sfogliare una rivista di fotografia e disegni dei più svariati autori.

A un certo punto, uno strano disegno lo aveva incuriosito.

Un disegno che era anche facile notare dato che si trovava sulla copertina.

Una torre in pieno deserto.

Le sensazioni che aveva provato dinanzi a quell’immagine erano state le stesse.

Abbandono, era questo che trasmetteva il deserto intorno alla torre.

Fierezza, che si trovava nella torre stessa perché, anche se sola a causa del deserto che la circondava, si ergeva comunque fiera apparendo indistruttibile.

Il disegnatore, che poi Sendoh aveva scoperto essere il vincitore del concorso tenuto da quella rivista, era anonimo.

Scacciò questo pensiero ritornando a concentrarsi su Mito.

In quel momento, Sendoh ebbe la certezza che le parole di Yohei non si riferivano a Sakuragi, ma a se stesso.

Mito si alzò, scrollandosi di dosso la sabbia con gesti meccanici.

“Forse hai ragione” disse con un sorriso, guardandolo attento.

“In fondo, credo che per te le cose siano diverse” disse pacato.

Sendoh osservò il suo volto, leggendovi tanta rassegnazione.

Rassegnazione verso quello che sembrava un destino avverso.

“Perché solo per me?” domandò Sendoh intenzionato, ora come non mai, a saperne di più.

“Ascoltami” rispose allora Yohei abbassandosi e guardandolo fisso.

Teneva i gomiti poggiati sulle gambe con le mani intrecciate tra loro e lo guardava serio.

Sendoh si fece attento considerando che, in quel momento, Mito non sembrava un sedicenne qualunque.

Quante emozioni gli davano quegli occhi, che ora lo scrutavano con una luce molto matura.

Troppo matura per un ragazzo di quell’età. Troppo stanca per un adolescente nel pieno della vita. Troppo rassegnata per un sedicenne che non ha ancora iniziato a vivere.

Tutto questo, e molto di più, Sendoh leggeva in quegli occhi.

Saggezza forgiata dall’esperienza.

Eppure, era strano se si considerava il fatto che Mito avesse, in realtà, solo sedici anni.

Le parole di Yohei lo distolsero dai suoi pensieri.

“Sono stato bene stasera!” gli disse, accompagnando la frase con un sorriso.

“Ma?” lo invitò a continuare Sendoh, fissandolo serio a sua volta.

“E, proprio perché mi sono divertito, voglio darti un consiglio spassionato”continuò.

“Un consiglio da amico” aggiunse parlando con lentezza.

Sendoh si perse in quel volto, pensando che avrebbe dato qualunque cosa, in quel momento, per baciare quelle labbra.

Notò di nuovo quella luce negli occhi: la luce di chi la sa lunga.

La luce di chi ha vissuto troppe cose spiacevoli e ci ha fatto l’abitudine.

Mito riprese a parlare e Sendoh continuava a fissarlo, non sapendo cosa aspettarsi da quello sguardo così carico di emozioni eppure al contempo così indifferente.

“Tu domani vai al ritiro, senza pensare ad altro che non sia allenarti. Perché è stupido farsi distrarre da qualcosa, quando si ha una carriera promettente come la tua. Molto stupido” calcò le parole Yohei.

“E, anche se adesso, sull’onda delle sensazioni, ti sembra che ci sia qualcosa di più importante, sbagli perché, prima o poi, te ne pentirai” concluse.
Sendoh lo ascoltò rapito, avendo la certezza che si stesse riferendo a se stesso.

“Te lo ripeto” ribatté, “ non esiste solo il basket” terminò sicuro.

“Dimenticati di me, Sendoh!” non lo ascoltò Yohei. “O, se preferisci, ricordami. Ma non cercarmi più” disse alzandosi e terminando definitivamente il discorso.
 
Anche Sendoh si alzò, mostrandosi in tutto il suo metro e novanta e fronteggiando l’altro, intenzionato a non mollare.

Stava comprendendo qualcosa di più del ragazzo.

Rifiuto, pentimento… non potevano essere parole dette a caso.

Yohei gli stava mostrando il suo lato oscuro, segregato in chissà quale parte del suo cuore, destinato a rimanere chiuso sotto spessi ragionamenti e comportamenti razionali.

Ma soprattutto, nascosto molto bene da una studiata indifferenza e un’incrollabile freddezza.

Lato destinato al dimenticatoio in apparenza, che però non lo abbandonava mai.

Era questo il vero Yohei Mito.

Sendoh lo capì subito.

Pur non conoscendo le sue vicende personali, gli era finalmente chiaro perché il ragazzo fosse così scostante.

Vide che l’altro non aveva intenzione di continuare a parlare ma che anzi, stava voltando le spalle per andarsene.

Fu lesto ad afferrarlo per un braccio facendolo voltare, e poco importava se l’altro gli avesse rifilato un pugno facendolo finire disteso.

Lui non era intenzionato a lasciarlo andare, non ora che stava incominciando a comprendere qualcosa.

Cosa poi era ancora tutto da vedere, ma Sendoh sentiva che c’era di più in quella conversazione.

Perché veramente Yohei gli stava parlando in maniera spassionata.

Ora che ci pensava, non c’era stato un dialogo, in quelle ore, uguale all’altro e Sendoh non si riferiva ai contenuti, quanto ai toni.

Quel loro ultimo scambio di battute sembrava terribilmente vero, a differenza degli altri.

E Sendoh capì anche il perché: Yohei gli stava dando un consiglio da amico, cercando di fare il suo bene riferendosi a qualcosa che aveva vissuto in passato.

E il giocatore non era intenzionato a mollare proprio adesso.

“Mi dispiace” disse serio, “ma non ho intenzione di seguire il tuo consiglio”.

“Faresti bene invece” rispose l’altro con indifferenza.

Non si era scomposto minimamente quando lo aveva afferrato, ma Sendoh sapeva che avrebbe potuto interrompere quel contatto nel momento che preferiva.

“E perché?” s’inalberò Sendoh, andando a stringere la presa sul braccio dell’altro.

Yohei gli sorrise triste, prima di parlargli.

Gli sorrise consapevole, prima di rivelargli quello che portava nel cuore.

Gli sorrise ragionevole, prima di dire la frase che Sendoh avrebbe ricordato per tutta la vita.

“Perché io non esisto” disse soltanto, osservando poi il volto interdetto dell’altro.

Il giocatore, ora, lo fissava con espressione grave.

Sendoh era rimasto scioccato da quelle parole, ma soprattutto dal tono ovvio con cui erano state pronunciate.

Quella non era una frase detta a caso.

Quella sembrava una convinzione radicata troppo a lungo nella mente dell’altro, vista la semplicità con cui era stata pronunciata.

Senza volerlo, allentò le dita attorno al braccio dell’altro, troppo concentrato a capire cosa diamine significasse quello che Mito gli stava dicendo.

Mito se ne accorse, interrompendo, definitivamente, quel contatto.

Fu con quel gesto che Sendoh ritornò in sé capendo che se non avesse detto nulla, il ragazzo sarebbe definitivamente andato via.

“Che significa?” domandò piano, sentendo la tristezza diventare prepotente nel suo animo.

“Rifiuto!” gli sorrise Yohei.

“È questo, quello che sono; anche se io preferisco definirmi in altro modo” rispose tranquillo.

Tutta quella conversazione era pazzesca, valutò Sendoh.

Yohei definiva se stesso in quel modo con lo stesso tono di chi parla del tempo.

Tuttavia, anche se quella conversazione stava toccando vette surreali, Sendoh non si perse d’animo cercando di capire in quel mare di mezze frasi e verità nascoste.

“Cioè?” domandò con la voce che si era fatta un sussurro.

“Ombra!” affermò calmo Yohei guardando il mare.

“Io sono solo un’ombra” ripeté, questa volta più rivolto a se stesso che all’altro.

Sendoh capì che Mito, con la mente, era andato a ricordi lontani.

Troppo lontani, eppure troppo vicini.

Così vicini da impedirgli di vivere normalmente.

“Dimenticami” disse ancora Yohei, guardando il giocatore.

“È la cosa migliore per te” concluse voltandosi definitivamente e andandosene.

Sendoh lo guardò allontanarsi.

Gli occhi erano pieni di stupore, la mente ragionava frenetica alla ricerca di una soluzione immediata.

Lo guardò allontanarsi con una mano tesa, come a volerlo fermare.

Sapeva che non era possibile.

Lo guardò allontanarsi, sentendo la tristezza crescere.

Yohei aveva definitivamente messo la parola fine alla loro serata.

Lo aveva fatto anche precedentemente, eppure stavolta Sendoh sapeva che sarebbe stato inutile provare a fermarlo.

Si sedette sulla battigia pensieroso.

Ombra.

Questo gli aveva detto Mito e Sendoh, anche se non aveva compreso il significato delle sue parole, sapeva che si trattava della verità.

O almeno, della verità dal punto di vista di Mito.

In effetti, anche lui aveva pensato, nei giorni addietro quando si era finalmente ricordato di lui, che rispetto a Sakuragi e al resto del gruppo Yohei era quello che più passasse inosservato.

Come se fosse l’ombra di Sakuragi, questo era stato il suo pensiero.

Tuttavia, il giocatore sapeva che le parole di Mito nascevano da qualcosa di più profondo.

Qualcosa che lo inseguiva costantemente, condizionando quindi tutta la sua vita e il suo modo di essere.

Inoltre, Sendoh aveva notato anche il repentino cambio di decisione da parte del ragazzo.

Prima che si nominasse il basket, Yohei sembrava, infatti, disposto a dargli una possibilità.

Ma allora, che cosa l’aveva fatto cambiare così drasticamente decisione?

Ripensò alle sue parole…

Yohei gli era sembrato molto accorato nel dargli quello che lui riteneva un consiglio.

Rifiuto.

Oramai il giocatore era certo che Mito si riferisse a se stesso.

Rifiutato… ma da chi?

Perché quello non era l’atteggiamento di chi riceve un due di picche da una ragazza.

Sendoh si alzò in piedi.

Nei suoi occhi comparve una nuova luce, carica di determinazione, mentre fissava il mare dinanzi a lui.

Le mani, che erano pigramente tenute in tasca, si strinsero a pugni.

Se Yohei pensava di scappargli allora non aveva capito proprio nulla.

Se Yohei pensava che lui lasciasse perdere la cosa, dopo le ultime cose che gli aveva detto, allora doveva aver fatto male i suoi calcoli.

Non sapeva a cosa stesse andando incontro, ma oramai aveva deciso.

Nella mente aveva solo l’immensa tristezza di Mito mentre parlava.

Anche quando lo aveva osservato andare via, aveva avuto l’impressione che le sue
spalle reggessero un peso troppo grande per un ragazzo della sua età.

Solitudine, abbandono, tristezza… Sendoh avrebbe spazzato via tutto.

Il ritiro era importante ma Yohei lo era di più.

Non avrebbe cercato un altro confronto con Mito per adesso.

Sarebbe stato inutile e controproducente visto che Yohei non si era semplicemente impuntato per testardaggine.

Credeva veramente in quello che aveva detto.

Sendoh, in quel momento, aveva bisogno di dati prima di avvicinarsi nuovamente a Mito.

Il giocatore sorrise.

Doveva arrivare a Sakuragi… problema impossibile a prima vista eppure, qualcuno che poteva aiutarlo c’era.

Si incamminò continuando a sorridere.

Niente l’avrebbe fermato fino al raggiungimento del suo obiettivo, e questa persona l’avrebbe aiutato.

Il giocatore, in fondo, sapeva essere molto convincente quando voleva.
 

Continua…
 
Note:
 
Più che altro, una piccola precisazione: No! State tranquille, Mito non è impazzito.

Più avanti, infatti, sarà tutto spiegato e anche le frasi di Yohei troveranno un loro perché.

Più che altro in questo capitolo conosciamo i fantasmi di Yohei… ho inoltre seminato qualche indizio qua e là sulla sua persona.
Sappiate solo che, in questo capitolo, nulla è scritto per caso.
Si tratta infatti del capitolo cardine dell'intera fic dove, per la prima volta ci addentriamo nel passato di Mito scoprendo che porta con sè dei fantasmi; negli altri invece abbiamo conosciuto il suo passato tramite i ricordi che ha in compagnia di Hanamichi.

Spero che la lettura vi sia piaciuta.

Come al solito, attendo i vostri commenti.

Nel frattempo, grazie a chi è giunto fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.
Pandora86
  
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