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Autore: Ardespuffy    28/04/2008    5 recensioni
Io affermo dunque essere il giusto non altro che l'utile del più forte.
Sceglie la sua legge, l'uomo prescelto.
Perchè Dio non gioca, ma se giocasse, come mai potrebbe esser vinto?
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie '.Sekai Wo.'
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Torno alla riscossa con un nuovo, delirante tributo

Torno alla riscossa con un nuovo, delirante tributo. Ritengo che Nòmos possa essere classificata come nipotina, o forse antesignana, della mia precedente storia, Virtus. Chi ha avuto il buon cuore di leggere quel lavoro dovrebbe capire cosa intendo dire (ed è messo in guardia: non è ancora troppo tardi per scappare!).

Colgo dunque l’occasione per ringraziare Freija, cicoria, Nemia, Betta90 e MellosBarOfChocolate che sono state tanto carine da recensire la scorsa fanfic. Sappiate che è stato il vostro sostegno a portare alla luce questo pastiche, qui, dunque assumetevi le vostre responsabilità! ^_^

 

Infine, concludendo veramente, una postilla sul titolo: Nòmos è la parola greca per legge, intesa come legge terrena che si contrappone alla Physis, natura e legge naturale.

 

Ora mi auto-censuro e la faccio finita con le lezioncine di filosofia: godetevi, per quanto è possibile, questo mix d’influenze classiche (da Platone a Dante Alighieri) e cultura pop (riferimenti ad anime e manga); e, per una spiegazione esauriente sui contenuti, date un’occhiata in fondo alla pagina!

Grazie in anticipo, e dal profondo del cuore, per la vostra – sempre premurosa – attenzione. ^_^

 

 

 

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 “Io sono invece convinto che la stessa natura chiaramente rivela esser giusto che il migliore valga sul peggiore, il più capace sul meno capace.

(…) Qualora nascesse un uomo che avesse adeguata natura, scossi via da sé, spezzati tutti questi legami, calpestando le nostre leggi contro natura, emergendo, da nostro schiavo, lo vedremmo nostro padrone; e qui, allora, di luce limpidissima il diritto di natura splenderebbe.”

 

[Callicle, dal Gorgia, Platone]

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è Paradiso, non è Inferno, per Dio.

 

Gli occhi cangianti puntati dritti al cervello, acuti trapassano.

Con la trivella d’una promessa, o d’una minaccia.

D’un dono che chiede uno scotto.

 

Non è Paradiso, non è Inferno, per chi danza col mondo.

 

Un ghigno gli sfiora le labbra, morbido quanto la mano di donna che non tarderà a giungere.

Perché Dio non ha sosta, non ha pace, e non ha paura.

Perché Dio non gioca, ma se giocasse, come mai potrebbe esser vinto?

 

Lo scambio è… fuori questione, Ryuk.

 

Galleggiano tenui, calde, avvolgono l’aere come una sciarpa, le sue parole.

La prima sentenza d’un tribunale silenzioso.

Aprono gravi i sacri cancelli, e che il Giudizio abbia inizio.  

 

 

 

 

 

 

 

Eru desu.

 

Tremito, sin dalle ossa, fino alla carne esangue.

Dall’alto del suo pulpito, freme Giustizia.

È tacito il ruggito della fiera zannuta, che già brama il suo primo pasto.

 

 

 

 

 

 

 

Guardami negli occhi.

 

Fingere con la forza d’un orbo tra i ciechi.

E sognare il buio.

Forte è chi ha voce da farsi udire, ma manchi orecchi per ascoltare.

 

Stringi il ferro.

 

Incatenato ai sacri cancelli dalle leggi dell’uomo.

Spiega le ali Dio giudice.

Artiglia cuori per la grande bilancia, cerca equilibrio fra i piatti vermigli.

 

Sentimi.

 

Carne debole, carne impura, ai piedi dell’inviolato trono.

Unghie e capelli e zucchero e sudore.

Sperando nell’assoluzione, senza chiedere mai.

 

Al tuo livello, Kami.

 

Come un unico imputato, solo e folle, a sufficienza.

Il mento alto in atto di sfida.

Dove il perdono è sogno d’un altro uomo, d’un’altra vita.

 

 

 

 

 

 

 

Kira desu.

 

Brucia il sacro tridente dei giusti, cinto da mani che tutto possono.

Sovverte Iddio le leggi degli uomini, pago d’ebbrezza nel muto stupore.

Sorge da nube comune il Suo emissario, su ali d’ardente immoto splendore.

 

 

 

 

 

 

 

Toccami.

 

Con le tue dita perfette, rapaci.

Traccia solchi d’odio su pelle d’irriverenza immortale.

Cerca un contatto ambiguo, basti a cullare nel limbo del dubbio.

 

Sconcertami.

 

Lascia quegli occhi cerchiati penetrarti il senno.

Lascia che ti stuprino, avidi e malati.

Sii tu stesso morbo per chi ha i giorni contati.

 

Vincimi e vivi.

 

Aggrapparsi al giorno, e intanto sfuggire.

Sulla scia di labbra dolci, calde come il terrore.

Un altro bacio e un giorno in meno, Dio fallimentare.

 

Uccidimi.

 

Svieni su quella bocca o eludi il ferro della prigione.

Voluttà nella fretta di un inchiostro mortale.

Ha un solo respiro chi regna sul mondo uccidendo Amore.

 

 

 

 

 

 

 

Sayonara.

Tremiti, ancora, densi, reali.

Più di qualsiasi sogno, di qualsiasi ideale.

 

Cade in ginocchio l’indegno emissario, ali ch’ardono al vuoto e d’ei consumate.

 

Chiude il primo atto in gloria, vince l’araldo un gioco sbagliato.

Pecca, erra, chi è scelta avventata.

Torni il tridente al suo vero padrone, vengano giorni di nuova stagione.

 

Logora in fondo quel sogno di luce, fuori portata sfoca la sorte.

 

Solo nel cuore di un’illusione, quasi l’attende, l’ultimo atto.

Benvoluta accoglie liberazione, piaga finale o magro riscatto.

Cali impietoso vermiglio sipario, sia ghigliottina per ciò che fu fatto.

 

 

 

 

 

 

 

Kami desu.

 

Non è Paradiso, non è Inferno, per Dio.  

Perché Dio non ha sosta, non ha pace, e non ha paura.

Perché Dio non gioca, ma se giocasse, come mai potrebbe esser vinto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Io affermo dunque essere il giusto non altro che l’utile del più forte.

 

[Trasimaco, dal Repubblica, Platone]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Note dell’autrice. Commento.

 

 

Per un’opera tanto retorica, intrisa da più filoni allegorici e piani testuali differenti, condannata dalle brutte abitudini dell’autrice ad una sempiterna vena ermetica, è quasi d’obbligo una spiegazione.

Chi preferisca restare della propria interpretazione senza conoscere il presunto significato originario, è più che libero di non andare oltre. Guadagna anzi la mia gratitudine e totale ammirazione.

Per coloro i quali ritengano necessaria una guida che li aiuti a comprendere, ecco sussistere una breve analisi.

 

Parte prima, allineamento a sinistra: Ryuk parla a Light degli occhi dello Shinigami, ma il ragazzo rifiuta il patto. E’ la vera e propria nascita di Kira, in tutta la sua consapevolezza. Riferimenti esterni: il tribunale silenzioso rimanda alla saga Hades del manga/anime Saint Seiya (Cavalieri dello Zodiaco), per cui devo ringraziare quella volpe di Masami Kurumada.

 

Primo personaggio, allineamento al centro. Eru desu, letteralmente, sono L. Descrizione delle sensazioni provate da Light al momento in cui Hideki Ryuga rivela la sua vera identità.

 

Parte terza, allineamento a destra: L indaga su Kira/Light, qui nelle vesti di rapace che “artiglia cuori”. Viene descritto l’atteggiamento di L nei confronti del caso, ma soprattutto del rivale fisico: un latente desiderio di non vedere la verità (l’orbo che sogna il buio), supportato da orgoglio naturale, irriverenza innata, e un senso di giustizia che lo porta a non chinare mai il capo di fronte al male (imputato che non chiede assoluzione al tribunale di cui sopra). Anche qui vi è un riferimento alla saga Hades, in particolare al personaggio di Pharaon: parlo, e suonerà palese a chi conosca la serie, dell’immagine della bilancia egiziana. Come sopra, onori e tributi a San Krumada.  

 

Secondo personaggio, allineamento al centro. Kira desu, letteralmente, sono Kira. Descrizione di un ipotetico istante in cui Dio dona a Light, distintosi dalla massa degli uomini, il tridente della giustizia e del potere.

 

Parte quinta, allineamento a destra: finalmente una vaga, torbida e cupa vena di romanticismo. Light sente, per L, ma l’altro, in qualche complesso modo, quasi lo supplica di smetterla. Di ucciderlo, uccidere lui e quel sentimento che ostacola i sogni di entrambi. Infine, Kira fa ciò che deve per assicurarsi di portare a compimento il suo disegno divino: uccide L.

 

Parte sesta, allineamento a sinistra: la scomparsa del suo più degno avversario, nonché amante, lascia in Light un vuoto tale da fargli quasi desiderare la morte. Il momento in cui Dio rivendicherà il suo tridente e i suoi poteri, donandogli la finale liberazione.

 

Parte settima, allineamento al centro: Kami desu, letteralmente, sono Dio. Vengono ripresi i versi della parte iniziale, mentre, idealmente, Dio riprende lo scettro del comando. Spicca il contrasto tra umano e divino: un’entità superiore non gioca con la vita dei mortali.

 

Il messaggio complessivo, penso sia egregiamente espresso/riassunto nelle due citazioni filosofiche, all’inizio e alla fine dello scritto. Callicle e Trasimaco presentano visioni tanto opposte quanto affini della giustizia, intesa dal primo come arma dei deboli per impedire agli uomini degni di distinguersi, e dal secondo come giogo esercitato dai più forti. E’ una contrapposizione dai confini labili, che mi ha ricordato le diverse possibili interpretazioni dell’operato di Kira.

 

Dedico per l’appunto alla straordinaria figura di Kira questa storiella. Con un pensiero speciale, raddolcito, che vola - e non può farne a meno - dritto all’impareggiabile L.

 

 

  
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