Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: MartinaAnna    19/11/2013    0 recensioni
"Si deve contare su ciò che c’è, non su ciò che potrebbe esserci un giorno lontano. Nella vita che, imprevedibile, ci si offre avanti agli occhi ogni giorno, benedetta non dal Signore, ma da tutte le persone concrete che abitano ogni minimo istante. Alcuni pensano che nulla avvenga per caso, che ogni cosa abbia bisogno di essere programmata e stilata secondo dettato, ma ogni volta che viene stabilita una data, puntualmente, questa non ha logica".
Un po' polemico, è una specie di pagina di diario di una ragazza immaginaria (relativamente) che parla del suo paesello e del Belpaese (alias la nostra Italia) dal punto di vista dei giovani. Per me che vengo da un piccolo paese sperduto nel Lazio è molto importante e spero che chiunque di voi si senta un po' come la ragazza della storia, mi scriva una piccolissima recensione. Accetto qualsiasi tipo di consiglio!
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Siamo giovani. Anziani cresciuti poco, forse. In un mondo in cui latenti fobie ci attanagliano l’anima come fossero artigli di tigri feroci, continuiamo imperterriti a credere. Abbiamo tutti sedici o diciassette anni- qualche sparuto diciottenne fa capolino tra le schiere di minorenni organizzati in branchi di sette o otto persone. I ragazzi più grandi, non credono. Con il raggiungimento della maggiore età, la speranza lascia il posto ad una disillusione sorda, che ronza nelle orecchie e fa tremare le ginocchia. Così decidono di andare via dal paesello, da tutto ciò che non può garantire loro il vuoto che cercano. I nostri genitori, nemmeno loro credono. Noi, in ogni persona che passi loro davanti, buona o cattiva, giusta o sbagliata, rivediamo una scintilla di luce, una piccola forza chiamata speranza. Loro sono rimasti, ai 18 anni, e non se ne andranno. Ci parlano di trovare un posto, lontano, ma poi si siedono insieme, tra vicini di casa, sotto un porticciolo in piazza, che diventa comune, e lì restano. I sorrisi si sprecano, quando hai sedici anni, ma anche a quaranta se sai vivere la vita. E tra noi, sette o otto persone per gruppo, le allegrie sono la forma di maggiore libertà che il mondo ci offre e ci toglie di continuo, come in un’altalena che va su e giù. Quelle del parco sono ormai rotte- rotte da secoli, se ci pensiamo. Le schegge di legno ti sfregiano gambe e braccia, mentre le catene che noi usiamo per reggerci sono completamente arrugginite. Il tempo non rimette a posto niente, se non lo fai tu. Dicono che il comune non ha soldi. No, in realtà ci hanno detto che è il Paese a non aver più soldi. Se li sono mangiati quelli là, quelli che stanno al potere. I miei genitori mi hanno anche raccomandato di stare attenta a ciò in cui credo. Potrei finire per avere ideali sbagliati. Non so se esistano teorie errate, tuttavia. Esistono i modelli di destra, e quelli di sinistra. Ma non so se entrambi siano giusti. Noi, comunque, crediamo in altri. Né destra, né sinistra, né centro. Noi, a sedici o diciassette anni, crediamo e basta. A quest’età, mi sembra normale. Abbiamo bisogno di sperare in un futuro roseo, pieno di semplicità e compostezza, in cui non ci sia spazio per il dolore e la paura. Ma chi se n’è andato, dice che quando sei fuori da qua capisci la vita. C’è una storia che gira da tempo, della quale esistono molte versioni. Noi sappiamo che una sola è quella vera. Gioia era la figlia dei nostri vicini di casa e ha compiuto diciott’anni sei mesi fa. Da quel giorno, non l’abbiamo più vista né sentita. Pensavamo che si fosse fatta una vita, fuori dalle mura del paesello, che avesse messo le ali e imparato a volare. Qualche settimana fa i genitori sono stati avvertiti della sua improvvisa morte. Si è suicidata, la nostra Gioia, la stessa ragazza dolce e sorridente che a sedici anni sperava in un futuro. Ha lasciato una lettera per i suoi genitori e per noi che la conoscevamo, noi sei del gruppo, perché la settima era lei. Ha visto che il mondo fuori non crede e ha deciso di non credere più nemmeno lei. Per sempre. Ma quando sei abituata a sperare, è tosta finire lì tutti i sogni. Così ha finito la sua vita. Come una ragnatela costruita appositamente per catturare, il mondo là fuori ci sorride, invitandoci ad entrare nell’inferno. Ma il nostro credo, non è quello religioso. Nessuno, qui da noi, crede veramente in Dio, a parte qualche nonno, che ha fede in Gesù e nello Spirito Santo; non andiamo a messa, né sappiamo l’Ave Maria: secondo i nostri genitori è inutile, quel tipo di credo. Si deve contare su ciò che c’è, non su ciò che potrebbe esserci un giorno lontano. Nella vita che, imprevedibile, ci si offre avanti agli occhi ogni giorno, benedetta non dal Signore, ma da tutte le persone concrete che abitano ogni minimo istante. Alcuni pensano che nulla avvenga per caso, che ogni cosa abbia bisogno di essere programmata e stilata secondo dettato, ma ogni volta che viene stabilita una data, puntualmente, questa non ha logica. Ricordiamo i matrimoni, spostati o saltati, che programmati, sono diventati ben presto il simbolo di qualcosa che andava spezzandosi. In verità, prima del nostro arrivo, tutto scorreva tranquillo. Ogni cosa organizzata, veniva rispettata in data e orario; ogni matrimonio celebrato senza intoppi; la vita scorreva e loro se la lasciavano scivolare addosso senza accorgersene. Poi, non appena noi siamo giunti, questo ciclo ha cominciato a scricchiolare. A sedici, diciassette anni, non potevano più costringerci a fare niente. Se volevamo uscire lo facevamo. Se volevamo creare bande, le creavamo. Se volevamo informarci, c’informavamo. Continuiamo a farlo ogni giorno, con foga, come se dovessimo sapere il più possibile prima di diventare maggiorenni, come se a quel punto ci fosse un tasto di reset e la vita diventasse alla maniera dei nostri genitori, o quella di Gioia, che poi, in fondo, vita non è stata. In paese, c’è un giornale locale. E’ lì che ci rechiamo per capire cosa succede ogni giorno, come bisogna vivere per poter continuare a combattere. In realtà, questo ruolo dovrebbe essere dato anche dalla scuola. O soprattutto? I nostri insegnanti non sono poi così aperti, tranne qualcuno, che viene da fuori e che ci sprona ad informarci- gli altri se ne fregano altamente. Nel nostro piccolo paese, scordato perfino da Dio, le cose non vanno come dovrebbero. C’è un seggio vacante, ad esempio, su al patronato, da quasi due mesi. Nessuno si decide a prendere quel posto nel consiglio, né tantomeno si decidono ad indire le elezioni. I miei dicono che bisogna avere fiducia, che il Comune sa quello che è meglio per i cittadini. A noi sembra, invece, che tutti stiano andando un po’ alla cieca, sbattendo qua e là e facendo male al popolo. Ovviamente, fino a che sei minorenne e speri ancora in qualcosa di meglio, la tua parola vale meno di zero. Ci sentiamo ripetere così spesso: “zitto tu, sei troppo piccolo, che vuoi capirne di politica?”, che ce ne siamo convinti davvero di non sapere niente. Così, con quelli che si considerano adulti, ce ne stiamo in silenzio e ascoltiamo le loro storie e le loro lamentele- poi tra noi discutiamo. Spesso, le nostre idee sono contrastanti: viva la destra, viva la sinistra, ma sempre con quel margine d’ascolto proprio delle persone con un minimo di buon cuore. Ci rispettiamo, pur avendo posizioni diverse, e quando sentiamo che qualche genitore insulta lo schieramento opposto ci arrabbiamo, perché se noi a sedici o diciassette anni rispettiamo ogni ideologia, loro a quaranta o cinquanta non dovrebbero saperlo fare ancora meglio? Ma poi, non ce lo insegnano loro il rispetto per tutti, non dovrebbero essere loro l’esempio da seguire? In questo angolo scordato da Dio, noi cresciamo. Con la speranza che una volta usciti da qua, il mondo sappia accoglierci in modo migliore.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: MartinaAnna