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Autore: Shane_666    19/11/2013    0 recensioni
Una piccola premessa;
Questa è una storia verosimile.
Dalla storia:
Uno scatto di rabbia mi pervase, Shane si impossessò del mio corpo e la spinse senza pietà contro l'armadietto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno scatto di rabbia mi pervase, Shane si impossessò del mio corpo e la spinse senza pietà contro l'armadietto.

Com'era arrivata, se ne andò, e io tornai ad avere il pieno controllo del mio corpo.
Solo allora, dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre mi resi conto di quel che stava succedendo.

La mia compagna cadde rovinosamente contro l'armadietto e con un tonfo secco si accasciò a terra raggomitolandosi su se stessa.
Poi qualcos'altro attirò la mia attenzione.
L'armadietto iniziò a vacillare ed inclinandosi cadde trascinandosi dietro anche l'altra fila.
Delle urla di terrore rieccheggiarono nella stanza riempiendo le pareti e rimbalzandomi contro, spazzando via ogni pensiero, come un tornado.

Non provavo paura, anzi, un ghigno si fece largo sul mio volto.
Non ero io, Shane voleva godersi la scena, ma rimase ancora una volta troppo poco, sparì quando una ragazza gridò: "Tiratela fuori, aiuto!" la sua voce era strozzata, quindi probabilmente stava piangendo.

Uscendo dal mio momentaneo trance, notai la facce sconvolte della gente che tutt'intorno ferma immobile si tappava la bocca, i loro volti erano disperati.
Senza pensarci un secondo in più, mi gettai contro l'armadietto caduto, "Chi c'è sotto?" mi misi a gridare, mentre tentavo di fare leva per sollevare quell'ammasso di ferraglia.
Nessuno rispose, ero agitata, confusa, ma non avevo paura, forse era l'influenza di Shane che mi manteneva lucida e non mi faceva perdere il controllo.
"O mio Dio!" Gridò sempre la stessa ragazza che ora si era accasciata vicino al corpo inanime della persona rimasta travolta.
Con una lieve spinta riuscii a rimettere in piedi quell'ammasso di rottame, guardai in basso, riconobbi di sfuggita la ragazza che era accasciata vicino a Nickayla, si chiamava Ashey, erano da sempre migliori amiche, mi stupiva come però non muoveva un dito per rianimarla, ma infondo doveva essere scossa poverina.

"Chiamate un'ambulanza, muovetevi!" Stavo perdendo la pazienza, 'come diavolo può essere così troglodita la gente da non muovere un dito in certe situazioni?' mi ritrovai a pensare tra me e me.

Riacquinstando un po' di calma mi chinai, e con una dolcezza sovrumana tirai in piedi Ash che si teneva il viso nell'inutile tentativo di placare almeno un po' i singhiozzi che la stavano scuotendo, e, liberandola dalla mia stretta la trascinai vicino ad un gruppetto di ragazze che, con un mio lieve cenno del capo si erano avvicinate a braccia tese, mentre altre, come avevo chiesto si erano affrettate ad uscire per andare a cercare una zona dove prendesse il telefono per chiamare i soccorsi.

Piegandomi presi in braccio la ragazza bionda che non dava cenni di riprendersi, e la trasportai fuori per poterle dedicare la giusta attenzione che il momento richiedeva.
'Non so nemmeno dov'è stata colpita, come diavolo faccio a prestarle soccorso se nessuno parla?' Non riuscii nemmeno a finire il pensiero che sentii l'ambulanza che si avvicinava sempre di più.
Con una sgommata parcheggiarono e gli infermieri si affrettarono a scaricare la barella e piazzarla per terra per caricare Nickayla.

"Che cos'è successo?" Mi chiese un uomo robusto, probabilmente sulla trentina che si stava assicurando che ancora respirasse.
"Io... Non lo so, le è caduto un armadietto addosso..."
"Caricatela muovetevi, fa fatica a respirare, il suo battito cardiaco è irregolare, dobbiamo fare veloce la stiamo perdendo!" comandò l'uomo che pochi secondi fa si era rivolto a me.
Quando l'ambulanza ripartì a sirene spiegate, io ero nuovamente caduta in trance 'fa fatica a respirare, il suo battito cardiaco è irregolare, dobbiamo fare veloce la stiamo perdendo' queste erano le uniche parole che mi rimbombavano in testa.

Non avevo valutato la possibilità che potessi uccidere qualcuno facendole cadere un armadietto addosso.
'Uccidere, uccidere, uccidere... UCCIDERE'.
'Madre de Dios, potrebbe morire'.
Sentivo battere questi pensieri nella mia testa, come se volessero sfondarmi la testa ed uscire fuori.

'SHANE!!!' non potevo farcela da sola, avevo bisogno di lei, mi serviva il suo aiuto, la sua forza, la sua freddezza.
Fui invasa da un senso di nausea, e subito dopo vertigini, come se stessi precipitando.
'Non pensavo di fare tanto casino, scusa, ti porto via di qui ora', pensai, ma sapevo che non poteva sentirmi.

Mi alzai e corsi verso lo spogliatoio, le mie compagne erano nel corridoio ad informare l'istruttore di nuoto dell'accaduto, alcune vedendomi passare cercarono di fermarmi venendomi incontro, ma con uno spintone le respinsi, ormai non me ne fregava più nulla di nessuno, non mi interessava di fare intenzionalmente male a qualcuno, 'dovevo portarla via, non è emotivamente in grado di reggere questa situazione, devo portarla lontano, in un posto sicuro.'

Corsi fino agli armadietti e schivai con un salto le antine che erano rimaste a terra, alcune avevano avuto la forza di piegarsi con l'impatto, raccolsi il mio borsone, me lo misi a tracolla, aprii la finestra e con un balzo saltai giù, non avevo voglia di rivedere quel gregge d'idiote.
Atterrai a piedi pari e mi diressi verso la bici, montai sul sellino e pedalai come una forsennata in direzione del parco.

Lasciai cadere la bici e mi andai a nascondere dietro l'unico gioco abbastanza grande da nascondere una persona e situato abbastanza in fondo da non far notare una persona da nessuna angolazione.
Non mi sembrava il caso, ma ora che era finalmente in salvo dovevo lasciarle lo spazio per sfogarsi, ne ero sicura, avrebbe pianto, anche se da quella volta cercava di tenere le emozioni per se.

Mi ripresi e mi guardai intorno, non sapevo dove mi avesse portata, ma sapevo che sarei stata al sicuro almeno per un po'.
Eravamo al parchetto del mio quartiere, era poco frequentato, un posto adatto dove rifugiarsi quando si voleva scappare, quelli erano gli unici momenti in cui ringraziavo il Signore di abitare in una zona così malfamata.
Strinsi con forza le braccia alle ginocchia, e vi affondai la testa.
Non mi piaceva piangere, di fatti non lo facevo quasi mai, ma ora potevo lasciarmi andare e buttar fuori tutto il dolore accumulato.
Venni scossa da una serie infinita di singhiozzi, il respiro sempre più corto e l'aria che mi mancava.
Sollevai il capo e mi raddrizzai meglio sulla costruzione, e sempre ad occhi chiusi, non mi ricordavo nemmeno di averli chiusi, presi dei grossi e profondi respiri nel vano tentativo di ricacciare dentro le lacrime.
Rizzai le orecchie al suono di piccoli passi che si avvicinavano sempre di più, chiusi gli occhi, un ultimo respiro profondo, la palla passa a lei ora.

Un qualcosa di liscio e ovale mi toccò il gomito, un pallone probabilmente, riaprii gli occhi e mi voltai.
Un bambino, avrà avuto poco più di 10 anni si stava chinando con un sorrisino timido a raccogliere la palla che gli era sfuggita.
"Scusa, mi dispiace mi è scapp.. Ehi, ma perché piangi?"
I miei occhi corsero ad incontrare i suoi e lo fulminai con lo sguardo all'istante.
"Que pasa? Si no dejas de mirarme, te juro que voy a arrancarte los ojos!" Gli ruggii contro.
Sobbalzò all'indietro per il mio modo così sgarbato, non penso avesse capito, ma non era difficile immaginare che con quel tono non lo stavo invitando di certo a fare conoscenza.
Con uno scatto del piede face scivolare il pallone verso di lui e lo calciò via correndogli dietro nella stessa direzione da cui era arrivato.
'Dios mio! Que los nervios!' Volevo solo essere lasciata in pace, lei aveva bisogno di essere lasciata in pace!
Mi alzai e mi diressi verso la bici, sentivo degli occhi puntati contro la schiena così mi girai e lanciai lo sguardo più intimidatorio che avevo nel mio repertorio a quel moccioso che imperterrito mi osservava.

Raccolsi la bici e prima di montare in sella estrassi il cellulare con l'intento di spegnerlo, lo avevo sentito squillare parecchie volte ma non volevo rispondere.
Osservai il display, 12 chiamate perse e 9 messaggi, tutti da parte di Ashley, 'ma che vuole?'
Feci per riporlo quando iniziò a vibrare, era l'ennesima chiamata di Ash.
'Perfecto! Faltaba justo ella..'
"Ash, ascolta lo so che sei scossa ma io voglio..."
"Sha, corri all'ospedale, è urgente! Ti prego, ho bisogno di te..." Non aveva smetto un solo secondo di piangere, la sua voce era ancora rotta e a volte non riusciva a trattenere un singhiozzo.
"Arrivo" dissi prima di riagganciare la chiamata. 'E comunque io non sono "Sha" sono Shane!'

Superai le porte automatiche e mi diressi verso le scale, non c'era tempo per aspettare l'ascensore.
Arrivata al piano precedentemente indicatomi dalle signora della reception, vidi Ash seduta su una sedia, con le mani a coprirsi il viso continuava a dondolarsi ansiosamente avanti e indietro.
"Ashley!"
"Sharon!" Si alzo e si tuffò su di me aggrappandosi con le braccia al mio collo, fortunatamente grazie alle lezioni di Boxe non mi sbilanciai, le cinsi con le mani la sua sottile vita e la tenni schiacciata contro il mio corpo.
"Ash, in che condizioni è?"
"Sha... Io... Non... Lo... Non... Mi... Fanno... Entrare" ogni parola era preceduta da un singhiozzo.
In quel momento vidi spuntare un dottore, allentai un po' la presa sulla ragazza e la spostai delicatamente sulla desta, in modo da poter parlare ma anche continuarla a tenerla.
"Mi scusi?"
L'uomo si fermò e da sopra gli occhialini mi rivolse uno sguardo scocciato.
"Salve, mi scusi, volevo chiederle in che condizioni e la ragazza che è arrivata qui poco fa, si chiama Nickayla."
"Oh si, la stanno operando"
"Co... Come operando?" Sussurrò la ragazza accoccolata a me.
"Shh.. Ahs, lascia parlare me." Le accarezza la schiena dolcemente e rivolsi uno sguardo che invitava a proseguire il discorso al dottore.
"Non posso dirle nulla, queste sono informazioni riservate, a meno che voi non siate parenti della paziente vi prego di aspettare".
A quel punto persi le staffe, mi scollai di dosso Ashley che cadde pesantemente sulla sedia ed afferrai per il colletto il dottore.
"Sentimi bene nonnetto, ora tu ci porti dalla nostra amica e mi dici che cavolo le state facendo e NESSUNO si farà male."
"Mi lasci subito o..." Lo strattonai per fargli capire che non ammettevo un 'la prego di attendere' come risposta.
"Ebbene dunque, seguitemi prego, vi faccio strada."
"Ottima scelta, vado che ha capito." Cinsi con un braccio la vita della ragazza seduta che nascose il viso nell'incavo della mia spalla e la spinsi delicatamente per farle capire che dovevamo spostarci.
"La vostra amica è in sala operatotia in quanto l'impatto è stato molto forte a alcune costole si sono rotte, le sue membrane interne si sono dunque compresse, e... Non so come dirvelo, ci sono davvero poche probabilità che riesca a sopravvivere."
Mi fermai di colpo, sentì Ash cedere e mi affrettai a sorreggerla stringendola con tutta la forza che possedevo, cominciò a singhiozzare a più non posso, non potevo fare molto, non era da me consolare la gente, ma non potevo riportare indietro Sharon, non sarebbe stata in grado, una volta sentita la notizia non avrebbe retto senz'altro.

Sentì come cedere, sentì il vuoto avvolgermi, non era possibile, lei non era in grado...

Avevo sentito, eccome se avevo sentito, non so bene come avevo fatto ma avevo preso il controllo del mio corpo ricacciando dentro Shane prepotentemente, un corpo tremante era ancorato a me, istintivamente la strinsi e poi mi concessi di vedere chi era a stringermi così forte.
Ash ovviamente, non avevo capito o sentito tutto, solo quello che bastava per farmi scattare dalla rabbia e uscire da dentro di me.

Una barella uscì dalla sale e io e il dottore in sincrono ci voltammo, era... Era lei, era Nickayla!
Due infermiere la portarono in una stanza e chiusero la porta dietro di loro.
Feci sedere Ash ed una panchina e mi avvicinai al vetro dove era stata portata la bionda.
"Vado a vedere" disse il dottore, e io senza voltarmi, con gli occhi incollati al vetro che mi separava dalla ragazza annui impercettibilmente.

Improvvisamente una specie di sirena iniziò a suonare e una luce rossa illuminò la stanza.
Sussultai per la sorpesa, non capivo che cosa stava succedendo.
Le infermiere corsero fuori e tornarono dentro con uno strano aggeggio, un' ondata di consapevolezza mi travolse e capii cosa stava succedendo.
"Uno.... Due... Tre, libero"
Gridavano così forte che riusci a sentirli anche attraverso quello spesso vetro.
'Forse non tutto è perduto, ce la può fare è una ragazza forte'. Continuavo a ripetermi.
Il corpo immobile nel lettino sobbalzò ma non si mosse.
"Aumenta, aumenta"
"Uno.... Due... Tre, libero"
'forza, forza, andiamo!'
Ancora e ancora venne ripetuta quell'operazione, finché un dottore che era entrato poggiò la mano sulla donna che tentava di rianimare la ragazza nel lettino.
Si coprì il viso con le mani e togliendosi cuffie e mascherina uscì dalla porta imprecando.
Continuai a fissare la stanza che ormai si stava svuotando.
Una mano si poggiò sulla mie spalle, ed al contatto sobbalzai leggermente.
"La sua amica non ce l'ha fatta, mi dispiace".
"NON ERA MIA AMICA" urlai mi scostai bruscamente dalla sua presa e corsi a perdifiato per i corridoi.
Non mi veniva da piangere, e Shane probabilmente non aveva voglia di venire fuori, toccava a me.
Ma io ero come entrata in uno stato di apatia, ero solo consapevole di averla uccisa, ti aver privato della vita un essere umano. 

Corsi ed entrai in camera mia sbattendo la porta, ero da sola naturalmente, i miei genitori non c'erano quasi mai, ero cresciuta praticamente da sola.
Mi tuffai sul letto e gridai sinché non iniziai a sentire la gola pizzicarmi e bruciare.
Mi alzai, asciugai con la manica della felpa il viso anche se non c'erano lacrime.
Mi diressi verso la finestra, la aprì e mi sedetti sul davanzale poggiando i piedi contro le tegole rossicce del tetto.
Iniziai a mordicchiarmi l'unghia del pollice, non sapevo che fare, non sapevo che pensare.
Mi sentivo presa in un vortice di emozioni inesistenti.

Il funerale fu celebrato una settimana dopo.
Fu strano, mi venne chiesto di portare la chitarra e cantare per lei, le piaceva la mia voce, le piaceva sentirmi cantare di nascosto quando facevo la doccia.
Non lo sapevo, pensavo di essere sola in quei momenti, ma Ashley non poteva mentirmi, magari non facevo abbastanza attenzione, mi disse anche che le piacevo, ero diversa, mi comportavo in modo strano, ero libera mi disse, e questo le piaceva, la sorprendeva come mi vestivo stravagante, per me non esistevano vestiti speciali per le occasioni speciali, jeans e una felpa e via.

Sorrisi a quella parole e gettai un rapido sguardo al mio abbigliamento.
Jeans neri, una maglia con stampata una cravatta e un colletto di una camicia e una giacca ovviamente nera che avevo trovato in cantina tra le cose di mio nonno.
Non so se avesse potuto vedermi se le sarei piaciuta vestita così, 'si, penso di si, a lei piacevo, in generale'.
Sorrisi di nuovo a quella confessione che mi aveva fatto la sua amica.

Tirai fuori dalla custodia la chitarra e prima di iniziare a suonare mi concessi di dire due parole.
"Questo è per te Nickayla, anche tu mi piacevi, in generale."
Non era un granché ma sapevo che lei avrebbe capito, Ashley di fatti fece un breve sorrisetto, ma sparì subito dal suo sguardo quando iniziai a pizzicare le corde della mia chitarra.
Non mi piacevano i discorsi lunghi e meditati, quello era un pensiero puro e sincero venuto dritto dal cuore, lei avrebbe riso, con quella sua voce melodiosa.

Se dovessi morire giovane, seppellitemi nel raso.
Posatemi su un letto di rose.
Lasciatemi andare nel fiume, all’alba.
Mandatemi via sulle parole di una canzone d’amore.

Chiusi gli occhi, svuotai la mente e cercai di ricordarci tutti i momenti passati insieme.

Signore, fa’ di me un arcobaleno
Cosi’ che possa far luce su mia madre
Sapra’ che sono al sicuro insieme a te
quando sara’ sotto ai miei colori
E la vita non e’ sempre come
credi dovrebbe essere, no
Non e’ nemmeno cosi’ triste ma lei seppellisce sua figlia
La lama affilata di una vita breve
Beh, ho vissuto abbastanza

A quelle parole sentii alcuni singhiozzi, apri gli occhi e vidi Ash le tentava in tutti i modi di fermare i singhiozzi tappandosi la bocca con le mani, mi avvicinai a lei continuando a cantare pronta a fermarmi ma allungo la mano per farmi arrestare l'avanzata e mi fece segno di non fermarmi.
Indietreggiai, chiusi gli occhi e ritornai ai miei pensieri.

Se dovessi morire giovane, seppellitemi nel raso
Posatemi su un letto di rose
Lasciatemi andare nel fiume, all’alba
Mandatemi via sulle parole di una canzone d’amore
La lama affilata di una vita breve
Beh, ho vissuto abbastanza

Era una brava nuotatrice, era la penultima a partire nella staffetta per poi lasciare a me l'ultimo giro.
Ci allenavamo spesso assieme prima di una competizione.

E saro’ vestita di bianco
quando entrero’ nel tuo regno
Giovane come l’anello che porto sul mio piccolo dito freddo

Aprì gli occhi e guardai il cielo, chissà dov'era, di sicuro in un posto migliore di questo.

C’e’ un ragazzo qui in citta’
Dice che mi amera’ per sempre
Chi avrebbe pensato che il “per sempre” poteva essere infranto
Dalla lama affilata di una vita breve
Beh, ho vissuto abbastanza

Avevo tentato di trattenermi, ma una lacrima ribella sfuggì disubbidiente al mio controllo.
Non ce la facevo più, mi sentivo le gambe cedere e il cuore battere a più non posso.
Strizzai forte gli occhi e tra una parola e l'altra cercavo di prendere del profondi respiri per calmarmi.

Allora mettete il vostro vestito migliore
Ed io indossero’ le mie perle
Quello che e’ fatto e’ fatto
Un centesimo per ogni mia idea
Oh, no le vendero’ per un dollaro
Varranno molto di piu’
dopo che me ne saro’ andata
E forse a quel punto ascolterai
le parole che cantavo
E’ buffo come tutti ti ascoltino dopo che sei morto.

No, non potevo scappare, avevo quasi finito, dovevo rimanere per lei, con lei, per tutti loro che come me, che più di me soffrivano per la sua scomparsa.
 
Andate in pace e amore
Raccogliete le lacrime, tenetele in tasca
Conservatele per quando ne avrete veramente bisogno
La lama affilata di una vita breve
Beh, ho vissuto abbastanza
Quindi mettete il vostro vestito migliore
Ed io indossero’ le mie perle

Lasciando scorrere le mie dita per suonare gli ultimi accordi, socchiusi gli occhi e guardai la nuvole bianche candide che regnavano sul cielo quel giorno.
Aprì di scatto gli occhi vedendo una strana figura lassù.
Era lei, mi stava sorridendo, una lacrima le rigò il suo viso e cadde prepotente lungo la guancia, ciò nonostante il suo sorriso non si spense.
Una goccia mi cadde sulla punta del naso e dovetti chiudere gli occhi.
Li riaprì e lei non c'era più 'maledizione!'.
Il cielo stata diventando grigio e delle timide goccioline iniziarono a cadere.

Guardai i presenti, non avevano badato molto a me, mi stavano solo ascoltando attenti, i loro sguardi erano rivolti per tutto il tempo alla bara che veniva calata piano piano nel terreno.
Me l'ero persa, ormai stavano compattando la terra.

Rimasi sola, mi avevano fatto cenno di raggiungerli ma no, volevo che anche Shane la salutasse, e sapevo che non si sarebbe fatta viva con tutte quelle persone.

Mi avvicinai cautamente dopo aver rivolto un breve sguardo tutt'intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno a vedermi.
Mi accasciai a terra, gambe incrociate, una mano che sfiorava con i polpastrelli la foto della lapide.
Era così bella, era così giovane e io l'avevo uccisa.
Sharon però se ne prendeva tutta la colpa, avevo preso il controllo per difenderla della minacce della sua compagna e invece...
Invece la faccenda si era conclusa tragicamente.
Mi avvicinai e posai un lieve bacio all'altezza della fronte della foto, mentre poi con il pollice passai il contorno delle labbra.
Una lacrime cadde sul marmo, atterrò sul trattino.
Quel maledetto trattino, la sua storia veniva segnata con quello stupido trattino che faceva da punto, da parora fine.

Mi alzai, le diedi un ultimo sguardo e me ne andai, lo sapevo che se mi fossi voltata non me ne sarei più andata.
Sapevo anche che non sarei più tornata.
Ne da lei ne da nessun'altro.
  
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