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Autore: SereNian08    20/11/2013    14 recensioni
Può l'amore non essere abbastanza? Ian e Nina non sono più insieme. Dopo una storia di tre anni...Si sono separati. Hanno scelto di intraprendere strade diverse... Strade che li portano lontani. Da loro stessi, da casa, da tutto quello che avevano insieme. I giornali parlano di una proposta di matrimonio rifiutata, di un impegno che non si è voluto prendere, di nuove relazioni...Ma nessuno conosce realmente al verità. Impegnati sui set dei loro rispettivi film, in giro per il mondo, o semplicemente in vacanza con gli amici...Mettendo continenti e mari fra di loro, evitando di vedersi per quasi due mesi, sembrano felici e tranquilli.Ma è fin troppo semplice in questo modo. L'inizio delle riprese della quinta stagione di The Vampire Diaries è vicino. E i due saranno costretti a rivedersi... Come reagiranno quando si troveranno di nuovo faccia a faccia? Cosa succederà quando gli occhi "da cerbiatta" di Nina incontreranno quelli di ghiaccio di Ian? Può un amore come il loro, essere finito in così poco tempo? O basterà una piccola scintilla, per riportarli l'una tra le braccia dell'altro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV. Ian

<< Ian! Smettila di startene tra le nuvole e muovi quel tuo culo stretto. >> 

Mi volto appena in tempo per vedere la chioma di Paul.

<< Ehi fratello, invece di urlare perché non ti dai una mossa con quei capelli? Stai sempre a farteli sistemare! >>  

Lo vedo affacciarsi, con il viso a mezz’aria e la mano di Melissa ancora intenta a sistemargli il ciuffo.

<< Invidioso Smolder? >>  

Alzo le braccia e gli punto il dito contro.

<< Forse sei tu quello invidioso. Non fai altro che parlare del mio 'culetto'. >> 

Trattengo una risata mentre mi avvicino a lui e gli do una grossa pacca sulla spalla. Gli passo il braccio intorno al collo e lo stringo a me, facendo sorridere Melissa. Cerca di divincolarsi a fatica. Premendo sul mio petto. 

<< Siamo di buon umore stamattina. >> 

Dice, quando riesce finalmente a liberarsi dalla mia presa. Mi da una leggera spinta, e sorride soddisfatto. Con una consapevolezza che non passa inosservata. Basta qualche secondo per farmi capire il perché di quel sorrisetto. Lui sa. Sa che le cose tra me e Nina stanno tornando alla normalità. Alzo gli occhi al cielo, e scuoto la testa. 

<< Era ora fratello. >>  

Quasi urla, mentre Melissa va via scuotendo la testa divertita. Annuisco alzando le spalle. 

<< Quindi alla fine, ti sei arreso? O si è arresa lei, e fra poco la vedremo con l’abito bianco? >>  

<< Nessuna delle due cose. Siamo arrivati… ad un compromesso. >>

 

POV Nina.

Sono nascosta dietro il pannello in legno e con mia grande vergogna sto origliando la conversazione di Ian e Paul. Le parole ‘abito bianco’ hanno destato la mia curiosità e mi sono soffermata ad ascoltare.  

<< Compromesso, del tipo? >>

Chiede Paul.

<< Del tipo che… Pensiamo al presente. Senza complicazioni. >>

C’è qualche minuto di silenzio.

<< Ehi Ninja, ora puoi uscire fuori! >>

Quasi scoppio a ridere sentendo la voce di Paul che mi richiama. Salto da dietro il pannello e mi avvento sulle spalle di Ian, dandogli un leggero morso sopra il collo.

<< Ehi! Cosa ci facevi lì dietro? >>

Mi chiede tra il sorpreso e il divertito.

<< Miss Origliona. Ecco cosa faceva. >>

Precisa Paul. Mi butto contro di lui e gli tiro una ciocca di capelli.

<< L’ultima volta non è andata in questo modo… >>

Dico a mezza voce, destando l’attenzione di entrambi.

<< L’ultima volta? >>

Mi chiedono in coro, mentre mi stringo nelle spalle, passandomi un dito sopra le labbra, come a volermi zittire da sola.

<< Ops… >>  

 

E mi torna in mente la prima volta in cui mi sono ritrovata in una situazione come questa. L’argomento era sempre lo stesso. Ma… La situazione era completamente diversa.

 

Dicembre 2009.

<< E’ la prima volta che vieni a Londra? >>

Annuisco con il viso premuto contro il finestrino, guardando la città scorrere dietro il vetro bagnato di pioggia.  Il mio sguardo cade su Ian, seduto al mio fianco, con il viso reclinato sul sedile, gli occhi chiusi, e la sua mano poggiata sulla mia gamba. Resto qualche secondo a fissarlo.

<< Ha la capacità di addormentarsi ovunque. Hai notato? >>

La voce sussurrata di Paul mi fa alzare gli occhi verso di lui. Ha uno sguardo indecifrabile e un sorriso che lascia intendere molto. Arrossisco e cerco di ricompormi. Mi sistemo meglio sulla morbida pelle della limousine, che ci sta finalmente conducendo in hotel, dopo una delle giornate più caotiche e fantastiche che io abbia mai vissuto. Il calore dei fan, tutta l’eccitazione e le urla.

<< Si, lo invidio per questo. >>    

Mantengo un sorriso ‘normale’, appena accennato, reprimendo il mio istinto di buttarmi in una lunga conversazione proprio sull’uomo che mi è seduto di fianco. 

<< Stai attenta, Nina. >>

Non c’è bisogno che io chieda a cosa si riferisce. Lo so perfettamente. Non sono nemmeno sei mesi che conosco Paul, ma mi tratta già come se fossi una delle sue sorelline di cui ama tanto parlare. E so che si riferisce al mio cuore. Al mio cuore, per lui, giovane e ingenuo. Gli faccio un cenno di ammonimento, a volerlo zittire, per paura che Ian possa svegliarsi e sentire. Paul mi fa l’occhiolino e ritorna a guardare fuori dal finestrino, lasciandomi da sola con i miei pensieri.  

Poche ore dopo, mi affaccio sul corridoio centrale guardandomi in giro. Mi sento come una di quelle spie nei film d’azione, pronte a rubare un tesoro importante. Avanzo di qualche passo fino a trovarmi di fronte alla porta che mi interessa. Sto per bussare, ma la trovo leggermente socchiusa, e sento delle voci provenire dall’interno. Mi appoggio al legno liscio, prestando attenzione alla conversazione.

<< Vi ho sentiti, prima, in macchina. Non stavo dormendo. >>

La voce di Ian mi arriva chiaramente. Seguita da quella di Paul.

<< Ti riferisci allo ‘stai attenta’? >>

<< Si… >>

<< Ti ha offeso come commento? >>

<< Mi stai facendo la predica, fratello? >>

Il tono di voce è ironico, seguito da una leggera risata.

<< No. Per niente. L’ho solo messa in guardia. Il mio istinto di fratello maggiore ha avuto la meglio. Non vorrei vederla soffrire.  >>

Altri secondi di silenzio.

<< Pensi che io lo voglia?! >>

<< Questa è la prima e l’ultima volta che tirerò fuori l’argomento. Provi qualcosa per lei? >> 

Lo stomaco mi si chiude all’improvviso.

<< Per l’amor del cielo Paul! Sono fidanzato. E’ minorenne! Ha appena vent’anni. E’ una ragazzina…  >>   

Mi scosto leggermente dalla porta. Le parole mi arrivano alle orecchie, una dopo l’altra, togliendomi quasi il respiro. E in un attimo, tutti i sorrisi, gli abbracci e gli sguardi scambiati con lui, perdono il significato che gli avevo attribuito, che avevo quasi sperato di attribuirgli. Non voglio sentire una parola di più. Mi volto e silenziosamente, ritorno nella mia camera.  

 

<< Nina, sei sicura di stare bene? >>

Distesa sul letto, do le spalle a Erika che continua a chiedermi ininterrottamente, sempre la stessa cosa.

<< Sto benissimo Erika, davvero. Sono solo stanca e ho sonno. >>

<< Sicura che non vuoi venire con noi a fare un giro? >>  

<< Sicurissima. Vai, non preoccuparti. >>

<< D’accordo, a più tardi allora. >>

Mi saluta un’ultima volta, e finalmente sento la porta chiudersi dietro di lei.

Resto qualche secondo a fissare il soffitto, mi rigiro nell’enorme letto, indecisa se guardare un film o chiamare mia madre, cercando una qualsiasi distrazione che mi possa portare lontano da Ian. Dalle sue parole. Dal mio sentirmi così tremendamente stupida. Cosa mi aspettavo? Che lui cadesse ai miei piedi? Che si innamorasse di me? Stupida. Stupida. Stupida. Anche se, una piccola parte della mia mente, continua a dirmi che non mi sono immaginata tutto. Non mi sono immaginata gli sguardi e il modo in cui la mia pelle brucia quando sfiora la sua. Non mi sono immaginata il suo trasalire quando l’ho baciato su quel letto, mentre interpretavo Katherine. Non posso credere di aver immaginato la fulminea connessione che ho sentito con lui, fin dal primo momento. Ma evidentemente per lui, tutto questo, non ha molta importanza. Stringo forte gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Alla fine opto per il film. Faccio zapping nella videoteca online collegata alla tv, fino a quando i miei occhi non incrociano un titolo familiare. ‘The Notebook’. Il film più lacrimoso e romantico di tutti i tempi, oltre ad essere uno dei miei preferiti. Ma si, perché no. Tanto questa sera è già un disastro totale. Spengo le luci e mi sistemo stendendomi sulla pancia, con il cuscino sotto il mento, mentre guardo la storia di Noah e Allie prendere forma. Proprio durante la scena in cui lei decide che deve lasciarlo, un leggero bussare alla porta mi distrae. Scendo svogliatamente dal letto, sbuffando, spalanco la porta convinta di ritrovarmi la faccia rossa di Erika, o le guancie paffute di Julie. Ma mi sbagliavo. La prima cosa che noto sono i suoi occhi. Gli occhi che fin dal primo momento mi hanno fatto dubitare del colore del cielo e del mare, del ghiaccio e del vetro. Occhi talmente trasparenti e scintillanti, da mandare in confusione anche la donna più contenuta. Ian. Allarga le labbra, mostrandomi il candore del suo sorriso luminoso, incorniciato da quelle rughe agli angoli delle labbra, e sugli zigomi.  

<< Disturbo? >>

Resto interdetta davanti alla porta, quasi con l’espressione imbronciata, prima di rendermi conto che lui non sa. Non sa che ho ascoltato la sua conversazione con Paul. Non sa che sono arrabbiata. Non sa che mi ha spezzato il cuore, prima ancora di poter capire realmente cosa provassi per lui. Mi ricompongo, ricordandomi che devo comportarmi normalmente, come se niente fosse.

<< No, figurati. Come mai non sei in giro con gli altri? >>

Gli chiedo innocentemente, mentre avanza nella camera. Chiudo la porta e con un leggero imbarazzo vado vicino al televisore per spegnerlo.

<< Erika mi ha detto che eri giù di corda. Ti ho portato qualcosa che potrebbe aiutarti. >>

Noto solo ora il sacchetto di carta bianco che ha poggiato sul tavolino accanto alla finestra.

<< Cosa stavi guardando? >>

 Mi chiede, fissandomi dritto negli occhi.

<< Ah, niente di interessante. Un film… di qualche tempo fa. >>  

Inclina la testa di lato, avvicinandosi con passo lento e calcolato, come a volermi dare il tempo di scappare. Ma io non mi muovo di un centimetro . Arrossisco visibilmente, sentendomi talmente piccola davanti a lui.

<< Vuoi parlarne? Io.. >>

Il suono del suo cellulare interrompe la frase.  Sospira alzando gli occhi al cielo, infilando la mano nella tasca posteriore dei jeans scuri.

<< Scusami un attimo. >>

Mi dice, allontanandosi verso la finestra.

<< Ciao Meg, come stai? … Si, il viaggio è andato bene. >>  

Mi volto dall’altro lato, concedendogli un minimo di privacy. Qualche minuto dopo attacca e infila di nuovo il cellulare nella tasca. Si volta verso di me, con il suo solito sorrisino storto.

<< Stavo dicendo… >>

Alzo una mano per bloccarlo.

<< Ian è tutto ok, non so cosa ti abbia detto Erika, ma sono solo stanca. E avevo voglia di starmene sul letto senza far nulla. Tutto qua. >>  

<< Sicura? >>

Di nuovo quello sguardo indagatore, di nuovo quelle sopracciglia inarcate, di nuovo quella mascella tesa.

<< Si, davvero! >>

Mi lascio scappare una finta risata per sembrare più convincente.

<< Perfetto. Allora non ti dispiace se ti faccio compagnia e resto qui con te, vero? >>

Cosa? Non va via? Resta?  Impiego qualche secondo buono prima di rendermi conto che il mio comportamento è fin troppo teso e preoccupato. E nonostante tutto, non posso fare a meno di volerlo vicino.

<< Ma certo. Come vuoi. >>

Non se lo fa ripetere due volte. Prende il sacchetto da sopra il tavolo e si avvicina al letto, sfilandosi le scarpe. Ci si butta sopra, posizionando il sacchetto accanto a lui, proprio al centro del letto. Mi fa segno di raggiungerlo. 

<< Ancora devo capire cosa mi ha portato. >>

Mi arrampico sull’enorme materasso e mi siedo a gambe incrociate proprio di fronte a lui, comodamente appoggiato con la schiena alla testiera. Prendo al volo il sacchetto, sfilandolo dalle sue mani, aprendolo curiosa.

<< Le praline al cioccolato! >> 

Il mio entusiasmo è talmente palpabile che scoppiamo entrambi a ridere.

<< Quelle al latte, al cioccolato bianco e alla nocciola sono tue. Quelle fondenti sono mie. >>  

Precisa. E io per dispetto, infilo la mano nel sacchetto estraendo una delle palline più scure, portandomela alle labbra e addentandola sorridendo.

<< Ahh lo sapevo che lo facevi! Molla il sacchetto! >>

Gli porgo il sacchetto per appianare una guerra che sarebbe scoppiata di lì a poco. Estrae anche lui una pallina scura e la mangia soddisfatto. E mi rendo conto che la situazione in cui mi trovo è tanto strana quanto familiare. Di solito gli amici si presentano alla porta con dolci e gelato per scacciare via i problemi di cuore. Ed è quello che Ian sta facendo in questo momento. Ignorando totalmente che tutti i miei ‘problemi’, hanno il suo nome inciso sopra. Il tempo passa velocemente tra una pralina e l’altra, tra un discorso e una battuta. 

<< Tu sei già stato qui vero? Quando facevi il modello per Versace. >>

Ian annuisce, passandosi una mano tra i capelli lunghi e scompigliati.

<< In realtà era Gucci. Ma si. Anche se mi sembra passata una vita. >>

Sorrido arricciando il lenzuolo sotto le mie dita.

<< Come mai hai deciso di abbandonare quella carriera? Non ti piaceva? >>

Alza gli occhi verso il soffitto.

<< In realtà era un buon lavoro. Ma, ero stanco. Mi sentivo in trappola. Chiuso in una vetrina apparentemente luccicante e bella, lodato solo per il modo in cui camminavo, per il mio portamento, o semplicemente per il mio aspetto. Era stancante. Ho abbandonato la scuola e mi sono divertito da morire, devo ammetterlo. Ma ad un certo punto ho capito che non aveva senso vivere in quel modo. Mi sentivo… vuoto. >>  

Abbassa la testa sorridendo, incrociando di nuovo il mio sguardo.

<< Ti  sembrerà assurdo come discorso, di certo ora non è che sto salvando il mondo. Ma non fraintendere. Amo il mio lavoro. >>   

Annuisco.

<< Lo so.  E magari un giorno… Ti impegnerai per salvare il mondo. >>

Mi sorride sinceramente, quasi con gratitudine. Restiamo qualche secondo a fissarci senza dire nulla. Sento il sangue fluirmi velocemente verso le guance a causa del suo sguardo. Quello sguardo ‘bollente’ e penetrante che mi rifila in ogni occasione come questa. Quello sguardo che mi ha fatto vacillare sin dal primo momento. Così, senza pensarci, prendo il cuscino accanto a me e lo lancio contro di lui. Gli finisce dritto in faccia, e scivola via, lasciando spazio alla sua espressione sorpresa. Trattiene una risata e un versetto sorpreso, mentre lo afferra per rilanciarmelo contro. Ed è così che inizia la nostra prima battaglia con i cuscini. Mi fiondo a pancia in giù per prendere quello più grande e più lontano, proprio mentre lui mi colpisce sul fianco. Le federe si aprono, e decine di piume si riversano sul materasso, sul pavimento, mentre noi, in ginocchio, continuiamo a lottare e ridere. Ad un certo punto si blocca con un sorriso trionfante, e una piuma arruffata nei capelli, mentre io sono distesa priva di forze, con la faccia tra le coperte.

<< Ho vinto! >>  

Afferro la manica della sua maglietta e lo tiro giù, accanto a me. Affonda con il viso nelle piume e nei cuscini, continuando a ridere. Lentamente alza un braccio e mi sfiora il viso, scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.  Cerco di non scostarmi da lui, cerco di non sentirmi ‘scottata’ in ogni senso. Sembra che stia per dire qualcosa, ma il suono del suo cellulare ci interrompe nuovamente. Sbuffa, estraendolo dalla tasca, guarda per qualche secondo lo schermo e io posso vedere di sfuggita la foto di Megan.

<< Che fai, non rispondi? >>

Gli chiedo, mentre distolgo lo sguardo, fissando il soffitto. Mi lancia uno sguardo di sfuggita, e poi rifiuta la chiamata. Non mi risponde. Si alza dal letto e si infila le scarpe.

<< E’ meglio che vada, si è fatto tardi, e tu devi dormire. >>

Sembra che stia scappando. Ma da cosa? Da un momento che abbiamo condiviso? Da qualche sguardo rubato? Non ha minimizzato tutto con Paul qualche ora fa?

<< Hai dormito con me tantissime volte. Puoi restare. Erika non se la prenderà. >>

Si avvicina al bordo del letto, si abbassa e mi stampa un bacio sulla fronte, scostandomi i capelli, sfiorandomi il viso.

<< Non questa volta Nina. >>

Mi da le spalle mentre si avvia verso la porta. Ma io non riesco a starmene distesa e guardarlo andare via. Mi alzo e faccio qualche passo verso di lui.

<< Non puoi comportarti in questo modo Ian. >>

Si volta lentamente. Preso alla sprovvista. Mi avvicino ancora di più, perché ormai lo so, niente potrà farmi tornare indietro.

<< Non puoi entrare da quella porta, portarmi la cioccolata e trattarmi come… Se fossi la tua sorellina indifesa. Non lo sono. Le tue parole, le tue azioni, hanno un peso. Significano qualcosa. Per me. >>

<< Pensi che per me non significano nulla? >>

Mi chiede con la voce bassa, sussurrata, come se lo stesse dicendo a se stesso. 

<< So che non sei la mia sorellina. E’ questo il problema, Nina. Io lo so. >>  

Vorrei chiedergli il perché dei suoi commenti con Paul. Vorrei chiedergli se prova quello che provo io quando siamo insieme.  Ma non lo faccio. E non posso farlo. E’ come se la sua espressione e il suo sguardo mi stessero dicendo di non pronunciarmi oltre.

<< Buonanotte Neens. >>

Mi lascia un ultimo sorriso malinconico prima di uscire, chiudendo la porta dietro di se.  

 

<< Bene. Questo è il momento in cui la situazione si fa piuttosto personale, e io mi tolgo dai piedi. E’ stato un piacere ragazzi, ci vediamo dopo. >>

Paul scappa via con un sorriso imbarazzato e divertito. Torno a guardare Ian e la sua espressione sorpresa.

<< Ricordo quella sera. >>

Mi dice, mentre mi avvicino di più a lui, cingendolo con le braccia.

<< Tu ricordi tutto quello che mi riguarda. >>

<< Si, ma ricordo quella sera in particolare. Mi dispiace dirtelo, ma ti sei persa la parte più interessante della conversazione. >>

Mi avvicino di più a lui.

<< E sarebbe? >>

<< Non lo saprai mai. >>  

Mi dice mentre mi strappa al volo un bacio e si volta, scappando via. E prima che possa corrergli dietro, Melissa mi chiama impaziente, perché deve sistemarmi i capelli.

<< Ne riparliamo dopo! >>

Riesco solo ad urlare, ma lui si volta solo per sorridere e salutarmi con la mano.

 

POV. Ian

<< Wow ! E’ bellissima! Sembra una navicella spaziale. L’avevo vista solo in foto, visto che quando l’ha portata sul set ero fin troppo impegnata. Non pensavo sarebbe venuta così bene quando l’abbiamo ordinata. >>

Gli spiego tutte le particolarità, le funzioni e la quantità incredibile di energia risparmiata. Nina continua a girare intorno alla mia nuova roulotte airstream, ascoltandomi, con gli occhi spalancati. Saltella da una parte all’altra. All’interno sembra ancora più entusiasta.

<< Quel letto è enorme! >>

Corre in fondo alla roulotte e salta sul grosso materasso bianco che occupa tutto lo spazio finale.  

<< La prima cosa che dicesti fu  ‘voglio un letto grande’. Eccoti accontentata. Certo c’è voluto più di un anno per realizzarla come volevamo, ma alla fine ne è valsa la pena. >>  

<< Eccome! >>

Si sdraia sul grosso materasso e volge lo sguardo fuori dalla finestra sopra di esso.

<< C’è tanta pace qui… Come hai trovato questo posto? Pensavo che in questa città non ci fossero boschi così fitti e estesi. >>  

<< E’ una riserva naturale in realtà. Ho fatto un po’ di ricerche, ho chiesto in giro. E’ parecchio riservato come posto. Non è nemmeno lontano da casa. Anche se vorrei davvero… Andare lontano, prima o poi. >>

Lei si volta verso di me, poggiando la testa sulla mano.

<< Mi porterai con te. >>

Non è una domanda. 

<< Se tu lo vorrai. >>

Gli dico. Mi fa segno di raggiungerla, mentre si mette a sedere, con i piedi che toccano il pavimento. Quando sono ormai a pochi centimetri da lei, mi prende per il colletto della maglietta e mi tira verso il suo viso, per baciarmi. Le sfioro il viso con le dita, le accarezzo il collo, e poi la faccio alzare lentamente, per stringerla di più tra le mie braccia. Per sentire tutto il suo calore, unirsi al mio. Si stacca da me per prendere fiato e mi sussurra contro il collo.

<< Fare l’amore in mezzo alla natura… Dimmi che non era il sogno della tua vita. >>

Afferro il bordo della sua maglietta per sfilargliela lentamente.

<< Come se fosse la prima volta… La spiaggia è natura. E anche la montagna. E il mare. >> 

Gli sussurro tra un bacio e l’altro. Non so come, mi ritrovo seduto esattamente nel punto in cui era lei poco prima. Mi sfiora i capelli con le dita, mentre poso le mie labbra al centro della sua addome, per poi risalire, nell’incavo tra i suoi seni. Si spinge contro di me, mi sfila la maglietta, mi bacia la spalla, mentre le sue ginocchia di posano sul materasso. Mentre si distende sopra di me, prendendo il controllo della situazione, mentre ci sfila gli ultimi vestiti rimasti, mentre preme tutto il suo corpo nudo contro il mio, annullandomi ogni pensiero coerenti. E riesco solo a vedere i suoi occhi, i suoi occhi scuri luccicanti d’amore e di passione, che mi fissano tra un bacio e l’altro. Vedo il suo sorriso, sfioro i suoi capelli morbidi, e le stringo i fianchi ad ogni movimento, ad ogni sospiro che accompagna il mio, ad ogni gemito, mentre mi spinge, sempre di più, dentro di lei. E io la lascio fare. Le lascio fare mentre penso che potrei restare chiuso in questa roulotte, tra questi boschi, con lei, per il resto della mia vita, senza curarmi di tutto il resto.  

 

POV Nina.

Qualche ora dopo, siamo ancora distesi in questo letto bianco, l’uno sull’altra, con le gambe intrecciate,  e le coperte scomposte sopra i nostri corpi nudi. Sono leggermente girata su un fianco e guardo le stelle fuori dal finestrone. Le mani di Ian non lasciano un secondo il mio corpo, accarezzandomi la pancia, mentre mi tiene stretta contro il suo petto, con il mento premuto sulla mia spalla. Guancia contro guancia.   

<< Raccontami qualcosa. Qualsiasi cosa.  >>

Gli sussurro piano. 

<< Sai che sei bellissima, nuda, tra le mie braccia? >>

Sorrido contro il cuscino.

<< Non intendevo questo… Raccontami delle storie di quando eri ragazzino. Raccontami della Louisiana, e del lago Pontchartrain. >>

<< Le avrai sentite milioni di volte. Parlo sempre di casa mia. >>

<< Lo so, ma ogni volta aggiungi qualcosa per renderle più interessanti. Oppure ti viene in mente qualche particolare. >>

<< Tu ci sei stata. Ti ho portato in tutti quei posti, ti ho fatto vedere ogni centimetro di quelle paludi che un tempo erano così verdi e rigogliose, ti ho fatto vedere il posto dove sono cresciuto. >>

<< Ho sempre pensato che tu vedessi le cose in modo diverso. Diverso da tutti noi. TI meravigli dei più piccoli particolari. E apprezzi ogni cosa. Per questo sembra tutto più bello, più speciale, visto con i tuoi occhi. >>   

Resta in silenzio per qualche secondo, stringendomi ancora di più, e poi inizia a raccontare. Mi racconta di casa sua con quel tono di voce basso e dolce, mi racconta di quando era bambino e correva per i campi con un fucile ad aria compressa cacciandosi nei guai. Mi racconta del verde delle paludi, del modo in cui restava sulla riva del lago ad ascoltarne i suoni.

<< Hai davvero sparato ad una povera ranocchia? Questo non lo avevi mai raccontato!  >>

Gli chiedo, interrompendolo, cercando di nascondere le risate.

<< Ehi avevo appena otto anni. Non l’ho fatto apposta! E non l’ho uccisa! >>

Spiega, difendendosi, mentre ride insieme a me.

<< Dovrò scriverlo su twitter! ‘Ian Somerhlader da bambino si divertiva a sparare a delle povere ranocchie indifese!’ >>  

Mi stringe, facendomi voltare verso di lui,  mi strappa un bacio veloce.

<< Era un fucile ad aria. Non le lo fatto nulla! >> 

Cerco di controbattere ma riprende a baciarmi per zittirmi. Ogni centimetro del mio corpo è attaccato al suo. Il mio petto schiacciato contro il suo, le sue braccia avvolte intorno a me. E vorrei soltanto stringerlo di più, far fondere i nostri corpi, per non doverlo più lasciare.  

<< Penso che sia il posto più bello del mondo. Un bambino non avrebbe potuto chiedere di meglio. >> 

Mi dice, mentre mi sfiora il viso con le dita.  Mi si stringe lo stomaco al suono di quell’affermazione. Non è la prima volta che la sento…

 

Novembre 2013

 

 << Cosa stai nascondendo lì dietro, Looch? >> 

Mi volto di scatto verso Ian, portando le mani dietro la schiena.

<< Nulla. >>

Cerco di trattenere un sorriso mentre si avvicina con passo svelto, attraversando il nostro salotto. Mi afferra le braccia, ma io mi svincolo velocemente dalla sua presa e scappo via.  

<< Non è niente che possa interessarti. Credo. >>

Scoppio a ridere lasciandomi cadere sul divano.

<< E’ un album fotografico? >>

Mi chiede mentre si siede accanto a me. 

<< Si. Ed è tutto mio. Regalo di tua madre. >>

Gli dico, stringendomelo al petto.

<< Mia madre?! >>

Chiede incuriosito. E io mi limito ad annuire. Spalanca gli occhi come preso da un’improvvisa illuminazione.

<< Ti prego non dirmi che ci sono delle mie foto imbarazzanti lì dentro… >>

Scoppio a ridere scuotendo la testa.

<< No. Solo foto di te da bambino! ‘Il ragazzino con la Polo’ così ti chiamavano giusto? >>

Si lascia sprofondare nel divano, poggiando la testa sul bordo. Continuo a ridacchiare mentre sfoglio le foto.  

<< Lo sai che mi chiamavano così. Mia madre non ti ha tenuta inchiodata sul suo divano per un intero pomeriggio qualche tempo fa? >>

<< Si, diverso tempo fa. Mi ha raccontato un po’ di cose, è stato divertente… Oh! Accidenti, quanto eri carino! Guarda che occhioni. In questa foto sei identico a Jexson! Se lui avesse i capelli scuri, invece che ramati, potrebbe passare per tuo figlio… >> 

Nel momento esatto in cui queste parole mi escono di bocca, vorrei mordermi la lingua. Ma Ian sembra tranquillissimo, sfiora la foto, sfiora il suo viso da bambino seduto in mezzo al giardino di casa, con i pantaloncini bianchi macchiati d’erba.

<< Si, Robyn lo dice sempre. Che mi somiglia molto. Anche mia madre. Sono felice che cresca in quei posti. Un bambino non potrebbe chiedere di meglio.  >>  

Resto in silenzio continuando a sfogliare le pagine. Ian si alza all’improvviso, si passa una mano tra i capelli e si lascia scappare una mezza risata divertita.

<< E’ incredibile. >>

<< Cosa? >>

Gli chiedo, alzando lo sguardo.

<< Il modo in cui ti irrigidisci quando si parla di ‘figli’. >>

Il suo tono è completamente cambiato. E’ serio, un po’ malinconico.

<< Non è vero che mi irrigidisco. Solo che non voglio urtare i tuoi sentimenti. >>

Chiudo l’album.

<< I miei sentimenti? >>  

Mi alzo di scatto dal divano, leggermente irritata dalla piega che ha preso la conversazione.

<< Ti prego Ian, non fare quella faccia innocente. So perfettamente quanto tu… lo voglia. >> 

Allarga le braccia.

<< Ed è una brutta cosa? E’ questo che non capisco. Perché lo dici come se… >>

<< Come se fosse impossibile? Perché è così Ian. Ne abbiamo parlato, in passato. Sai il mio punto di vista. Ora come ora, è davvero impossibile. >>  

E so che queste parole gli faranno male. Posso vedere il suo sguardo incupirsi. Le sopracciglia aggrottarsi.

<< Sai la cosa che più mi infastidisce? Io non lo sto chiedendo ora, Nina. So perfettamente che non possiamo pensarci ora. Ma vorrei che tu non fossi così contrariata anche solo nel parlarne! >>  

<< Sono contrariata perché so che questo discorso ti fa soffrire! E ci fa anche litigare. E odio litigare con te, Ian. >>  

Scuote la testa.

<< E allora non farmi questo. Non guardarmi con quegli occhi spalancati come se solo il mio pensiero di volere un figlio da te ti sconvolgesse. Perché è questa la cosa che fa più male. >> 

Distolgo lo sguardo e mi alzo dal divano portando come l’album per riporlo in un cassetto qualsiasi.

<< E’ questo il problema? Non puoi pensare di volerlo da me? >>

Continuo a dargli le spalle.

<< Non posso pensare di volerlo e basta. >>

Lo sento avvicinarsi, mi posa le mani sulle spalle per farmi voltare. Incrocio il suo sguardo azzurro, mi rifletto nei suoi occhi e cerco di vedermi nel modo in cui mi vede lui.

<< Non ti chiedo di farlo ora. Ma pensa ad un futuro in cui saremo insieme. Io lo faccio. Dannazione Nina, lo faccio ogni giorno. Riesco a vederlo solo con te. E so che questo può farti paura… So che è presto, so che non posso pretendere nulla, ma pensaci. Anche solo per un momento. >>  

<< Pensi che non l’abbia fatto? Pensi che non ti voglia con me per sempre? Ma a volte, quando penso che tu potresti avere tutto, potresti…Sei un uomo Ian. Io sarò sempre solo una ragazzina, vicino a te. E mi sento in questo modo. Non sento il desiderio di diventare madre. Voglio vivermi questi anni, voglio non avere pensieri, divertirmi, ampliare la mia carriera. Tu l’hai fatto.  >>  

Resta qualche secondo interdetto, continuando a fissarmi.

<< Si, l’ho fatto. E mi sento tremendamente egoista a chiederti così tanto. Ma spero che tu capisca. Non ora, Nina. Non ora. Ma un giorno… >>

Gli stringo il viso tra le mani, poso la sua fronte contro la mia. Cerco di scacciare via tutte le mie paure. E vorrei scacciare via la sua sofferenza.

<< Un giorno… >> 

 

<< A cosa stai pensando? >>

Ian mi sussurra contro il collo, bacandomi piano.

<< Al futuro. >>

Alza il viso, sorpreso, guardandomi incuriosito.

<< Hai detto a Paul che hai rinunciato a vedermi con l’abito bianco. E’ vero? >> 

<< Non l’ho detto. Gli ho spiegato che abbiamo trovato un compromesso.  >>

Mi sposto leggermente per guardarlo meglio.

<< Allora te lo chiedo io. Hai rinunciato? >>

Si stringe nelle spalle.

<< Ne abbiamo parlato. Non importa il matrimonio. >>

Resto qualche secondo in silenzio, sfiorandogli piano la mascella e il collo.

<< L’ho immaginato… L’ho immaginato in questi mesi. L’ho immaginato qualche settimana fa, mentre ti prendevi cura dei cuccioli. >>  

Gli sussurro piano.

<< Hai immaginato di sposarmi mentre mi prendevo cura dei cuccioli? >>  

Mi chiede divertito, non cogliendo la mia affermazione.

<< No. Ho immaginato tuo figlio. Nostro…Nostro figlio. >>  

Spalanca gli occhi sorpreso, mentre cerco di trattenere delle stupide lacrime che non so perché, stanno iniziando ad invadermi gli occhi.

<< Mentre guardo come ti prendi cura di loro, mentre vedo l’amore che ci metti, penso a quanto saresti meraviglioso come padre. E a volte mi odio, perché ti sto privando di questa possibilità. >>  

<< Ehi, ehi… >>

Mi asciuga una lacrima che scivola veloce e fastidiosa sulla mia guancia.

<< Non dire così. Non è vero. Non è così. >>

<< Si invece. Lo sappiamo entrambi. Perché io sono ostinata e testarda. E si, abbiamo il lavoro ma… Se tu ti fossi innamorato di un’altra. Se avessi avuto il coraggio di lasciarti andare… >>  

Mi ferma il viso per guardarmi bene negli occhi.

<< Ma sono innamorato di te. Ti amavo prima, ti ho amata mentre eri lontana, mentre mi respingevi, mentre cercavi conforto in altre persone. E ti amo ora, nello stesso identico modo. Anche quando sono arrabbiato, anche quando ti ho fatto del male, anche quando ti ho ignorata. Ed è vero, vorrei sposarmi e avere dei figli, mettere su famiglia, sistemarmi, e godermi i momenti più semplici. Ma tutto questo lo immagino con te al mio fianco. Niente è cambiato dall’anno scorso, Nina. >>

Mi stringo ancora di più a lui. E assimilo ogni parola.

<< Quindi, aspetterai? >>

<< Si… Ti aspetterò. >>  

<< Non importa se ora non sono pronta… Se… >>

Mi porta un dito sulle labbra.

<< Shh. Aspetterò… Baciami. >>  

Ma alla fine è lui a baciare me. Annulla lo spazio che ci divide, ruba l’aria che ci separa e preme le sue labbra morbide sulle mie. Scacciando via ogni pensiero negativo, ogni aspettativa non ricambiata, ogni incertezza.

 

POV. Ian.

<< Ehi, fermo! Piccolo… Vieni qui. No, no. Non andare sotto il divano. Ti fai male. >>

Corro dietro un cucciolo, quello più scuro e vivace di tutti, che ha il vizio di infilarsi ovunque. Lo prendo al volo prima che riesca a raggiungere il divano.  Mi siedo sul pavimento, e me lo metto in grembo, accarezzandolo piano, mentre cerca di mordicchiarmi la mano.

<< Ehi, ehi. Piano. Sei il più pestifero di tutti lo sai? >>

 Nel frattempo il suo fratellino si  è avvicinato esitante, ancora leggermente malfermo sulle piccole zampette, mentre scivola sul pavimento in legno, andando a scontrarsi contro la sua mamma, che l’aiuta a rialzarsi.  Mi distendo sul pavimento, allungano le gambe, mentre mi posiziono il cucciolo sullo stomaco. E con mia sorpresa lui resta lì, fermo, mentre cerca di bucherellarmi con le zampe la maglietta.

<< Nietzsche, mi domando chi sia il padre di questi piccole pesti. Doveva essere un tipo vivace, visto che tu sei così tranquilla. Avranno preso tutto da lui. >>

La mia cagnolina volta la testa sentendo il suo nome, e mi guarda incuriosita.

<< D’accordo, non parliamone. Non fa niente. >>

Ridacchio tra me e me per l’assurda situazione, proprio mentre il terzo fratellino trotterella veloce . Più precisamente, verso il mio viso. Mi strofina il musetto contro la guancia e mi lecca il naso, e la fronte.

<< Ma buongiorno anche a te piccolo. >>

<< Fammi capire, i miei baci non ti bastano più? >>  

La voce di Nina mi fa alzare leggermente la testa. Sorrido al suono di quelle parole, mentre la vedo avvicinarsi. Con i suoi jeans stretti e il suo maglione preferito. Si siede poco distante da me, a gambe incrociate. Due cuccioli corrono subito nella sua direzione, e lei sorride prendendoli tra le braccia.

<< Buongiorno anche a te. >>

Le dico, mentre alzo la schiena dal pavimento. Le porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e le sfioro il collo sottile.

<< Mi hai lasciata da sola a letto. Di nuovo. >> 

<< Lo sai che non mi piace svegliarti. In realtà, mi piace guardarti dormire. >>

Annuisce non prestandomi molta attenzione, orami totalmente rapita dal cucciolo più chiaro che continua a far giocare sulle sue gambe.

<< Piccolo e bellissimo… Piccolo… >>

Continua a emettere qualche versetto dolce incomprensibile mentre la guardo, completamente rapito. 

<< E’ un peccato non potergli dare un nome. Saranno stufi di sentirsi chiamare ‘cucciolo’ e ‘piccolo’. >>

<< Si ma, non resteranno qui ancora per molto. I nostri nomi verranno dimenticati, quando i loro nuovi papà e mamme ne troveranno degli altri. E poi è un modo per non ‘affezionarsi’ troppo. >>

Lei trattiene una risata.

<< Come se tu non fossi già totalmente affezionato. >>  

Sto per aggiungere qualcosa quando sentiamo la porta di casa aprirsi con uno scatto.

<< Ok ci sono. Lo so, lo so, ho fatto tardi scusami, ma la strada era… >>

Jess arriva trafelata in salotto, con i capelli scompigliati e la giacca aperta. Ci guarda per un secondo. Passando da me, a Nina, ai cuccioli. Un sorriso enorme le illumina il viso.

<< Vedo che in realtà, ve la state cavando alla grande anche senza il mio aiuto.. >> 

Il sorriso enorme, lascia posto ad uno più accennato e malizioso.  Io e Nina scoppiamo entrambi a ridere, per poi alzarci e salutarla come si deve.

<< Bene, visto che i saluti sono stati fatti, io sono arrivata… Ora voi potete filare a lavoro. Avete uno show da mandare avanti. >>  

Mi da una pacca sulla spalla e abbraccia di nuovo Nina.

<< Sono davvero felice di rivedervi insieme. >>

<< Anche tu ‘Team Nian’? >>

Le chiede Nina ridacchiando.

<< Si, dovresti vedere il mio tumblr segreto, è tutto dedicato a voi! >>

Scoppiano entrambe a ridere, mentre mi godo lo spettacolo. Proprio dietro di loro noto un movimento sospetto.

<< Ahh accidenti! No cucciolo, fermo! >>

Le sorpasso per correre di nuovo dietro al piccoletto che vuole infilarsi sotto il divano. Mentre mi butto in avanti per acciuffarlo, proprio mentre gli altri mi corrono incontro. Alla fine finisco di nuovo seduto a terra, con quattro cuccioli, decisamente grandicelli, che mi implorano a gran voce. Jess e Nina continuano a ridere gustandosi la scena e Nietzsche inizia ad abbaiare e scodinzolare. E in uno strano modo, penso che questo sia l’unico posto al mondo in cui dovrei essere, pervaso da una felicità e da un calore familiari.  








ANGOLO AUTRICE. 

2:16. Capitolo pronto. 24 CAPITOLI. Momento riflessione. 
E chi se lo sarebbe aspettato? Io No. E beh, lo sapete... è tutto merito vostro. Si, siete tutte a nanna ma non importa. (Tanto caso mai ve lo riposto domani a pranzo) 
PRECISAZIONI. 
-Temporalmente è 'ambientato' nella settimana dopo il weekend del precedente capitolo. (Settimana e weekend) 
- I 'luoghi' descritti non sono inventati. 

- Davvero Ian da ragazzino, nel campo della moda, veniva chiamato 'il ragazzino con la Polo'. 
-C'è un flashback che praticamente prende metà capitolo, ma mi andava davvero di scriverlo, di provare a 'pensare' come la Nina del 2009. Tutto il capitolo in realtà è molto incentrato su di lei. Non so perché, sta settimana è andata così. 
-Penso di aver 'centrato' i punti più importanti, ma non di averci ricamato troppo sopra. 

Perdonatemi qualche eventuale errore di battitura, domani ricontrollo tutto. 
Come sempre aspetto i vostri commenti, i vostri pareri, e le vostre recensioni. (Quelle sul sito sono ancora più apprezzate, così posso rispondervi 'per bene') 
Il prossimo capitolo sarà tutto incentrato sul PARTY.  
Grazie ancora.
 


 

  
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