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Autore: mangakagirl    20/11/2013    6 recensioni
"-Sei il nuovo Silver Bullet: sei l’unico in grado di sconfiggere questa Organizzazione che si paragona ad un vampiro per dire che è immortale. E cosa uccide un vampiro, Kudo? L’argento-“
Dopo che l'Organizzazione tende una trappola al detective liceale, il segreto di Shinichi e di Shiho viene scoperto. Il pericolo è più vicino che mai e l'FBI propone di aprire il Programma Protezione Testimoni per salvaguardare la vita delle persone con cui sono venuti a contatto. Ed è proprio per questo motivo che Ran si ritrova a Komatsu, lontana da Shinichi, con una nuova identità dopo essere venuta a conoscenza della verità da parte di Jodie. 
Mentre Anokata osserva ogni mossa del detective con maestria, Shinichi lotta con il pericolo che lo circonda e con i suoi sentimenti in attesa di sparare il suo Proiettile d'Argento e di sgominare l'Organizzazione che gli ha rovinato la vita. Ma qualcosa andrà completamente storta...
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gin, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 6.

Osservò con distacco la figura davanti a sé mentre quella fumava tranquilla immersa nella semioscurità della stanza invasa dal fumo e dall’odore di candele alla vaniglia sparse ovunque. Si passò una mano sui lunghi e ondulati capelli biondo pallido spostandoli all’indietro e abbozzando un piccolo sorriso quando sentì gli occhi del suo capo attraversare con lo sguardo il suo corpo sinuoso avvolto nella tuta nera in pelle.
Non le piaceva quella situazione perché tutto non tornava come avrebbe dovuto: le stava nascondendo qualcosa e qualsiasi cosa fosse non le piaceva. Mosse appena le mani poggiate sui braccioli della poltrona in pelle nera su cui sedeva e poi accavallò le gambe dall’altra parte, poggiando i sottili tacchi a spillo per terra.
-Parlami di lei- ordinò il suo interlocutore squadrandola divertito mentre lei abbozzava un altro sorriso sentendo per qualche secondo il sangue gelare nelle vene. Per quanto fosse la sua preferita, non riusciva affatto a sentirsi a suo agio.
-Cosa vuoi sapere?- chiese portando la sigaretta che stringeva tra l’indice e il medio destro alla bocca. Ne aspirò una grande boccata cercando di rilassarsi mentre la figura sorrideva melliflua sorseggiando un bicchiere di Brandy senza espirare la boccata di fumo che aveva appena inspirato.
-Tutto ciò che sai, mia cara Vermouth- il suo tono si fece divertito ma allo stesso tempo minaccioso -Ma se ometterai qualcosa sappi che lo capirò: ogni cosa che io voglio, la ottengo-
L’americana sorrise e poi si lasciò andare ad una vera e propria risata alzando il capo all’indietro e cercando di apparire il più naturale possibile grazie alle sue doti da attrice davvero ammirabili.
-Non ti mentirei mai, lo sai-
-Oh, lo spero tanto per te, darling- finì quello sorridendo con occhi folli e sguardo fisso, divorandola come se fosse un’insignificante moscerino sotto una campana di vetro.
***
 
Ran seguì i due Akira e Nanako per le sconosciute strade di Komatsu tenendo il capo chino e fissando i mocassini che strisciavano sull’asfalto. Karaoke?
No, non ne aveva proprio voglia. Ma non voleva risultare scortese nei confronti dei tre “amici” che erano stati così carini da inserirla subito nel gruppo: in fondo, avrebbero anche potuta lasciarla nel suo angolino, e invece…
-Akira-chan stona come una campana, Nene-chan! Preparati a tapparti le orecchie- Akira-kun sfotté la sua compagna battendole una mano sulla spalla mentre quella gonfiava le guance inviperita.
-Io non stono come una campana!-
-Hai ragione: come l’intero campanile!- aggiunse Nana ridendo e beccandosi da quella un’occhiataccia paurosa.
-Basta! Cosa sono queste coalizioni?!- si lamentò la ragazza voltandosi poi verso Ran che camminava qualche passo dietro di loro. La osservò qualche istante addolcendo gli occhi e poi scambiandosi un’occhiata coi due amici, poi si fermò e aspettò che lei le arrivasse davanti. -Nene-chan, per caso c’è qualche cosa che non va? Non ti senti bene?-
Ran alzò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi nocciola e rimase ad osservarla qualche secondo, senza sapere bene cosa dire. Quando uno strano brivido le percorse la schiena, costringendola a voltarsi di scatto alle sue spalle, ma non vide nessuno a parte qualche passante che svolgeva la sua vita indisturbato, portando borse piene di nuovi acquisti o 24 ore nere alla mano.
Impressione? O qualcuno la stava davvero seguendo? Doveva essere il fatto che non era abituata ad essere seguita dagli agenti dell’FBI… Sì, probabilmente erano loro.
-Nene- Akira-kun le passò una mano davanti al viso, preoccupato -Ma… Sta succedendo qualcosa?-
-Come?- domandò stralunata Ran cadendo dalle nuvole voltandosi verso di lui, che la studiò a fondo negli occhi per alcuni secondi -Non andiamo più al karaoke?-
I tre rimasero allibiti, poi Nanako si fece avanti e le fece un sorriso un po’ incerto, indicandole un edificio a pochi metri da loro.
-Siamo arrivati- disse avviandosi verso le porte scorrevoli in vetro che recavano diverse insegne di negozi presenti nell’edificio, tra cui la scritta “KARAOKE”. Akira-kun si guardò attorno pensieroso, intuendo che probabilmente il suo problema era la sensazione di essere seguita, ma non essendoci nessun sospettabile in giro sospirò e seguì le tre.
Saliti al tredicesimo piano dell’edificio entrarono in una stanza piccolina ma graziosa, con un grosso schermo piatto a cui era collegata una console super tecnologica e quattro microfoni. Akira-chan si fiondò su quello arancione, lo accese e cominciò a cantare senza nemmeno che la musica fosse stata scelta mentre Nanako alzava gli occhi al cielo.
-Templi…!- esclamò un po’ esasperata prendendo poi il microfono rosa e passandone uno lilla a Ran, che lo accettò senza molto entusiasmo mentre Akira-kun accendeva la console tutto euforico.
-Bene gente! Sotto al primo! Abbiamo l’intera lista di canzoni mondiali a disposizione. Che volete cantare?-
Le due ragazze si voltarono vero Ran entusiaste, ma la videro sedersi su uno dei divanetti panna della stanza con un’espressione pensierosa in volto: ma chi era che poteva avere motivi per seguirla?
E no, lei non avrebbe cantato: aveva ben altro in mente…
Quella situazione e Lui in particolare ormai era al centro di tutti i suoi pensieri, sfortunatamente…
E pensare che solo pochi giorni prima adorava il fatto che fosse sempre il suo primo pensiero.

 
***
 
Shinichi osservò il suo riflesso allo specchio dopo essersi asciugato il viso dall’acqua gelida con cui l’aveva appena sciacquato. La frangetta umida gli copriva gli occhi blu come l’oceano che lo scrutavano spenti e tristi attraverso il riflesso cristallino della superficie specchiata.
Si chiedeva come ancora riuscisse a sostenere il suo stesso sguardo dopo quello che aveva fatto: dopo aver lasciato andare Ran senza nemmeno lottare. Uscì dal bagno sentendosi colpevole, affondando le mani umide nelle tasche dei jeans, e percorse il salotto a piccoli passi, avviandosi poi in biblioteca quasi per caso, guidato dalle sue stesse gambe.
Il suo sguardo cadde sullo spazio vuoto che c’era sulla quarta mensola da terra, tra “Lo studio in rosso” e “Il mastino dei Baskerville”. Poggiò il dito indice e medio nel vuoto polveroso e le lasciò scorrere per un po’, ripensando a quando lì in mezzo giaceva “Il segno dei quattro”, il suo libro preferito.
Aveva lasciato una parte di sé in quel libro, e sperava tanto che così fosse arrivata anche a Lei, che ora era lontana chilometri da Tokyo, sotto un altro cielo, un altro tempo, un'altra vita.
Non sapeva se Ran sarebbe riuscita a decifrare il suo codice, ma se da un lato sperava di sì, dall’altro sperava tanto di no: voleva farle sapere cosa davvero provava per lei, ma sapeva che così la separazione sarebbe stata solo peggiore.
Si voltò verso la scrivania e per un attimo ebbe un flashback… Uno dei tanti a dire il vero. Poggiò i palmi rivolti all’ingiù sul legno di noce lucidato e osservò l’ombra del suo viso per alcuni secondi, mentre le immagini di quello che era accaduto anni prima tornavano alla mente repentine…

“-Shinichi!- urlò Ran entrando nella biblioteca euforica, indossando un abito giallo a fiori bianchi e azzurri: il caldo estivo era quasi insopportabile -Shinichi- ripeté delusa guardandosi attorno ma non vedendolo da nessuna parte. Il ragazzo, nascosto all’ultimo piano della libreria, quello in cui c’era il corridoio che permetteva di camminare tranquillamente, la spiò sorpreso: non sapeva sarebbe arrivata così presto. Ran 14enne fece alcuni passi verso la scrivania, percorrendone il bordo con l’indice destro e osservando il suo riflesso con un sorriso amaro. Il ragazzo, posando “Dentro la mente del Serial Killer” sulla pila di 11 libri l’uno sopra l’altro che aveva eretto sul pavimento, si sporse dal balconcino in legno e sorrise poggiando le braccia incrociate sulla ringhiera.
-Yo Ran!- la salutò rivolgendole un sorriso furbetto godendosi l’espressione spaventata del suo volto, sorpresa di vederlo spuntare dal nulla.
-Baro! Mi hai fatto spaventare!-
-Wari wari- ridacchiò lui spostandosi un ciuffetto dagli occhi -Che ci fai qui già a quest’ora? Mamma aveva detto che saresti arrivata per l’ora di cena…-
-Infatti sono le 19.00- gli fece notare la ragazzina ridacchiando mentre lui sbarrava gli occhi.
Non era possibile, perché solo fino a qualche minuto prima erano le 15.00… Non potevano essere le…
19.00.
Shinichi lanciò un’occhiata al suo orologio da polso incredulo, poi passò nuovamente lo sguardo a Ran.
-Sorpreso, Tantei-san?-
-Certo! Sono entrato qui dentro che erano le 3 e ora…-
-Beh, come si suol dire… Quando una cosa piace il tempo vola, no?-
Shinichi scese le scale che portavano a terra e si avvicinò a Ran mostrandole il libro che stava leggendo mentre lei indietreggiava spaventata dal titolo.
-Noooo, mettilo via!- si lagnò mentre quello rideva prendendola in giro.
-Che lagna che sei!-
-Smettila!- Ran gli diede un piccolo pugno in testa, senza l’intento di volergli fare male, e lui fece una smorfia, bloccandole il polso con la mano destra, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso senza accorgersene.
-Vorresti fare del male al tuo migliore amico?- domandò furbetto e ammiccante mentre lei assottigliava lo sguardo stizzita.
-Tsk! Sì se lui mi vuole fare i dispetti…- rispose lei avvicinandosi sempre di più per sfida, ma senza accorgersene entrambi erano quasi sdraiati sulla scrivania, inarcati all’indietro con la schiena. Yukiko irruppe nella biblioteca per avvisarli che era pronto, ma rimase qualche secondo incredula alla loro vista.
-Emmm… Ragazzi… Sarebbe pronto…- mormorò incerta, scoppiando poi a ridere mentre i due avvampavano.
Shinichi liberò immediatamente il polso della ragazza e si allontanò in gran fretta con le guance scarlatte e accaldate.
-S-scusa…- mormorò pianissimo, sicuro che lei non lo avesse sentito, ma Ran scosse il capo puntato a terra.
-N-nulla…-“

Shinichi tornò alla realtà data la piccola, quasi impercettibile, scossa di terremoto che aveva smosso la casa e la città per un paio di secondi. In Giappone era così frequenti che nessuno ci faceva mai caso o si faceva prendere dal panico: erano all’ordine del giorno una media di tre scosse.
Si voltò verso l’alto, vedendosi di nuovo affacciato alla balconata dell’ultimo piano per alcuni secondi, poi scosse il capo capendo che era inutile ripensare ai tempi passati.
Ran era a Komatsu.
Lui a Tokyo.
Se fosse uscito vivo da tutta quella storia, sarebbe già stata una fortuna.
-Kudo, andiamo a fare qualche ricerca- Shiho si affacciò all’interno della biblioteca e attirò l’attenzione del ragazzo, che annuì in sua direzione. Seguì la ragazza nel salotto, ma poi le fece strada su per la scala di legno lucido che portava al piano di sopra, provocando un dolce rumore ad ogni scalino. Si diresse verso la prima camera di fronte alla rampa di scale, aprì la porta quasi stupendosi di compiere quella che un tempo era stata un’azione quotidiana che si ripeteva più volte al giorno: si ritrovò immerso nel profumo della sua stanza un po’ in disordine e polverosa. La osservò con occhi spenti rivolgendo la sua attenzione a qualche dettaglio che solitamente, prima di trasformarsi in Conan, non lo avrebbe mai colpito, poi entrò immergendosi nel suo ambiente e andò a sedersi alla scrivania di ciliegio, facendo segno a Shiho di raggiungerlo. La scienziata si sedette con le braccia incrociate e i suoi soliti occhi vacui, poi posò lo sguardo attorno a sé con curiosità per la prima volta nonostante fosse già entrata lì dentro, osservandosi attorno: era interessante vedere la camera di Shinichi Kudo, che quasi non si considerava umano e per il quale quindi non si riusciva quasi mai ad immaginare una vita ordinaria.
-Direi di iniziare a parlare di Loro- cominciò Shinichi portando entrambe le mani sotto al mento, concentrandosi -Se vuoi sconfiggere il tuo nemico, devi anche conoscerlo…-
-Da chi cominciamo?- domandò Shiho tornando a porgli attenzione. Gli occhi del ragazzo saettarono sul suo viso repentini e pensosi, poi si assottigliarono un po’ per focalizzare bene l’obbiettivo di quella chiacchierata.
-Gin- rispose soddisfatto della sua decisione -Cominciamo da lui…-
La schiena della 19enne venne percorsa da un brivido incontrollato, repentino e freddo: il solo nome di quell’uomo era capace di risvegliare in lei terribili ricordi…
-Lui è proprio come lo vedi… Spietato, senza un briciolo di umanità, un assassino…-
-Non c’è altro? Non so… Qualcosa che è successo tra te e lui di significativo che possa esserci di aiuto…?- buttò lì il ragazzo senza rendersi conto del grande errore.
Uno dei ricordi peggiori di Shiho Miyano riaffiorò dagli angoli remoti della sua memoria, lasciandola pietrificata mentre le immagini le scorrevano davanti agli occhi come un film…

“Non appena si guardò attorno trascinando il trolley fuori dall’aeroporto, la figura di Vodka fece capolino alla sua vista, sorridendole senza gioia. Inghiottì la saliva con ribrezzo, poi lo raggiunse a passo lento e forzato senza guardarlo nelle lenti scure degli occhiali. Era stata chiamata da Gin poche ore prima: Anokata la rivoleva in Giappone.
I suoi studi in America erano finiti, la 16enne doveva cominciare la sua carriera nell’Organizzazione: gli ordini erano stati fin troppo chiari.
Salì a bordo della Porsche 356A nera come la notte di Gin, sistemò il suo piccolo bagaglio accanto a sé e puntò lo sguardo fuori dal finestrino senza dire una parola mentre Vodka, sorridente, saliva al posto di guida e metteva in moto.
-Fatto buon viaggio, Sherry?- scoppiò a ridere mentre lei taceva, chiudendosi su se stessa e pensando solo al momento in cui avrebbe riabbracciato sua sorella dopo un anno di lontananza e appena 3 chiamate contate.
***
-Questo sarà il tuo laboratorio momentaneo- affermò Vodka sbrigativo spingendola oltre la soglia di una porta in ferro dentro un laboratorio di medie dimensioni che puzzava di chiuso e muffa, e che era quasi del tutto spoglio se non per un tavolo da laboratorio con sopra attrezzature di ogni genere, un divano e una poltrona sgualciti. L’uomo le indicò il tavolo con il capo e tirò fuori dalla tasca interna della sua giacca nera come la pece un biglietto con scritto sopra il nome di un composto. Glielo porse con divertimento, poi sorrise ancora con un ghigno. -Hai 5 ore per preparare quella roba… Anokata vuole una prova delle tue capacità-
Shiho prese il biglietto e lo scrutò con serietà, poi alzò lo sguardo nell’uomo e si rivolse a lui con distacco.
-Dov’è mia sorella?-
-Ahah- Vodka si voltò verso la porta e si avviò fuori dal laboratorio con indifferenza mentre i suoi passi rimbombavano attorno -In missione: vi rivedrete tra tre giorni- affermò prima di incrociare il suo sguardo un’ultima volta, per poi chiudere la porta con forza. Il rumore della serratura che veniva chiusa rimbombò ovunque nel laboratorio in modo secco e metallico, ma a Shiho non importava: si sentiva più sicura lontana da quei tipi.
***
Il composto doveva riposare per all’incirca mezzoretta e poi sarebbe stato pronto, per cui si appoggiò con la schiena alla sedia e rilassò i muscoli contratti delle spalle sospirando e chiudendo gli occhi: avrebbe avuto ancora due ore a disposizione per stare da sola prima che qualcuno si sarebbe ricordato di lei…
Il rumore metallico della serratura la fece sobbalzare con forza dalla sedia, facendola voltare di scatto verso la porta e incrociare per la prima volta dopo un anno gli occhi freddi di Gin. L’uomo dai capelli color platino le sorrise con la sua solita espressione assassina, entrò nel laboratorio silenzioso e chiuse a più mandate la porta, facendo rimbombare ovunque il rumore e rabbrividire la 16enne.
Perché stava chiudendo?
L’uomo in nero si avvicinò a lei con calma, ghignando ancor più quando si alzò in piedi visibilmente agitata.
-Sherry-
-Gin- rispose poggiando una mano sulla sedia e stringendo forte -Hai bisogno di qualcosa?- domandò cercando di fingersi impassibile il più possibile mentre quello si fermava ad un metro da lei.
-A che punto sei arrivata?- chiese indicando con un cenno di capo le provette in cui il composto verde smeraldo si rimescolava come in tempesta. Shiho le guardò solo per un secondo, poi tornò a fissare lui con diffidenza.
-Deve riposare per mezz’ora… Poi sarà completo-
-Bene- Gin fece un altro passo verso di lei, che indietreggiò verso la scrivania cercando di apparire indifferente.
-Dov’è mia sorella?- domandò ancora mentre lui sorrideva.
-In missione-
-Voglio vederla- affermò autoritaria lei facendosi avanti -E’ un anno che non…-
Con un gesto repentino, Gin la afferrò per un polso e la attirò a sé con forza, fissandola deciso negli occhi con aria furiosa.
-Tu non “vuoi”. Tu fai quello che decido io- affermò scandendo bene ogni parola mentre il cuore di lei martellava contro il petto furioso. L’uomo stette in silenzio qualche altro secondo, poi sorrise e le afferrò anche l’altro polso. -Come è andata in America, Sherry?- domandò divertito con tono basso mentre lei inorridiva della sua vicinanza.
-Lasc…- provò a dire, ma le labbra di lui sbatterono violentemente contro le sue, mordendola e gustandola con voracità. I suoi mugugni non servirono a nulla, lui le portò entrambe le braccia dietro la schiena bloccandola e aumentò la passione dei baci, per poi infilarle a forza la lingua in bocca ed esplorare ogni angolo famelico. Quando finalmente si staccò, Shiho fece per urlare disgustata, ma lui la colpì con un violento schiaffo in pieno viso scaraventandola sul divano rosso e sgualcito del laboratorio, lasciandola senza fiato. La ragazza portò una mano alla guancia sconvolta, poi si voltò spaventata verso di lui e lo vide lasciar cadere l’impermeabile nero a terra con gesto secco e avvicinarsi con determinazione al divano, salendole poi addosso con un ghigno.
In un attimo ogni cosa fu chiara e Shiho urlò, per poi trovarsi con la bocca tappata e il viso di lui a pochi centimetri dal suo.
-Ora proveremo a fare un bel giochino da grandi, ti va?- le domandò piano con scherno mentre lei cominciava a piangere disperata e lui si sbottonava i pantaloni -Bentornata a casa, Sherry- disse malefico con aria trionfante prima di cominciare.
***
Le mani di lei tremavano terribilmente, facendo tintinnare tra loro le provette mentre versava il contenuto di una nell’altra. I suoi occhi erano gonfi di pianto e il suo corpo scosso da brividi di freddo e fitte di dolore. Tappò la fiala velocemente, poi la porse a Gin, accanto a lei, senza guardarlo continuando a tremare visibilmente: aveva finito solo pochi minuti prima. Lui la prese soddisfatto tra le dita e la scrutò controluce, per poi annuire. Abbassò il viso sopra la sua spalla e soffiò sul suo collo poche, ma paurose parole.
-Ottimo lavoro, mia cara. Domani giocheremo ancora- posò le labbra sul suo collo -Non vedo l’ora-
Il cuore di Shiho perse più di un battito mentre l’uomo scoppiava a ridere e si chiudeva con forza la porta in metallo alle spalle. La ragazza si lasciò cadere a terra sulle ginocchia e scoppiò in lacrime urlando con tutto il fiato che aveva in gola: era finita, avevano vinto ancora una volta.”

Il dolore che aveva provato, le spinte dell’uomo, i suoi ansimi e gemiti, le sue risate rimbombarono nella sua mente proprio come erano rimbombate in quei momenti attorno a lei, dentro al laboratorio. Udiva ancora in lontananza le sue urla di dolore e di disperazione, ancora sentiva sulle braccia e sul collo le unghie di lui conficcarsi nella carne con violenza per fare bene presa su di lei. Stava tremando proprio come quella volta, sentiva le lacrime premere per uscire.
Shinichi la osservò in silenzio cercando di capire cosa le prendesse, poi le toccò un braccio per attirare la sua attenzione e lei sobbalzò spaventata, quasi credendo di trovarsi Gin davanti. Gli occhi color oceano del ragazzo, però, le fecero capire che era al sicuro, che Gin non c’era e la salda presa di lui sulle sue spalle la rassicurò un po’ mentre il liceale la scrutava serio: Shinichi aveva capito.
-Haibara, sei al sicuro ora- affermò piano e serio stringendo la presa -Non gli permetterò mai più di farti del male. Te lo giuro- aggiunse poi prima che lei annuisse incerta, liberandosi dalla sua presa un po’ brusca per non smentire il suo carattere distaccato.
-Vado un secondo in bagno- mormorò fuggendo a passo spedito dalla stanza con gli occhi del ragazzo puntati addosso. Si chiuse in bagno a chiave e si avvicinò al lavabo specchiandosi nella specchiera enorme scelta dal raffinato gusto della signora Kudo.
Vide una ragazza dagli occhi arrossati scrutarla dall’altro lato e la lasciò piangere in silenzio senza vergogna, mentre anche l’ultimo di quel ricordo riaffiorava repentino…

“-Shiho!- Akemi sorrise correndole in contro mentre lei era di spalle e l’abbracciò cingendola da dietro la schiena -Sorellina, che bello rivederti!- esclamò chiudendo gli occhi e annusando il suo odore familiare che tanto le era mancato, ma quello di qualcun altro le fece sbarrare gli occhi e staccarsi veloce. La 16enne si voltò verso di lei con lentezza, affogando gli occhi colmi di pianto nei suoi e tacendo mentre quella inorridiva associando quella puzza di fumo e colonia datata ad una persona: Gin.
-Shiho…- quella si coprì il viso con le mani come se provasse vergogna e lei l’abbracciò baciandole il capo e lasciando che si rifugiasse tra le sue braccia come un cucciolo impaurito, tremante e singhiozzante. Il cuore le si dilaniò mentre scopriva che il destino toccato a lei anni prima si era abbattuto anche sulla sorella che amava con tutta se stessa.
-Scapperemo da qui, te lo giuro- le sussurrò poi in un orecchio cercando di rassicurarla mentre le carezzava i capelli -Non ci avranno per sempre tesoro, è una promessa: ti porterò fuori da questa dannata Organizzazione, fosse anche l’ultima cosa che faccio-

***
 
Ran non era stata molto di compagnia al karaoke, lo riconosceva. Non aveva fatto altro che alzarsi e guardare fuori dalla finestra la città, con occhi spenti e la mente altrove mentre i tre dietro di lei cantavano e cercavano di coinvolgerla il più possibile.
Ma nulla.
Le piacevano molto quei tre e i loro caratteri esuberanti, specie quelli dei due otaku, ma non riusciva a sentirsi pienamente serena come avrebbe dovuto.
Il peggio fu quando, malauguratamente, Nanako volle cantare “Your best friend” di Mai Kuraki: a quel punto lei aveva preso la sua cartella, aveva chiesto scusa, detto che non stava bene, e tirato dritto fino a casa.
Affondò il viso nelle mani, i gomiti appoggiati sulla scrivania chiara sotto la finestra della sua stanza. Osservò come anche a Komatsu le gocce di pioggia si schiantassero irrimediabilmente sul suolo, sull’erba, sul vetro senza scampo, ascoltando il loro rumore persa in un altro mondo e seguendo la loro scia mentre scorrevano verso il basso.
Shinichi.
Cosa stava facendo? Con chi era? Era davvero in pericolo?
Si maledisse qualche secondo dopo, battendosi un palmo sulla fronte, chiudendo gli occhi e dandosi della stupida.
Pensava ancora a lui? Davvero? Dopo quello che era successo? Quello che l’aveva costretta a fare?
Con nervoso si alzò strisciando la sedia a terra e gettandosi sul suo letto con poca grazia, posandosi una braccio sulla fronte fissando il soffitto bianco che ormai conosceva a memoria. Ascoltò il suo respiro per alcuni secondi, poi chiuse gli occhi cercando di liberare la mente.
Fare i compiti? Non se ne parlava: quella non era la sua scuola e lei non voleva cominciare quella nuova vita. Rivoleva la sua vecchia. Fare i compiti sarebbe stato come arrendersi alla nuova realtà e cercare di riprendere una routine e lei questo non lo voleva affatto.
Una piccola scossa di terremoto fece tremare Komatsu e le fondamenta della sua nuova dimora, muovendo il suo letto come se fosse su un materassino gonfiabile che galleggia sulle onde del mare. Un dolore al fianco la costrinse a spalancare gli occhi e a scattare a sedere, ritrovandosi in grembo un libro dalla copertina scarlatta e consumata.
“Il segno dei quattro” era caduto dalla mensola sopra il suo ventre, colpendola con l’angolo della copertina.
-Dannazione- imprecò la bassa voce prendendolo con disprezzo e fulminandolo con lo sguardo come a volerlo incenerire.
“Sembrava importante quando me lo ha dato…”
La voce di Jodie le rimbombò nella mente per l’ennesima volta, bloccando il suo gesto di portare il libro nuovamente sulla mensola.
Importante.
Osservò la copertina per qualche secondo ed ebbe l’impressione, portandolo vicino al viso, che quel libro avesse il suo odore, la sua essenza.
-Dannazione- imprecò di nuovo Ran rendendosi conto di quanto, ancora, ne fosse attratta: Shinichi era la sua droga per quanto le costasse ammetterlo, la sua ragione di vita.
Prese a sfogliarne le pagine con stizza, cercando di capire perché fosse così “importante”, ma non trovò nulla: nessuna sottolineatura, sarebbe stato un sacrilegio anche solo scriverci sopra con la matita a quanto diceva lui, nessuna orecchia per non perdere una pagina importante, nulla.
Qualche minuto dopo vi rinunciò e sollevò nuovamente il libro per porlo sulla mensola, quando un bigliettino, incastrato dietro l’incollatura della copertina, scivolò fuori repentino cadendo sulle coperte magenta arricciate dal suo peso. La karateka sbarrò gli occhi sorpresa prendendolo in mano quasi tremante, lo aprì e non ebbe dubbi: quella scrittura, un po’ obliqua e ordinata, l’avrebbe riconosciuta tra mille.
Shinichi.
Lesse una serie di numeri rimanendo qualche secondo perplessa.
3-35. 3-79. 3-125 …      
Cosa diavolo…?!
Un codice: certamente, Shinichi Kudo non si poteva smentire, no?
Sbuffò e fu quasi sul punto di gettare libro e bigliettino nel cestino della carta, ma poi qualcosa la trattenne.
Era importante dicevano? Beh, lo avrebbe scoperto: in fondo non aveva più nulla da perdere.
Si alzò dal letto poggiando le piante nude sul fresco pavimento chiaro, si sedette nuovamente alla scrivania con il libro in mano e accese la lampada prendendo un pezzetto di carta e una penna blu. Avrebbe dovuto decifrarlo, era un codice, ma quale criterio aveva scelto Shinichi per formularlo?
Ci pensò su qualche secondo, entrando nella mente di quello che credeva essere la persona che meglio conosceva al mondo, poi provò a buttare già qualche ipotesi.
Il tre si ripeteva per un po’… Corrispondeva forse ad un numero civico? Ad un autobus? Un mese, marzo?
Ma perché inserirlo proprio in quel libro che lui amava alla follia e da cui non si sarebbe mai separato?
All’improvviso, dopo svariate ipotesi, quella giusta si affacciò nella sua mente quasi per caso: se il primo numero si fosse collegato alla pagina e il secondo all’ordine in cui compariva la parola tra le righe…
La ricerca cominciò frenetica: Ran prese a sfogliare l’opera con fretta, ansiosa di scoprire se la sua deduzione fosse corretta.
“-Per scoprire se quello che pensi sia davvero la giusta deduzione, allora non ti resta che provarlo-“ aveva detto Shinichi tempo prima, quando aveva dovuto provare che Aya, la sua compagna di classe che lavorava al supermarket, non era la vera responsabile dei furti che da tempo assalivano il negozio. *Ep 369 ita
Ancora lui, ancora una volta… Era davvero ovunque Shinichi, non poteva negarlo…
Man mano che il tempo passò, una frase si venne a comporre sul foglietto, lasciando la ragazza allibita e allo stesso tempo creandole un moto di rabbia dentro.
“Non sarò con te quando leggerai questo messaggio. Avrei voluto dirti la verità, davvero, ma non ne ho avuto il tempo. O forse il coraggio. I nemici mi hanno in pugno ora. Spero che le nostre vite torneranno presto quelle di prima, ma se dovessi morire… Voglio che tu sappia che ti amo davvero e che per me sei sempre stata importante”
I suoi occhi azzurro-lilla batterono per alcuni interminabili secondi increduli, incapaci di pensare che lui, Lui avesse davvero scritto quel biglietto. Dopo tutto ciò che le aveva fatto, quello che aveva creato…
Si alzò in piedi furiosa, con il sangue che bolliva nelle vene e una gran voglia di prendere a pugni qualcosa. Lanciò il libro nel cestino della carta e conservò il biglietto nel portafogli: lo avrebbe imparato a memoria.
Uscì dalla camera ed entrò nel bagno, chiudendolo a chiave e cominciando a sfilarsi i vestiti dalla testa. Aprì l’acqua della vasca e la fece riempire osservando il livello crescere minuto dopo minuto, per poi infilarcisi dentro trattenendo un gemito quando la sentì scottante sulla pelle. Ma nulla era quello confronto a ciò che aveva dentro.
“Spero che le nostre vite torneranno presto quelle di prima, ma se dovessi morire… Voglio che tu sappia che ti amo davvero e che per me sei sempre stata importante”
Davvero credeva che sarebbe bastato un biglietto? Davvero era così idiota da pensare che con quelle poche frasi avrebbe sistemato tutto?!
Le lacrime salirono repentine agli occhi, bruciando agli angoli come lava bollente, ma lei lottò qualche secondo con se stessa, sentendo la gola ardere per il magone che l’aveva assalita da quando aveva lasciato camera sua.
“Voglio che tu sappia che ti amo davvero”
-Non è vero!- urlò scoppiando finalmente a piangere dal nervoso e affondando il mento nell’acqua -Se davvero mi amassi non mi avresti fatta arrivare fino a qui! Non avresti lasciato a qualcun altro il compito di spiegarmi tutto! Non l’avresti fatto, Shinichi!-
La sua voce rimbombò ovunque nel bagno, ma anche nella casa vuota, mentre i suoi singhiozzi si aggiungevano repentini al tutto.
Non poteva accettarlo, no: non si sarebbe lasciata incantare.
Non stavolta.
Sarebbe partita l’indomani mattina stesso con primo treno per Tokyo: sarebbe andata da lui a chiedergli spiegazioni. Voleva la verità ora. Basta bugie, basta scuse, basta scaricare la responsabilità agli altri, sugli altri.
L’avrebbe affrontata anche se non voleva, perché lei non era un giocattolo o uno stupido detective immaginario: era una persona vera e lui non doveva permettersi di giocare così con lei e con il suo cuore in quel modo disumano.

 
***
 
-E Silver Bullet?- domandò con voce sicura nell’oscurità al suo interpellato preferito mentre quello sorrideva.
-Oh, non credo che lui sappia di essere monitorato 24 ore su 24… Ma si sta mobilitando con la traditrice per arrivare a capo di qualcosa- rispose Bourbon mellifluo mentre sorseggiava dal suo bicchiere il liquore suo omonimo con estrema tranquillità. La figura davanti a lui sorrise maligna, per poi alzarsi in piedi e attraversare la stanza fino ad un mobile in legno intagliato molto pregiato in stile barocco, arrivato direttamente dall’Italia. Aprì un cassetto con le sue dita affusolate e ne estrasse fuori una serie di documenti, tornò alla sua scrivania e poggiò i fogli sopra, per poi prendere una penna e cominciare ad aggiornare le varie voci lasciate in sospeso.
-Il nostro Silver Bullet crede di poterci portare allo scoperto…- affermò sicura la figura sottovoce mentre Bourbon rideva -Ben presto si renderà conto che non è così… Non è vero?-
-Il secondo Proiettile d’Argento si andrà a conficcare in un muro proprio come il primo, non temere-
L’altra persona sorrise e il suo sorriso rivelò il suo incontenibile desiderio di uccidere.
-Faremo fuori ogni proiettile, Bourbon. Così come Rye, anche lui dovrà morire-

 
***
 
Ran ficcò nella borsa di scuola un basco blu jeans, un paio di occhiali da sole scuri, una camicia bianca in morbido cotone, un jeans blu scuro elasticizzato ed un elastico  per capelli. Diede un’occhiata al portapenne e ai libri che aveva tirato fuori dalla cartella e, per rallentare qualsiasi sospetto, li nascose nell’armadio in modo che i genitori non li trovassero entrando in camera, per poi indossare la divisa scolastica tremenda della sua nuova scuola e avviarsi all’entrata come ogni giorno. Si infilò le Converse alte azzurre ed uscì senza degnare di un saluto la madre, che dentro stava lavando le stoviglie della colazione prima di andare al lavoro.
La donna sospirò sentendo la porta di casa chiudersi, ma non disse nulla: in fondo da quando erano a Komatsu, Ran era diventata così ormai. Vivere con lei e Kogoro non era facile, ma in quel periodo, almeno col marito, si era presa una pausa da ogni discussione.
La karateka avvistò la macchina del nuovo agente dell’FBI all’angolo della loro via provando il solito brivido da quando era cambiato 5 giorni prima, poi si avviò tentando di apparire disinvolta verso la via della scuola, sentendo in lontananza il rombo del motore che si metteva in moto per seguirla.
Non erano stati avvisati che l’agente che doveva tenerli sotto controllo sarebbe cambiato, ma ciò non significava nulla: erano stati tenuti all’oscuro di moltissime cose fino a quel momento, no? Quel cambiamento era una di quelle evidentemente.
Ran si destreggiò tra i passanti diretti con frenesia al proprio posto di lavoro, poi svoltò verso sinistra anziché destra, dirigendosi veloce verso la stazione di Komatsu per prendere il primo treno per Tokyo. Una strana sensazione si fece sentire per l’ennesima volta in quei giorni, quando si voltò per controllare se l’auto del nuovo agente le fosse alle calcagna come sempre: da quando quel tipo era cambiato, si sentiva perennemente pedinata e osservata. Il che avrebbe dovuto essere normale, eppure…
Raggiunse in fretta la stazione e ad un certo punto non avvistò più la macchina del tipo, bensì sentì la sua presenza fin troppo vicina a sè e questo non le piacque affatto. Prese a correre destreggiandosi tra le centinaia di persone dirette a prendere il treno con il cuore in gola, lanciandosi furiose occhiate all’indietro e sentendo uno strano rimbombo di passi nella testa. Si stava facendo suggestionare o era tutto vero?
Corse fin dentro la stazione, poi si infilò nel bagno delle donne come una furia, andando nel più nascosto e chiudendocisi dentro a chiave con forza. Appoggiò la schiena contro la porta e chiuse gli occhi, sentendo il fiatone arrancare lungo i polmoni e il cuore battere così forte da farle pulsare le tempie mentre rivoli di sudore scendevano repentini lungo la sua fronte. Doveva calmarsi. Aveva appena iniziato la sua missione!
Aprì con mani tremanti la zip della borsa, poi tirò fuori i suoi abiti e si cambiò in fretta, nascondendo la divisa dentro la cartella e controllando che nella tasca dei jeans ci fossero i soldi che aveva nascosto a casa con cura in modo da non perderli. Legò i capelli in un’alta coda di cavallo, indossò il basco e inforcò gli occhiali sul naso che, data la meravigliosa giornata di sole, sarebbero passati più che inosservati. Ritrovò il respiro regolare e poi uscì dal bagno con discrezione, trovandolo vuoto. Uscita dalla porta principale dei servizi, si guardò attorno senza sentire nuovamente la sensazione provata poco prima, così si avviò agli armadietti della stazione, nascose nel numero 216 la cartella e conservò con cura la chiave in tasca, raggiungendo poi l’area biglietti. Cercò nella tabella il primo treno che partiva per Tokyo, inserì i soldi nella macchinetta e lo acquistò velocemente, correndo poi al binario 13 dato che sarebbe arrivato in meno di due minuti. Riuscì a salire su per un pelo sentendo di nuovo la strana sensazione di pedinamento addosso, e si gettò sul sedile con sollievo non appena le porte si chiusero e il treno cominciò a sfrecciare levitando sulle rotaie a velocità incredibile.
Ce l’aveva fatta.

 
***
 
Alla stazione di Komatsu l’agente dell’FBI sorrise accendendosi una sigaretta nonostante in divieto di fumare e prese dalla tasca il cellulare, digitando un rapido messaggio e spedendolo soddisfatto al numero 969#0858#6261.
“La nostra principessa sente la mancanza dell’argento, proprio come previsto”
La risposta arrivò pochi secondi dopo, chiara e concisa, facendo nascere un malefico sorriso sul voltò del mittente.
“E noi ci faremo trovare pronti per fonderli insieme”

 
***
 
-Anokata è di Tottori?- domandò tastinando al pc il liceale 18enne, beccandosi un’occhiata confusa da Haibara che, al suo fianco, stava facendo altre ricerche sul suo pc portatile portato in camera del ragazzo.
-Perché me lo chiedi?-
-Perché il prefisso inserito da Vermouth quella volta che mi ha rapito era 0858… E se non sbaglio è quello di Tottori- rispose lui alzando le spalle mentre la scienziata ragionava sui suoi ricordi. Tottori… era mai stato nominato dall’Organizzazione?
-Non lo so sinceramente… Quando si nominava Anokata, c’era sempre molta discrezione nel farlo-
-Ma gli altri l’hanno mai visto?- insistette Shinichi, fermandosi a guardarla in viso. Gli occhi in quel momento grigi della ragazza si specchiarono nei suoi e lei impiegò qualche secondo a rispondere.
-Akemi sì, ma io no..,-
-Tua sorella ha visto Anokata?!- esclamò esterrefatto il ragazzo afferrandola per le spalle e trovandosi così a pochi centimetri dal suo viso. Le guance di lei si colorarono appena, poggiò le mani sul suo petto per allontanarlo, ma sentì i pettorali sotto le dita e rimase come paralizzata per alcuni secondi.
Kudo stava diventando un bel problema in quelle condizioni… Con quell’aspetto…
-Non mi ha mai detto nulla- tolse finalmente le mani da lui e si divincolò dalla sua presa con gesto brusco, tornando a tastinare al suo pc con forza -Non avrebbe potuto comunque… è morta qualche mese dopo averlo incontrata e noi non ci siamo più viste né sentite in quel lasso di tempo-
-Merda- mormorò lui passandosi fremente una mano tra i capelli -Se tu avessi avuto qualche informazione in più, a quest’ora…-
-Nulla- tagliò corto Shiho sentendo il cuore tornare normale e riprendendo a respirare regolarmente -Ma posso affermare con certezza una cosa-
-Cosa?-
I loro occhi si fusero nuovamente insieme e un brivido percorse la schiena di Haibara, che deglutì a fatica reggendo lo sguardo serio di lui, troppo serio e concentrato per fare caso alle sue emozioni.
-Anokata ottiene tutto quello che vuole: sempre. E non lascia mai la sua sede da dove controlla ogni cosa. Gin diceva che lui controlla tutto da dove gli altri non possono vederlo: vede anche i più piccoli dettagli di ciò che accade. Penso quindi che Anokata, anche se non sembra…-
-Risieda direttamente nel covo dell’Organizzazione?- finì lui stupito.
Shiho annuì appena, battendo le palpebre spaventata al solo immaginare quel luogo che una volta era il Covo, ma che adesso era cambiato. Sicuramente era stato spostato, ma doveva essere ancora appartato e nascosto agli occhi di tutti…
-Quindi… se trovassimo il Covo, troveremmo anche Anokata? Non è pericoloso per lui? Intendo, risiedere nel Covo con gli altri membri… Se la polizia o l’FBI li seguisse arriverebbe direttamente a lui-
-Anokata ha a disposizione ogni mezzo che gli occorra per la fuga: lui può tutto Kudo, tutto. Forse non ti è chiaro questo…-
-Haibara, è una persona, potente, ma pur sempre una persona: non può ottenere a fare tutto ciò che vuole- insistette Shinichi sorridendole sicuro cercando di tranquillizzarla, ma quella scosse la testa.
-Tu non capisci…- sussurrò lei, quando lui le posò una mano sulla sua, facendola sobbalzare paurosamente. Si voltò di scattò verso il ragazzo ed ebbe un tuffo al cuore incrociando nuovamente i suoi occhi blu come l’oceano. Il cuore cominciò a batterle furioso contro lo sterno e sentì il sangue pulsarle nelle vene forte, rimbombandole nella testa mentre lui sorrideva rassicurante.
-Noi li batteremo, Shiho- disse lasciandola di stucco, prima che lei sentisse il bisogno di avvicinarsi più a lui, di cercare il suo calore rassicurante, il suo profumo al muschio bianco. Shinichi rimase sorpreso quando la vide scattare in piedi e allontanarsi di qualche passo annuendo.
-Sì… Ora…-
-Che ti prende?- domandò preoccupato mentre quella scuoteva il capo.
-Il professore ha deciso di accettare il programma alla fine- annunciò per cambiare argomento mentre la saliva cominciava ad azzerarsi -Lo sapevi?-
Shinichi cadde dalle nuvole e scosse il capo, alzandosi a sua volta in piedi e avvicinandosi nuovamente a lei, che sembrava in seria difficoltà a trattenere la sua voglia di stargli accanto.
-Partirà per Osaka a momenti…- aggiunse un po’ tremante, voltandosi poi verso la porta della camera e uscendo a passo spedito -L’ho convinto io alla fine-
-Brava!- esclamò il detective soddisfatto e gioioso con gli occhi vispi e allegri per la bella notizia.
-Sì- tagliò corto Shiho tornando in sé dopo aver preso un bel respiro -Perciò vado a vedere se le valigie sono pronte… Continueremo il nostro discorso più tardi-
La ragazza scese velocemente le scale e aprì con decisione la porta d’ingresso, uscendo e inspirando a pieni polmoni l’aria fresca di quella mattina presto di maggio. Autocontrollo. Kudo amava un’altra: non c’era posto per lei nel suo cuore.
Prima avrebbe cercato di imporlo a se stessa, prima avrebbe smesso di soffrire.
La porta alle sue spalle si aprì e lei sobbalzò così vistosamente che Shinichi la scrutò stranito, assottigliando gli occhi.
-Chi hai visto?- domandò con tono basso e serio infilandosi il giubbino in pelle, lasciandola qualche secondo confusa mentre si guardava attorno sospettoso. Haibara si mosse in gran fretta sul selciato del giardino scuotendo il capo.
-Piantala di starmi addosso: mi irriti-
-Come sarebbe?!- esclamò lui chiudendo la porta e seguendola verso la casa del dottore, dove Jodie aprì con un sorriso sollevato in viso. I due entrarono dentro e diedero un’occhiata ai borsoni pieni delle cose del professore, che fissò il liceale con sguardo affranto e carico di tristezza. In pochi secondi lo raggiunse e poi lo strinse a sé stritolandolo con le lacrime agli occhi.
-Doc, non respiro!- mugugnò Shinichi rispondendo con qualche pacca all’abbraccio mentre il suo viso diventava viola a causa della poca aria a disposizione nei polmoni.
-Shinichi, ti ho visto nascere! Sei come un figlio per me- piagnucolò l’anziano allentando la presa -Voglio vederti crescere ancora, sposarti, tirarti su una famiglia!-
Il ragazzo ritrovò l’aria e lo guardò sorridendo un po’ in imbarazzo.
-Dottore, non faccia così…-
-Non fare cavolate, ragazzo mio, ti prego!- insistette il dottore -Prudenza figliolo-
-Stia tranquillo, professore- lo rassicurò Shinichi col suo sguardo furbetto, ma responsabile allo stesso tempo -Non mi farò atterrare: vinceremo noi questa battaglia-
Il vecchio annuì scompigliandogli i capelli, poi si voltò verso Ai e le sorrise paterno, andando ad abbracciare anche lei. La ragazza rispose dapprima fredda, poi si sciolse abbastanza, ignorando le occhiate divertite di Shinichi.
-Non fargli fare cavolate, Ai-kun. So che tu sei più responsabile di lui- le sussurrò ricevendo un piccolo cenno di capo come risposta mentre scioglievano l’abbraccio. Shinichi nel frattempo si avvicinò all’agente dell’FBI e ne approfittò per parlarle.
-Jodie-san-
-Dimmi, Cool Guy-
-Ha notizie di Ran?- domandò lui un po’ incerto, tentando di mostrarsi comunque abbastanza distaccato dalla faccenda: l’emotività non era da Shinichi Kudo.
-Nulla… Per cui penso non ci siano novità. Abbiamo un nuovo agente che li sta seguendo, un tipo attento mi hanno detto. Appena saprò qualcosa al riguardo…- Shinichi annuì, per poi sbarrare gli occhi al ricevere la notizia successiva -Piuttosto, volevo parlarti di Hattori…-
-Hattori? Mi dica- disse agitato lui annuendo e tirando fuori le mani dalle tasche.
-Sta venendo a Tokyo… Non ha accettato il programma e vuole capire che sta succedendo da vicino- affermò con un sospirò la donna, mentre il colorito del detective dell’est diveniva simile a quello di un lenzuolo.
-Sta scherzando, spero!-
-Magari…-
-Ma… Non potete permetterglielo! Avvisate i suoi genitori! Si rende conto del pericolo…?-
-Noi sì e anche lui: ma sta arrivando comunque, Cool Guy. Sapevamo che non avrebbe accettato, no? Non possiamo coinvolgere anche i suoi genitori, o dovremmo a loro volta inserirli nel programma e ci sono già abbastanza persone coinvolte- l’agente si avvicinò alla porta e prese un borsone del Doc mentre quest’ultimo si impossessava dell’altro e usciva con lei di casa. Shinichi li vide salire in macchina, diretti all’aeroporto per prendere il volo Tokyo-Osaka, con gli occhi fissi davanti a sé e uno strano presentimento che gli attanagliava lo stomaco.
Avrebbe dovuto immaginare che quel pazzo testardo si sarebbe catapultato lì senza la minima prudenza, lo conosceva bene.
-Non dirmi che non te lo aspettavi?- domandò Shiho arrivando al suo fianco con le braccia incrociate, rivolgendogli una lunga occhiata con il suo sguardo grigio ghiaccio in attesa di una sua risposta. Lui si voltò e sospirò alzando gli occhi al soffitto, passandosi una mano tra i capelli.
-Sì, ma speravo ancora nel suo buon senso… Che a quanto pare non è mai esistito, però. O forse è andato a farsi fottere…- sospirò mentre le note di Nanatsu no ko gli rimbombavano ancora nella mente, poi si voltò verso la ragazza dando un’occhiata all’ora.
-Avevamo deciso che non avremmo sprecato nemmeno un minuto con le mani in mano, ricordi? Approfittiamo del tempo che abbiamo prima del suo arrivo per svolgere qualche altra ricerca…- la scienziata alzò un sopracciglio incrociando nuovamente le braccia al petto, sopra la maglietta in cotone rosa pastello che quasi non le si addiceva: i vestiti che aveva comprato in fretta e senza troppa attenzione qualche giorno prima, dato che era quasi totalmente senza, erano semplici e femminili, di colori chiari e delicati.
-Finalmente Kudo Shinichi ha deciso di tornare a fare il detective- disse ironica mentre l’altro sbuffava -Cosa hai in mente?- domandò poi interessata con il suo solito tono atono e molto più adulto ora che era 19enne. Il ragazzo si strinse nel giubbino in pelle nera e le sorrise indicandole il suo, appeso all’attaccapanni, color beige chiaro.
-Si va al California Hotel: avranno lasciato delle tracce sul luogo, non credi?- domandò sicuro, inclinando la testa di lato e facendole l’occhiolino mentre gli occhi di lei si sbarravano un po’ sorpresi.
Perché quel ragazzo aveva quel dannato effetto su lei, ora?
Qualche secondo dopo, la ragazza sorrise e chiuse gli occhi, portando le braccia lungo il corpo e avvicinandosi all’attaccapanni. Prese il giubbino e lo infilò con lentezza, piazzando il cellulare dentro la tasca sinistra e poi rivolgendo lo sguardo verso di lui.
-Non sono tipi da lasciarsi tracce dietro… Ma non abbiamo nulla di meglio da fare, no? O forse hai qualche altra idea?- affermò ironica mentre lui alzava gli occhi al cielo con un sospiro un po’ esasperato.
-Andiamo-
Raggiungere l’hotel fu abbastanza veloce col taxi che avevano preso strada facendo, dopo aver capito che i mezzi pubblici non sarebbero stati la soluzione migliore a quell’ora del mattino, in cui tutta Tokyo si avviava in fretta al lavoro. Shinichi alzò lo sguardò oltre il vetro del taxi assottigliando gli occhi mentre uno strano ricordo si affacciava nella sua mente…

“-Il tassista non sarà contento se gli bagni tutti i sedili!- affermò esasperato mentre lei gli sorrideva serena infilando la mano nella tasca della salopette marrone. Ne tirò fuori un fazzoletto e glielo sventolò sotto il naso sicura di sé.
-Non preoccuparti, li asciugherò con questo prima di scendere- affermò prima che l’aria proveniente dall’esterno le sfilasse il quadrato di stoffa dalle dita.”**

-Kudo- Shiho lo scosse per una spalla, guardandolo interrogativa quando lui le rivolse uno sguardo sorpreso. -Saremmo arrivati- disse alzando le spalle in risposta alla sua muta domanda: -Che succede?-
Shinichi pagò il taxi senza voler sapere ragioni di dividere il prezzo con la scienziata, poi scese dal mezzo osservando l’edificio con aria assorta: il retro che dava sulla piscina aveva ancora le finestre rotte e i muri bruciati, sia dall’esterno che dall’interno, ma il resto dell’hotel era del tutto agibile. Gli inservienti andavano avanti e indietro senza sosta, pulendo e ordinando alla perfezione ogni particolare mentre i clienti cominciavano a scendere nel ristorante enorme e di lusso per la prima colazione. Per qualche secondo il liceale riportò alla mente il momento il cui era esplosa la bomba che corrispondeva al “tremolio” dell’indovinello, poi si sentì chiamare una seconda volta dalla voce della socia, che lo fulminò stavolta senza mezze misure.
-Oh, ti vuoi dare una svegliata?- lo rimproverò avviandosi scocciata verso la hall, dove una ragazza in tailleur viola e chignon le sorrise cordiale. Shinichi la seguì in fretta, dimezzando la distanza tra loro, poi rivolse un cenno di saluto alla donna cercando di apparire il più possibile educato e discreto.
-Buongiorno-
-Buongiorno-
-Desiderate prenotare? Una matrimoniale?- domandò lei cominciando a tastare sul computer per controllare quali stanze fossero libere mentre le gote del liceale si coloravano un po’.
-No no, ma le pare?! Nulla di simile…!-
-Vogliamo porle alcune domande- si intromise Haibara scoccandole un’occhiata severa e velenosa -Stiamo per entrare nel mondo del giornalismo e abbiamo un compito da sostenere per essere ammessi che consiste nello scrivere alcuni scoop. Cosa sa dirci sulla festa organizzata all’incirca una settimana, dieci giorni fa?-
Shinichi si voltò verso la ragazza sorpreso per l’idea geniale, poi si riprese, tirò fuori il suo taccuino per appuntare ogni dettaglio e si fece serio, rientrando finalmente nel suo ruolo di detective. La donna in tailleur sbarrò gli occhi sorpresa, poi portò una mano sotto al mente alzando gli occhi verso destra.
-Dunque… Non sappiamo molto nemmeno noi di quella festa. Non abbiamo mai visto chi l’ha organizzata: abbiamo ricevuto tutti i dettagli per telefono e per via email- il liceale scattò all’erta, appuntando ogni parola con velocità e precisione -Era un uomo… Giovane mi hanno detto, ma io non ho parlato con lui personalmente. Non ha badato a spese e ha dato ogni singolo ordine con sicurezza: sembrava che sapesse perfettamente cosa volesse…-
-A che nome ha organizzato tutto? E gli invitati? Sugli inviti c’era il logo del vostro hotel…- Haibara assottigliò gli occhi, tenendo bene a mente le domande da fare senza “tradirsi”.
-Mi faccia pensare…- la donna strinse gli occhietti scuri dietro lo spesso strato di mascara -Mouro Taro… Sì, si chiamava proprio così!- esclamò soddisfatta -Per quanto riguarda gli inviti, ha fornito la lista con i nomi degli invitati e l’ha spedita all’hotel che ha provveduto ad avvisare tutti con la proprio carta intestata-
Haibara e Shinichi vennero percorsi da un brivido lungo la schiena e si guardarono per alcuni secondi in silenzio, leggendo sui propri volti i veri significati di ciò che avevano appena scoperto.
-Cos’altro sa?!- domandò un po’ aggressivo lui battendo poi i palmi delle mani sul bancone, mentre la consapevolezza che tutto, nei minimi dettagli, era stato creato apposta per loro, cresceva ogni secondo che passava. La donna fece un passo indietro scuotendo il capo sorpresa mentre una ciocchetta scura scappava dallo chignon.
-N-nulla… Questo è tutto ciò che sappiamo…-
-Il motivo del ricevimento?-
-Voleva organizzare una festa, tutto qui… Che altro motivo dovrebbe esserci?- ribatté lei, portando poi una mano sotto il mento agitata -Ma voi siete davvero dei giornalisti?-
-Sì- tagliò corto Haibara fulminando Shinichi che, accanto a lei, fissava il pavimento con un rivolo di sudore che, repentino, gli solcava la fronte dal nervoso. Il telefono dell’hotel squillò e la ragazza afferrò il braccio di lui allontanandosi dal bancone mentre la donna andava a rispondere ancora incerta. Shiho la seguì con lo sguardo e aspettò che si allontanasse lasciando la reception scoperta dopo aver detto al suo interlocutore: -Lo so che è mattina ma qualcuno deve stare al bancone… Ok, ma solo un paio di minuti, ok?-
-Fammi da palo- sussurrò Shinichi a alla ragazza mentre quella lo guardava sorpresa, comprendendo il suo piano con un paio di secondi di ritardo. Lui si fiondò immediatamente al posto della donna, entrando nei documenti del computer con velocità e cercando tra le cartelle il suo obbiettivo.
-Sbrigati- mormorò Shiho guardandosi attorno con discrezione, mentre solo qualche cliente passava ignaro davanti a loro, mezzo intontito dal sonno.
-Sto facendo più in fretta che posso- rispose lui stizzito, per poi assottigliare gli occhi alla vista della cartella “Mouro-sama”. -Bingo- sussurrò soddisfatto trovando all’interno un’altra cartella “Lista invitati” e aprendola con rapidità. Scorse i nomi in ordine alfabetico, poi premette F3 e fece spuntare la barra “ricerca parole”, inserendo dentro il nome “Kudo Shinichi”. “Nessun risultato” recitava la scritta spuntata fuori dopo “Invio”, e il ragazzo chiuse il tutto con velocità, tornando al fianco della socia e seguendola a passo spedito fuori dall’hotel appena qualche secondo prima che la donna in tailleur tornasse.
Qualche metro fuori dall’edificio, scosse la testa all’occhiata di Shiho e sorrise nervosetto.
-Il mio nome non c’è proprio come immaginavamo… Hanno spedito il mio invito personalmente, inserendo loro l’indirizzo e il bigliettino a parte. Il proiettile d’argento sul tavolo era proprio per me-
-Ovvio- rispose Shiho -Ecco le conferme ai nostri dubbi…- aggiunse con tono un po’ agitato, avviandosi in strada a passo spedito mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere sull’asfalto, riempiendolo di macchioline d’acqua sporca.
-Anagrammano anche il proprio nome ora… Si stanno davvero divertendo alle nostre spalle, Haibara-
-Come se non l’avessimo riconosciuto- la ragazza si abbottonò la giacchetta fino al collo, stringendovicisi dentro il più possibile dato il vento freddo che tirava in vista dell’imminente tempesta. -Mouro Taro = Amuro Tooru-
-Già- finì Shinichi, prendendo poi a correre per le vie mentre l’acqua scendeva ora a secchiate, infradiciandoli fino al midollo mentre la puzza di umidità si insinuava a fondo nelle loro narici insieme allo smog e alla polvere sottile delle auto.

* Ep 369 ita
** Ep: Shinichi a New York


Mangakagirl's Corner:
OLèèèèè! 
Minna Konnichiwa xDDD Sono tornata presto perchè l'altro capitolo era troppo banale! u.u
Posso dire che sono moooooolto soddisfatta di questo invece? *--*
E' il mio preferito e il più lungo della storia e... Direi che ne succedono di cose, eh? xD
FINALMENTE è arrivata quella dinamicità che mancava finora ^^
Allora allora... Codici cifrati, flashback legati al passato, nuove scoperte, trditori in vista, detective che tornano all'attacco... Ho dimenticato niente? .-.
Per quanto riguarda Haibara e Gin: io sono sicura che quel verme le abbia fatto qualcosa e penso proprio che quel qualcosa sia accaduto come ho scritto. Povera stella :(
Per quanto riguarda il suo rapporto con Shin... Beh, resistere non può resistere o sarebbe aliena, ma sono soci e collaborano proprio come tali, no? :)
Ran, il codice di Shin e il suo ritorno a Tokyo: chi diceva che era una lagna? LOL Chi sosteneva che non poteva risolvere il codice?? u.u L'ho elaborato su una versione PDF trovata sul web, per cui se provate con altre versioni ovviamente non coincideranno le parole ai numeri perchè sono traduzioni diverse :S
Dicevo? Ah sì! Ran prende la situazione in mano! Vai così Ran!
Shinichi torna ad fare il detective e cosa si scopre? Beh, l'Organizzazione ha pensato a tutto nei minimi dettagli u.u
I dialoghi tra Anokata e Vermouth e Bourbon vi piacciono? *-*
Hattori non accetta il programma e Agasa sì: ho invertito i ruoli ^^
Beh, non vi trattengo oltre, ma voglio le vostre recensioni, i vostri pensieri, ditemi TUTTO! *--*
Grazie a tutti come sempre <3
Al prossimo capitolo in cui i due, finalmente, si incontrano e... Scatenate l'Inferno.
Mangakagirl!!!

 
  
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