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Autore: Firefly137    20/11/2013    0 recensioni
Forse questa non è la categoria più opportuna per inserire questa storia, ma se ne leggerete tutti i capitoli capirete quanto questa storia non abbia un genere, ma meriti di essere raccontata.
Giulia è diversa da tutti, eppure guardando dentro di noi tutti ci accorgeremmo di avere almeno un pezzo di lei. Alessandro è quel pezzo mancante per completare il puzzle della sua esistenza ed insieme il collante per tenere tutto unito. Acconsentirà il destino a lasciare che tutto resti unito o deciderà di distruggere ogni cosa?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo giorno di scuola superiore.
“Solo mille giorni è tutto finirà.” pensai.
Facile a dirsi, un po’ meno a farsi.
Come ad ogni occasione importante della mia vita, ero arrivata in ritardo.
Non che fosse colpa mia, era mia sorella che ci aveva impiegato la sua consueta eternità per prepararsi.
Purtroppo dovevo andare in motorino con lei.
Come avesse fatto mia sorella a prendere il patentino? Restò sempre un mistero.
Andava veloce come un razzo, senza curarsi più di tanto di segnali o simili.
Si lamentava sempre di quel vecchio motorino rosso dicendo di voler subito guidare un’auto.
L’unica cosa buona di tutto quel discorso era pensare che l’anno dopo io avrei preso il patentino e quel piccolo mezzo rosso che in realtà apprezzavo più di lei.
Arrivammo a scuola proprio mentre stava suonando la seconda campanella.
Vanessa mi mollò lì dicendo che doveva occupare un posto nei banche di dietro in classe. Le quarte e le quinte avevano un’altra entrata.
Io invece da quanto avevo capito dovevo andare in auditorium per il discorso del preside e di vari insegnanti a quelli del primo anno.
Peccato che non sapessi neanche dov'era l’auditorium.
Entrai nella scuola, immergendomi nel bianco dell’atrio.
Era molto spazioso e c’erano anche i distributori di merendine.
Avevo una fame pazzesca, non avendo mangiato niente per colazione e molto poco il giorno prima.
Nell'atrio c’era un solo ragazzo, che stava prendendo qualcosa ad uno dei distributori.
Anche se era girato lo riconobbi subito. Era Alessandro.
Probabilmente tutti erano già in auditorium ed io non volevo fare la figura di quella che arriva quando ormai tutti si erano già seduti.
L’unica era chiederli una mano, ma non avevo alcuna voglia di parlarli.
Non ci fu bisogno della mia iniziativa, perché appena lui afferrò la barretta di cioccolato ed il resto del suo acquisto si girò e mi guardò con il solito sorriso paragonabile solo all'alba.
<< Ero certo che ci saremmo rivisti, ma non immaginavo che succedesse così presto.>>
Ok, ormai era successo, ora non mi restava altro che chiederli la direzione per l’auditorium così da potermi dileguare.
Gli lo chiesi e lui si avvicinò prima di rispondermi.
<< Veramente è nell'edificio qui affianco. Ti accompagno.>>
<< Non dovresti entrare in classe?>>
<< Hanno già fatto l’appello. Ho detto che sarei andato a prendere qualcosa alle macchinette, ma la De Luca mi conosce, sa che intendevo che starò fuori per una ventina di minuti.>>
“Bene è anche uno sfogliato casinista.” pensai tra me e me.
Mi accompagnò fuori dalla scuola e mi indicò un punto del cortile, accanto al bar della scuola.
<< Io ed i miei amici siamo lì alla ricreazione, se vuoi raggiungerci…>>
Non capivo quello che provavo. Da una parte ero quasi commossa da come Alessandro si stava comportando con me, ma dall'altra restavo vigile per paura di una fregatura, dato che tutto stava assumendo dei contorni irreali.
Arrivati all'auditorium entri senza far rumore, salutai con una mano il ragazzo e mi sedetti alla prima poltroncina libera che trovai.
Il preside aveva già iniziato il suo discorso.
L’assemblea di accoglienza andò avanti per quasi un’ora, in cui il preside Galli ed alcuni prof fecero discorsi per tranquillizzarci, si fece l’appello di tutte le classi e si parlò in breve di come funzionava un liceo classico.
Io stavo quasi per addormentarmi, però a tenermi sveglia ci pensava il rumorino del gioco sul telefono che con impegno stava svolgendo il mio vicino di posto. Per fortuna non era in classe con me.
Dopo tutto questo il professore incaricato, un certo Conte, di accompagnò in classe che era al primo piano dell’edificio dov'ero entrata prima.
Ci disse che per quel anno ci avrebbe insegnato italiano e storia. Sette ore alla settimana con lui.
Infondo non era così male: sulla quarantina, alto, capelli neri, occhi nocciola.
Non fui così fortunata per il compagno di banco.
Finii accanto ad uno dei classici secchioni dagli occhiali spessi come fondi di bottiglia  che seguiva ogni discorso del prof e non provò neppure a rivolgermi la parola.
Arrivò la ricreazione. Tutti si alzarono emozionati solo dal fatto di dover scendere in cortile. Infondo era una grande novità per noi, che alle medie dovevamo sempre restare in classe (anche se c’era chi girava per la scuola, seppur senza permesso).
Ora cosa dovevo fare?
Andare da Alessandro? Restare lì da sola in classe?
E’ incredibile come una scelta così banale può cambiare totalmente un’esistenza. 
  
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