E ogni tanto ti rivedo, ti rivedo che sculetti per la stanza, agitandoti sulle note di una qualsiasi canzone del tuo 'Renatino', mentre a squarciagola intoni le parole della canzone.
Ti rivedo mentre prendi il barattolo del miele e mi porgi un cucchiaino.
Ti rivedo che mi porti a spasso per il paese con la carrozzina, anche se non ho il minimo ricordo di quei momenti.
Ti rivedo nelle canzoni della Nannini, che mi riportano inevitabilmente a te.
Ti rivedo in mia madre, nei suoi occhi. E nelle lacrime della nonna.
Ti rivedo nelle foto di quand'ero bambina, dove mi stringevi talmente forte che sembrava avessi intenzione di non abbandonarmi mai.
Ti rivedo perfino ad occhi chiusi, quando vorrei non pensare a nulla e tu invece sei lì.
Ti rivedo per la strada, in tutte quelle donne un po troppo magre, con il tuo stesso taglio di capelli.
Ti rivedo seduta al tavolino con me, quando m'insegnavi ad usare la tua macchina da scrivere o quando, pazientemente, mi lasciavi vincere a 'nomi, cose e città'.
Ti rivedo a Natale, quando litigavi con il nonno.
Ti rivedo davanti alla gioielleria, quella dove decidesti di comprarmi il mio primo orologio d'oro. E poi ti rivedo in quell'orologio.
E infine ti rivedo in quel letto d'ospedale, quello dove il 19 giugno del 2009 venni a trovarti per l'ultima volta. Quello dove il giorno dopo saresti morta.
E ti rivedo nella morte, in una morte lenta e dolorosa. Ma anche paziente. Perché ti ha dato la forza di aspettarmi fino all'ultimo. Ti ha dato la forza di rivedermi. Perché, dopo che te ne sei andata, sono riusciti a farmi capire che hai tirato così tanto per le lunghe nella mia attesa. (Ero così vigliacca da non volerci venire, in ospedale.)
Però mi hai rivisto, un'ultima volta prima di cedere.
Se lo avessi saputo, avrei aspettato ancora un po.
Forse aspetterei ancora.