Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: elyxyz    21/11/2013    18 recensioni
TRAMA: Arthur trova davanti a casa un cane abbandonato e la sua amica Gwen gli consiglia un veterinario di nome Emrys.
“Ma che cazzo…?” si lasciò sfuggire, appena messo piede nel vialetto, stringendo le palpebre per mettere a fuoco – fra la pioggia, la nebbia e le tenebre della sera – osservando la massa informe sul suo tappeto ‘welcome’ sotto al porticato buio. Un topo! Un dannato sorcio davanti alla sua porta!
(...) Brandendo l’ombrello rotto come avrebbe fatto un cavaliere medievale con la propria spada – o come un poliziotto con uno sfollagente – si avvicinò risoluto.
E fu allora che si accorse che il topo non era un topo.
Cioè… era un topo
, ma un topo-cane.
Lo stesso topo-cane che ora guaiva e scodinzolava verso di lui, grondando pioggia e bava sul suo tappeto immacolato.
[AU!Fic Merthur. Accenni ArthurxVivian nel passato. - 12 capitoli in totale, storia conclusa.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Waiting for you

Perdonate il ritardo. ç_ç

 

 

Doverosamente dedicata al cucciolo d’uomo che mi renderà presto una zia orgogliosa.

Un pensiero speciale a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A chibimayu, katia emrys, Eresseie93, misfatto, Barby_Ettelenie_91, elisabethy92, DevinCarnes, FlameOfLife, Raven Cullen, Burupya, Orchidea Rosa, crazyclever_aveatquevale, mindyxx e _Serendipity_.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

 

Waiting for you

 

 

 

Capitolo V      

 

 

Non era giusto. Ecco.

Quella era una responsabilità troppo grande e lui non si sentiva pronto ad assumersela.

Come cazzo pretendeva di stravolgergli la vita, quel dannato sacco di pulci?

E quel Dumbo da strapazzo?!

 

Arthur ingoiò un ansiolitico senz’acqua (giusto per scrupolo) e poi mise in moto l’auto.

 

Il dottor Emrys lo aveva infinocchiato per bene, altroché!

Gli aveva fatto promettere di posticipare ogni scelta a lunedì, e di godersi il weekend. Sì, certo. Come no?

 

Si era anche offerto, ad onor del vero, di prestargli tutto il materiale occorrente per il soggiorno temporaneo della cagnetta, ma Arthur aveva rifiutato, perché non voleva passare per uno sporco spilorcio né vivere di carità della gente.

 

“Allora posso consigliarti il Pet Shop all’angolo, si trova in fondo al viale! Di’ che ti mando io, ti faranno lo sconto!” gli aveva suggerito, stilando un breve elenco del necessario, prima di congedarlo.

 

Evidentemente, però, si era scordato di riferirgli che il negozio non faceva orario continuato di sabato e che non avrebbe riaperto prima di un paio d’ore abbondanti.

 

Arthur fulminò con lo sguardo il cartellino ‘CHIUSO’ appeso sul vetro, imprecò tra sé e sbatté la portiera.

La cagnetta guaì in risposta, pertanto le lanciò un’occhiata di scusa.

 

Oh, al diavolo! Sarebbero tornati a casa e lui avrebbe trovato un’altra bottega altrove!

 

 

***

 

 

Arthur non sapeva perché era finito lì.

Non l’aveva fatto di proposito, beninteso. Aveva semplicemente guidato in maniera distratta, lasciando i pensieri vagare per conto loro, innestando quasi il pilota automatico.

Quella zona periferica di Londra non gli era affatto familiare, tutto prati e colline. E insetti fastidiosi. No, decisamente non era il suo ambiente.

 

I cancelli di Black Hill si stagliavano a pochi passi, oltre il marciapiede dove aveva accostato.

La vecchia recinzione era malandata, rattoppata in più punti alla bell’e meglio.

C’era un costante abbaiare di sottofondo, e le voci di alcuni volontari che dedicavano un po’ del loro tempo per rendere meno straziante il soggiorno degli animali lì dentro.

 

Arthur si prese un momento per sondare tutto il posto. Poi osservò la targhetta del luogo, sbiadita e col colore scrostato.

Un improvviso disagio lo colse. Come qualcosa di sopito, di fastidioso. Un vago senso di malessere nascosto dietro una porta socchiusa della mente.

Ricordò improvvisamente una cosa che aveva dimenticato.

Quand’era solo un marmocchio, una sera suo padre lo aveva minacciato di mandarlo a dormire fra le cucce di Black Hill, se non avesse smesso di frignare all’istante.

L’Arthur di allora non sapeva cos’era Black Hill, ma il nome Collina Nera non gli piaceva neanche un po’. L’Arthur di adesso era dello stesso parere.

 

Riaccese la macchina e – per una qualche forma di perverso autolesionismo – fece il giro completo della decadente proprietà. Arrivato al punto di partenza, lanciò uno sguardo alla cagnolina nella scatola. Lei scodinzolò, di rimando.

Arthur diede gas, sospirò e andò via.

 

 

***

 

 

Il telefono squillò un’infinità di volte, prima che qualcuno si decidesse a rispondere.

Hello!”

 

Gwaine?”

 

“Oh, Principessa!”

 

Gwaine!

 

“Sì, capo?” ritentò l’uomo, fingendosi deferente.

 

“Ho un lavoro per te…”

 

Ma che cavolo! È sabato pomeriggio!”

 

“E tu sei ancora in ufficio perché cazzeggi tutta la settimana e i tuoi arretrati sono più alti del Big Ben!”

 

“Non infierire, ti prego…”

 

“Infierisco eccome! Sono il tuo fottuto capo!”

 

“Tiranno…” smozzicò l’uomo, a mezza bocca.

 

“Ci sento, sai?” sibilò Pendragon, in risposta.

 

“Dimmi cosa ti serve, e facciamola finita”, s’arrese.

 

Arthur sorrise interiormente. Gwaine O’Green era uno dei suoi più cari amici e un fancazzista ad oltranza; era contemporaneamente una spina nel fianco e una persona su cui poter contare ciecamente (quando non era ubriaco fradicio – il che, purtroppo, capitava abbastanza spesso).
“Ti sto per inviare una foto-”

 

“Dimmi, ti prego, che sarà di una bella gnocca tutta curve e chioma fluente!” lo interruppe Gwaine, supplicandolo con un tono querulo da bambino viziato.

 

“Sulla chioma fluente ci siamo!” confermò Arthur, ghignando fra sé.

 

“Oh! Grazie al cazzo! Finalmente hai superato la cosa di Viv e ti sei rimesso in caccia! Com’è la volpetta? Eh? Eh?!

 

“È una cagna pelosa”, sibilò Pendragon, ancora suscettibile nel sentire il nome della sua ex.

 

“Eh?” la voce tentennò. “Suvvia, Principessa! Non è da te essere così scurrile su una donna! Ma… aspetta… hai detto ‘pelosa’?! Arthur! Che cazzo di gusti che ti ritrovi!” lo biasimò.

 

Arthur fu colto da uno strano déjà vu. Da quando Gwaine saltava alle conclusioni come Gwen?

“No, idiota! È proprio un cane. Femmina”, specificò. “Sto per mandarti una sua foto col cellulare. Voglio che prepari un volantino di ritrovamento, con tutti i dati che ti invierò nel messaggio”.

 

“Quante copie?”

 

“Direi… cento? Uhmm… no, meglio cinquecento. E pretendo che tu muova il tuo culo pigro e che vada ad attaccarli nella mia zona residenziale e nei dintorni”.

 

“Schiavista!” ruggì Gwaine, per protesta, anche se sapeva che sarebbe stato inutile. “Perché non lo fai da solo?”

 

“Perché non verrò in ufficio e non voglio che associno questo volantino al mio nome, anche se c’è lì sopra il mio recapito. Sono nuovo della zona e non conosco ancora nessuno…

 

“Detto tra noi, hai fatto di tutto per non fare conoscenze!” gli appuntò l’amico.

 

“Sì, beh… non voglio trovarmi davanti a casa una coda di madri single, vecchie disperate o gay disponibili…”

 

“Hai proprio una bella cagna da pelare!” ironizzò Gwaine.

 

“Il tuo umorismo è davvero di bassa lega…” lo compatì Pendragon. “Mandami un prototipo via fax e poi datti da fare”.

 

“Agli ordini, Vostra Maestà!” Scattò sull’attenti, anche se Arthur sapeva che quell’idiota si stava divertendo a sue spese. “Ma… Principessa? Cos’è questa cosa del cane?”

 

“Muoviti e mantieni il segreto! In cambio, ti perdonerò quando lunedì arriverai tardi in ufficio”.

 

“Come fai a sapere che ritarderò?!” chiese, piccato, accantonando la curiosità.

 

Gwaine, non ti ho mai visto un solo giorno puntuale, da che ti conosco…

 

“Sì, beh…” mugugnò O’Green, senza una solida protesta. “Vado a rendermi utile…” e chiuse la telefonata.

 

Arthur inoltrò i dati e si stravaccò sul divano, esausto dalla notte insonne e in parte provato dalla crisi di poco prima, mentre la cagnolina mordicchiava il giochino che il dottor Emrys aveva dimenticato nello scatolone (anche se lui sospettava che non fosse stata una vera e propria dimenticanza…).

Bene, si disse. Aveva seguito il primo consiglio di Merlin per trovare quel padrone disgraziato. Ora non restava che rifare un giro dell’isolato e vedere se – con più fortuna di quella mattina – avrebbe forse incrociato qualcuno. Magari fra cinque minuti, giusto un attimo per riposare le palpebre pesanti… sì, un attimo, si convinse, stiracchiandosi, rilassando la muscolatura. E mentre cedeva al sonno, un pensiero confortante prese corpo… avrebbe sempre potuto infilare la cagnetta in un cesto di vimini e consegnarla alla riva del Nilo, come Mosé alla porta del suo vicino. Come un ladro, di notte.

Con un bel fiocco e un grazioso bigliettino “Adottami” di accompagnamento.

 

 

***

 

 

Arthur si destò assaporando uno stato di beatitudine tra sonno e veglia che francamente gli sembrava di non aver provato da secoli.

Si crogiolò languidamente col silenzio assoluto della casa, con la quiete immobile e il piccolo peso che gli schiacciava il fianco. Allungò una mano ed era morbido e caldo, palpitante contro le sue dita.

Sollevò lentamente la testa e trovò Aithusa che dormiva col musetto sul suo stomaco, il corpicino pigiato contro di lui.

“Ehi…” sussurrò, d’istinto.

 

Subito il cane sollevò il tartufo e, con una mossa imprevedibile, si arrampicò su di lui, leccandogli la faccia a tradimento.

 

“Ehi!” sbottò allora Arthur, di colpo del tutto sveglio, afferrandola per i fianchi per allontanarla da sé.

La cagnetta, per nulla indispettita, si mise a scodinzolare, mugolando.

 

Lui la depose a terra, con un’espressione da ramanzina pronta.

“Chi ti ha dato il permesso di salire sul divano, eh?” l’interrogò, retorico, ma Aithusa abbaiò di rimando, con tutta l’intenzione di rispondergli a tono.

 

Arthur sorrise suo malgrado.

“Seriamente, signorina, dovrò insegnarti come ci si lava i denti, sai?” la canzonò, strofinandosi distrattamente la guancia piena di bava. “Sempre che io non muoia per qualche infezione fulminante prima… ma Merlin ha detto che sei sana, quindi…

 

Aithusa abbaiò una seconda volta, correndo poi verso la porta d’entrata.

 

“Pipì?” suppose l’uomo, afferrando il soprabito e le chiavi. “D’accordo, tanto il giro era già programmato…

 

Controllando il cellulare, si accorse delle cinque chiamate perse da parte di Gwaine. Velocemente afferrò il fax arrivato e, dopo averlo letto, gli rispose digitando un messaggio di approvazione.

 

 

***

 

 

Il tentativo si era rivelato un buco nell’acqua ma, dopo i discorsi che gli aveva fatto il veterinario, non si era fatto troppe illusioni a riguardo.

La cosa che invece lo aveva piacevolmente stupito era stato il comportamento di Aithusa.

Per portarla a spasso non era servito un guinzaglio (che, per inciso, ancora non aveva, poiché quel venditore idiota non faceva orario continuato): lei se ne stava rigorosamente affiancata alla sua gamba, come un perfetto soldatino addestrato.

 

Nella zona del parco in cui anche i cani avevano accesso, l’aveva lasciata libera di scorrazzare (perché Merlin gli aveva detto che bisognava farla passeggiare spesso, per allenare i muscoli da usare al momento del parto); e successivamente, con un altro paio di comandi ben scanditi, lei aveva obbedito docilmente ritornandogli accanto.

 

Nel negozio di animali (quello dell’idiota, perché in fondo lui era pigro e non voleva cercarne altri, e se Merlin gliel’aveva consigliato… un motivo c’era, no?), Arthur si era visto spalancare un intero mondo di novità.

 

William, il proprietario, aveva una faccia da schiaffi e un atteggiamento che lo indispettiva a pelle (e la cosa sembrava essere reciproca, per amor di pignoleria), ma quando aveva visto la cagnetta si era illuminato come il sole di mezzogiorno e le aveva fatto un sacco di feste, offrendole un bocconcino di benvenuto. Quando, poi, Arthur gli aveva detto – controvoglia – che non se ne intendeva per nulla e che era stato il dottor Emrys a mandarlo da lui, il padrone del negozio era divenuto raggiante come il sole di mezzogiorno a ferragosto.

 

“I pazienti di Merls mi chiamano Will!” aveva esordito, accantonando l’iniziale diffidenza.

 

Arthur, suo malgrado, avrebbe voluto dirgli che lui, invece, restava Mr. Pendragon, ma si limitò a presentarsi col suo nome di battesimo, stringendogli la mano, e dopo gli aveva consegnato l’elenco stilato dal veterinario.

 

“La signorina è incinta, eh?” constatò, quindi, dopo un rapida occhiata alla lista.

 

Ma come hai…?”

 

“È per via del cibo! Molto spesso, si utilizza per le cagne gravide lo stesso mangime dei cuccioli, perché ha un alto valore nutrizionale e contiene delle sostanze necessarie che le femmine accumulano, per usarle poi durante l’allattamento. E siccome lei non è certamente un cucciolo”, gli appuntò Will, pungendo un po’ l’orgoglio del giovane Pendragon, per la sua iniziale ingenuità sull’argomento, “è ovvio che sia incinta!”

 

“Sì, Sherlock. Vai avanti…” brontolò Arthur. “Cosa mi consigli di prendere?”

 

“Ho un sacco da due chili di quel mangime, se vuoi, è ottimo e-

 

“Facciamo tre sacchi”, tagliò corto.

 

“Un paio di ciotole per cibo e acqua?”

 

“Dammene quattro”.

 

“Un ossicino per le gengive?”

 

“Almeno cinque”.

 

“Dei giochini?”

 

Arthur ne afferrò una cinquantina a caso, infilandoli nel carrello. “Basteranno?”

 

“Per almeno un paio di vite, credo”, ridacchiò Will.

 

“E questo a che serve?” Arthur indicò una specie di torretta con dei pedali.

 

“Ci metti dentro le crocchette e, se lei preme i posti giusti, riceverà una ricompensa… anche quest’altro ha una funzione simile: ci sono degli scomparti nascosti, il cane deve scoprirli e allora mangerà il biscottino”, con praticità gli indicò il funzionamento dei due modelli. “Potenzia le abilità cognitive”.

 

“Li prendo!”

 

“Entrambi?” domandò il negoziante, sollevando un sopracciglio perplesso.

 

“Sì”.

 

“Ci sarebbe poi il cubo con sorpresa incorpora-

 

“Lo voglio”.

 

“E la palla morbida che-”

 

“Anche quella!” Arthur gli rubò di mano il giochino e lo infilò nel carrello straripante.

 

“D’accordo… d’accordo”, bofonchiò il proprietario. “Passiamo ai generi di conforto… una cuccia?”

 

“Voglio una cesta, la migliore che hai”.

 

“Coperta? Cuscini?”

 

“Sì, tutto!”

 

“Una spazzola? Per mantenere questo aspetto soffice e immacolato, il mantello va pettinato e tagliato regolarmente. Anche le unghie vanno accorciate di frequente, perché crescono molto in fretta…

 

“Alt!” lo frenò Arthur. “Spazzole sì, tagliaunghie no. Mi affiderò a qualche centro di toelettatura professionale”.

 

Quindi… niente shampoo?”

 

“Certo che sì, mi serve!”

 

Scelsero anche il collare, il guinzaglio, altre vitamine e feromoni rilassanti (perché non si sapeva mai) con diffusore nell’ambiente temporizzato.

 

“Vuoi qualche fiocco? Degli elastici carini per farle le codine? Potresti decorarle il pelo con…”

 

“Ti sembra forse una bambola?!” saltò su Arthur, infastidito. “Non camufferò il mio cane come una stupida Barbie!”

 

Will rise di gusto, sollevando i palmi delle mani a mezz’aria. “D’accordo. In fondo, il cane è tuo!”

 

C’era una piccola, sottile vocina che ricordava ad Arthur che no, non lo era.

Che era una pazzia spendere un capitale per qualcosa che sarebbe andato presto nella spazzatura, probabilmente ancor prima di essere usato.

 

Arthur cacciò quel sussurro malevolo e porse la sua carta di credito platino.

D’accordo. Aveva fatto man bassa del negozio. Ma si sentiva euforico e soddisfatto come non succedeva da tempo e poi, se le cose fossero andate male, avrebbe anche potuto regalare tutto al canile. Magari con una donazione.

 

“Mi sento in dovere di dirti che qui c’è il centuplo di quello che Merlin ti aveva consigliato…” gli fece notare William, con una schiettezza che andava contro i propri interessi.

 

Pendragon sorrise, apprezzando il gesto.

“Non importa, va bene così”.

 

 

***

 

 

Ci aveva messo un secolo a svuotare tutte le sporte della spesa fatta, e altrettanto tempo per riporre tutto in modo congeniale, ma fu ricompensato pienamente, quando Aithusa – durante un giro di ispezione sulle novità – si accoccolò felice nella sua novella cesta imbottita (era risultata palesemente di suo gusto, ma Arthur era certo che ogni propria scelta era la migliore, signorsì), e poi aveva reso onore ai giochini, dimostrandosi fin da subito sveglia e scaltra.

 

Arthur sentì un piccolo gorgoglio di soddisfazione alla base dello stomaco. Era la sua cagna, dopotutto! Aveva scelto lui perché era speciale, no?

 

Anche se, a dire il vero, nei suoi sogni privati, si era immaginato che, quando fosse toccato a lui essere raffigurato in uno di quei giganteschi quadri appesi nella galleria di Pendragon Hall – quella con tutti i suoi predecessori, i patriarchi Pendragon –, al massimo ci sarebbe stato un grosso cane con lui. Solennemente in posa al suo fianco, aveva fantasticato su un Labrador (come nonno Constantine), un alano (come lo zio Aurelius), o piuttosto un imponente Terranova o un Rottweiler (come quel matto del prozio Constans, pace all’anima sua) o forse… forse un Doberman.

Non certo con in braccio quel… quel topo!

Perché sì, la prima impressione era dura a morire. E Arthur, probabilmente, se la sarebbe portata fin nella tomba.

Sentiva la coscienza rimordere, svalutandola così… e Aithusa poteva essere anche uno splendido cane, ma assomigliava ancora ad un sorcio.

 

Quando la cagnetta gli riportò, servizievole, la pallina che aveva lanciato, si sentì ancora più in colpa a disprezzare la sua natura. Tanto più che, dopo suo padre, nessun Pendragon avrebbe più avuto animali raffigurati accanto e il problema, in realtà, non si poneva neppure.

 

Per questo motivo, Arthur accantonò ogni cruccio, preparò una buona cena per sé e per la sua ospite (una grossa ciotola di cibo, nelle dosi e nelle modalità spiegate dal promemoria di Merlin), poi attese invano qualche novità su presunti padroni affranti.

Ma nessuno si fece vivo e le tre telefonate che ricevette non erano servite a niente.

 

Pazienza, si era detto, preparandosi per la notte. C’era ancora un’intera domenica che doveva trascorrere.

Forse quell’imbecille del suo padrone si sarebbe fatto vivo, no?

Ma… se davvero il proprietario di Aithusa si fosse rivelato un idiota, con che coraggio gliel’avrebbe restituita?

 

Affondando nel piumino leggero, Arthur non riusciva a cacciare quel velo d’inquietudine.

Controllò che la bestiola fosse comoda nella cesta accanto al letto – perché non valeva la pena di ingaggiare un’altra battaglia, come le notte precedente, gli aveva sbattuto in faccia il suo senso pratico – e poi aveva spento la luce.

 

Ma nel dormiveglia i pensieri si affollavano, e i padroni di Aithusa apparivano nella sua mente come pazzi sanguinari o delinquenti incalliti.

 

Magari era stata rapita. Magari la Regina allevava questa razza in segreto e i Corgi erano solo una copertura.

Magari il rapimento era andato male, il negoziato era saltato e lui sarebbe stato incolpato?

Sarebbe finito a Pentonville, oppure – Dio non voglia! – nella Torre di Londra, come i vecchi traditori della Corona, anche se era innocente?!

 

Che cazzo. Doveva smetterla di guardare film di bassa lega, che poi gli fottevano l’inconscio.

Razionalmente, Arthur sapeva di essere emotivamente stentato, e di compensare con una fantasia troppo fervida.

Ma quando dormiva, era il suo istinto a prendere il sopravvento – non le rigide regole con cui Uther l’aveva plagiato a sua immagine e somiglianza – e, nel sonno, che fosse fervente o meno, la sua mente trotterellava per i campi che sceglieva da sé, senza consigli né direttive.

 

Arthur si rigirò nel letto, ad un passo dal risveglio.

Doveva contare le pecore. Fanculo! No, le pecore no.

Doveva concentrarsi su pensieri positivi, su idee rilassanti e piacevoli…

 

Ma poi la sua psiche lo ricondusse al pensiero che Aithusa non aveva il chip – obbligatorio per legge – né piastrina o tatuaggio.

Forse faceva parte dei Narcos. Poteva essere un trafficante sotto copertura! Così, se fosse stata arrestata, sarebbe stata irriconoscibile. Irrintracciabile. Forse l’avevano già usata per il loro contrabbando e adesso non serviva più e se ne erano disfatti...

 

Arthur si risollevò a sedere sul materasso, di colpo incredibilmente sveglio.

Poi si voltò a guardare il topo-cane-pecora, con la poca luce che filtrava dalle tende.

Aithusa dormiva serena, il corpicino che si muoveva al ritmo del suo respiro.

Arthur scosse la testa. Nah.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

E a Laura, che si sciroppa le anteprime con un entusiasmo che mi commuove.

Note: Le varie nozioni veterinarie e le informazioni sulla gravidanza canina riportate sono prese da siti web specializzati.

 

La carta di credito platino: nell’immaginario collettivo di qualche anno fa, rappresentava il massimo dello status di ricchezza. Diciamo che è il predecessore della famosa battuta “Mastercard”.

 

Pentonville e la torre di Londra sono due prigioni, la prima ancora attiva, la seconda è ora monumento storico.

 

I nomi dei parenti Pendragon sono effettivamente quelli del mito arturiano, anche se li ho mescolati un po’.

 

Come ho già detto, Black Hill non esiste. Ho preferito non citare un vero canile.

 

Ho scelto O’Green come cognome di Gwaine, perché lui è comunemente definito ‘Il Cavaliere Verde’ e O’ è in onore alle redici irlandesi di Eoin.

Credo che sia la prima fic in cui tratto bene Gwaine. XD
Lo sanno anche i sassi che io lo odio (neanche tanto cordialmente), ma qui avrà un bel ruolo! *_*

 

Secondo la tradizione ebraico-cristiana, Mosè fu abbandonato in un cesto di vimini lungo le sponde del Nilo, per salvarlo da morte certa, e poi salvato e adottato dalla figlia del Faraone.

 

 

Ecco ben TRE anticipazioni del prossimo capitolo:

 

Quando la sveglia suonò, Arthur si era già alzato da un po’.

Sentendosi come un padre single il primo giorno di scuola della sua pupilla, aveva preparato tutto il necessario per rendere confortevole la permanenza di Aithusa: copertina, cuscini, giochini, cibo, ciotole...

 

(...)

 

Con passo furtivo (quanto lo consentivano tutti i borsoni addosso e il cane sottobraccio), era salito in ascensore, schivando occhi indiscreti.

 

Non si aspettava, però, di trovare nel suo ufficio una cesta già predisposta, persino delle ciotole in attesa di essere riempite e un bel cartello che diceva: “Sono la pupa del boss”.

 

Arthur scoppiò a ridere, intuendo che ci fosse stata la mano di Gwaine dietro a tutto quello.

Prima o dopo, avrebbe dovuto dargli un aumento… oppure l’avrebbe licenziato per la sua impudenza.

 

Poi, senza sapere esattamente perché, sfilò il cellulare dalla tasca della giacca e scattò una foto del quadretto d’accoglienza e la inoltrò al numero del dottor Emrys, che aveva memorizzato per scrupolo.

 

Non capiva perché l’aveva fatto.

Ma non se ne pentì.

Forse poteva dimostrare di non essere così totalmente incapace, no?

 

(...)

 

Messaggio inviato 

A: Merlin

18:55

Un giorno ancora.

 

 

Nuovo messaggio 
Da: Merlin
18:57

Ottima idea! ;)

 

 

Arthur si sentì sorridere. Forse stava impazzendo. Non era da lui messaggiare ad un uomo sconosciuto – d’accordo, semisconosciuto calzava meglio? – e perdersi in quelle frivolezze.

Forse lo stava infastidendo. Forse… beh, in tal caso, sarebbe stato il veterinario a farglielo capire. E, comunque, quel gioco sarebbe finito con l’addio alla cagnetta.

 

 

~ ~ ~ ~ ~

 

 

Ringrazio i 17 utenti che hanno messo la fic fra i ‘preferiti’, i 5 ‘da ricordare’ e i 85 ‘seguiti’.

Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, ora che la storia sta ingranando! ^_=

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

  • Ho aggiornato, qualche giorno fa, Linette 81.
  • Fra qualche giorno, arriverà una nuova shot pre-serie.

Restate sintonizzati!

 

 


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: elyxyz