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Autore: Alex Wolf    21/11/2013    4 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just can’t let her go.
 




“Un giorno, qualcuno ti stringerà così forte, da farti sentire salva da tutte quelle macerie che avevi sul cuore.”
 
— lamanocelastringiamofortenoi, Tumblr.

 



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Titano si mimetizzò con le montagne che delimitavano la parte posteriore del fosso di Helm.  Richiuse le sue grandi ali e entrambi restammo in attesa. La luna sopra di noi non era sorta, e il cielo era di un blu inquietante. Un colore che si avvicinava al nero dei capelli di Sauron, e il fumo che saliva dalle fiaccole dei soldati, a metri di distanza in basso, pareva essere quello dell’inferno. A pensarci bene tutta quella storia si stava trasformando in un inferno, sempre che non l’avesse già fatto e io non me n’ero resa conto.
« Ci siamo », sospirai  quando vidi le truppe di Sauron avvicinarsi. Le mie mani si strinsero sulla sella di Titano e i miei occhi saltarono dalla cima alla cosa dell’immensa fila. Le luci di migliaia di fiaccole illuminavano il loro cammino.
Hai paura? Il drago voltò l’enorme testa nella mia direzione e sbatté le palpebre, osservandomi con le sue pupille affilate. Mi allungai ad accarezzargli le lucenti squame azzurre e non distolsi mai lo sguardo.
« Non ho paura, Titano. Sono in ansia, è diverso. »
In ansia, per cosa?
« Tutti quegli uomini laggiù contano su di noi. Se io non riuscissi a fare… a fare questo? » Allontanai la mano dal suo collo e voltai il palmo verso l’alto. Una piccola fiammella si accese al centro di essa e morì velocemente.
Ci riuscirai.
« Lo spero. » L’animale tornò a guardare i due eserciti e pure io. « Cosa dobbiamo fare, ora? »
Aspettiamo.
Un tuono squarciò l’aria umida e carica di tensione, rimbombando nello spazio come il rullo di un tamburo. Sembrava che persino la natura volesse essere ricordata quella notte. Una goccia di pioggia i depositò sulla mia armatura, seguita da molte altre. Il loro tintinnio era stressante, mi ricordava quanto fossi impotente. Ogni goccia che cadeva era come una pugnalata al cuore; io ero ferma immobile, gli uomini nel fosso pronti a combattere. Riuscivo a scorgere Legolas da lontano, e Gimli, che sicuramente si stava lamentando della scarsa visuale che aveva. Chissà cosa pensava in quel momento l’elfo.
 
 

°   °
 
 


Legolas chiuse gli occhi, tentando di concentrarsi sulla battaglia, ma tutti i suoi pensieri erano per una sola persona: lei. Sarebbe sopravvissuta? L’avrebbe amato come prima? Cosa provava realmente per il signore di Mordor? Che cosa l’aveva spinta a invaghirsi di quel mostro?
« Io non lo so se amo Sauron, non credo. » Gli aveva detto quel pomeriggio. « Ma di per certo so una cosa, ed è che amo te. » La cosa l’aveva tranquillizzato, ma poi non era riuscito a dimenticare la prima parte della frase, quella che includeva il nome “Sauron”, e non era riuscito a baciarla come avrebbe voluto. E ora si ritrovava col rimorso di non averle chiesto cosa provasse davvero. Perché se uno è innamorato, come lui lo era di lei, non poteva non sentire il sangue nelle vene che scivolava con più forza, il cuore che correva come un cavallo imbizzarrito. Perché se uno era innamorato, lo sentiva.
« Non potevi scegliere un posto migliore? » Gimli lo riportò alla realtà. Legolas sorrise, dopo tutto quella scena lo divertiva, e l’aiutava a distrarsi. « Beh, qualunque sia la tua fortuna, che superi questa notte. » Gli augurò poi, con quel suo tono rude da nano che era.
« I tuoi amici sono con te, Aragorn. » Si affrettò a dire l’elfo.
« Che anche loro superino questa notte », borbottò Gimli. Il re fece un cenno col capo e sparì tra le fila di elfi. Le truppe di Mordor avanzavano senza paura. Le grandi e interminabili fila di uruk-ai si muovevano ordinate, le lunghe lance alzate verso il cielo, le fiaccole accese che brillavano nonostante la pioggia. Legolas strinse più saldamente l’arco fra le mani e attese. Gimli vicino a lui stava borbottando, ancora infastidito dal fatto che non riuscisse a vedere nulla. Al ringhio di un mostro, tutti i guerrieri si fermarono. Gli uruk-ai presero a ruggire, spaventando come volevano gli esseri umani dietro le mura. Aragorn gridò qualcosa in elfico che Legolas non riuscì a capire e poi tutto tacque di nuovo.
« Che sta succedendo? » Il nano si mise a saltare per vedere.
« Vuoi che te lo descriva? » Chiese l’elfo, un ghigno sulla faccia. Il mastro nano si voltò a guardarlo stupito. « O preferisci avere un rialzo? » Lo prese in giro. Gimli si ammutolì per qualche secondo, poi rise. Ma Legolas non capì mai se per ironia o divertimento.
 
 
 


°    °
 
 
 
« Cosa succede, Titano? » Domandai sentendo il rumore delle armi. Il possente collo del drago mi impediva la visuale di una buona parte dell’esercito di Sauron, e tutto quello che riuscivo a vedere si confondeva con la pioggia fitta.
Le armi smuovono il terreno. I ringhi vengono innalzati al cielo. Gli archi degli elfi sono tesi. Una di esse è stata scoccata.
Il silenzio calò nella valle. Una goccia d’acqua riuscì a infilarsi nell’armatura, e la mia pelle divenne d’oca.
« Titano, che accade? » Ridomandai, ansiosa. L’urlo dato in una strana lingua mi fece mettere all’erta. Rizzai la schiena rigidamente e attesi una risposta.
La battaglia è cominciata.
« Titano, dobbiamo intervenire! » Strillai.
Non ancora, guerriera. Dobbiamo aspettare.
Le urla che mi giungevano ai timpani non erano solo quelle dei mostri, ma anche quelle degli elfi e degli uomini.
« Titano non c’è tempo! Dobbiamo intervenire! » Le mie grida erano cariche d’ansia. Sapevo che Legolas era bravo a combattere, ma anche i migliori a volte sbagliano, e se avesse sbagliato questa volta non l’avrei più rivisto. Continuavo a muovermi sulla sella del drago, torturandomi le mani e restando immobile a guardare la gente torturata e uccisa. « Titano, ti scongiuro dobbiamo intervenire. » Strattonai i finimenti della sella e lui si voltò. Le iridi di ghiaccio si ridussero a due fessure taglienti, mi mostrò le lunghe zanne appuntite.
Calma, ragazza. Ci sarà tempo per noi.
« Noi non abbiamo tempo! » Strillai. « Loro non hanno tempo! Li stanno massacrando! Dobbiamo muoverci! Titano! » Poggiai le mani sul suo collo e sentii i palmi ustionare. Il drago alzò il capo verso l’alto e ruggì di dolore, mentre anche io gridavo sentendo la parte di corpo vicino alle spalle prendere fuoco. Sapevo che eravamo legati: lui veniva ferito, io venivo ferita; ma non m’importava. Quello era il momento in cui intervenire, e non avrei mai permesso ad un drago , sebbene mio custode, di ostacolare le mie decisioni.
Smettila, Eleonora.
Girò la testa nella mia direzione e schioccò le zanne, che si richiusero con un rumore sordo e secco. Convinta delle mie azioni, continuai imperterrita a far uscire il fuoco dal mio corpo per riversarlo nel suo.
« Dobbiamo andare, hanno bisogno di noi! »
In tutta risposta Titano aprì le grandi ali e la pioggia prese a batterci sopra, rimbalzando sulla membrana in piccole gocce. Corse verso la fine della montagna e si buttò giù. Lasciai il suo collo per reggermi alla sella, scendeva in picchiata talmente velocemente che le gocce d’acqua sembravano coltelli sulla mia faccia. Quando riacquistò quota, eravamo ormai vicini al fosso.
Bravo drago, così si fa. Lo lodai mentalmente.
Ti sto odiando con tutto me stesso. Fu la sua risposta.
Passammo sopra il fosso di Helm, e per un attimo tutto tacque e i volti dei soldati, nessuno escluso, si alzarono su di noi, poi quando il drago lanciò la prima vampata di fuoco su un gruppo di hurk-ai tutto tornò a muoversi.
Dobbiamo andare al canale di scolo, l’hanno fatto esplodere! Ordinai, e il Titano virò. Con un possente battito atterrò nel buco creato dall’esplosione e allargò le ali impedendo ai nemici di entrare. I suoi respiri di fuoco però non gli permettevano di tenere lontani tutti i mostri, infatti molti riuscivano ad entrare quando lui attaccava diversi gruppi. Sganciai i lacci che mi tenevano stretta alla sella e scivolai lungo la spina dorsale del drago. Appena i miei stivali toccarono terra un uruk-ai mi si parò davanti; sfoderai la spada e gliela conficcai nel petto. Quello cadde morto al suolo.
Legolas. Trova Legolas, ragazza! Dopo tutto è per lui che sei qui!
Mi ordinò il drago, senza voltarsi. Corsi in direzione di Aragorn, intendo a lottare e tagliai di netto la testa all’orco con cui si confrontava.
« Hai deciso di arrivare? Era ora. » Borbottò, senza togliersi un ghigno dalla faccia.
« Sta zitto. » Mi abbassai e lui trapassò un altro nemico. « Dov’è Legolas? »
« A destra! » Mi avvisò lui. Spostammo il corpo a sinistra, e l’uruk-ai che aveva tentato di uccidermi venne trafitto da un suo simile. « Sulle scale, in alto. » Mi disse poi il re. Gli sorrisi e corsi verso le mura. Vidi una figura a me ben nota raccogliere uno scudo da terra, gettarlo sulle scale in discesa, per poi farci surf nel mentre trapassava i nemici con le frecce. Quando arrivò infondo alzai un sopracciglio.
« Esibizionista! » Gridai, per sovrastare il frastuono. Lui mi sorrise sotto la pioggia e fece l’occhiolino. I capelli biondi bagnati gli si erano attaccati al volto, alle tempie, alle spalle, e le sue labbra si erano colorate di un intenso rosa causato dal freddo. I suoi occhi di ghiaccio brillarono per un secondo, poi mi spinse di lato e trapassò con una freccia che teneva in mano un Uruk-ai. La mia schiena urtò contro il muro e la punta di una lama, appartenente a un uomo morto, mi graffiò il collo. Non potei trattenere un urlo, più di sorpresa che di dolore. In lontananza, udii Titano ringhiare e alzare il viso verso l’alto: sulle squame del suo collo colava un liquido rosso rubino. Portai una mano alla ferita e mi allontanai dal morto, cominciando a salire le scale. Una mano afferrò la mia e mi trascinò giù.
« Stai attenta. Voglio averti al mio fianco quando tutto questo sarà finito », mi ordinò Legolas, poi sparì fra gli orchi. Strinsi l’impugnatura della spada e ripresi a salire i gradini. Man mano che andavo avanti, i  nemici cadevano ai miei piedi come le foglie in autunno. Non avevo pietà. Non potevo averne, mi ripetevo in continuazione. Quegli affari, quei mostri erano senz’anima, senza ritegno, senza ideali e per quanto odiassi ammetterlo, Legolas aveva ragione. Armata di Sauron o no, andavano distrutti tutti, fino all’ultimo. Quando arrivai in cima, finalmente sulle mura, vidi Aldir lottare con furia e non potei fare a meno di raggiungerlo. Gli diedi la schiena e bloccai un orco intenzionato ad ucciderlo.
« Non oggi, bello. » Gli dissi prima di infilzarlo, e con un calcio lo gettai di sotto.
« Aldir! Eleonora! Venite giù! » L’urlo di Aragorn ci fece voltare entrambi, ma dopo poco io ripresi a combattere. Poi i due si gridarono qualcosa in elfico e tutti gli elfi presenti sulle mura saltarono giù.
« Andiamo, guerriera, dobbiamo andare via. » Il capo delle guardie mi spinse in avanti. Obbedii agli ordini e presi a correre e mietere vittime, ogni tanto mi voltavo verso il mio amico per vedere se stava bene. Quando lo feci, per l’ennesima volta, un uruk-ai oscurava la sua figura. Sopra la testa del mostro riuscivo a vedere la sua lama ricurva, pronta a uccidere l’elfo che era di spalle. In pochi secondi, la lama fendette l’aria con un sibilo.
« Aldir! » Il mio urlo si unì a quello di Aragorn. Il mio braccio sinistro si mosse da solo, e dal palmo scaturì una fiammata talmente potente da incenerire all’istante l’orco. Corsi dal mio amico e mi inginocchiai accanto a lui. Guardai negli occhi Aragorn, e il re li chiuse per un istante. La sua mano sporca di sangue poggiata sul petto del guerriero elfico. Rimasi per un attimo paralizzata, incapace di comprendere quello che era successo. O meglio: non volendo comprendere quello che era successo.
« Aragor », mormorai scossa. Lui mi guardò con i suoi occhi azzurri, poggiò le sue mani sulla mia armatura e si alzò.
« Va dentro, va via! » Gridò, per poi voltarsi e rifilare un pugno in pinea faccia a uno dei mostri. Lo vidi aggrapparsi a una scala e scomparire oltre le mura.
 
 


°    °
 
 


 
« Legolas », riconobbe quella voce. Il principe di bosco atro si voltò e la vide. Era ferita, dall’armatura le colava in rivoli il sangue scarlatto, e i capelli erano zuppi e appicciati al suo volto, sporco di terra. Zoppicava un poco e arrancava in salita. L’elfo ripose il suo arco e le andò incontro. La prese per i fianchi e la trascinò verso l’entrata della reggia di pietra, dietro la fortezza. L’osservò da vicino e, notò che i suoi occhi erano rossi e gonfi. La pelle più pallida del solito. « No, no lasciami. Sto bene. » Lo precedette lei, togliendogli le mani dai fianchi.
« Non è vero tu non stai bene. » Ribatté.
« Beh, neanche tu sei uno spettacolo. » Lo rimbeccò lei. « Sei ferito », constatò poggiandogli una mano sul palmo.
« ANCHE TU », affermò lui preoccupato.
« Si, ma io non ho nulla da temere. Finché Titano è in vita, e protegge quell’entrata io starò bene. »
« Che… che diamine vuoi dire? »
« C’è un prezzo che i custodi devono pagare, dopo una trasformazione. Legano la propria vita a quella del guardiano che gli è stato affidato. » Spiegò alla svelta lei.
« Mi stai dicendo che se il drago muore, o viene ferito, anche tu subisci quello che succede a lui? » Ululò l’elfo. Che razza di prezzo era quello, per una trasformazione del genere?
« Si, esatto. Ma ora non c’è tempo, Legolas. Dobbiamo tornare a combattere. » Lo spinese via e gli rimise in mano l’arco. Tornarono dagli altri guerrieri e ripresero a lottare. L’elfo riuscì a sconfiggere nemici, ma ogni tanto la preoccupazione aveva il sopravento e le sue iridi passavano dall’enorme drago azzurro che uccideva tutto coloro sulla propria strada, e la creatura che amava: bella e pericolosa. Eppure più la guardava, più gli sembrava debole; sebbene dalle sue mani uscissero fiammate che distruggevano chiunque sulla sua strada.
« Legolas, Aragorn e Gimli! Lanciagli questa! » Lo risvegliò Eleonora, lanciandogli una fune.





Hola, peipeeee.
Allora, premetto che ho scelto di divere la battaglia in 2 capitoli per comodità. Premetto anche che la frase iniziale del capito allude alla parte finale di esso. Ovvero il punto in cui Leg prende El e la porta al sicuro, per quanto lei voglia esserci portata sebbene per breve tempo.
Detto questo che ve ne pare di questo (etcìoscenoetcì) coso che ho scritto, quì?

 
  
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