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Autore: Kuruccha    21/11/2013    4 recensioni
Quando ognuno dei tuoi tre figli ti vede in modo differente dagli altri due, allora finisci per essere tre madri diverse insieme.
[Storia partecipante al contest I titoli di Faber indetto da Marge]
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre madri
 

Se gli avessero chiesto di descrivere sua madre così come si fa con un oggetto, Luca non avrebbe avuto molti dubbi: sarebbe stata una di quelle vecchie mensole inchiodate al muro scrostato, cariche del peso dei barattoli, con un filo di polvere sempre presente là in fondo, dove non si vede. Era una metafora riuscita: mai una sera fuori casa, schiena curva, calzini bucati.
Come donna non era un granché, a ben pensarci, ma Luca – che lavorava in una falegnameria e di quelle cose s’intendeva bene – sapeva che i mobili raffinati si rovinano subito, mentre quelli tramandati di generazione in generazione durano per sempre. Erano mensole sulle quali potevi contare, quelle di una volta; c’era solo da augurarsi che rimanessero inchiodate al muro il più a lungo possibile – altrimenti, sai che seccatura?.
Lei era un mobile che sei così abituato a vedere che oramai non lo guardi più. Luca non avrebbe mai scorto neppure la più piccola crepa.

Di sua madre, Matteo ricordava l’odore perenne di sedano, come se quella fosse stata l’unica verdura che infilava nel brodo perché in frigo non ce n’erano altre. Tutto finiva per avere lo stesso sapore, con buona pace dei gusti e delle allergie alimentari; e Matteo di quelle cose s’intendeva, visto che lavorava in campagna e quei pignoli degli svizzeri alzavano sempre polveroni per le intolerances qua, le intolerances là e poi discutevano sull’isolare il sedano dalle altre coltivazioni con i loro soliti paroloni eccessivi – cross contamination, hazard analysis e Dio solo sa cos’altro.
L’avrebbe odiato anche lui, il sedano, ma non ci riusciva. Ci aveva provato, ma gli pareva di andare contro Madre Natura; e poi, così facendo, non avrebbe avuto più niente da portarle quando le andava a far visita.
Lei, ogni volta, prendeva il mazzo dei gambi di sedano e lo posava sulla vecchia mensola della cucina ripetendo Matteo, ma non dovevi, lo sai che manco mi piace; poi lo baciava, e lui aveva sulle guance l’odore del brodo anche ore intere dopo esser tornato ai campi.

Di persone come sua madre ce n’erano tante in giro: era una tipologia comune di essere umano, un’ape operaia dentro l’alveare, e Sabrina al miele preferiva lo zucchero bianco.
Per tutta l’adolescenza aveva coperto con il profumo – non certo d’alta classe – la puzza di cibo che s’attaccava ai vestiti, mentre quella donna cucinava da mattina a sera. Mai a nessuno dei suoi compagni d’università era stato concesso di metter piede lì dentro: non voleva certo che vedessero quella vecchia gobba che nemmeno si curava di tenere in ordine i quattro stracci che aveva addosso.
Era Sabrina, però, quella che rimaneva lì di giorno, mica quegli altri due; era lei quella coi piedi inchiodati in cucina, era a lei che toccava sorbirsi la vecchia mentre mescolava il brodo e ripeteva Il sedano, manca il sedano, Matteo, dov’è, ne hai mica un poco? cercandolo con la mano sul ripiano e poi chiamava Luca, Luca, s’è mollato un chiodo, bisogna aggiustar la mensola, vieni qua. Mai una volta che chiedesse di Sabrina – e lei se l’era anche domandato, dopo un po’, se fosse perché lei c’era sempre e comunque senza dover controllare, o se piuttosto la verità fosse che di quell’unica figlia non le importava proprio nulla.
Ma non era lo stesso che lei diceva di sua madre, in fondo?

Apparecchiamo la tavola, che tra poco arrivano, le diceva ogni santo giorno all’ora di cena. Dai che è pronto il brodo. Dai che tra un minuto son qua, e se non trovano in tavola è una tragedia. Prendi tre piatti.
 
Luca, Matteo e Sabrina cenavano al tavolo, senza nemmeno incrociare gli sguardi. La loro madre li osservava con la testa appoggiata alla mensola e ripeteva che No, non ho mica fame, mangiate che dovete crescere, e poi parlava delle loro giornate come se fosse stata là con loro, fianco a fianco, tutto il tempo.


 
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21.11.2013
Questa storia partecipa al contest I titoli di Faber indetto da Marge nel forum di EFP. Anche se ero iscritta da molto tempo mi sono messa al lavoro solo all'ultimo minuto - ovverosia in due ore o giù di lì - perciò la storia ne ha sicuramente risentito (oltre a non essere stata nemmeno betata, tanto per dirne una, e inviata per il giudizio con un bel refuso. Ahi ahi!). L’idea di base dalla quale sono partita è che se sei una madre e hai tre figli, puoi star certo che ogni figlio ti vedrà in modo diverso da tutti gli altri, e finirai per essere tre madri diverse insieme. Difficile da sviluppare e da rendere, eh? Eppure mi ci sono divertita, anche se sono consapevole che il risultato non è nemmeno lontanamente quello che avevo in testa. E poi lo sapete tutti che non sono in grado di usare i prompt in maniera semplice e lineare XD
Grazie mille per aver letto!
Kuruccha
   
 
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