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Autore: Red_head    22/11/2013    3 recensioni
« Ti piace?»
« Si tratta di un'illusione. Tolte le vesti di cigni, principi e regine, torneranno a essere persone qualunque, mescolate nella calca di una metropoli che appare romantica e misteriosa, ma alla fine è solo il nido di tanti brutti anatroccoli.» Solo ora le rivolse nuovamente lo sguardo, le labbra increspate in un sorriso mellifluo. « Sì, mi piace molto. Me ne sento ispirato.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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___



Lo svegliò un profumo delizioso, dolce.
Mosse un braccio per cercare il compagno che, solitamente, era sempre accanto a lui, fra le lenzuola di cotone che sapevano di sapone di Marsiglia: erano entrambi mattinieri, ma lui si svegliava sempre un po' prima di Olivier e lo guardava dormire. Gli piaceva la sua espressione dolce, persa in chissà quale sogno; lo facevano ridere le smorfie buffe e grottesche che ogni tanto assumeva borbottando, ma quella mattina il letto era vuoto e quell'odorino nell'aria dell'appartamento gli diede gli indizi necessari a comprenderne il motivo.
Erano tornati in Francia subito dopo il funerale e Olivier si era trattenuto a casa sua anche per quell'ultima settimana di fermo ordinata dal medico. Il pomeriggio andavano sempre a camminare, così da poter allenare in maniera delicata il muscolo della gamba, e il ballerino lo rimbambiva costantemente di chiacchiere: non stava mai zitto un secondo per non permettergli di pensare, quando lo faceva gli tornava in mente il week end precedente passato a Londra e finiva inevitabilmente per incupirsi. Aprì lentamente le palpebre sentendosele pesantissime, ma si sforzò di mettere a fuoco il soffitto della piccola stanza, stropicciandosi gli occhi pigramente.
___ « Ehi, bon jour, mon amour
Puntò tutto il peso del corpo sui gomiti e guardò quella splendida creatura ferma sulla soglia della porta aperta; la stanza era buia, ma lì fuori doveva splendere il sole perché una calda luce naturale lo avvolgeva, rendendolo quasi divino ai propri occhi. Gli sorrideva, gentile, premuroso e teneva fra le mani un vassoio che non si ricordava nemmeno di avere.
___ « E' ora di colazione, poi andiamo a fare una bella passeggiata con Ciel. Ti va?» Notò solo in quel momento che il cucciolo non era irrotto in camera, probabilmente Olivier glielo aveva vietato per non disturbarlo. Annuì una sola volta alla sua domanda, e coprì uno sbadiglio con la man dritta mentre Olivier appoggiò il vassoio accanto a sé, sulle lenzuola stropicciate.
___ « Ti ho fatto la crêpe, alla fine non c'è mai stata occasione, cucinavi sempre tu e me ne sono bassamente approfittato.»
___ « Sono stato un po' oppressivo.» Commentò osservando la colazione che sì, aveva un aspetto invitante, ma non gli faceva particolarmente gola.
___ « Dean … dai, ma che dici?»
___ « Ciò che penso.»
___ « Non è quello che pensi, al momento vedi il mondo solo nero.»
Era vero, verissimo.
Gli rivolse lo sguardo e per la prima volta intravide un lampo di rabbia in quell'immensità azzurra.
___ « … Mi dispiace Olivier, sono davvero pesante. Torna a casa, ti prego, rimanere con me in questo momento ti fa solo arrabbiare e non è giusto.»
___ « Ma io non sono arrabbiato con te, Dean.» Il candore con cui si espresse lo colpì; lo guardò di nuovo, deliziandosi dei lineamenti delicati del suo viso e dalla sua espressione tranquilla capì che era sincero.
___ « Ma sei arrabbiato.» Puntualizzò, sicuro.
___ « Sì.»
___ « Perché?»
___ « Sono arrabbiato con la vita.» Ammise prendendogli una mano, così da poter intrecciare le loro dita in una morsa perfetta. « Non doveva farti questo. Mi fa male vederti così triste, abbacchiato, infelice … tu che sei la mia ancora, il mio porto sicuro, adesso sei così buio e … io vorrei solo che tornassi a essere la mia luce.»
___ « Tu sei luce, Olivier, non io.»
___ « Non dire assurdità, Dean. Tu sei un uomo stupendo: positivo, pieno di vita e talento, la tua intelligenza ti ha permesso di viaggiare, vedere il mondo e arricchirti. Hai accontentato dei genitori che detesti studiando qualcosa che non ti interessa, ma tu sei troppo leale per non tentare di renderli almeno un po' orgogliosi.» Lo guardò muovere la mano libera, prendere la forchetta dal vassoio e tagliare un angolo della crêpe, che gli porse. L'addentò, continuando a guardarlo. « E poi hai trovato me, un ragazzino che non sapeva far altro che zompettare su e giù per un palco e l'hai trasformato in qualcosa di diverso.» Gli porse un altro pezzo di dolce, sorridendogli. « Mi hai svegliato, amandomi. Mi hai preso per mano e mi hai mostrato cosa potrei diventare, cosa diventerò rimanendoti accanto, quindi non dire che non sei luce, perché è vero che ci vuole acqua per far crescere una pianta, ma senza luce puoi annacquarla quanto vuoi: quella muore.»
Questa volta non gli diede un pezzo di crêpe, ma un bacio, che gli parve persino più dolce.
___ « Olivier …» Sentiva un nodo alla gola, che non riusciva a sciogliere nemmeno sforzandosi. « … Io … grazie di starmi accanto. Ho solo te, adesso.»
___ « Hai me, Ciel, la nonna, Thalie, Tristan, saremo noi la tua famiglia, Dean, ci prenderemo noi cura di te.» La sua mano gli accarezzò dolcemente il viso, accompagnandolo ad alzarsi per poter incontrare quell'azzurro che tanto amava. « Perché se non ti prendi cura di quello che hai, non meriti di averlo.»
___ « Io avrò cura di te.»
___ « Io avrò cura di te.» Ripeté lui, baciandolo di nuovo. « E inizierò obbligandoti a mangiare, fare una doccia e uscire con me e Ciel, d'accordo? La nonna e Thalie ci vogliono al Bistrot per pranzo, penso che ti farà bene una dose intensa di Blanchard.»
___ « La mia droga preferita …» Ammise sfilandogli la forchetta di mano, così da poter consumare la propria colazione da solo. « Blanchard … grazie.»
___ « Smettila, Dean, non devi ringraziarmi.»
___ « Dimmi di sì.»
___ « Di sì a cosa?»
___ « Dimmi che vuoi trovare una casa nostra e andarci a vivere con me.»
I suoi occhi sgranati e l'espressione basita, seguita da un sorriso euforico, furono la migliore sveglia che avrebbe mai potuto avere.



___ « Dimmi che vuoi trovare una casa nostra e andarci a vivere con me.»
Sentì il cuore fermarsi per poi riprendere a battere a una velocità folle: tum-tum-tum-tum-tum, sembrava volergli sfondare il petto per potersi direttamente consegnare a Dean. Sorrise flebilmente, un po' incerto, gli occhi sbarrati e il labbro inferiore leggermente tremolante.
___ « C – cosa?» Balbettò in un filo di voce e si irrigidì appena quando il compagno si mise a sedere davanti a lui, sovrastandolo grazie alla sua corporatura decisamente più imponente della propria.
___ « Sei così dolce quando balbetti.» Gli accarezzò la linea della mascella in un tocco leggero delle dita e lui rabbrividì. « Non mi ci vedo più senza di te, Olivier.» Ammise abbassando lo sguardo verso la crêpe ormai fredda.
Lo osservò minuziosamente, come se non conoscesse le lunghe ciglia scure e i capelli morbidi e lisci, o la carnagione leggermente abbronzata e il viso spruzzato di uno strato di barba incolta, si cibò della sua bellezza, del suo odore di uomo, che Dean non utilizzava profumo, ma la sua pelle aveva un proprio aroma particolare. Allungò la mano destra sul vassoio e spezzò la crêpe infilzandone un pezzetto coi rebbi della forchetta, così da portarlo verso la bocca del compagno; lui non alzò lo sguardo, semplicemente accettò il cibo e si leccò il labbro superiore che doveva sapere di zucchero filato.
Allungò il collo e gli rubò un po' di quel sapore baciandolo dolcemente.
___ « Nemmeno io mi vedo più senza di te.» Ed era dannatamente vero.
Continuò a imboccarlo in silenzio, riflettendo sulle proprie parole, su quelle addotte dall'inglese, sugli eventi degli ultimi giorni, sulla propria vita, su quella di Dean e sul percorso che stavano affrontando insieme, fianco a fianco, senza essere capaci di lasciarsi per più di poche ore. Sentì gli occhi inumidirsi e la trachea stringersi leggermente, ma trasse un profondo respiro per non cedere alla voglia di piangere.
Afferrò il vassoio e lo spostò sul comodino, andando poi ad appoggiare i palmi delle mani sul petto del ragazzo davanti a sé; guadagnò la sua attenzione, gli occhi color miele, solitamente pieni di vita e ora velati di una patina opaca, lo fissavano interrogativi, ma lui non parlò. Gli sfilò la maglietta con cui aveva dormito e ammirò il suo petto nudo, del quale ormai conosceva ogni centimetro di pelle, ogni curva, sapeva trovare a occhi chiusi le piccole cicatrici sul lato destro del costato, causate da pustole di varicella che da piccolo Dean si era grattato.
___ « Stai qui, così.» Gl'intimò prima di alzarsi dal letto sul quale tornò subito, armato d'un pennello da pittura che aveva visto utilizzare al suo ragazzo piuttosto spesso. Gli sorrise e a Dean scappò una flebile risata quando gli appoggiò le setole morbidissime sugli addominali.
___ « Che cosa fai?» Vederlo finalmente sorridere lo rilassò completamente; non gli rispose, si limitò ad accomodarsi per bene accanto a lui, sdraiato su un fianco, col gomito sinistro puntato sulle lenzuola e la medesima mano a reggergli il capo. Scivolava con lo sguardo lungo il suo corpo, il pennello solcava la pelle color caramello e lui lo fissava curioso, come se fosse la prima volta che vedesse la strana carnagione di Dean, così mediterranea per un inglese. Risalì lungo il bacino fino al petto, sorrise nel sentirlo gemere appena e irrigidirsi quando gli carezzò i capezzoli e non poté trattenersi dal baciarglieli entrambi, circondandoli con le labbra calde.
___ « Ollie …»
___ « Voglio solo capire cosa provi quando dipingi.» Rivelò finalmente, appoggiando la guancia destra sul suo stomaco, col viso rivolto verso il suo. Cercò i suoi occhi, con le iridi luminose e seducenti e gli sorrise, dolce, appoggiando poi le setole del pennello su una clavicola. « Voglio sapere se senti quello che provo io quando danzo.» Gli posò un bacio leggero sulla pelle immediatamente davanti alla propria bocca e lui cercò il suo viso per una carezza leggera, sfumata poi in dita intrecciate ai propri capelli biondi.
___ « Ho iniziato a dipingere per sfuggire alla realtà.»
___ « Lo immaginavo, francamente.»
___ « All'inizio era così, ma più mi immergevo nel mondo della pittura, o comunque in quello dell'arte in generale, più ne venivo rapito.» Gli sorrise appena, continuando a intrecciare una ciocca dei propri capelli al suo dito indice. « L'arte ci permette di esprimere noi stessi e di poterci persino confrontare con gli altri, col mondo. Posso sfogarmi, posso rilassarmi, divertirmi e persino eccitarmi: l'arte è tutto questo e io ne sono rimasto folgorato sin dalla prima volta che ne sono entrato in contatto.»
___ « Quando è stata?»
___ « Pft … ho un ricordo stupido, di quando ero un mocciosetto.»
___ « Dimmelo! Oh, come vorrei vedere una tua foto da bambino: un piccolo Dean con gli occhioni spalancati e brillantissimi, la bocca increspata in un broncio!»
___ « Broncio?»
___ « Sì, ti immagino col broncio: non rovinare il mio piccolo mondo felice.»
___ « Comunque … mio nonno mi regalò la pittura a dita, sai, quella atossica per i bambini e io ci dipinsi l'intera parete della mia stanza!» Sorrise nell'udire la sua risata, cercò di non cambiare espressione nemmeno quando lo vide piegarsi al dolore del ricordo di suo nonno. « Mia madre si arrabbiò da morire: mi sculacciò e fece dipingere tutta la casa di bianco, poi mi vietò di usare i colori in casa e io piansi tantissimo.»
___ « … Io detesto tua madre.»
___ « Anch'io.» Sospirò, ma un brivido gli fece venire la pelle d'oca quando le setole del pennello, che mai aveva smesso di passare sulla sua pelle, raggiunsero il pomo di Adamo. « Quando mio nonno lo venne a sapere, mi portò a Parigi per il week end. Io non capivo, ma ero contento di fare una gita con lui, sai: quando sei bambino tutto ciò che è nuovo ti sembra stupendo e allora mi innamorai follemente di Parigi.»
___ « Chi non s'innamora di Parigi è un babbeo.» Decretò convinto, strappandogli un sorriso.
___ « Ma non era una semplice vita di piacere: mi portò a vedere parecchi musei, concentrandosi particolarmente sulle esposizioni impressioniste.»
___ « Oh … ma certo.»
___ « Pittura en plein air: lui mi raccontò di come gli impressionisti dipingevano all'aperto per cogliere le sottili sfumature che la luce genera su ogni particolare, la vera essenza delle cose.»
___ « Quindi hai iniziato fin da piccolino a disegnare quello che trovavi per strada? Cioè …» Si sentì arrossire appena, ma cercò di non darvi peso. « Insomma, in un certo senso mi hai trovato grazie a tuo nonno.»
___ « Sicuramente il merito per averti disegnato quel pomeriggio a St.James Park va a lui.»
___ « Gli porterò dei fiori ogni volta che andremo a Londra.»
___ « Ci conto.» Gli accarezzò nuovamente il viso prima di abbandonare la mano sul materasso. « Dipingere, fotografare, disegnare, scrivere … tutto questo mi da la possibilità di esprimere me stesso creando qualcosa. Sento il bisogno di farlo, voglio farlo, amo comunicare col mondo in questo modo … non ha molto senso quello che dico, vero?»
___ « Scherzi?» Si arrampicò su di lui, aderendo perfettamente al suo corpo per trovarsi col viso alla medesima altezza del suo. « Ho iniziato a danzare per scappare dal mondo: volevo dimenticare mio padre, che mi aveva abbandonato, mia madre, che era scappata dalla sua famiglia perché troppo debole, avevo bisogno di una valvola di sfogo che ben presto si è trasformata in qualcosa di più.» Lo baciò teneramente sulle labbra, leggero. « Ho bisogno di danzare per poter comunicare, per potermi esprimere, per poter trovare il mio posto nello … spazio?»
___ « Sì. Torna.»
___ « Amo danzare.»
___ « Amo guardarti danzare.»
___ « Amo te.»
Abbassò lo sguardo su quelle tre lentiggini che impreziosivano il labbro superiore di Dean e le baciò, dolcemente, concentrandosi proprio su d'esse prima di abbracciarlo.
___ « Ti porterò io a vedere le mostre di Monet, Manet, Cézanne, Pissarro e qualunque impressionista tu voglia. O espressionista, o scultore, mi sorbirei persino un museo di Dada art se ci fossi tu al mio fianco. Scalerei il monte Everest per te e, dato che siamo in tema, sarò io la tua roccia: appoggiati a me, saprò sostenerti, perché anche se non sembra sono forte.»
Aveva nascosto il viso nell'incavo del collo di Dean, in quella morbida e sensuale curva che partiva dalla nuca e concludeva sulla spalla: non lo guardava in viso, ma poteva immaginare la sua espressione rapita, basita e forse un po' commossa. Aveva imparato tanto di lui in un periodo di tempo così breve che gli sembrava quasi surreale essere lì, steso sul suo corpo, stretto fra le sue braccia che ora l'avevano circondato e lo tenevano saldamente premuto contro di sé.
___ « Io … la nostra casa dovrà essere colorata. Non voglio pareti bianche, non voglio nemmeno un soffitto bianco e men che meno il pavimento: non sarà kitch o in stile Arlecchino, studieremo insieme i colori e la dipingeremo noi, sarà casa nostra e sarà un tripudio di colore, di emozioni e d'amore. D'accordo?»
Non gli rispose a parole, il calore delle sue mani e il tocco delle sue labbra furono sufficienti a lasciargli intendere una risposta più che positiva. Sentì un sapore salato sulle labbra di Dean, le lacrime si erano canalizzate proprio nell'incavo della bocca e inumidivano il loro bacio; fece finta di niente: sapeva che per lui lasciarsi andare richiedeva un grande sforzo, sentiva che avrebbe preferito non farsi vedere in preda a una crisi di pianto. Mantenne le palpebre abbassate e sorrise, respirò contro di lui, lasciando che il proprio fiato s'infrangesse sulla sua pelle e gli accarezzò ogni centimetro del viso con la punta del naso e delle dita.
___ « Azzurro …» Sussurrò Dean interrompendo il bacio salato; appoggiò la fronte contro la sua e trasse un profondo respiro, quasi volesse deliziarsi del profumo della propria pelle.
___ « Cosa?»
___ « Voglio che il colore preponderante sia l'azzurro. Deve essere così.» Gli accarezzò i capelli biondi, scostandoli all'indietro e premette la bocca contro le proprie labbra, chiedendogli in una leggera pressione di chiuderle per potergli rubare calore oltre che conforto. E il respiro.
___ « Mhn … azzurro, ovunque. E vorrei i mobili di un legno chiaro, caldo, color senape …» Gli accarezzò la linea del viso con l'indice sinistro e sorrise nell'affrontare la ruvidezza della barba scura. « Ti piacciono i tappeti?»
___ « Sì.»
___ « E quadri. I tuoi quadri ovunque … quello che mi hai regalato - »
___ « Nell'ingresso. Voglio vederlo appena metto piede in casa.»
Gli sorrise, entusiasta, rubandogli un ulteriore bacio.
___ « E fotografie. Mi piacciono così tanto le fotografie in bianco e nero: potremmo creare delle bellissime composizioni, no?»
___ « Certo che sì. Potremo fare tutto quello che vogliamo.»
___ « Mi sembra di vederla già, casa nostra. Nostra … mia e tua, io e te: noi. Suona così dannatamente bene.»
___ « Sa di perfezione.»
___ « Sa di completezza.»
___ « Sa di te.»
___ « Sa di noi.»
___ « E di smileato, come direbbe Thalie.»
___ « Oh merde! Thalie! Nonna! Pranzo! Bistrot!» E mentre lui si agitava come un'anguilla, tentando di sgusciare via dall'abbraccio di Dean, quello rideva. Rideva di gusto, con tanto di occhi lucidi e bei denti chiari tutti in mostra. « Mollami Dean! Dobbiamo andarci o mia nonna mi ucciderà! Se saltiamo un pranzo che hanno cucinato quelle due per scopare e poi annunciamo che andiamo a vivere insieme così, senza il loro cibo nello stomaco, ci uccidono! Ci fanno a pezzetti piccoli, piccoli e ci servono come stufato!»
___ « Sa tanto di Sweeny Todd.»
___ « Ecco. Vorrei evitare! Johnny Depp è molto meglio in versione Chocolat.»
___ « O Pirati dei Caraibi …»
___ « Tutto meno che in versione Nonna Blanchard che mi affetta!»
Lo perse, completamente. Le sue risate gli riempiono le orecchie, la mente e il cuore e sebbene ancora piuttosto agitato per il ritardo al pranzo, non poté fare a meno di rilassarsi leggermente nel vederlo così allegro.
Gli passò una mano fra i capelli scuri, pettinandoglieli indietro a ditate.
___ « Sei bello.»
___ « Sono felice!» Ammise l'inglese accarezzandogli entrambe le guance.
___ « La felicità di dona, amore mio.»
___ « Hai detto “scopare”, poco fa?»
Si sentì la faccia andare a fuoco, sapeva di essere diventato completamente rosso.
___ « Dean!»
___ « Olivier!»
___ « Idiota!» Gli mollò un pugno prima di alzarsi di scatto per correre in bagno, così da potersi sistemare un po'. Lui lo seguì e le loro risate riempirono l'appartamento del Passage d'Enfer per un'altra mezz'ora abbondante. Quando Ciel andò a chiamarli, affacciandosi prudente dentro la stanza da bagno, erano già in ritardo di un'altra ora: avrebbe affrontato le ire delle Dames Blanchard e persino le fiamme dell'inferno se solo Dean glielo avesse chiesto, perché il mondo intorno a loro aveva finalmente preso la forma giusta, si era tinto della giusta sfumatura.
Azzurro, il loro mondo era diventato azzurro.






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« Se non ti prendi cura di quello che hai, non meriti di averlo. ( cit.Olivier )»
Non potevo non concludere la pubblicazione con questa citazione di Olivier. Ho amato molto questo capitolo, l'ultimo – ebbene sì! - che ha tracciato per bene il rapporto che si è creato fra i miei due patati, che amo profondamente come fossero figli miei, e un po' lo sono in fin dei conti.
E' stato difficile scriverlo, volevo che fosse perfetto e quindi scrivevo dieci righe al giorno rileggendo e cambiando quello che avevo buttato giù il giorno prima per ore! Sono matta, lo so, ma dovevano avere una conclusione degna: Olivier e Dean sono quella coppia su un milione che si incontra, si ama e non può più fare a meno di stare insieme. Esistono persone così, io ci credo, le ho viste e ho dovuto scrivere di loro. Per tanto dedico questa storia alle coppie che me l'hanno ispirata <3

Ah! Ovviamente ci sarà un epilogo! Ihih … non vedo l'ora di pubblicarlo!



  
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