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Autore: Niki Horan    22/11/2013    0 recensioni
Questa è la storia di due ragazze, precisamente due migliori amiche, che si conoscono su un social network e che, per l'idea pazza di Nicole, che racconta la storia, 'scappano' a Londra. Lei e Giulia, una ragazza simpatica e dolce, si trasferiscono in questa favolosa città non solo per cercare di incontrare i loro cantanti preferiti, ma anche per iniziare una nuova vita in un appartamento in centro città. La vita lì sarà movimentata, con nuovi incontri e nuovi sogni, ma soprattutto la storia si incentrerà sull'amicizia che c'è tra le due ragazze e che ogni giorno si rafforzerà sempre di più, anche dopo litigi o discussioni. Le due faranno il possibile per vivere il loro sogno e, si sa, 'If you can dream it, you can do it.'
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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E anche il giorno del mio compleanno arrivò.

Mi dovevo alzare come al solito visto che cadeva proprio durante uno degli ultimi giorni di scuola prima degli esami. Io ero la più piccola della mia classe, visto che avevo iniziato la scuola un anno prima dei miei compagni, per colpa di mia mamma che voleva assolutamente che finissi gli studi il prima possibile. Era qualcosa di insostenibile, stare in una classe con gente più grande di te; mi sentivo sempre l’inadeguata della situazione, per questo non mi ero legata quasi a nessuno della mia classe, diciamo che mi ero tenuta buoni tutti i miei compagni, ma niente di più. Niente uscite il sabato e niente shopping insieme, tutti tenevamo le distanze dall’altro.
Erano le sette e mi alzai di malavoglia dal mio amato letto, trascinandomi verso il bagno con i vestiti. Mi lavai velocemente e mi preparai prima di uscire con il motorino e guidare verso scuola. Prima di entrare mi fumai una sigaretta con delle mie compagne che, appena mi videro parcheggiare la moto, mi corsero in contro augurandomi buon compleanno; non erano di sicuro le mie migliori amiche, ma anche se mi erano indifferenti come persone mi salutarono calorosamente, d’altronde era il mio diciottesimo compleanno, non capitava tutti i giorni di diventare maggiorenni. Finii di fumare e buttai la cicca della sigaretta per terra e la calpestai per spegnerla definitivamente. Entrai a scuola e salii in classe e appena entrai tutte le mie amiche vennero ad abbracciarmi, dopo aver ringraziato tutti notai che c’era una persona in più in classe che mi venne vicino non appena la folla intorno a me fu diramata. Mi guardò come se mi conoscesse da una vita e io, solo dopo un po’ di minuti di silenzio, la riconobbi: Giulia. Era la prima volta che la vedevo dopo quasi un anno e mezzo che ci conoscevamo. Mi venne quasi da svenire dalla felicità e l’abbracciai più forte che potevo.

“Auguri!” disse con calma.

La sua voce era fantastica, l’avevo già sentita via telefono, ma sentirla di persona, dal vivo era tutta un’altra cosa. La mia migliore amica a distanza, ma che dico? La mia migliore amica in assoluto era qui davanti a me, si era fatta chilometri e chilometri solo per venire qui a farmi gli auguri e io ero al settimo cielo.

“Sono così felice di vederti” dissi abbracciandola “Ma non dovevi disturbarti di venire fino a qui... cioè io al tuo compleanno ti avevo fatto solo un regalo che poi ti ho spedito.” Ammisi, vergognandomi.

“A proposito di regali...” mi sussurrò, girandosi e prendendo qualcosa da un banco “Tada!”

Guardai il piccolo pacco che mi aveva appena dato e lo girai e rigirai. La campanella ci interruppe e io sbuffai.

“Ci vediamo dopo, Nicole. Ti aspetterò fuori da scuola” mi informò, stringendomi un’ultima volta e uscendo dalla classe salutandomi con la mano.

Guardai il pacchettino che stringevo ancora tra le mani  e decisi di non aprirlo finchè non fossi uscita da scuola.
Le lezioni passarono, ma mentre i prof spiegavano io continuavo a pensare a quanto Giulia fosse stata un’amica così brava e stupenda a venire proprio nella mia città a farmi gli auguri, mentre io non avevo fatto praticamente niente a parte mandarle un regalo via posta. Continuai a pensare e a ripensare a come ringraziarla per tutto ciò che aveva fatto, ma sinceramente la mia mente non riuscì a sfornare nulla di buono.
Appena l’ultima campanella suonò, io mi fiondai fuori da scuola, tenendo in mano la scatoletta azzurra che mi aveva dato poco prima Giulia.
Appena la vidi mi fiondai da lei e le buttai le braccia al collo per imprigionarla in uno dei miei famigerati abbracci spacca-ossa. Avete mai abbracciato una persona così forte da sentire il suo battito del cuore? Ecco, più o meno così, uno di quegli abbracci che non vorresti mai terminare, uno di quelli che vogliono dire che non vorresti mai lasciare andare chi stai abbracciando.
 Le mostrai che non avevo ancora aperto la scatoletta che mi aveva gentilmente regalato cinque ore prima.

“Aprilo, su. Non è niente di che, ma... insomma aprilo e non farmi parlare.” Mi incitò lei.

Guardai il fiocco blu intonato al colore azzurro della scatola e lo disfai. Aprii quell’involucro e dentro ci trovai una collana a forma di cuore con un’incisione: ‘London’.

“Sai... il nostro grande sogno, quando l’ho vista mi ha ricordato le sere in cui parlavamo di Londra e che un giorno ce ne saremo andate da qui per iniziare una nuova vita, sinceramente sapevo che per ora quel sogno non si può realizzare, ma a me bastava parlarne con te per essere felice...”

La guardai, cercando di non sembrare commossa, insomma dovevo sembrare una diciottenne... ok no.

“Che ne sai che non si avvererà?” chiesi, dura anche se quando vidi il suo faccino mi addolcii.

“Beh, tanto per cominciare io ho 16 anni e i miei non mi lascerebbero mai andare via così, siamo realisti, non siamo in una stupidissima fan fiction dove i tuoi genitori se ne fregano di dove vai o con chi ci vai... e poi non abbiamo soldi, una casa e tutto quello che serve per vivere. Impossibile.”

“Insomma quante volte ti devo spiegare che...” stavo per finire la frase quando lei mi interruppe, finendola al posto mio.

“Nulla è impossibile se ci credi davvero. Me l’hai ripetuto non so quante volte, ma stavolta non c’è praticamente niente da fare, mettiamoci il cuore in pace. Magari tra qualche anno potremo riparlarne.”

Era vero lei era minorenne e di sicuro se fossi andata dai suoi genitori a chiedere se poteva venire ad abitare con me a Londra, mi avrebbero cacciata fuori di casa a calci nel culo, ma era anche vero che io un lavoro lo avevo trovato, come avevo trovato anche un appartamentino in centro città, ok non sarebbe stato un hotel a cinque stelle, ma ci saremmo arrangiate. Mi serviva un piano, non potevo mandare a puttane un anno e mezzo della mia vita che avevo speso per programmare un viaggio solo-andata a Londra, per degli incidenti di percorso.

“Fammi finire gli esami e ci penserò io.”

Mi guardò con disappunto e poi decidemmo che forse era meglio andare a mangiare un boccone e la condussi al ristorante più vicino alla mia scuola.
Lo so, sarei stata davvero un’ingrata se, proprio quest’anno, l’avrei tolta da scuola, portandola con me in Inghilterra, ma la cosa che lei non sapeva è che l’avevo iscritta a una scuola lì, con un insegnante privato, di madrelingua italiana, così non avrebbe fatto fatica ad integrarsi e a seguire le lezioni.
Certo, questo scherzetto mi aveva portato via gran parte dei soldi, non tanto per la scuola , ma avevo voluto pagare in anticipo un anno di lavoro per Mr. Smith, che gentilmente si era gentilmente offerto di lavorare per aiutarla ad un prezzo irrisoriamente basso. L’avevo solo contattato via e-mail e l’avevo chiamato un paio di volte per chiarimenti.
Mi aveva informato che lui era inglese, ma che si era laureato in un’università italiana, prendendo così il C2 (Il livello più alto linguistico, che ti consente di avere il titolo di madrelingua. Pochi stranieri prendono ancora oggi questo titolo, infatti molti si fermano al livello C1, per la difficoltà del livello successivo.) della nostra lingua: era assolutamente capitato a pennello ed era stato davvero gentilissimo ad abbassare il prezzo, dopo aver sentito la nostra storia.


Mangiammo in santa pace, raccontandoci di tutto e di più, non volevo vederla andare via, non ce l’avrei fatta, ma anche l’ora del suo ritorno era arrivata e non volevo assolutamente che se ne andasse. La pregai in qualsiasi modo di restare, la volevo vicino a me come tutte le migliori amiche lo sono, ma suo padre era irremovibile. Lei doveva ritornare a casa, perché aveva già saltato un giorno di scuola, mi aveva detto. Non che avessi niente da obiettare, ma non volevo che salisse su quella maledetta macchina. Però dovetti salutarla e con le lacrime agli occhi la vidi andare via.
 

                                                                     ***
 

I giorni passarono anche dopo il mio compleanno e io finii gli esami con un voto abbastanza buono, uscii con 80, ok, non era il massimo, ma potevo benissimo adeguarmi. Mia mamma appena venne a sapere della mia riuscita a scuola, mi abbracciò e mi diede una busta contenente un mucchio di soldi da parte di tutti i miei parenti: mi sarebbero serviti a Londra. Era il momento di dirle dei miei piani futuri.

“Mamma... Sai, visto che ora sono ufficialmente libera...”

“NON ANDARI ALL’UNIVERSITA’?!” mi bloccò lei, senza neanche ascoltare ciò che le stavo dicendo. Per lei, è inutile spiegare, che l’istruzione veniva prima di tutto.

“Sì, però volevo dirti che mi trasferisco.”

“Finalmente hai trovato un ragazzo! Ma non ti sembra un po’ presto? No, no, no non lo conosco neanche e se poi non ha una casa e vai a finire sotto un ponte? E con l’università cosa farai, eh?”

“No, nessun ragazzo mamma, ho trovato una casa... a Londra.”

Stavo per aspettare l’esplosione... 3, 2, 1...


“LONDRA? Ma sei completamente impazzita? E cosa vai a fare a Londra da sola?”

“No, veramente sono con una mia amica e poi mi sono iscritta all’università lì l’anno scorso, l’iscrizione devi farla anni prima se vuoi entrare e io ci avevo già pensato. Insomma studiare a Londra... Non ti sembra fantastico?”

“Beh, è anche vero che sei andata al liceo linguistico... e andare a Londra ti farebbe solo bene per colmare le lacune, ma come pagherai la casa, la scuola, il cibo e tutto il resto?” chiese, dopo averci ragionato un po’.

“Beh mi sono già trovata un lavoro e poi, con i soldi per la promozione, campo per un paio di mesi quindi...” cercai di cavarmela.

“E dimmi... Quando dovresti partire?”

“Tra un paio di settimane.” Sussurrai.

“COSA?” urlò, in preda alla rabbia “Quando pensavi di dirmelo?”

“Te l’ho appena detto. Mamma ho 18 anni, andare a Londra mi farà benissimo e poi migliorerò la lingua, quindi tutto di guadagnato, ho una casa, dei soldi e un lavoro che mi sono dovuta contendere con un ragazzo, ma che alla fine, per la mia esperienza nella lingua, sono riuscita a conquistare e tu poi mi mandi tutto a puttane?”

“Io lo faccio solo per il tuo bene.”

“Anche io lo faccio per il mio bene.” Risposi.

“Certo sei maggiorenne e hai tutto ciò che serve, ma appena ti succede qualcosa tu mi chiami, ok?”

“Questo è un si?” chiesi, speranzosa.

“Potrebbe esserlo” disse, facendo la misteriosa.

L’abbracciai e poi iniziammo a metterci d’accordo su tutto, si vedeva che era eccitata all’idea che fossi diventata un’adulta come si vede, insomma in quei tempi una ragazza di 18 anni, appena finita la quinta liceo (Con un anno d’anticipo per giunta) che trova lavoro, casa e andava all’università all’estero era una notizia bomba che qualsiasi genitore non poteva rinnegare. Appena mio padre arrivò, mia madre gli diede la grande notizia, anche se inizialmente rispose con un suo ‘Non se ne parla, signorina’, ma poi anche lui ragionò sulla grande opportunità che avevo e acconsentì.
Non ci credevo, pensavo di doverli pregare almeno fino alla partenza, invece era stato molto più facile del previsto, ma sapevo di già che quella non era la parte difficile del lavoro... sapevo che i genitori di Giulia non sarebbero stati della stessa idea dei miei, per evidenti motivi.

“Allora, raccontaci chi è quest’amica, vogliamo conoscerla se non sappiamo chi è.”

Ecco, ora dovevo iniziare con la parte della ragazza santa che porta una sua compagna e non una ragazza di 16 anni. Dissi ai miei un paio di cazzate e dissi un nome a caso, naturalmente di mia amica che conoscevano e che ero sicura che non avrebbero incontrato per nessuna ragione: Francesca. Sì, lei era una mia amica, e dopo aver finito gli esami sarebbe partita per l’America con la sua famiglia. Perfetto. Era venuta a casa mia un paio di volte quindi i miei sapevano di chi si trattava. Dopo aver finito il discorso: ‘Chi è sta qui?’ mi fiondai in camera e chiamai Giulia: Avevo grandi notizie per lei e non volevo che i suoi genitori le mettessero il bastone tra le ruote.

 

Spazio scrittrice:
Buongiorno! Questo è il primo vero capitolo della mia storia, spero che vi piaccia e spero che molte di voi lo leggeranno e lo recensiranno! Non mi dilungo molto perchè semplicemente non ho niente da dire :*

  
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