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Autore: funklou    22/11/2013    18 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Wait, you're not okay.

Non era stato un bacio mancato come quel giorno nella classe abbandonata, quello. Non era stato nemmeno come quello rubato nei corridoi. Luke l'aveva baciata, per davvero, questa volta. Sentiva di poter alzarsi e correre per tutto il parco senza una vera meta, di iniziare a gridare o di cominciare a saltare, lì, proprio sotto lo sguardo di Luke. Invece, Avril restava ferma, incantata dalla sua espressione apatica, con il battito del cuore non ancora del tutto regolarizzato. 
"Wow." commentò Luke, cercando probabilmente il pacchetto di sigarette nelle tasche.
"Wow cosa?" chiese prontamente, quasi lasciando solamente pochi istanti dall'affermazione. Voleva sentirlo parlare, odiava il silenzio dopo i baci.
"Niente, baci bene." trovato il pacchetto, estrasse una sigaretta e la tenne ferma tra le labbra mentre recuperava l'accendino.
Avril, imbarazzata, stette in silenzio, godendosi nel frattempo i gesti di Luke. Accese la sigaretta e fece un primo tiro. Il suo sguardo era di sfondo: osservava qualcosa attorno a sé, nonostante il buio che li circondava. Forse non si rendeva nemmeno conto di star posando lo sguardo su ciò che c'era intorno. 
Avril, invece, dedicava tutta la sua attenzione al ragazzo in questione. Pensava a quanto fosse bello e, automaticamente, non riusciva a capacitarsi del fatto che avesse baciato proprio lei.
Piccole nuvole di fumo si distinguevano nel buio, il suono dei grilli echeggiava per tutto il parco, così come il cuore di Avril nel suo corpo. 
"Ho voglia di parlare." sbottò improvvisamente lui, osservando la sua sigaretta quasi finita.
Avril sussultò per quel silenzio interrotto da una frase così strana. Aggrottò le sopracciglia e "Di cosa?" gli domandò.
"Secondo te, perché i muri sono grigi?"
E questo parere richiesto non fece che far aumentare la confusione di Avril. Perché gli importava di quale colore fossero i muri? E soprattutto, perché ci stava pensando? 
"Io non lo so, ma perché?"
"Il grigio è un gran casino, cazzo. I muri sono grigi e non possono parlare, i muri non servono a niente: non possono spostarsi, possono solo ascoltare senza poter intervenire; i muri sono passivi, sono spenti." 
Sembrava davvero assorto da quell'argomento, come se lo turbasse sul serio. Con molte probabilità, se qualcun altro avesse detto ciò, Avril sarebbe scoppiata a ridere. Ma era Luke, e Luke non era mai scontato. 
"I muri non sono tutti grigi, però."
"Appunto, perché tu grigia non lo sei proprio, ad esempio."
Avril spalancò gli occhi. Il libro che Luke Hemmings era, e che era rimasto fino a quel momento chiuso, si aprì di botto. 
Luke era il grigio.
Lei no. Lei era quel colore che serviva a far cambiare tonalità al grigio, a dargli colore, a dargli vita.
"E questa cosa mi fa' paura." continuò, "Però c'è qualcosa che mi impedisce di scappare da te." 
Quelli che susseguirono furono secondi pieni di incertezze, paure, nuove scoperte, nuove sensazioni, nuovi aspetti di Luke. 
Avril stava quasi infilzandosi le unghie nella carne delle sue mani nascoste dalle tasche. Le aveva detto di non poter andarsene da lei: parole che, messe insieme, riuscivano a formare la frase più bella che le avessero mai detto. 
Le aveva confidato di avere anche paura, ma quella l'avrebbe eliminata sicuramente.
Poi Luke si alzò, buttò a terra il mozzicone e "Okay, ho finito. Torniamo dagli altri." biascicò. 
Avril annuì e lo imitò. Camminando schiacciava foglie secche, producendo rumore che si abbinava a quello dei grilli che non si stancavano mai. 
Gli altri erano ancora lì. Calum le sorrise non appena la vide arrivare affiancata da Luke e la invitò a sedersi sulla panchina dov'era lui.
Sotto lo sguardo di tutti, attraversò la piazzetta, giungendo al moro.
"Sei tornata finalmente, eh." la salutò così, scompigliandole i capelli. 
"Ciao, Calum." lo apostrofò con un giocoso rimprovero. 
Luke si sedette proprio di fianco a loro due, abbandonandosi completamente allo schienale della panchina. Avril si girò e lo trovò a fissare un lampione e, poteva scommetterci, si sarebbe addormentato di lì a poco. 
"Stasera è stanco..." le spiegò Calum.
"Ho notato. Come mai? Ha fatto qualcosa di faticoso?" 
Il moro fece un sorriso amaro, passandosi una mano tra i capelli. Avril aveva studiato che il passarsi la mano tra i capelli era un gesto emotivo, che stava ad indicare l'ansia o il disagio presente in una persona. 
Non poteva andare tutto bene, c'era qualcosa sotto. Qualcosa ricollegabile al fatto accaduto fuori scuola: Calum non le aveva spiegato dove fosse sparito Luke, evitando il discorso.
"Non ha fatto niente. E' stanco e basta." 
"Dimmelo." Avril tremava di rabbia. Sentiva il sangue pulsare in ogni parte del corpo, il calore irradiarsi contrastante con la pelle fredda. 
"Appunto, diglielo, Cal." una terza voce si aggiunse a quella strana conversazione. Calum si voltò e lo fulminò con uno sguardo truce.
Michael.
Sapeva anche lui.
L'odio che provava nei suoi confronti si moltiplicò, così come il tremore per la rabbia. Ormai tutti i ragazzi presenti erano assorti da quella discussione: canne sospese tra le mani, bottiglie non arrivate alle labbra, battiti di ciglia rallentati.
"Tu stanne fuori." gli intimò Calum.
Luke ormai non apparteneva più a questo mondo: aveva chiuso definitivamente gli occhi e si era abbandonato al sonno, non sentiva più niente. 
Per un attimo Avril desiderò essere al suo posto.
Una risata cattiva si sparse per la piazzetta e "Certo, amico." affermò Michael con un tono che aveva una punta di sarcasmo, perversione e cattiveria. 
Rabbrividì. Il frastuono di un pugno tirato contro la panchina su cui erano seduti echeggiò per il parco. Avril sussultò, con i battiti in preda a sovrastarsi uno sull'altro. Guardò Calum, era stato lui. Lo vide in possesso di una maschera di rabbia che non aveva mai utilizzato prima di allora: gli occhi chiusi a due fessure, dai quali era possibile intravedere tutto l'odio; il respiro irregolare, la vena sporgente sul collo. 
Deglutì. 
La paura cosparsa nel sangue.
"Stronzo." disse a denti stretti il moro un secondo prima di alzarsi "Andiamo, Avril. Portiamo a casa anche Luke."
Lei obbedì senza troppe cerimonie. Sotto gli occhi attenti di tutti, si alzò in contemporanea con Calum e aiutarono Luke a fare lo stesso. 
"Luke, è tardi." cercò lui di svegliarlo, tirandogli piano qualche schiaffo sulla guancia destra "Ce ne dobbiamo andare."
E finalmente aprì gli occhi, che al buio prendevano delle tonalità sempre più blu. Non era completamente lucido, ma Calum riuscì lo stesso a farlo alzare dalla panchina, a mettere il suo braccio dietro al proprio collo per fargli mantenere un equilibrio stabile. Luke era in grado di camminare, Avril lo vedeva, ma era abbastanza scoordinato nei movimenti, ancora non del tutto sveglio. Li seguì in religioso silenzio, arrivando al cancello del parco, dove finalmente il mondo riniziava a prendere colore.
"Vieni con noi?" le chiese mentre continuava a sostenere Luke, facendo la parte dell'amico responsabile. 
Ed Avril si ritrovò a dire un "Sì." che non era stato pensato, come se si fosse trovato già nella sua bocca. 
Camminarono davvero poco, forse due minuti, ed erano già a casa Hemmings. Era di medie dimensioni, con due piani e due balconi per due delle finestre che si affacciavano sul giardino. Il colore bianco panna risaltava col buio del viale, illuminato solo dal chiarore della luna. Nessuna luce era accesa, probabilmente tutti dormivano.
Calum frugò nella tasca della giacca di pelle del biondo e ne estrasse un paio di chiavi. Aprì il piccolo cancello che divideva il marciapiede dal giardino ed entrò, lasciandolo spalancato per lasciare l'accesso ad Avril. Quest'ultima lo accostò, non del tutto chiudendolo e vide il moro imprecare contro la serratura della porta principale.
"Non vedo un cazzo." lo sentì lamentarsi "Avril, vieni qua ad aiutarmi."
Immediatamente gli fu vicino, gli prese le chiavi dalle mani e le inserì nella serratura.
Casa Hemmings.
Le girò all'interno, sentendo quel famigliare rumore.
Casa Hemmings, cazzo.
Calum le rimise in tasca, abbassò la maniglia ed aprì la porta, rivelando l'interno della casa. Premette l'interruttore e la luce illuminò il salotto. Entrarono all'interno e Avril non sapeva nemmeno se Luke riconoscesse il posto in cui viveva. Le pareti bianche, tutti i mobili rigorosamente in legno, ogni oggetto al proprio posto e... Silenzio. Solo silenzio.
"Saliamo le scale, lo portiamo in camera." 
Ad Avril era sempre piaciuto l'odore che le arrivava alle narici appartenente alle case di altri. Ognuno era diverso dall'altro, ognuno era un profumo nuovo da scoprire. E quello di casa Hemmings era concentrato, sapeva di Luke. Sapeva di Luke e le sue felpe grandi e morbide.
Sorrise tra sé e sé.
Intanto Calum saliva le scale con il biondo, anche quelle in legno, che portavano al piano superiore. Arrivato in cima, anche Avril li raggiunse e si spaventò a morte quando una donna sulla cinquantina le si presentò di fianco dal nulla. Lanciò un piccolo grido in preda alla paura, attirando l'attenzione del moro che "Non si preoccupi, torni a dormire." rassicurò quella donna. 
Avril la guardava: i capelli biondi in disordine, gli occhi stropicciati dal sonno, una vestaglia bianca addosso. Doveva essere rimasta sveglia tutta la notte. Il suo sguardo si rattristò e "Grazie." disse a Calum, per poi dare un'ultima occhiata a Luke, passando successivamente ad Avril. 
Abbassò lo sguardo e scomparve alla fine del corridoio, entrando in una camera.
"Chi era?" bisbigliò la ragazza.
"Liz, la madre di Luke." le rispose lui, concentrato a portare Luke nella stanza a sinistra. 
Provò un senso di pena: era rimasta sveglia ad aspettare il figlio, e sembrava davvero aver perso le forze per combattere. Ma combattere per cosa?
I due entrarono nella stanza, e lei li seguì. Non accesero nemmeno la luce ed Avril doveva quasi indovinare dove mettere i piedi.
"Sei a casa, Luke. Puoi dormire." sussurrò Calum, lasciando che l'amico si sdraiasse sul letto. 
"Grazie." era anche più basso di un sussurro, quello uscito dalle labbra di Luke, rimasto in silenzio fino a quel momento. 
Calum sorrise e "Andiamo." disse rivolto ad Avril. 
Quest'ultima era rimasta sconcertata da quella scena, aveva il cuore pieno di emozioni. Quel 'grazie' bisbigliato da Luke sotto voce, a malapena percepibile, le era rimasto impresso. Era come se avesse dovuto sentirlo solo Calum, come se le barriere fossero abbattute solo tra loro due. 
Eppure c'era anche lei.
Scesero le scale facendo il minor rumore possibile, ed Avril si sentiva come una ladra in piena notte. Uscirono dalla casa, ripercorsero tutto il tragitto al contrario per arrivare al parco, senza dire una parola.
"Sarei più sicuro ad accompagnarti a casa."
"No, tranquillo. Ci vogliono pochi minuti da qui a casa." affermò scuotendo la testa.
Calum assunse un'espressione triste, ma sapeva di non poter ribattere. Si abbracciarono senza preavviso, ed Avril sentiva le sue scuse trapassarle la pelle. Voleva dirle qualcosa, ma non poteva. L'aveva capito.
Quando l'abbraccio finì, i due si divisero, imboccando strade diverse.


Luke's pov 

La prima cosa che Luke sentì, appena si svegliò, fu il dolore al petto. Come se avesse cinquanta aghi conficcati nel cuore. Aprì gli occhi e la luce che filtrava dalle persiane gli diede alla testa. Gli pulsava in un modo assurdo, sentiva come se lo stessero prendendo a martellate sul cranio. Distese i muscoli delle gambe, per assicurarsi che ci fossero ancora. Aveva la bocca piena di saliva, provava a deglutire e non riusciva. Si alzò lentamente, rendendosi conto solo in quel momento di essere vestito come la sera precedente.
"Merda." imprecò quando si ricordò tutto.
Il giorno prima si era chiuso nel bagno della scuola, pronto a spararsi un quartino di eroina nel braccio. Dalla fretta di essere scoperto, però, si dimenticò degli avvisi di Daniel: avrebbe dovuto filtrare più volte la roba, perché era una polvere particolarmente impura. 
Si ricordava solo di quanto l'eroina lo devastò. L'impatto era stato fortissimo, aveva il corpo quasi in fiamme. Aveva visto una serie di flash nella testa, poi si era sentito pesante. E il suono di una campanella gli arrivò distante.
Quella mattina il corpo non se lo sentiva più. Andò in bagno con gli occhi ancora socchiusi. Si sciacquò la faccia almeno tre volte, giusto per rendersi conto di star vivendo. E proprio in quell'istante, sentì la sensazione di due labbra poggiate sulle proprie. 
Labbra che erano di Avril.
Mise a fuoco anche quel ricordo e si guardò allo specchio: sembrava che combattesse contro se stesso. Perché quel bacio, in realtà, era esattamente questo che gli aveva fatto fare: Luke contro Luke. Eppure, aveva avuto voglia di baciarla, di sentirla per davvero. Era stato soprattutto l'effetto dell'eroina che gli circolava nel sangue a spingerlo a compiere quel gesto, perché Luke aveva i sentimenti congelati. Allora una fottuta droga li bruciava, li scioglieva e macchiava il grigio con colori vivi. Ed era lì che viveva. 
Non voleva pensarci, non era giusto. Questo era per le persone comuni, quelle che Luke detestava ed ignorava. Aveva paura di star diventando uno di loro, e non se lo sarebbe perdonato. 
Comunque, quella mattina, ci riuscì lo stesso ad uscire di casa con le sue stesse gambe. Salutò con un gesto sbrigativo della testa i fratelli che erano intenti a far colazione intorno al tavolo e si diresse verso la scuola. Lasciò a casa la sua siringa, quella da cui non si separava mai, perché quella volta aveva davvero esagerato. Si sentiva il braccio sinistro paralizzato. 
Camminò con estrema lentezza, evitando di passare vicino alle vie che portavano al vicolo del Due. Così lo chiamava.
Non era solito farsi tutta quella strada a piedi, ma quel giorno ne sentiva il bisogno. Credeva fermamente che sarebbe morto entro una settimana. Si rese conto troppo tardi di essere arrivato al Norwest Christian College alle 8:15. 
Nel parcheggio e davanti alla scuola non c'era più nessuno. Andò a sedersi sul muretto, avrebbe aspettato la seconda ora. Non gli importava. 
Ma dopo una decina di minuti, un rumore di scarpe sull'asfalto si fece sempre più vicino. Allora Luke alzò gli occhi e vide Michael avanzare proprio verso di lui, con la faccia impassibile. Pensava che volesse solamente sedersi di fianco e fumarsi una sigaretta insieme a lui, ma quando gli fu a due metri di distanza "Ho bisogno di parlarti." esordì.
Non era un 'devo parlarti', ma un bisogno di parlare. Luke lo guardò, incitandolo a continuare. Aveva il freddo negli occhi. 
"Non sento niente." non abbassò lo sguardo, rimase lì davanti inerme. 
Luke lo osservava come se in realtà non avesse davanti nessuno.
"Spiegati."
"Ci sono momenti in cui faccio delle cose senza rendermene quasi conto. Faccio e non penso. Faccio e non sento niente. Potrei anche uccidere a sangue freddo e non sentire niente, Luke." 
Il labbro gli tremò, Luke lo vide. Si sistemò meglio sul muretto, radunando le sue idee. Si sentì strano e giusto allo stesso tempo, perché Michael era come lui, e le cose che diceva non lo scandalizzavano. Provenivano da quel mondo che adorava, che bramava, che desiderava restasse per sempre in lui. Fatto di cose grigie e strane.
"E ho baciato Avril per questo motivo, tempo fa, nell'aula all'ultimo piano. Non ero in me." ora il suo sguardo si abbassò e Luke non poté più vedere l'azzurro chiarissimo dei suoi grandi occhi. Sentì come se una spada gli si conficcasse nel petto e cominciasse a scavare il cuore, perché significava solo che Michael non avesse finito. Doveva dire qualcosa in più, qualcosa per il quale era lì davanti a lui in quel momento. Pensò al peggio.
"Continua." 
Lo vide deglutire pesantemente.
"Ieri sera, quando eri mezzo addormentato, stavo per rivelare ad Avril la tua tossicodipendenza. Al momento, mi era sembrata la cosa più giusta da fare, e mentre lo stavo per fare, non stavo provando assolutamente nulla. Calum mi ha fermato, ma io lo so... So che glielo avrei detto se solo non ci fosse stato lui. E mi sento una merda, sono qui per questo, per scusarmi." finì il discorso con la voce quasi rotta e il fiato corto. 
Avril non doveva sapere.
Luke sentiva scintille di rabbia scoppiettargli dentro, ma non fece niente. Mantenne uno sguardo duro, cercando la sincerità negli occhi di Michael, e la vide. 
Allora "Da quanto va avanti tutto questo?" gli chiese.
"Da quando Ashton è morto." e Luke sentì chiaramente la spada che affondava più in profondità. "Prima, però, non mi succedeva spesso. Solo ultimamente, mi sembra di star perdendo la ragione." si passò velocemente una mano sul viso con fare disperato.
"Perché forse ti manca."
"Manca a te."
Il biondo gli indicò il posto di fianco a sé sul muretto, incitandolo a sedersi. Gli porse il pacchetto di sigarette, Michael non rifiutò. 
Stettero lì a fumare in silenzio, fino a quando la campanella suonò. 
Mancava a tutti e due.

In ogni caso, alla seconda ora Luke era già in classe. Il suo banco era quello in fondo, quello di sempre. Si era dimenticato i libri, a malapena aveva una penna e una matita. Non gli importava della scuola e non ci aveva mai provato a stare attento ad una lezione, perché sapeva già in partenza di finire con un fallimento. In più, odiava ogni singolo professore. E ne aveva tutte le ragioni. 
Una mano chiusa a pugno gli sorreggeva la testa che sentiva pesante come non mai. Calum, al banco di fianco al suo, gli posò una mano sulla schiena e lo scosse un po'.
"Non addormentarti." bisbigliò piano "O finirai un'altra volta in presidenza." 
"Non mi sto addormentando." lo rassicurò. E in parte mentiva. 
Calum sbuffò e il prof li guardò male. Luke stava alzando la mano per mostrargli il dito medio, ma il moro lo fermò, alzando gli occhi al cielo.
"Sei il solito, Luke."

Finalmente l'ora passò. Uscì subito dalla classe, spalancando la porta ed uscendo senza nemmeno un 'arrivederci'. Calum lo seguiva senza pensarci, come se fosse normale e scontato. A Luke prudevano le braccia e le gambe. Voleva scorticarsi in quel preciso istante.
"Tutto bene?" chiese il moro aggrottando la fronte, aumentando sempre di più il passo per raggiungerlo.
Uno studente andò, senza intenzione, a sbattere contro il petto di Luke. Questi iniziò a sbraitargli contro. 
"Che cazzo fai, coglione?! Guarda dove vai!" urlò, prendendolo per il colletto della maglia. 
Lo sfortunato ragazzo aveva una faccia a dir poco terrorizzata, così Calum si mise tra i due, cercando di dividerli.
"Basta, Luke! Che cazzo ti succede?!"
Allora Luke "No, vaffanculo!" gridò in preda ad una crisi di astinenza dalla sua fottuta dose. Si grattò nervosamente le braccia, lasciò lo studente e prese a camminare per il corridoio.
Calum lo seguì fino a quando uscì nel giardino del College. 
"Okay, adesso ci calmiamo."
"No che non mi calmo." si appoggiò al muro della scuola e intrufolò le dita fra i capelli.
Stava a rota, un'altra volta. Non aveva assunto la sua dose mattiniera, aveva cercato di evitare di farlo, ed ora non aveva neanche la sua siringa con sé.
"Non puoi continuare così." Calum lo ammonì "Devi smetterla una volta per tutte." 
"Lo so." 
L'amico gli mise una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi. Erano faccia a faccia, e con quegli sguardi sembravano scambiarsi mille parole. Poi Luke, come se avesse finito di sentire quelle raccomandazioni mute, annuì.
"Okay, bene, credo sia meglio che tu vada a casa." 
"Mi prude tutto, dio mio." 
E in quel momento si sentirono dei leggeri passi dietro a loro.
Calum tolse la mano dalla spalla di Luke, si girò e puntò gli occhi nella stessa direzione in cui li puntò il biondo. 
Avril.


Avril's pov

Avril era tutta la mattina in cerca di Calum per avere notizie di Luke. Era preoccupata del suo comportamento, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedergli direttamente cosa diavolo stesse succedendo. 
Non appena uscì nel giardino, nel quale gli studenti non potevano sostare durante le ore di lezione, intravide due sagome vicino al muro non lontano da lei. Li riconobbe subito.
Voleva fare dietrofront, ma quella scena la incuriosiva troppo. Avanzando, le sembrava sempre di più che Calum stesse discutendo con Luke, ma non urlavano. Stavano solo zitti, guardandosi. Si scambiarono solo due parole, e poi la videro. 
Le puntarono gli occhi spaventati addosso, ed Avril si sentì inadatta. La prima cosa che notò  fu il velo di sudore che ricopriva il viso di Luke, nonostante la bassa temperatura. 
"A-Avril." 
Fu Calum a parlare. Lo guardò di sfuggita, perché gli occhi non riuscivano a staccarsi dal ragazzo biondo che aveva davanti. 
Pallido. Nervoso. Stanco.
Lo vide muoversi sul posto e poi grattarsi il braccio sinistro. Quasi come se volesse conficcarsi le unghie nella pelle. Guardò le braccia tutte rosse, scoperte dalle maniche arrotolate della felpa, e guardò Luke. Lo vide agitarsi e le salì un groppo alla gola. Perché quello che Luke aveva era solo collegabile all'aspetto di un fottuto bucomane.
"Tu non stai bene." sembrava parlare più con se stessa, rendendosi conto di essere l'unica, forse, a non esserne a conoscenza. "Dammi il braccio." ordinò, con gli occhi già inumiditi da una consapevolezza amara, impossibile da mandare giù, che sembrava soffocarla in quel momento. La consapevolezza di essere lei la sola colpevole, perché non era riuscita a tirare le somme più in fretta. Era arrivata in ritardo, come sempre.





Hei people!
Eccomi qui, dopo quasi due settimane.
Non ho molto da dire su questo capitolo, in realtà. Questo è solo il secondo pov di Luke che ho inserito, se non ricordo male. Piano piano sta uscendo ciò che lui è realmente, il casino in cui vive, il mondo a cui aspira. Non so voi, ma a me questo capitolo sembra davvero tanto grigio. Sono proprio una scrittrice grigia. Anzi, scrittrice è una parola graaande lol
Comunque, tutto ciò che è legato ad Ashton si verrà a sapere, Two è ancora tutta da sviluppare per bene!
Va bene, okay, vado via. Oggi nevica e fa' freddo ed è tipo tutto triste.
Però vi voglio bene.
E vi ringrazio tanto tanto taanto.
Recensite, se vi va! See you soon :)


il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr

http://ask.fm/AnnalisaSanna

  
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