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Autore: Alex Wolf    22/11/2013    3 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just can’t let her go
 



« L’oscurità è la nostra casa, in cui ci sentiamo al sicuro. »
 
-Bella Ferraro. Set me on fire.

 


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« Eleonora, un aiutino? » Il richiamo di Legolas mi fece volate. Stava tirando su la corda, a cui Aragorn e Gimli erano appesi e sembrava sull’orlo di farli cadere. Tagliai di netto la testa di un Uruk-ai e presi la fune fra le mie mani; tirammo finché i nostri amici non furono in salvo.
 « Sono entrati, hanno aperto una breccia nel tromba torrione. Ripiegare! » Una delle guardie di Theoden ci comparve alle spalle, mi spinse verso un enorme portone e riprese a correre, gridando “ripiegare” incessantemente.
« Presto, fateli entrare! » Ordinò Aragorn. Mi bloccai al suo fianco e l’aiutai a far si che tutti entrassero e si mettessero in salvo. Da lontano sentivo i ruggiti di Titano, che si era alzato in volo e sputava fuoco sulle fila nemiche. Le fiaccole umane gridavano e si disperavano, correndo da una parte all’altra.
« Aragorn, dobbiamo entrare! » Strillai. Mi ero accertata che Legolas e Gimli fossero entrati prima di gridare.
« Muoviti, allora! » Rispose lui, prendendomi per mano e trascinandomi oltre il portone. Le porte si chiusero con un tonfo alle nostre spalle, ma non era ancora finita. Corremmo all’interno della grande fortezza e finalmente ci fermammo. Poggiai le mani sulle mie ginocchia e l’armatura tintinnò.
Il mio corpo era stanco, le mie braccia erano pesanti e prive di forza. Tremavo per lo sforzo della battaglia, e l’adrenalina nelle mie vene. Quando mi fui ripresa leggermente, caddi in ginocchio e presi ad osservarmi le mani. Rigirai più volte i palmi verso l’alto, e poi verso il basso, domandandomi perché diamine ci avevo messo tanto a lanciare quella fiammata per salvare Aldir. Che cosa diamine mi aveva trattenuto? Perché non ero intervenuta prima? Sospirai trattenendo le lacrime e tornai ad alzarmi. Non potevo farmi vedere debole davanti a tutti quegli uomini; tutti coloro che mi credevano priva di sentimenti e fredda più del ghiaccio. A spallate, mi feci largo fra gli uomini finche non raggiunsi Gimli. Il nano si stava lamentando del fatto che l’avessero trascinato lontano dalla battaglia, e come mi vide prese a borbottare anche a me.
 
Il sole stava sorgendo quando Theoden e Aragorn si misero a litigare. Io e gli altri li ignorammo, continuando a portare oggetti davanti alla porta per impedire l’entrata ai mostri.
« Non è finita, non può essere finita », mi ripetevo corrosa dai sensi di colpa. Centinaia di uomini erano morti, centinaia di elfi erano deceduti, Aldir era caduto davanti a me. « Non è finita, non è finita, non è finita… »
Due mani mi trascinarono lontane dagli uomini e mi incollarono al muro. Gli occhi di Legolas  mi osservarono, e il dorso della sua mano sinistra si poggiò sulla mia fronte. Disse qualcosa in elfico, sicuramente una qualche imprecazione, e poi riportò la stretta sulle mie spalle.
« Devi riposare, Ele. Scotti, hai la febbre. » Mi consigliò.
« Non posso riposare, non ora. Titano è fuori che combatte da ore, noi siamo qui dentro e tentiamo di tenere quei mostri fuori da ore. Non posso riposarmi, non durante la guerra, no. » Parlai velocemente. Come poteva anche pensare che io avrei anche solo preso in considerazione la sua idea? Ok, mi sentivo male, era vero, e non avevo più forze: ma non potevo abbandonare i miei compagni. « I-io devo combattere, per Aldir. Perché gliela devo questa vittoria, io… io », mi portai le mani a coprire il volto e mi maledissi da sola. Non potevo avere una crisi di nervi proprio ora, non dovevo averla.
« Eleonora, stai male. Vai con le donne e i bambini e conducili in salvo. » Poggiò i suoi palmi sulle mie guance. Lo guardai negli occhi e scossi il capo.
« Voglio combattere al tuo fianco. Posso far… » Un dolore acuto mi squarciò il petto. Non gridai, non avevo fiato. Chiusi solo gli occhi e rimasi in silenzio, come tutti adesso, ad ascoltare il ruggito del mio custode perdersi nel vento. Il rumore della pietra che si sgretolava mi fece capire che il corpo del mio drago era caduto, morto.
« Oh, no. » Mormorò Legolas, alzando il capo verso le finestre. Il sole era sorto. « E-ele, come stai? Dimmi che non stai per morire, ti prego. »
Sto bene. Avrei voluto dirgli, ma riuscii solo a pensarlo.
« Forse hai ragione », sussurrai, « porterò le donne in salvo. » E scappai via letteralmente. Mi persi nei corridoi del torrione e attesi il silenzio. Dentro di me stava divampando un fuoco, che mi bruciava gli organi e l’anima. Poggiai la schiena a un muro di pietra e rabbrividii. Titano era morto, e io non gli avevo detto addio. Al contrario l’avevo ferito. Mi lasciai scivolare a terra e chiusi gli occhi. Portai una mano al ventre caddi su un fianco.
 


Ero tornata fra le mura di Mordor. La solita grande finestra, il solito frastuono assordante, il solito cielo rosso, la solita stanza con gli stessi mobili. Mi mossi verso l’armadio accanto alla porta e lo aprii: i soliti abiti neri. No. C’è n’era uno nuovo: di uno splendido nero lucido, diverso da tutti gli altri. Tolsi il vestito che indossavo e misi quello, andando poi davanti alla parete lucida per specchiarmi. Slegai i capelli sistemandoli su una spalla e lisciai con le mani la gonna stretta dell’abito. Questa ricadeva gentilmente a terra. Mi voltai e ammirai la scollatura sulla schiena, sorridendo felicemente. Dalla fine di quella partiva, disegnando la curva della spina dorsale, una cordicella leggera, che terminava con una pietra simile a un diamante.
« Vedo che hai trovato il tuo regalo. Lo conservavo in attesa del tuo ritorno », la voce risuonò fra le pareti della stanza. Girai il viso verso l’entrata e osservai il viso di Sauron. I lineamenti regali non erano rigidi come al solito, bensì erano rilassati. Le labbra piegate in un sorriso dolce. « Spero ti piaccia. »
Abbassai lo sguardo sulla stoffa lucida e poi lo rialzai sul suo. Le mi guance si colorarono di un rossi intenso quando lui percorse a grandi passi la stanza e, non permettendomi di rispondere alla sua domanda, mi strinse a se. Il suo odore si propagò per tutto il mio corpo, mandandomi in ebollizione il sangue.
« Pensavo che non saresti tornata, mai più. » Rafforzò la presa, e io poggiai la testa sul suo petto. Non l’avevo mai abbracciato così prima d’ora, mi dissi.
« Come faccio a essere qui? » Domandai ad alta voce. « Ero al fosso di Helm, e ora sono qui. Com’è possibile? »
Sauron si staccò da me e mi prese il volto fra le mani, i suoi occhi rossi si fissarono nei miei.
« Ha davvero importanza? » Chiese. « Ha davvero importanza sapere il “come” e non il “perché”? »
« Perché, sono qui? » Rettificai, incantata dalla sua voce.
« Perché la tua mente ti ha portata qui. Perché tu volevi tornare qui. » Era talmente vicino che i nostri nasi si sfioravano e i respiri si univano. Spostai l’attenzione sulle sue labbra e  non riuscii più a distogliere lo sguardo. Mi avvicinai premendoci sopra le mie e lo sentii stringermi. Il suo tocco caldo mi accarezzò la schiena, provocandomi la pelle d’oca. Le mie mani si fermarono sul suo collo e staccarono il gancio del mantello dell’oscuro signore, che cadde a terra con un tonfo. « Ti ho aspettata per così tanto. »
« Qualche ora, non è molto. » Borbottai allontanandolo leggermente.
« Forse non per te, ma per me lo è. » Rise leggermente e mi baciò ancora. Un senso di nausea mi impose ad allontanarlo e correre in bagno. Chiusi la porta e mi afflosciai sul pavimento, chiudendo gli occhi.


Ma che diamine ti succede, Eleonora?!
 
 

°   °
 




« Conto finale », l’elfo guardò il suo arco e l’accarezzò, « quarantadue. »
« Quarantadue? » Chiese meravigliato il nano. « Oooh, non è niente male per un principino elfico dalle orecchie a punta. Eheheh: IO sono seduto comodo sul QUARANTATRE. » Gimli diede una tirata alla pipa, soddisfatto di aver lasciato di stucco l’amico. Ma proprio mentre credeva che Legolas se ne sarebbe andato con la coda fra le gambe, l’elfo estrasse dal fodero una freccia e la conficcò nel fianco dell’uruk-ai su cui il nano giaceva, infilandola a pochi centimetri dal corpo di esso.
« QUARANTATRE », si beffeggiò di lui l’elfo.
« Questo era già morto », battibeccò Gimli.
« Si contorceva. » Fu la risposta divertita del principe.
« Si contorceva perché lui ha la mia ascia conficcata nel suo sistema nervoso! » Ululò il nano, muovendo l’ascia conficcata nella testa del mostro.
« Dicono tutti così », rise Legolas. Poi voltò le spalle all’amico e si diresse verso il torrione.
« E ora dove vai? » Gli gridò dietro il mastro nano.
« Ho una signora che mi aspetta, se non te lo ricordi, mastro nano. » Alzò la mano in segno di saluto, senza voltarsi. Sebbene il campo di battaglia attorno a lui fosse gremito dei corpi di chi aveva partecipato alla battaglia ed era perito, Legolas non poteva fare a meno che ignorarli e pensare alla vittoria, e alla sua compagna. L’aveva lasciata nel torrione, guardandola correre verso le grotte  per salvare le donne e i bambini, e mai come allora aveva pensato che fosse più al sicuro sebbene la situazione fosse pericolosa. Fece i gradini a due a due e quando arrivò all’entrata delle grotte, girò varie volte fra la gente, ma non la vide.
« Legolas! » Gandalf il bianco gli si parò davanti. « Legolas, amico mio », il tono del mago non sembrava preannunciare nulla di buono, « devi venire con me. » Si misero in cammino, e successivamente si unì a loro anche Aragorn, seguito da Eowyn. Entrarono nel torrione e percorsero l’enorme sala dal trono di pietra, ora illuminata a giorno dal sole, e imboccarono uno stretto corridoio. Alcune finestrelle in alto lasciano trapelare la luce, disegnando lame d’oro nel buio. Al centro del lungo cunicolo stavano due figure, e parlavano; o almeno una tentava di far parlare l’altra. Socchiudendo gli occhi Legolas distinse l’armatura decorata di rosso della sua compagna e il volto del fratello della principessa di Rohan, Eomer. Lasciò cadere l’arco e corse dalla sua compagna.
« Ciao, principino », sorrise lei con la voce stanca. Sul pavimento c’era un pozza di sangue d’inchiostro, che colava da sotto la corazza che lei indossava. Sotto gli occhi scuri aveva delle occhiaie, causate dalla battaglia e da altro. « Ehi, prima che tu possa parlare voglio dirti che sto bene. Ok? » Lo avvisò, prevedendo la domanda che gravava sul cuore del reale. Con i muscoli in tensione la ragazza slegò i lacci che tenevano l’armatura legata e sa la sfilò dal braccio destro. Sulla blusa bianca che indossava c’era tanto, troppo sangue.
« Legolas », una mano rugosa si poggiò sulla spalla del giovane, « stai tranquillo. Lei sta bene, la ferita è già stata rimarginata. Non è in pericolo di vita, nessuno dei due lo è più. » Il cuore del principe ebbe un sussulto e successivamente si rilassò. Poi, un altro sussulto.
« Nessuno dei due? » Per poco non si strozzò con la propria saliva.
 
 

°   °
 
 
 


M’irrigidii all’istante e Legolas fece lo stesso. Gli altri presenti nel corridoio rimasero muti, mentre Gandalf ci osservava appoggiato al suo bastone.
« Tutti e due stiamo bene? » Ingoiai un fiotto di saliva. « Cosa intendi dire, Gandalf? » Rizzai la schiena fino a scontrarla contro il muro. Il sangue nelle mie vene scorreva talmente veloce, che persino il cuore che non avevo sembrava pomparlo così di fretta, che, pensai, da un momento all’altro sarebbe uscito dal petto. Strinsi forte la mano dell’elfo e rimasi in attesa.
« Ah… non lo sapevate? » Borbottò l’anziano, ma nei suoi occhi guizzò un sorriso divertito. Forse erano le nostre espressioni o i nostri movimenti a divertirlo, oppure il fatto che ci aveva presi alla sprovvista.
« Gandalf, non credo di aver capito bene. » S’intromise Aragorn.
« E’ incinta », mormorò Eowyn. La trafissi con lo sguardo e lei, invece di indietreggiare, si avvicinò poggiando una mano sulla mia fronte. « Questo spiega lo svenimento, le nausee al suo risveglio di poco prima, la febbre, e i cambi d’umore. »
« Ma com’è possibile? Insomma quando… » Le mie guance si colorarono di porpora alla domanda di Aragorn.
« Hai capito il principino. » Rise Gimli, comparendo da dietro la sagoma del re. Tutti guardarono noi, senza badare al nano e io mi coprii il volto con le mani.
« Io. Incinta? No. No, deve essere uno scherzo. » Mi alzai con uno scatto e scappai letteralmente dalla piccola “riunione di famiglia”. Avevo bisogno d’aria. Aria fresca e pulita, aria per i miei polmoni e per il cervello, per riuscire a carburare quell’informazione. Come potevo essere rimasta incinta? Come potevo proprio ora, che la mia vita era divisa in due: fra un elfo di bosco atro che amavo, e ne ero certa, e un signore oscuro che riusciva a mandarmi su di giri? Perché proprio ora? Gridai frustrata, facendo girare qualche soldato che poi, capendo il mio umore, si affrettò a scomparire dalla mia vista.
« Perché proprio adesso?! » Sibilai a me stessa. « Maledizione. Perché, perché, perché?! »         
« Eleonora. »
« No, Legolas, vai via. Va, via. » fermai la conversazione sul nascere. « Non, non voglio parlarne ok? » Portai un’altra volta le mani al viso e le strofinai. Non potevo credere che quella era arrivata proprio in un momento drastico come quello. Non era possibile che succedessero tutte a me, dannazione! Magari era tutto un sogno. Magari ero ancora svenuta sul pavimento di una stanza di Mordor. Magari… magari le labbra del mio elfo erano sulle mie, più leggere rispetto a quelle di Sauron. E le sue mani si muovevano con più delicatezza sul mio corpo. Il suo calore penetrava oltre la maglia che indossavo con mena facilità di quello di Sauron, ma questo non significava che non lo sentissi, o desiderassi.
« Un figlio », sussurrò lui a fior di labbra. « Un figlio, nostro. »




I love you, peipeeeee :3

Premetto: Ho bisogno di voi. Come tutte sapete, stiamo giungendo al termine e io non ho ancora un nome per l'ultimo capitolo della trilogia. Se vi va, nelle recensioni potreste mettere l'idea per uno di questi, magari una frase che contenga il verbo "go", andare ( go, went, gone ), siccome la trilogia si basa su quello anche. 

Ora, passiamo ai ringraziamenti:

- Lol_lola: le tue recensioni sono dolcissime.

-LilyOok_: io ti adoro, ma questo gia lo sapevi. Le tue sono le recensioni più lunghe di tutte (OwO), ci perdo delle ore a leggere e rileggerle. Le adoro.

-Anna Love: mi fai moriredal ridere con le tue recensioni :3. 

-Elanoriel: sei dolcissima. Senza contare le immagini che mi stai facendo, grazie :3

A proprosito di immagini, ecco la coppia LegolasxEleonora fatta da Elanoriel: (io l'adoro)


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