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Autore: Sanjet    07/11/2004    15 recensioni
I personaggi cresciuti, un mondo diverso, più maturo, per una storia che non dimenticherete mai.
Genere: Avventura, Azione, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Magister

Ricordi

Poteva sembrare una mattina come tante altre, quella, vista da un occhio comune. A Londra il traffico era costante ed incessante. Centinaia di macchine, decine e decine di moto, migliaia di clacson uniti in un unico coro. Le poche persone che desideravano farsi una passeggiata in santa pace dovevano ricorrere ai viottoli e alle strade meno usate. Anche gli edifici erano strapieni: turisti che sfagiolavano foto, mercanti e piazzisti che cercavano di accalappiare le loro offerte al primo passante e anche gli studenti che venivano da altri stati per imparare l'inglese o frequentare importanti corsi universitari.
A parte la folla si stava abbastanza bene. Il cielo azzurro era appena velato in alcune zone con delle sporadiche nubi in lontananza. Il clima era tiepido e tranquillo, senza neanche un soffio di vento.
Un ragazzo alto, sui vent'anni circa, forse un po' di più, forse ventitrè o ventiquattro, con un viso un po' pallido, ma che sembrava combattuto da solarium e cosmetici e bellissimi capelli biondi che raggiungevano la metà del suo collo dietro e davanti si svasavano in disordinati ciuffi misteriosi sul suo volto dagli occhi verde smeraldo, avanzava per una stradina lontana dal centro, vietata alle macchine e ai mezzi di locomozione, e molto stretta. Lui portava dei normali vestiti comuni: un paio di jeans, una maglia della Lonsdale scura a scritte giallo-oro e alcuni braccialetti da mercato ai polsi e alla caviglia sinistra. Il suo passo lo portò a raggiungere una ristretta e piccola cabina telefonica. Sembrava essere stata mezza distrutta dai vandali, ma lui entrò, afferrò la cornetta e disse, con voce forte e chiara: "Draco Malfoy, Ministro della Magia".

La cabina si chiuse, sigillandosi, e sprofondò sotto terra, facendogli raggiungere un grosso atrio diviso in più gradinate fatte da lui costruire. Sulle più alte, magici giardini pensili come quelli babilonesi. Su quelli bassi, statue dorate di importanti creature o eventi. Oltre, un grosso corridoio che portava agli ascensori per i settori del Ministero.
Entrando, alzò una lunga bacchetta legno acero e venne rivestito dei suoi abiti usuali: una lunga tunica di un verde turbinante e smeraldino che arrivava fino ai piedi; un mantello nero con alcune scritte verdi anch'esse e un paio di spalliere con sopra delle altre scritte di attestazione. Come lui era arrivato, tutti i presenti si voltarono e applaudirono, com'era di consueto ogni giorno da prima ancora della sua elezione.
Camminò alzando la mano destra come un imperatore romano, in gesto di saluto, e si diresse fino agli ascensori. I due d'oro erano affollati come sempre, ma lui ne aveva uno personale. Era d'argento, distante una decina di passi. Una volta raggiunto, schiacciò la sua mano sulla porta, che lo riconobbe e si aprì.
"Piano degli Sport, le gare e gli intrattenimenti magici" esordì stancamente, appoggiandosi a una piccola sedia in un angolo dell'ascensore, che si spostò velocemente senza il minimo rumore. Oggi non era un giorno come tanti altri, per il terzo piano. L'anniversario di Henry Stricker, il grandissimo cercatore della squadra di Quidditch dei Polytans nel XIX secolo d.C., un evento da non perdere. Aveva concesso lui quel giorno come festivo per loro, e non era un caso. Quando la porta si aprì, uscì nel corridoio deserto, che ispirava quasi malinconia. Lo percorse, leggendo ad una ad una sulle porte, fino a quando non esordi un "Aha!" di trionfo su una targhetta d'oro: "Mick Island - Responsabile della sicurezza e della vigilanza per gli Sport, le gare e gli intrattenimenti magici" e sotto "Comprendente il chiarimento di equivoci sul capo, il ripristino da errori e il controllo e l'analisi di qualsiasi strumento".
"Bene" e senza attendere oltre, aprì. La stanza che trovò era buia. Le finestre -ovviamente magiche; finestre normali avrebbero solo visto il resto della struttura, muro o pietra, cemento o terra o roccia- erano chiuse e tirate con una tapparella. Lui alzò la bacchetta ed esse si alzarono, mostrando un panorama sui tropici nient'affatto male. Persino l'odore in quella stanza divenne tropicale. Era stata lasciata in disordine. Il grosso ufficio del misterioso ma molto stimato Mick Island aveva la schiena principale disordinata, con quaderni, fogli di pergamena e boccette d'inchiostro varie sparse qua e là. Anche la seconda scrivania, che dava su un'alta serie di pratiche sbrigate o da sbrigare, non era messo meglio. Sul resto della stanza, un armadio di legno alto circa due metri, tre grosse librerie con tutto il materiale utile per un ufficio del genere sul Quidditch, gli altri sport, le gare e gli eventi indetti.
Lui era più volte stato in quell'ufficio, per ispezioni varie. Mick Island era una persona bizzarra, soprattutto perchè il più delle volte mangiava nel suo stesso ufficio. Non era difficile capire il come. Si avvicinò all'armadio e scosse la bacchetta, spostando tutto il materiale contenuto. Tolse gli scaffali e guardò l'anta posteriore, di chiusura, tappezzata da un quadro del cantante Bruce Link con la chitarra mentre cantava in un live. Si avvicino e gli fece il solletico sotto un ascella. Sentì una risatina provenire dal cantante, e l'anta di fronte a lui si aprì di lato, facendolo passare ed entrare in una seconda stanza. La seconda casa di Mick Island. Era adibita come cucina, con diverse apparecchiature, alcune anche babbane, come il forno a micro-onde e una moderna lavastoviglie. In un angolo, un box appartato, un angolo toilette. Aveva visto un paio di volte quella stanza. Era segreta quasi a tutti, tranne ovviamente che a lui e a un altro paio di colleghi, che gli avevano dato l'autorizzazione dato il brillante lavoro. Ma lui sapeva che Island aveva escogitato qualcos'altro ancora. Entrò nella toilette. Aveva più volte ispezionato da cima a fondo. Si chinò e tastò dietro il water, trovando infine le due grosse viti di sostenimento. Una delle due era falsa. La tirò appena su, poi le fece fare tre giri su di essa in senso anti-orario. Sentì un clic, quel clic che ti avverte sempre quando scatta qualcosa. Proveniva da un congegno babbano affisato alla parete del water da cui, tirando sotto, usciva della carta igenica. Ma lui non tirò. Lo afferrò ai lati, dal basso, e tirò in su. Ricordava bene. Il congegno si staccò, ruotando sul lato superiore fissato alla parete. Davanti a lui, in una piccola rientranza del muro, una chiave. La afferrò, curioso di sapere cosa avesse inventato, e si diresse verso il frigo, un'altra diavoleria babbana. Lo svuotò, tolse gli scaffali e le cassette, e infine una cassetta alta e vertical, in un angolo. Accanto alla batteria, c'era un buco. Perfetto per la chiave. La immise e grattò nella serratura. La batteria lampeggio. Il retro del frigo, proprio come l'armadio, si aprì ruotando, e lui, dopo essersi per precauzione messo un mantello dell'invisibilità, arrivò infine nella stanza segreta del misterioso Mick Island.

Credeva di averli seminati, invece li aveva ancora alle spalle. Non poteva volare e difendersi senza compiere errori: non era mai stata granchè a fare multiple azioni su manici di scopa. Da dietro la bersagliavano, e lei capì che c'era solo una situazione applicabile. Inclinò la scopa e si diresse verso il basso. Da un pasio d'ore volavano su quella gigantesca e quasi sconfinata foresta. Lei scese, sempre più velocemente, sempre più radente, fino ad entrare quasi per miracolo, filtrando tra le chiome di due alberi. Scese veloce a terra e adocchiò subito una grande sequoia dalle radici sproporzionate, di quelle in cui è mooolto facile inciampare. Le salì a piccoli balzi e si rifugiò dietro il tronco, preparandosi a riceverli. Premette con le mani sul manico di scopa e quella fu avvolto di una lieve luce solare, poi diventò un ciolo che si mise al collo. Estrasse la bacchetta. Ora che poteva usarla senza difficoltà era pronta ad atterrare i suoi avversari. Ne aveva avute a palate dal momento della condanna, ma nessuno era mai riuscito a prenderla o ad ucciderla. Nessuno, a parte un paio di persone, era al suo livello o meglio di lei per quanto riguarda la magia. Ma non era solo quello il motivo per cui era ancora viva e vegeta da tempo, salva e libera. La sua testa e astuzia, e il suo fisico atletico che si era costruita in tanti anni: quella era la carta vincente unica all'asso magico. Si tenne silenziosa appostata al tronco, pronta a colpire. Al momento, solo una coppia la seguiva. Era una coppia di Rowen, guardie ufficiali del Mondo Magico. Dopo aver ingaggiato tutti gli Auror e i Rowen in massa di trovarla senza alcun risultato, li avevano divisi stupidamente in coppie, errore ancor più grave. Sentì due fruscii e tonfi leggeri. Erano scesi.
"L'hai vista, ragazzo? E' scesa proprio qui" disse una voce burbera. Lei la ricordò con un ghigno. Adrian Dabelt, un Rowen che aveva già spedito in coma diversi mesi prima. Aveva fegato per tornare a cercarla, quando lei poteva benissimo spedirlo all'altro mondo "Quella mostruosità mi deve qualcosa. Ha un conto da pagare."
"Me ne occuperò prima io, se permette, signor Dabelt" disse una voce giovane, ma forte e decisa. La donna riconobbe quella voce trattenendo bruscamente il fiato. Questo era un inconveniente. Era lui. Lui era qui. Adesso. Non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontarlo direttamente o colpirlo. Non ancora. Probabilmente, non in quella vita. Avvertì Dean Thomas camminare lento e furtivo verso la quercia...

Gli aveva fatto ribollire il sangue. Una volta era la cosa più preziosa che potesse mai avere, ora era la cosa più mostruosa che vedeva sulla faccia della terra. Sapeva cosa fare. Sapeva che era dietro a quella quercia, per qualche motivo, nonostante non l'avesse vista. Il sole picchiava da davanti a lui. La parte di quercia che dava sulla sua parte era dunque scura; l'altra doveva ovviamente essere luminosa. L'avrebbe colpita, e uccisa. Non solo per sentimenti personali, ma per quello che aveva anche fatto al resto del mondo. Lui, Dean Thomas, si mosse lentamente, odendo solo il debole fruscio dell'erba sotto i suoi piedi. La voce burberà di Dabelt lo riscosse "Signor Thomas! Con la sua andatura il soggetto avrà tutto il tempo di farsi una crociera ai caraibi!"
Scattò in piedi, la bacchetta a lato, e corse su per le radici enormi. Fu un errore, se ne rese conto. Proprio mentre raggiungeva la cima inciampò su una radice e roteò su se stesso, ricadendo e rotolando dall'altra parte della quercia, fino a uno spiazzo erboso. Si rialzò quasi immediatamente. Mentre rotolava, da un fianco altro, l'aveva vista di sfuggita, bella come nessun'altra creatura al mondo che esistesse. Ora non c'era più, ma aveva lasciato una cosa affissa sul tronco. Qualcosa che gli bastò a capire che non voleva più ucciderla. No, avrebbe lasciato perdere. Dabelt lo raggiunse, e come fu da lui, la cosa sul tronco giustamente svanì. Pazienza, l'aveva guardata abbastanza.
"Prestazione patetica!" tuonò burbero Dabelt "Che fine ha fatto il soggetto?"
"Non era qui" si affrettò a dire lui. Non era proprio il caso di ficcare in una pattumiera tutta la sua carriera.
"Cerchiamo, allora! Sarà certamente nei dintorni!" "Sì... cerchiamo."
La soluzione migliore. Sapeva che lei non era più lì con loro, e si era già allontanata a sufficienza.

Uno spettacolo. Quel Mick Island è veramente una testa geniale, pensò Draco, mentre girava su se stesso nella stanza appena di una lieve oscurità, guardandosi attorno affascinato. Aveva portato in quella stanza segretissima e sconosciuta a tutti, perfino a lui fino a quel momento, tutti i migliori modelli babbani di tecnologia. Aveva importato la corrente elettrico, collegandosi ai cavi londinesi, e molta era motorizzata magicamente. Ma il vero fascino non era questo: era che aveva unito magia alla tecnologia. Ovunque schermi al plasma e tele su cui veniva riprodotti più filmati in condizioni diversi e con una tale risoluzione da essere meglio che veri. Su uno schermo, lui vide la prestazione di Klaus Felt, il cercatore del Puddlemere Unt. durante una delle ultime partite. Mentre si avvicinava velocissimo al boccino, la registrazione dell'omniocolo di Mick lo incentrava nella splendida presa. Lui ne sapeva qualcosa: era stato cercatore per sei anni a Hogwarts, e negli ultimi due anni era stato proclamato capitano ed era divenuto il miglior cercatore dell'intera scuola. Ma non era lì per quello. Sapeva che Island non aveva costruito una stanza speciale per vedere riproduzioni di partite. Da qualche parte, cercando molto bene, avrebbe trovato quello che inderessava davvero al misterioso Mick Island. Si guardò intorno, telecamere dappertutto. Per fortuna che aveva addosso il mantello dell'invisibilità. Poi il suo sguardo cadde su un pendolo d'antiquariato, di nobile fattura. Il pendolo non roteava ed era fatto di oro puro. Si avvicino e fece uscire il dito, strofinandolo appena sul disco. L'oro lo aveva sempre attratto. Ritirò la mano nel mantello, e si guardò attorno. Poi vide tre colonne a un angolo della stanza. Alzò la bacchetta da dentro il mantello. Non aveva fatto tanta babbanologia per niente. Costrinse magicamente le telecamere a ripetere lo stesso filmato per venti minuti, così pote uscire allo scoperto -o quasi- e dedicarsi alle colonne. Una era un computer, che per ora non lo interessava. L'altra era una semplice colonna cementata e poi una cabina telefonica. Sollevò la cornetta e la portò a un orecchio. Una voce metallica disse "Sistema non attiva". Lui si affrettò ad accendere il computer. Voleva una password, sei caratteri. Sapeva benissimo quale mettere. Mick una volta gli aveva fatto vedere dal portatile una web-chat, in cui di solito si usano "nickname", ossia "pseudonimi". Spesso erano nomi come NomeGiorno di nascita, tipo Robert21. Le password spesso erano messe con date di nascita. Lui sapeva i dati che aveva nelle web-chat. O almeno, solo il nome utente: Mick16. Digitò i sei caratteri, due per il giorno di nascita, due per il mesi e due per le ultime due cifre dell'anno. Bingo. Il computer diede cenno d'assenso e si accese. Comparve solo una grande scritta "Accesso effettuato. Sistema operativo." Le luci si accesero, diversi ventilatori entrarono in funzione, una voce metallica annunciò "Bentornato signor Island" e da alcuni cassetti uscirono schermi con altri video. Tornò alla cornetta, che diceva, sempre con la stessa voce metallizzata: "Immettere codice d'accesso". Lui digitò nuovamente la stessa password, ma la voce disse "wrong". Allora provo Mick16. Altro centro. Appoggiò la cornetta. La colonnina cementata ebbe un lungo cigolio, poi si aprì in due...

Basta, ne era convinta. Era brava, bella, atletica, studiosa, astuta, intelligente, imbattibile o quasi per magia, modesta, e chi più ne ha più ne metta, ma in quanto fortuna era davvero a zero. Come aveva raggiunto un margine della foresta vicino al piccolo Monte Porro, dove c'era una vecchia fattoria abbandonata, era incappata in una seconda coppia. Per fortuna, non quella di Dean. Era composta dall'ex-bigliettaio del Nottetempo, Stan Picchetto, e il nuovo Rowen, Seamus Finnigan. Appena gli era sembrato di averla vista, lei vide nei suoi occhi una luce maniacale. Seamus la odiava, probabilmente a causa di Dean, il suo migliore amico, e per quello che era -o doveva essere- successo.
"Me ne occupo io" lo sentì dire a Stan, che si appostò dietro una barricata di paglia con della legna davanti. "Attento" lo ammonì Stan "Sai già di cosa è capace."
"Lei non sa di cosa sono capace io" ringhiò Seamus vieni fuori, mostro!"
Scusa Seamus, ma gli autografì un altro giorno. Scattò in un'altra direzione. Errore. Era deconcentrata. Nei pressi di un piccolo insediamento Rowen nascosti, ovvio ci fossero delle trappole. Calpestò una zona vietata, e lunghe travi si alzarono davanti a lei con effetto catapulta, spedendolo all'indietro, fino allo spiazzo vicino alla fattoria, a pochi metri da Seamus. La bacchetta le era caduta da qualche parte. Tastava, senza risultati.
"Ah-ha!" sentì il trionfo di Seamus "Baciato dalla fortuna! La buona sorte aiuta sempre la gente onesta!" Aveva la sua bacchetta puntata alla gola. Solo un movimento, e l'avrebbe avuta in fiamme. Era il momento di applicare il suo cervello e quanto sapesse su Seamus e la loro organizzazione.
"Qualcosa da dire, prima della tua fine?" chiese lui, mostrandosi falsamente gentile, velenoso.
Lei sapeva che poteva anche dire qualcosa, ma che non sarebbe servito a nulla... tranne qualcosa "Direi solo una cosa...Ministro, una sepoltura degna, per cortesia" chiese, facendo finta di guardare un punto oltre Seamus.
"Co-cosa?" esclamò lui, voltando di scatto il capo, ma con la bacchetta sempre puntata "Il Ministro qui? Ma dov..."
Era il momento. Atletica, alzò la gamba sinistra e colpì con un netto calcio il braccio di Seamus, alzandolo di parecchio e facendogli saltar via la bacchetta magica.
"Puttana!" gridò lui, massaggiandosi il braccio dove aveva ricevuto il calcio, e mentre lei si rialzava, gliene mirò uno al petto. Lei si gettò nuovamente, appoggiandosi al suolo con la mano destra, fece una ruota come le era stato insegnato da delle ballerine di danza classica a Dijone, e lo colpì alla guancia destra. Come atterrò, gliene ripetè uno allo stomaco. Vide la sua bacchetta, cinque metri più in là. La raggiunse, e sentì un epiteto. Uno schiantesimo. Si accucciò giusto in tempo per schivarlo, caricando un colpo e voltandosi glielo sparò. Una piccola sfera lucente che sembrava ribollire di fuoco. Seamus fu costretto a correre per evitarlo, mentre sentiva qualcosa alle spalle. Stan aveva cambiato postazione, dalla barricata di paglia a un paio di casse al lato nord. Era pronto a intervenire "Incendio!" gridò lei, e le casse presero quasi istantaneamente fuoco, stanandolo. "Hai abbassato la guardia! Pagherai cara questa distrazione, mostro!" gridò Seamus, alzando la bacchetta "Rigor mortis!" ma non era affatto vero, non aveva mai abbassato la guardia. Forse non aveva notato che la sfera di fuoco stava tornando indietro, ma un sibilo glielò segnalò, e il risultato fu un impatto tra gli incantesimi. Lui cadde a terra, e roteò la bacchetta tra barriere di protezione e schiantesimi. Ma lei si era già portata dietro la bassa barricata di legno e paglia. Alle sue spalle, vecchio pollaio simile a una casetta delle bidonvilles di New York.
"Stella cadente!" ringhiò furioso Seamus. Eccola. Lei sapeva che sarebbe giunto il momento. L'unica cosa per cui avesse mai provato, una volta nella sua vita, un senso di soddisfazione verso Seamus era quell'incantesimo. Lo aveva inventato lui, e nessun'altro sulla faccia della terra sapeva imitarlo. Si trattava di una sorta di globo seguito da un lungo scintillio, una specie di 'stella cometa'. La vera sorpresa della stella cadente non era la potenza, di linea mediocre, ma la durata e la velocità. Sapeva andare veloce quanto una Firebolt, e poteva marciare in volo per ore costantemente alla stessa velcità. Poteva comodamente spedirla a Londra, sapendo che sarebbe arrivata abbastanza in fretta.
Lei fece appenna in tempo a evitarla, evitando che la mozzasse. Il raggio colpì uno dei pali che sostenevano il vecchio pollaio, distruggendolo in due, e poi il tetto in lamiera, bruciandolo e facendolo ricadere su se stesso. Il pollaio andava a fuoco. Era il momento adatto. Lei sparò uno schiantesimo seguitò da una seconda palla di fuoco. Lo schiantesimo ebbe un impatto con una seconda stella cadene proprio sopra la barricata, come secondo i suoi piani. Lo schiantesimo era più potente, ma la velocità della stella cadente riuscì a non farlo avanzare. L'impatto causò un forte spostamento d'aria che, come previsto, mandò la sfera a cozzare sulla barrica, alzando ovunque per ella alte fiamme e fumo che coprivano a lei la vista di Seamus, che certamente pensò non fosse un fatto desiderato. Lei corse per l'area e si lanciò nelle fiamme, nei turbinii rossi, arancioni, gialli e grigi.

Merdalizione, pensò Draco! Il vero materiale, scoprì, non si trovava lì in quella stanza, che era una stanza di analisi. Veniva importato da un altro locale che sembrava inespugnabile e che ancora non era riuscito a trovare. Doveva assolutamente sapere su cosa stava lavorando Mick Island. Poteva seriamente essere un colpaccio. Ma sentì che per oggi aveva chiesto troppo. Non poteva trovare altro dalla sua posizione. Doveva ispezionare nei giorni seguenti. Non era deluso o amareggiato. Era stato un risultato soddisfacente. Uscì fino sul corridoio, poi l'ascensore lo trasportò fino al settimo piano sotterraneo. Ancora una volta, scrosci di applausi per il corridoio. Quel piano non era in vacanza. Era un piano di autorità. Li salutò con un gesto e un falso sorriso. Per loro, per tutti, lui era un eroe. Percorse il corridoio fino a un grosso portone. Sopra, in lettere scolpite sull'oro, stava scritto: "Ufficio di Draco Malfoy, Ministro della Magia" e "Ordine di Merlino, Prima Classe, Rettore del Wizengamot, Vincitore del Magnitudo per Maghi Soddisfacenti per tre volte". Lui toccò il portone con la bacchetta. Inespugnabile a tutti, meno che a lui. Entrò, nel suo grosso ufficio con moquette di cinque centimetri, sapore caraibico, bevande e vivande su un lungo tavolo da un lato. Gli altri tre lati era completamente costituiti da un lungo vetro che tracciava una semi-circoferenza. Era fatato, e mostrava l'esterno come una vista dal un trentesimo piano su Los Angeles. Andò a sedersi alla lunga scrivania in legno di quercia, alzò la bacchetta puntandola sul grammofono, che eseguì l'ultimo disco del suo cantante preferito, Kimch Sidaln.
Poi, per ignoti motivi, la musica cambiò in una sorta di marcia funebre, lui si voltò di scattò. Perchè? Come mai era cambiata da rock puro a una musica da funerale?
"Ciao, Draco" disse una voce, bassa e tenebrosa. Sembrava il demone peggiore che lui potesse incontrare. Aveva lunghi capelli rossi e lisci che raggiungevano i glutei quasi.
"Tu?" disse lui in tono piatto, mentre un pallore gli conquistava dominante il viso dagli occhi sorpresui.
"Io." un altro uomo avrebbe definito Draco un pazzo per come sembrava spaventato da quella donna, di una bellezza incredibile. I lunghi capelli rosso vivo la facevano sembrare a una sirena, grazie anche ai bellissimi lineamenti del viso e agli occhi verdi brillanti. Era vestita come una babbana, una t-short spaccata all'altezza della spalle che metteva in risalto il seno e lasciava visibile l'ombellico, e un paio di pantaloni bianchi con tre linee verdi verticali su ognuno, da cima a fondo, culminanti con un paio di scarpe da tennis lucide, come nuove.
"Cosa fai qui?" chiese, anche se, musica a parte, pensò di aver già capito. Inutile ignorare la realtà. "Lo sai cosa ci faccio qui". Gli bastò questo in risposta. Calciò contrò la scrivania, cosicché la sedia a ruote su cui era seduto scivolasse all'indietro. Salì in piedi su ella e accese una piccola fiamma sulla bacchetta, la quale mosse in avanti, dilungando la fiammella. La striscia di fuoco si ridusse e divenne solida. Un bastone. Ficcò la bacchetta in tasca, afferrò il bastone e lo usò come un'asta: salto e lo piantò per terra, saltando ancora raggiungendo la scrivania, mentre la sedia cozzava contro i vetri. Temeva quella donna per mille ragioni. E mille motivi gli dicevano che si stava giocando tutta la vita in quegli istanti. Già il fatto che fosse riuscita ad entrare nel suo ufficio, inespugnabile e inacessibile da nessuno se non col suo assenso -date tutte le sicurezze e magie adottate-, lo preoccupava ancora di più di quanto sapesse del suo potere. Poi, il fatto che anche una volta dentro non avesse percepito la sua presenza, era un secondo motivo. Saltò e piantò nuovamente il bastone, dandosi un velocissimo slancio verso di lei, pronto a colpirlo dall'alto. La cosa non gli piaceva: nonostante tutti i suoi movimenti non si era ancora mossa. E poi capì. Era già successo una volta, anche se non con lui. Fosse era troppo tardi, ma doveva provare a rimediare. Lei divenne, in una sezione di istante, trasparente sempre di più, fino a scomparire dal punto dov'era. Lui aveva già capito e piantato il bastone davanti a sé, cercando in qualche modo di frenare, squarciando la moquette e rigando il pavimento, e scattò all'indietro. Troppo tardi, non ce l'aveva fatta. Ginny Weasley era riapparsa dietro di lui, e dentro la sua mano aveva una specie di pugnale poligonale, con cui l'aveva colpito al collo.
Draco Malfoy cadde lungo disteso sul pavimento assieme al bastone, seguito da una lunga scia di sangue. Ginny era già scomparsa.

Era passato già un bel pezzo. Decise che poteva azzardarsi a rischiare, ed uscì dalla barricata distrutta. Ottima invenzione, la polverina sbarazzina dei gemelli Weasley. Una polvere rossa che lei aveva imparato a mischiare, se necessario, coi suoi incantesimi di fuoco. Formava fiamme irreali, almeno in parte: esseri umani o comunque vivi non subivano il minimo danno da esse. Mosse alcuni passi, guardandosi attorno. Non percepiva particolari presenze, se non qualcosa di molto inferiore là, vicino, da qualche parte, sottoterra. Una tana di conigli, probabilmente. Si avvicinò appena per appurare. Meglio avere certezze, in certi momenti. Fu un errore fatale. Come si avvicinò, scattò un'altra trappola, più evoluta: trasfigurazione dinamica e autonoma. I conigli diventarono bombe ed esplosero. Lei riuscì ad evitare il grosso ma non lo spostamento d'aria. Volo di quasi sei metri e cadde a terra, strisciando sul terreno per un po'. Non sentiva più la bacchetta nella mano. Ricadde sulla pancia. Sentì un piede sulla schiena, poi la voce di Seamus: "Sei finita!" ghignò. E in effetti, non poteva dargli torto. Non sapeva come avrebbe potuto uscirne viva. Seamus agitò la bacchetta e ne uscì una lunga scia verde scuro, tagliente come una lama, e lo comandò alla gola della donna. Il caso Granger su cui pendeva una delle più alti taglie mondiali, sentì fremente di eccitazione, stava per essere concluso per opera sua.

Fine primo capitolo

  
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