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Autore: NanaLattina    22/11/2013    1 recensioni
Raphael non è bravo con le parole. E' con i pugni che esprime meglio se stesso.
Finchè qualcosa va storto.
Michelangelo resta ferito, si aggrava, si ammala. Il piccolo di casa Hamato, straziato dalla febbre, vede suo fratello maggiore inforcare la moto e andare via.
Al di la di New York si estende un insidioso, quanto misterioso, deserto dalla fine sabbia rossa. E' qui che Raph farà gli incontri più strani, alla ricerca di una cura per il suo fratellino.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Cross-over, De-Aging, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Aveva accarezzato con il muso la morbida pelliccia del topo. Con una voce sottile, stretta in gola dal pianto, con una voce che stentava ad uscire, aveva detto,

“Devo andare”.

Aveva fatto fatica a lasciare andare il kimono del padre. Si era stretto a lui, inspirando il suo profumo di pesche, intrecciando le dita nel suo morbido pelo scuro. Aveva atteso che fosse il padre a staccarsi per primo, ma era stato un moto di rabbia a separarli.

“Mancherai a Leonardo” aveva detto l’altro.

Ancora quel nome, aveva pensato Raphael. E si era staccato in modo brusco da Splinter.

I suoi occhi si erano illuminati di rabbia. L’aveva guardato un ultima volta con quella maledetta rabbia negli occhi. E si era subito pentito di quello sguardo. Non era questa la memoria che voleva lasciare.

Ma ormai l’aveva fatto.

Aveva lasciato scivolare la porta di carta di riso dietro di se. Senza forza, senza far rumore. E se ne era andato. Aveva represso tutta la rabbia, aveva cercato di controllarsi. Nessun’altro l’avrebbe sentito uscire.

Lo scricchiolio del cavalletto non oliato aveva coperto un suo singhiozzo. Si era stretto alla moto, che aveva accompagnato la sua salita, oscillando piano. Era la sua via di fuga, la sua casa sicura, il fratello con cui poteva condividere strade deserte e folli velocità, senza dover essere costretto a lottare per ottenere quel piacevole muto assenso, che gli altri tre non gli donavano così facilmente.

“Fermati ragazzo, non fuggire ancora” ma questo sembrava ora dirgli la sua moto.

Era quello che stava facendo. Stava fuggendo. Di nuovo. Da se stesso, da Leonardo.

Ora che lo aveva pensato, il nome del fratello sembrava una così dolce parola, agra se evocava spiacevoli ricordi, salata delle lacrime che avevano accompagnato lui in tante notti. Agra dolce e salata, una strana combinazione che a tratti lo affascinava, a tratti lo infastidiva.

Leonardo era più grande di lui. Più calmo. Più responsabile. Più bravo a fare il capo.

Se Leonardo scappava, non stava fuggendo davvero. Se Raffaello scappava, era un codardo e un idiota.

Il rombo del motore, prima più secco e quasi tossito, poi lentamente più sicuro e familiare, come gli impulsi di un elettrocardiogramma, accompagnò il cigolio della serranda che lentamente si alzava.

Il freddo invernale lo investì di colpo. Ebbe quasi la sensazione che persino le strade di New York lo respingessero. Suo padre, la moto e la sua città: forse avrebbe dovuto restare.

Esitava.

In un angolo buio del garage Lui lo osservava.

“Hai un modo idiota di chiedere scusa, Raphie

Un cristallo scuro, liquido, gli graffiò la guancia. Una lacrima. Lui stringeva fra le dita la maschera del fratello maggiore.

“Ho bisogno di un eroe. Un eroe che ti salvi, e ti salvi subito.”continuava nella sua testa il più giovane.

Raphael  si era girato, ma solo per un attimo. Per dare un ultimo addio a tutto. Per prendere la decisione più difficile che potesse mai… aver solo immaginato di dover prendere. Raffaello si era girato, senza però incontrare lo sguardo ferito dell'altro. Altrimenti, non avrebbe dato retta alle sue emozioni.

La motò si impennò. Le sue ruote lasciarono un solco nero nel garage. Raphael si perse nel gomitolo di strade.

“Quando tornerai, noi saremo qui ad aspettarti” pensava Michelangelo. “Leonardo. E anche Splinter

Lasciò cadere la propria maschera a terra, stringendo in un nodo stretto quella dell’altro sugli occhi. Già sentiva il vuoto lasciato dalla testa calda. Ma perché doveva essere così dannatamente orgoglioso e testardo e fiero? Perché non poteva essere semplicemente come… Leonardo. No, non poteva aver pensato questo.

Raffaello viaggiava ad una velocità tale che la tristezza e la rabbia gli erano scivolati di dosso e ora faticavano a tenere il passo con lui.

 

  
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