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Autore: whynot0888    23/11/2013    2 recensioni
"Nascosti agli occhi di tutti, si tolse la maschera e mi guardò dritto negli occhi. Il cuore mi batteva forte dentro il petto, sentivo che sarebbe esploso di lì a poco. Lentamente si avvicinò verso di me e con delicata dolcezza baciò le mie labbra"
Gabriele è un giovane ragazzo discendente di un'antica famiglia nobiliare, i Rossoscudo. Non ama questo suo retaggio e vorrebbe vivere la sua adolscenza come ogni ragazzo della sua età.
Un giorno suo padre, per commemorare i suoi diciotto anni, gli organizza una festa invitando tutti i nobili del posto. Gabriele è restio a quest'idea ma per non causare dispiaceri ai suoi genitori decide di parteciparvi ed è proprio lì che incontrerà Jacopo... colui che gli farà battere il cuore e che stravolgerà completamente la sua vita.
Tra tanti ostacoli e avversità i due giovani innamorati saranno i protagonisti di una meravigliosa favola d'amore ai limiti dell'incredibile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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EPILOGO




 
Quella mattina il freddo pungente mi destò con prepotenza dal tepore notturno, e proprio in quel momento mi accorsi di essere completamente solo in quell’enorme letto sulla mansarda. Jacopo doveva essere uscito presto quella mattina, proprio la sera prima mi accennava che avrebbe dovuto sbrigare alcune faccende ma non specificò di cosa si trattava. Erano già passati due mesi e molte cose erano avvenute dal giorno in cui ci stabilimmo improvvisamente in questo piccolo monolocale parigino.
In questo breve lasso di tempo avevamo vissuto giorni indimenticabili, colmi di spensieratezza e interminabili risate. Il suo modo di sorridere, di prendersi cura di me, di arrabbiarsi quando combinavo qualche pasticcio mi faceva capire, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, quanto io lo amassi. Non riuscivo più a immaginare la mia vita senza di lui: era costantemente nei miei pensieri, in ogni attimo della mia vita, una droga di cui non riuscivo più a farne a meno.
Col passare del tempo abbiamo imparato a conoscerci meglio, a rispettarci l’un l’altro e a scoprirci in ogni aspetto del nostro carattere.
Lui mi rendeva una persona felice e di ciò non potevo che essergliene infinitamente grato.
Nei giorni che seguirono il nostro trasferimento, feci delle ricerche riguardo l’eventuale presenza di scuole italiane in città che avrebbero potuto consentirmi di conseguire un diploma. Riuscii a trovarne una, adiacente alla maestosa ed imponente cattedrale di Notre Dame. Mi precipitai subito per chiedere delle informazioni e, dopo aver parlato con il rettore dell’istituto e regolarizzato qualche scartoffia burocratica provvidi ad iscrivermi presso il loro istituto (data la mia maggiore età non necessitavo più dell’autorizzazione dei miei genitori).
Jacopo, invece, aveva ottenuto un posto di lavoro presso il consolato italiano dopo aver sostenuto un colloquio impegnativo e aver dato dimostrazione delle sue ottime attitudini da diplomatico. Era davvero soddisfatto di quest’opportunità che gli era stata offerta e, dopotutto, era anche quello cui ambiva da quando aveva terminato gli studi in scienze politiche.
Riuscii a mettermi in contatto con mia madre che aveva provato a chiamarmi al cellulare almeno una cinquantina di volte: le raccontai della nostra fuga romantica e dei nostri progetti di vita; Inizialmente sembrò un po’ contrariata ma, dopo averle assicurato che non avrei trascurato i miei studi e averle dato conferma della serietà e affidabilità di Jacopo, sembrò tranquillizzarsi. Per sostenermi economicamente, ogni mese, mi accreditava del denaro sulla mia carta di credito all’insaputa di mio padre.
Mio padre… non avevo sue notizie dal giorno in cui mi cacciò fuori da casa e, nonostante io cercassi di non pensare a quell’episodio, in realtà mi mancava tanto… dopotutto era pur sempre mio padre ma nulla ci avrebbe più riuniti come prima.
Quando guardai l’orario nel cellulare poggiato sul pavimento di legno alla mia destra, decisi di alzarmi e cominciare così una nuova giornata.
La luce del mattino parigino era fioca se paragonata a quella italiana e tra uno sbadiglio e l’altro, scesi lentamente al piano di sotto dirigendomi verso l’angolo cucina alla disperata ricerca di latte e cereali. Mi sedetti sul piccolo sgabello, immaginando cosa stesse facendo Jacopo, quando un post-it attaccato alla parete accanto al tavolo dove stavo per fare colazione, catturò la mia attenzione.
“Buongiorno amore mio. Raggiungimi al Place de l'Hôtel de Ville alle 12 in punto. Metti qualcosa di elegante. Ti amo. Jacopo”.
Cos’era il Place de l’Hotel de Ville? Non avevo mai sentito parlare di quel posto in quasi due mesi di esperienza parigina. Fortemente confuso da quello strano messaggio, mi voltai per guardare il grande orologio a cucù posto sopra la scrivania: erano le undici passate. Ero già in ritardo!
Mi fiondai immediatamente in bagno per spazzolarmi i denti e per fare una doccia veloce. Scelsi con cura una camicia bianca dal piccolo comò accanto al divano e la abbinai ad un paio di pantaloni color blu notte. Indossai il papillon perché non avevo ancora imparato ad annodare le cravatte.
L’orologio segnava le undici e trenta quando finalmente uscii di casa. Il profumo di pane appena sfornato che promanava dalla boulangerie di fronte il nostro palazzo inebriava di voluttuosa gioia le mie narici gelate.
In quella mattina di metà dicembre il sole alto in cielo illuminava i tetti della grande capitale ma un freddo artico penetrava con violenza nella pelle sotto i pesanti giubbotti. Cercai nel mio cellulare le indicazioni stradali per raggiungere il posto indicatomi da Jacopo. Vidi, con immenso sollievo, che non era molto distante da me, l’avrei raggiunto tranquillamente in una decina di minuti.
Mentre mi dirigevo con passo deciso presso la meta designata, notai un gruppo di ragazzi che stava sorseggiando qualche calda bevanda all’interno di un café. Avevano tutti uno sguardo allegro e spensierato, e ciò mi fece ricordare i miei amici.
Una delle cose che più mi mancava erano loro: avevo avuto poco tempo per sentirli e li avevo aggiornati di ciò che mi era capitato in questi ultimi mesi solamente tramite brevi messaggi. Quella mattina mi ripromisi di chiamarli il prima possibile per raccontargli tutto con tranquillità. Con questa promessa fatta a me stesso, seguii con prudenza le indicazioni del navigatore, attento a non perdermi tra i vari vicoli parigini.
Le vetrine dei negozi erano tutte adorne di graziosi addobbi natalizi e tanti macaron rossi e verdi formavano dei piccoli alberi di natale con in alto la scritta “Joeux Noel”.
La mia testa continuava a chiedersi che cosa stesse facendo Jacopo: avevo provato a chiamarlo ma lui rifiutava tutte le mie chiamate. Doveva essere davvero impegnato se non riusciva a ritagliarsi nemmeno un attimo per rispondermi. L’unico suo messaggio che ricevetti diceva: “Ti spiego tutto dopo. Ti prego, non tardare”.
Svoltai l’angolo sulla destra e mi trovai dinanzi ad un enorme palazzo color grigio fumo, lo stile austero ed maestoso, con bandiere francesi che sventolavano in ogni finestra della facciata frontale. Davanti ad esso si stagliava un’ampia piazza ricolma di turisti intenti a fotografare quell’imponente edificio secolare. Un cartello stradale indicava con una freccia il Place de l’Hotel e sotto di esso vi era la dicitura in inglese “City Hall” ossia municipio.
La senna scorreva pacatamente sulla mia destra e il vento mi scompigliava beffardamente i capelli. Procedetti con fermezza verso il centro della piazza e ricontrollai velocemente l’orologio del cellulare: mancavano cinque minuti a mezzogiorno. Appena in tempo.
Proprio dinanzi al massiccio portone d’ingresso del Place de l’Hotel de ville, un ragazzo dai tratti ormai più che familiari, aspettava qualcuno con un vestito da nero cerimonia e un mazzo di rose bianche tra le mani. Accelerai il passo per raggiungerlo e quando ci trovammo a pochi metri l’uno dall’altro, Jacopo mi sorrise con i suoi meravigliosi occhi azzurri.
“Buongiorno amore mio” mi salutò lui.
“Buongiorno… ma cosa significa tutto questo?” chiesi in risposta.
“Questo è per te!” disse lui porgendomi quell’incantevole bouquet di rose bianche.
“Adesso dammi la mano, ho una sorpresa per te” proseguì lui porgendomi la sua.
Afferrai la sua mano e insieme oltrepassammo le grandi porte del Place de l’Hotel de ville.
L’interno di quell’edificio era straordinario, non avevo mai visto nulla di così regale in tutta la mia vita. I pavimenti erano interamente rivestiti in marmo lucido, le pareti di ogni corridoio e di ogni stanza erano impreziosite da antichi arazzi o ritratti dei precedenti regnanti francesi. Mobili d’epoca erano distribuiti armoniosamente nei vari spazi del palazzo e fatiscenti candelabri dorati illuminavano fiocamente tutti i punti più adombri dell’edificio.
Jacopo mi condusse dinanzi ad un’alta porta di legno nero chiusa. Stava sudando e un leggero tremolio si impossessò inavvertitamente delle sue mani.
“Amore, stai bene?” chiesi preoccupato.
“Chiudi gli occhi” sussurrò lui con un filo si voce.
Ancora più disorientato da quella sua richiesta, obbedii ciecamente al suo comando. Lui mi riprese la mano e udii le robuste porte di legno aprirsi lentamente dinanzi a noi. Nessun altro rumore mi aiutò ad individuare il posto in cui mi stava conducendo. Dopo aver percorso una ventina di passi Jacopo mi disse:
“Gabriele, apri gli occhi”
Quando li aprii ebbi come una sensazione di smarrimento. Ci trovavamo all’interno di una delle più belle sale al mondo. Alte colonne di marmo perlato fiancheggiavano maestosamente i lati della grande stanza e grandiosi lampadari di cristallo irradiavano di mille colori il suo interno. Vari dipinti di scene rivoluzionarie erano affissi negli spazi tra una colonna e l’altra e nel momento in cui spostai i miei occhi verso il basso, notai che la sala era ricolma di sedie con cuscinetti di velluto rosso in ognuna di esse. Esplorai con occhi meravigliati ogni angolo di quell’incantevole posto e solo dopo qualche minuto mi resi conto che non eravamo soli lì dentro: un gruppo indistinto di persone stava in silenzio, fissandoci con insistenza.
Eravamo troppo distanti per distinguere bene i loro volti quindi ci spostammo in avanti per vederli meglio.
Quando realizzai chi fossero quelle persone il mio cuore mancò un colpo.
In fondo alla sala, dinanzi ad una lunga tavola di legno massiccio, c’erano mia madre, Alberta, una signora e un signore che non conoscevo e i miei amici insieme a Cyprien. Sabina, Lisandro e Viola mi stavano sorridendo cordialmente. Non compresi in pieno quello che stava succedendo e d’istinto mi voltai verso Jacopo; lui annuì con la testa e poi sussurrò: “va’ da loro, ti stanno aspettando dalle sei del mattino”.
Corsi velocemente verso il fondo della stanza e quando fui a pochi passi da mia madre le saltai addosso, stritolandola in un abbraccio asfissiante per poi riempirla di baci. Lei mi sorrideva e allo stesso tempo piangeva, sussurrandomi parole dolcissime all’orecchio poi mi disse che non poteva non essere presente in questo giorno così importante. Non compresi il senso di quell’ultima frase ma non le detti troppo peso.
Dopo essermi staccato da lei, mi precipitai verso i miei amici, li strinsi tutti e mi scusai profusamente con loro per averli trascurati in questi ultimi mesi. Questi mi sorrisero in risposta e mi dissero che avremmo avuto modo di recuperare nei prossimi giorni, ma per quel giorno le priorità erano ben altre.
Poi mi diressi verso Alberta che mi strinse forte a sé e con voce spezzata mi disse “Sono così orgogliosa di te. Ti voglio bene angelo mio”.
Jacopo sopraggiunse senza che me ne accorgessi e insieme a lui c’era quella coppia di signori che non avevo mai visto prima.
“Gabriele, questi sono i miei genitori. Volevano conoscerti di presenza e ho pensato che questa fosse l’occasione più giusta”. Palesemente imbarazzato, mi presentai formalmente a loro e questi mi sorrisero. La madre di Jacopo si avvicinò a me e, inaspettatamente, mi strinse forte a lei.
Un colpo di tosse proveniente da un piccolo signore dietro il grande tavolo di legno catturò la nostra attenzione. Non mi ero minimamente accorto della sua presenza.
“Ora che anche il fidanzato si è unito a noi, vi prego di accomodarvi e di assistere alla cerimonia di nozze di Jacopo e Gabriele”.
Partì un applauso fragoroso da parte dei nostri parenti e amici e, subito dopo, si accomodarono nelle serie regali dai cuscini di velluto rosso.
Il mio cuore sembrò accelerare in maniera incontrollata, un vortice di emozioni e di felicità si stava sviluppando con forza sempre più travolgente dentro me.
Non riuscivo a crederci, il nostro sogno stava per divenire realtà.
Jacopo mi prese la mano e mi condusse orgogliosamente davanti al sindaco di Parigi il quale stava già scrivendo i nostri nomi su di un grande registro posato su quel tavolo di legno.
“Ti amo Gabriele e ti amerò per tutta la vita”.
“Ti amo anch’io amore mio”
Con il cuore in gola ed incontenibile gioia, mi preparai a pronunciare quel fatidico “sì” che mi avrebbe legato a lui per tutta la vita.

 
RINGRAZIAMENTI
Con quest'ultimo capitolo si chiude definitivamente la storia d'amore di Jacopo e Gabriele. Una storia che ho amato scrivere, che mi ha divertito e allo stesso tempo appassionato.
Non voglio dilungarmi troppo ma volevo solamente dirvi GRAZIE.
Grazie a tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere e commentare questa storia. Ho apprezzato molto tutti i consigli e i pareri che avete espresso e sappiate che senza di voi, Gabriele non avrebbe mai incontrato Jacopo.
Un ringraziamento particolare, va infine fatto ad un'amica che ha sempre sostenuto questa storia e che mi ha sempre dato degli ottimi consigli e regalato delle splendide recensioni. Parlo di Paradise_Phantom, a te va un grazie di cuore e spero che la nostra amicizia, ancorchè virtuale, continui nel tempo.
Un saluto a tutti e ancora grazie.
Whynot
 
 
  
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