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Autore: oraprovoascrivere    24/11/2013    4 recensioni
Non so spiegare perché proprio la stazione mi rilassi così tanto.. forse mi aspetto che, un giorno o l'altro, sarò abbastanza coraggiosa da partire, senza valigia o altro, senza nessuna destinazione precisa.
Salire su un treno, quello più colorato, magari, e scendere alla fermata con il nome più bello, e non tornare mai più indietro.
Oppure aspetto semplicemente qualcuno che scenda da un vagone qualsiasi di un treno qualsiasi e venga a salvarmi dalla mia vita, qualcuno che mi prenda per mano e mi dica "Andiamo, c'è tutto un mondo da visitare insieme.".
Ecco, allora sì che partirei, anche immediatamente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 Sono le 13.30, ormai mia madre dovrebbe tornare da lavoro. Finalmente, almeno posso mangiare, sto morendo di fame. Dovrò anche dirle che non sono andata a scuola oggi, essendo minorenne.. so già che reagirà malissimo, ma non m'importa. Ancora pochi mesi e finalmente non dipenderò più da nessuno. I tanto ambiti 18 anni, non vedo l'ora.
Bussano alla porta, dev'essere lei. Vado ad aprire, ed eccola lì. Viso un po' scarno, con qualche ruga sulla fronte e ai lati degli occhi, capelli neri corti, niente trucco. Doveva essere una bellissima ragazza da giovane. Non che ora sia brutta, per l'amor di Dio, ma è consumata dalle fatiche e dalle sofferenze vissute fino ad ora. Certe cose non segnano solo dentro, ma anche fuori. Gli occhi sono spenti, immobili, però sono rilassati. Quando c'è mio padre in casa, invece, si può vedere perfettamente la tensione dentro di essi. La abbraccio. Non lo faccio spesso, non sono un tipo molto espansivo. Lei ricambia, realmente emozionata. La guardo ed eccola, la luce nei suoi occhi. "Ti voglio bene" le sussurro all'orecchio. Lei non risponde, ma mi abbraccia più forte. Sto bene, dentro alle sue braccia mi sento al sicuro, come se nulla al mondo potesse ferirmi. Le sue braccia sono la mia vera casa. Devo abbracciarla più spesso, questa sensazione è meravigliosa.
Ci stacchiamo, mia madre con ancora gli occhi lucidi, e ci dirigiamo in cucina. Ho già cucinato, quindi ci sediamo a tavola e mangiamo.
"Sei arrivata a casa presto, oggi?" mi chiede lei.
"No, non sono andata a scuola.." le rispondo, titubante.
"Come mai?" continua, calma.
"Ho perso l'autobus, allora mi sono incamminata a piedi, però un ragazzo mi ha chiesto di accompagnarlo dal meccanico perché gli si era rotto il motorino, l'ho portato da Michael, ma erano ormai le 8.30, non potevo più entrare. Ho pulito la casa, però." le dico, cercando di farmi perdonare.
Lei rimane un secondo in silenzio, sorride leggermente e mi dice:"L'hai portato da Michael? Perché non dal meccanico in fondo a via Martini? Avreste fatto molto prima."
Accidenti. Arrossisco violentemente. Accidenti di nuovo.
Lei sorride ancora, ha capito che c'è qualcosa sotto. Non riesco a non arrossire, è più forte di me. Mi capita molto spesso, anche troppo. Succede quando mento, quando provo vergogna, quando sono felice, quando non mi sento a mio agio, quando sono in imbarazzo, quando devo esprimere i miei sentimenti. Sempre, in poche parole. Arrossisco ed abbasso lo sguardo, inevitabilmente.
"Comunque hai fatto bene a portarlo da Michael, è davvero un bravo meccanico, ed è giusto con i prezzi. Hai fatto bene. Ah, e grazie per aver pulito la casa, oggi sono davvero stanca." continua, cambiando discorso. Le sono davvero grata per averlo fatto.
"Figurati, l'ho fatto con piacere. Ti piace la pasta?" chiedo.
"Sì, molto buona." risponde, e mi sorride. Posa la forchetta, si alza e si congenda con un "Vado a riposare un po'."
Sparecchio velocemente, metto i piatti in lavastoviglie e vado in camera mia, mi lavo velocemente, mi cambio i vestiti, prendo la borsa ed esco. Ho appuntamento con Nicola, il mio migliore amico, in centro. Lo conosco da sempre, praticamente. Abbiamo frequentato insieme le elementari, le medie, ed ora siamo vicini di banco anche alle superiori. Non potrei chiedere di meglio: è sempre disponibile, mi ascolta, mi aiuta, mi dà ottimi consigli.. c'è sempre quando ho bisogno di lui. Lo chiamo, gli dico che sto male, e lui poco dopo è da me, con il DVD di Grease, ormai consumato da tutte le volte che l'abbiamo visto, e una bella pizza fumante. Ci sediamo sul mio letto e lo guardiamo, io abbracciata a lui, con il suo braccio intorno alle spalle. Conosciamo tutte le canzoni di quel film, è il preferito di entrambi, e le cantiamo sempre dividendoci le parti,  con una spazzola in mano come microfono. I nostri momenti migliori, però, sono in discoteca. Quando andiamo a ballare, lui si scatena. Non perché è ubriaco, semplicemente è un po' pazzo di natura. E balliamo, e ridiamo, e ci divertiamo, e tutti i pensieri spariscono, ed io sono felice.
Nicola è un bel ragazzo, alto, capelli castani molto corti, occhi azzurri che diventano grigi nelle giornate di pioggia, ma non ho mai pensato a lui in quel modo. E' il mio migliore amico, e va benissimo così.
Eccomi, sono arrivata, e lui, come al solito, è già lì. Odia arrivare in ritardo, ed ancor più tutti i ritardatari. Tutti tranne me, ovviamente.
Gli corro incontro e lo abbraccio forte, quanto mi è mancato in questi giorni!
"Ciao stella." mi saluta, sorridendomi.
"Ciao a te." gli rispondo.
Iniziamo a passeggiare per le strade affollate della città, guardando qualche vetrina, commentando i passanti, parlando del più e del meno. Ad un certo punto decidiamo di fermarci in un bar a prendere un caffè. Entriamo, ci sediamo, diamo l'ordine alla cameriera e, mentre aspettiamo, decido di raccontargli di Edoardo.
"Nico, devo raccontarti una cosa." inizio.
Lui mi guarda negli occhi, sorride maliziosamente e mi dice:"Hai incontrato un ragazzo."
Sono scioccata. Possibile che mi conosca così bene?
"Uffa!" gli rispondo, e metto il broncio.
"Scusami, non ho saputo resistere" si scusa, accarezzandomi la mano e sorridendomi "me ne sono accorto subito, da quando sei arrivata. Eri strana, non ti avevo mai vista così. Più felice del solito, sorridevi spesso.. ho tirato a indovinare. Sai che non puoi nascondermi nulla. Dai, parlami di questo ragazzo." mi dice, dolcemente.
"Va bene dai, per questa volta ti scuso, solo perché sei te."
I caffè finalmente arrivano, ognuno prende il proprio ed inizia a girare il cucchiaino.
"L'ho conosciuto ieri, alla stazione. Cioè, ieri l'ho visto per la prima volta, oggi l'ho conosciuto. Gli si era rotto il motorino e mi ha chiesto di accompagnarlo dal meccanico. E'.." sto per perdermi nelle descrizioni quando alzo lo sguardo ed eccolo lì, Edoardo, che entra nel mio stesso bar. Devo essere arrossita più solito, sento le guance che bollono. Nicola si gira, lo vede, torna a guardarmi e mi fa l'occhiolino. Significa che approva. Ci tengo molto al suo parere, come lui ci tiene al mio riguardo le ragazze che frequenta.
Abbasso lo sguardo velocemente, ma non abbastanza, infatti lui mi vede comunque, anche se di sfuggita. Viene verso di me, lo sento, sento i suoi passi che si avvicinano.
"Ciao Beatrice!" mi saluta educatamente. Ah, la sua voce! Non la sentivo da poche ore, eppure mi mancava come l'aria che respiro.
Alzo lo sguardo ed eccolo lì, perfetto, davanti ai miei occhi.
"Ciao Edoardo! Allora, il motorino è a posto?" chiedo, interessata. So che è cattivo da parte mia, ma da una parte spero che la vespa abbia problemi gravi, così per un po' sarà obbligato a prendere l'autobus con me..
"Eh, purtroppo no. Ha un problema al motore, il meccanico me l'ha spiegato ma non ho capito granché, non sono pratico di queste cose!" dice, e ride. Chiudo gli occhi per cercare di imprimere meglio questo suono poetico nella mia mente, poi li riapro e sorrido.
"Non sei l'unico, non ti preoccupare" gli rispondo, e rido insieme a lui. "Be', mi spiace, comunque.. come andrai a scuola, adesso?" butto lì la domanda, mentre tengo le dita incrociate sotto il tavolino.
"Penso che andrò a piedi. Non mi piacciono gli autobus, preferisco farmi una bella passeggiata mattutina." mi risponde.
"Ah, capisco. Magari qualche volte ci incontriamo, anche io vado a scuola a piedi." dico, mentendo. Cioè, non è proprio una bugia.. quando perdo l'autobus vado a piedi davvero.
"Potremmo fare la strada insieme, che dici?" mi propone.
I miei occhi si illuminano di gioia pura, come quelli di un bambino quando si sveglia la mattina di Natale e vede tutti i regali sotto l'albero. Arrossisco di nuovo, ma questa volta sono troppo entusiasta per pensare a questo.
"Sarebbe davvero bello!" dico, cercando di trattenere, almeno in parte, la mia felicità.
"Perfetto, allora! Ci vediamo all'incrocio di oggi per le 7.30, ti va?" propone.
"Direi che è perfetto." gli rispondo. Di solito alle 7.30 mi alzo dal letto, ma per lui farei questo ed altro.
"A domani allora." mi saluta di nuovo, sempre con un bellissimo sorriso, e se ne va.
"Sì, a domani." lo saluto a mia volta.
Mi giro verso Nicola, scorgo il suo sorriso e mi metto a ridere.
"E così tu vai a scuola a piedi, eh?" mi chiede, con sguardo stupito.
"Non avresti fatto la stessa cosa per Benedetta?" gli chiedo, io.
Benedetta è la ragazza che gli piace. Le muore dietro da almeno sei mesi, ma non ha il coraggio di farsi avanti.
Lui tace.
"Ecco, come pensavo." dico.
Finiamo il caffè e riprendiamo a parlare di banalità, io con il cuore in tachicardia e la mente che viaggia pensando al giorno dopo. Non ero mai stata così impaziente di andare a scuola. 



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Ciaaao, a tutti!
Eccomi qui con il quarto capitolo di questa storia.
Ho cercato di pubblicare il prima possibile, come al solito.
Ci tengo tantissimo a ringraziare tutte le persone che leggono questa storia
e tutte quelle che la recensiscono.

Mi rendete felice, davvero.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia,
fatemelo sapere in molto, ci tengo al vostro parere.
Un abbraccio forte,

- oraprovoascrivere
  
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