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Autore: 31luglio    24/11/2013    4 recensioni
Cosa succede quando una ragazza viene scoperta dentro la lussuosa villa del suo cantante preferito proprio da lui stesso?
Tratto da un capitolo:
Mi sdraiai sul divanetto e guardai il cielo. «Secondo te, le stelle quante sono?» chiesi, cercando di contarle tenendo il segno con le dita. Una, due, tre, quattro, cinque... Mi persi a cercare di individuare le costellazioni, quindi ricominciai. Dopo aver fallito una mezza dozzina di volte rinunciai, e tornai a guardare con aria sognante.
Mi rivolse uno sguardo divertito. «Sei proprio fuori.»
«Rispondi.»
«Non so che cosa dirti, Audrey.»
«Spara un numero.»
«L'infinito...»
«Come io e te in questo momento?»
Mi guardò nuovamente, sorpreso. «Sì» sorrise, «come noi due in questo momento.»

another Justin & Miley fanfiction
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(cap 3) hear your heartbeat
 

Quando il campanello suonò, esattamente alle quattro di quel pomeriggio, stavo finendo di prepararmi. Decisi che avrebbe aspettato: d'altronde, non solo si era comportato da stronzo la sera precedente, ma mi aveva anche stressata tutta la mattina, perciò si meritava che io fossi leggermente in ritardo.

L'aria pomeridiana di maggio era decisamente afosa, perciò mi ero cambiata i vestiti: indossavo un paio di shorts bianchi a vita alta ed una maglietta a maniche corte nera a fiori color pastello. Indossai le Vans nere, poi afferrai le chiavi di casa e il telefono ed uscii.

La Range Rover color carbone di Justin era parcheggiata di fronte al cancello in ferro battuto che delimitava la villa in cui abitavo da quando ero piccola, e lui era appoggiato contro di essa, con le braccia incrociate sul petto e un paio di Ray Ban neri che gli coprivano gli occhi. Era terribilmente bello, così tanto da mozzare il fiato: indossava un paio di jeans stretti, una maglietta color panna aderente che metteva in risalto i pettorali scolpiti e una giacca di pelle nera.

Non ero per niente abituata a vederlo dal vivo – lo avevo sempre visto in foto o da lontano, quando io ed Heather andavamo ai suoi concerti – perciò averlo così vicino a me mi provocava un discreto stato di ansia. Mi obbligai a calmarmi, quindi a riacquistare la normale frequenza del battito cardiaco e ci riuscii, appena prima di arrivare da lui.

Justin sorrise, divertito dal mio comportamento. Purtroppo, a quanto pareva, non ero riuscita a nascondere la mia agitazione abbastanza bene. Mi si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla guancia. Per quanto mi sforzassi di restare calma, non riuscii a trattenere un leggero gemito, causato dalle sue labbra contro la mia pelle.

«Devo fare la superstar montata per farti calmare?» mi chiese, sfoggiando un sorriso furbo. «Guarda che non ci metto molto a cambiare atteggiamento.»

Lo guardai, alzando un sopracciglio e cercando di apparire sicura di me stessa. «Scusami? Sono calmissima, tesoro» ammiccai.

Ridacchiò. «Certo» concordò, «allora perché ti tremano le mani?»

Spostai lo sguardo su di esse: aveva ragione. Le nascosi dietro la schiena e mi sentii avvampare. «Non mi tremano» affermai.

Mi attirò a sé e mi abbracciò. Sentire le sue braccia attorno ai miei fianchi, seppur per una manciata di istanti, fu come essere trasportata all'istante in paradiso. Erano calde e forti e mi sentii subito al sicuro, nonostante non ci fosse alcun motivo per essere preoccupata.

Mi aprì la portiera ed io salii sul sedile del passeggero, poi fece il giro dell'auto e si mise a sedere davanti al volante. Infilò la chiave nel quadro e la girò, quindi partì verso casa sua. Quando accese la radio, le note di Love Me Like You Do, una delle mie canzoni preferite del suo ultimo album, invasero le mie orecchie. Mi appoggiai allo schienale e chiusi gli occhi, canticchiando il testo a bassa voce, mentre lui dava il meglio di sé.

Si esibì in una specie di concerto privato per me, anche se formato da sole quattro canzoni: oltre alla prima, cantò anche Where Are You Now, Beauty and a Beat e U Smile. La sua voce era ancora meglio ascoltata dal vivo dentro una semplice macchina, e mi chiesi se cantasse ogni volta o se lo stesse facendo solo perché c'ero io con lui.

Parcheggiò la macchina davanti a casa sua; scendemmo entrambi da essa e la chiuse premendo un tasto sulla chiave, poi, dopo essersi guardato intorno per vedere se ci fossero paparazzi appostati da qualche parte – che, per fortuna, non erano presenti – mi prese per mano, con mia grande sorpresa. Mi guidò su per le scale di pietra che conducevano alla porta d'ingresso e, dopo averla aperta, entrammo. Mi mostrò ogni stanza del piano terreno nuovamente, spiegando le curiosità di ognuna di essa, poi mi portò al primo piano.

Salita la rampa di scale che portava ad esso mi trovai di fronte ad un ampio disimpegno; metà di esso aveva il pavimento in parquet di pino, l'altra in vetro. Le pareti cristalline davano sulla piscina e, più in basso, sulle colline Hollywoodiane e mi sentii prendere da un lieve senso di vertigine, che mi obbligò ad indietreggiare, sotto lo sguardo divertito del biondo. Entrai nella prima stanza che vidi: era una delle camere da letto. Enorme, con gran parte del pavimento in parquet coperto da un tappeto tondo color panna e il letto basso con le lenzuola del medesimo colore, quella stanza era semplice, ma perfetta, come il resto dell'abitazione.

«Allora» iniziò, «che ne dici?» Sorrise, lasciandomi la mano e sedendosi sul letto matrimoniale.

Annuii. «Carina.»

La sua espressione si fece un po' irritata. «Carina?» ripeté. «È tutto quello che hai da dire sulla camera in cui scoperemo?»

Lo guardai, dapprima confusa, poi arrabbiata. «In cui faremo cosa?» chiesi, senza aspettarmi una risposta. «Per caso, non hai letto che sono fidanzata?»

«E quindi?» mi chiese, tranquillo. «Se sei fidanzata, non scopi?»

«Non con te» risposi secca. Non potevo credere che un ragazzo apparentemente così intelligente facesse davvero ragionamenti del genere.

Il suo sguardo si fece un po' triste, poi sorrise teneramente. Il mio cuore, che con lui diventava di ghiaccio – o almeno, provava a farlo – si sciolse. «Dai, scherzavo» si scusò. Dopodiché, mi prese la mano destra e mi tirò verso di sé, facendomi cadere sul letto. «Ahia!» gridò, ridendo. Si massaggiò la tempia, contro cui la mia testa aveva sbattuto.

Mi sdraiai a pancia in su e lo guardai. «Mi dispiace, ma è stata colpa tua» mi giustificai, divertita. Lui mi fulminò con lo sguardo, poi mise il broncio. La sua espressione era terribilmente dolce, a tal punto che mi avvicinai gattonando verso il bordo del letto su cui era seduto e lo abbracciai da dietro. Non riuscì a restare imbronciato; sorrise, poi mi diede un bacio sulla guancia.

«Vuoi vedere le altre stanze?» domandò, dopo qualche istante di piacevole silenzio. Dopo che ebbi annuito, mi portò a visitare il resto della casa ed, infine, ci sdraiammo sul letto nero al bordo della piscina esterna. Lui stava a pancia in giù, con il capo posto sulle braccia incrociate, rivolto verso di me; io, invece, stavo supina, il viso diretto verso il cielo, baciato dal sole, e gli occhi chiusi. Un venticello tiepido mi scompigliava leggermente i capelli castani, facendomi rilassare ancora di più.

«Sei bellissima» disse, cogliendomi di sorpresa.

Aprii gli occhi e voltai il capo verso di lui, sentendomi avvampare. Sorrisi timidamente. «Grazie» replicai, senza sapere bene che altro dire. Dopo qualche istante, continuai: «Anche tu sei abbastanza decente.»

Mi diede un leggero pugno sul braccio, apparentemente offeso e, nonostante sapessi perfettamente che si era sforzato per non farmi male, finsi il contrario. «Ahia!» gridai, imbronciata.

«Che bugiarda» affermò con sdegno. «Faresti qualsiasi cosa per sentirti sussurrare parole dolci da me, non è vero?»

«Forse dimentichi che sto con un ragazzo. Non ho bisogno delle tue parole dolci, tesoro» ammiccai, lasciandolo a bocca aperta. Probabilmente non si era mai sentito rifiutato da nessuna ragazza.

«Bene» borbottò. «Dato che parli sempre di questo tuo ragazzo, perché non vai da lui?»

«Oh mio dio, sei geloso!» esclamai, ridacchiando.

Mi guardò serio. Aveva la stessa, tenera espressione di un bambino a cui era stato negato un lecca-lecca. «Non sono geloso.»

Mi avvicinai a lui, girandomi su un fianco. Appoggiai la testa al suo petto e Justin non impiegò molto a cingermi le spalle con il braccio. Sentivo il suo cuore battere a ritmo regolare, come se tenesse il tempo di una canzone.

Amavo ascoltare il battito dei cuori delle persone. Appoggiavo sempre l'orecchio al petto di qualcuno, che fosse quello dei miei genitori, dei miei fratelli, di Aaron, di Heather o di qualche mio amico e chiudevo gli occhi, lasciandomi cullare dai loro palpiti cardiaci. A volte mi addormentavo in quel modo.

Il mio iPhone iniziò a squillare, interrompendo quel magico momento. Sbuffai, scorrendo il dito sullo schermo per rispondere a mia madre. «Pronto?»

«Audrey, dove sei?» mi domandò.

«Da un amico, mamma» replicai, svogliata.

«Chi è?»

«Non lo conosci.»

«Lo sai che non voglio che tu vada a casa di gente che non conosco!» disse, aumentando il tono di voce.

Roteai gli occhi. «Ho quasi diciassette anni, non sono più una bambina.»

«Senti, signorina» iniziò irritata, «finché vivrai sotto il mio tetto farai come dico io.»

«Che palle» sussurrai. «Se ti dico il nome, smetti di rompere?»

Dalla pausa che fece prima di rispondere intuii che ci stesse pensando. «Forse» rispose infine, leggermente più calma di prima.

«Justin.»

«Justin? Intendi Justin Preston? Ma sì che lo conosco!»

«Intendo Justin Bieber» la corressi, preparandomi mentalmente ad ogni sua possibile risposta.

«Quel Justin Bieber?»

«Proprio lui.»

«Sì, certo» mi assecondò divertita.

Sbuffai sonoramente. «Come vuoi.»

«Vedi di tornare a casa presto» mi ordinò, ancora ridacchiando.

«Sì, capo. Ciao» riattaccai.

Justin mi stava osservando accigliato. «Dovrei conoscere tua madre?»

La sua espressione mi fece ridere. «No, non ti preoccupare.»

Fece un sospiro di sollievo, poi mi strinse a sé. Mi sdraiai a pancia in giù, appoggiai nuovamente il capo sul suo petto e gli chiesi di cantarmi Christmas Eve, nonostante fosse maggio inoltrato. Dapprima mi guardò come se fossi pazza, però assecondò la mia richiesta. Quella era una delle mie canzoni preferite. A parte il fatto che amavo l'atmosfera natalizia in generale, aveva un testo che mi piaceva tantissimo e una melodia rilassante. Lo ascoltai chiudendo gli occhi, lasciando che la sua voce e i battiti del suo cuore mi cullassero.















"cause you deserve the best"
Buongiorno a tutti!
Come vedete sono tornata con "soli" dieci giorni di ritardo.
Innanzitutto vorrei ringraziare le tre meraviglie che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia messo questa fan fiction tra le preferite, le ricordate o le seguite. Siete gentilissime!
Per favore, fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo e preparatevi al prossimo, che ho già pronto e che, secondo me, sarà discretamente interessante... if you know what I mean ;)
Per qualsiasi cosa, sul mio profilo ci sono sia il mio profilo Facebook, sia quello Twitter, quindi nel caso voleste contattarmi sapete dove trovarmi!
Un enorme bacio a tutti voi, vi amo tanto.

Andrea :)

   
 
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