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Autore: Clairy93    24/11/2013    8 recensioni
Trieste. 1942.
Nel pieno di una guerra all'apice della sua degenerazione, i destini di due giovani, Massimo e Vera, si incroceranno in una calda giornata di settembre. Lui, giovane tenente dell'esercito italiano. Lei, diciannovenne ebrea.
Una storia di sacrifici, di dolore e paura dalla quale però l'amore può trionfare persino sulle ideologie inconfutabili e sui pregiudizi.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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“Riesci a tornare al tuo dormitorio?” domanda Massimo stringendomi a sé.
Annuisco non completamente convinta. Siamo nell’infermeria del campo, Massimo è riuscito ad organizzare un incontro ma è giunto il momento di salutarci evitando che qualcuno ci veda insieme.
Oltretutto Massimo è sicuro di poter predisporre un piano di fuga impeccabile e portarci a casa. Tuttavia io sono molto preoccupata. Nessuno è mai riuscito ad abbandonare il campo, per lo meno vivo.
Ma ammetto che di fronte anche a una piccola possibilità di lasciare questo inferno, sarei matta a non coglierla al volo.
Allora perché mi sembra che Massimo non colga fino in fondo l’enorme pericolosità che sta correndo?
“Vera, mi stai ascoltando?” Massimo interrompe il mio flusso di pensieri.
“Certo…”
“Non sei mai stata brava a mentire.” le sue labbra si curvano in un sorriso seducente.
Alzo gli occhi al cielo divertita, ricordando le numerose occasioni durante le quali ha sottolineato il mio difetto.
“Avvisa tua zia e appena sei in grado anche tuo padre. Domani notte verrò a prendervi al vostro dormitorio.”
Massimo è irremovibile e per quanto io provi a persuaderlo non è intenzionato ad ascoltarmi.  
Io lo amo. Lo amo da morire. Appena i nostri sguardi si sono incrociati ho capito fino in fondo quanto sia inscindibile il legame tra noi. Eppure la paura di perderlo di nuovo mi terrorizza.
“A cosa stai pensando?” mi chiede sfiorandomi una guancia.
“Non devi fare l’eroe Massimo.”
“Vera, non voglio più discuterne.” Massimo prende il mio volto tra le mani incatenando i suoi grandi occhi scuri ai miei “Ho promesso che avrei fatto qualunque cosa fosse stata in mio potere per portarti via da questo posto. E così farò.”
Afferra una coperta un poco sgualcita e la posa sulle mie spalle.    
“Accertati che non ci sia nessuno nel corridoio. Poi corri al tuo dormitorio.”
Annuisco lievemente e mi dirigo verso l’uscita. Quando poso la mano sul freddo pomello della porta, Massimo afferra il mio braccio attirandomi a sé e mi bacia. Le nostre labbra s’incontrano, tremanti e dolcemente affamate, in una perfetta armonia. Quel calore piacevole e inconfondibile mi travolge e sento il mio corpo sussultare.
“Fai attenzione.” sussurra al mio orecchio.
“Anche tu...”
Chino il capo per non incrociare nuovamente lo sguardo di Massimo. Tutto sta accadendo con una rapidità esagerata e ho tanta confusione nella testa. E poi è molto tardi, Zia Baba sarà preoccupatissima.
Esco dal capannone e corro verso il mio dormitorio. Mi guardo attorno sperando di non attirare l’attenzione di nessun tedesco mentre cerco di ignorare le raffiche gelide che colpiscono il mio volto. Faccio scorrere leggermente il portone del dormitorio tanto da permettermi di entrare e lo richiudo immediatamente. Mi appoggio alla parete e socchiudo gli occhi per un momento, esalando un respiro di sollievo.
Non appena li riapro trasalisco nel vedere l’espressione angosciata di zia Baba a un palmo dal mio viso.
“Vera cosa è successo? Ti hanno fatto del male?”
“No zia Baba, sto bene. Ma non puoi immaginare chi ho incontrato.”
Mia zia mi guarda confusa e impaziente.
“Massimo!”
Zia Baba sembra frastornata per un attimo di fronte al mio incontenibile entusiasmo. Poi una luce sembra accendersi nei suoi occhi stanchi.
“Il ragazzo con cui uscivi anni fa?”
Annuisco raggiante e prendo le mani della zia tra le mie.
“E’ venuto a salvarci zia Baba. Ci porterà via e potremo tornare a casa. Tu, papà ed io.”
Ma la zia appare molto confusa e la sua espressione non mi tranquillizza.
“Come ha fatto a trovarci?” non ho il tempo di risponderle poiché zia Baba è scossa da un violento colpo di tosse e pone le mani davanti alla bocca per non svegliare tutto il dormitorio. Mi pongo accanto lei per darle sostegno e appena il respiro torna a farsi regolare, noto i suoi palmi macchiati di sangue.
“Zia ma tu sei malata!”
“Va tutto bene tesoro, non è così grave.” dichiara zia Baba cercando di tranquillizzarmi. Ma non ha l’effetto sperato.
“Non preoccuparti.” le sussurro mentre cerco di farla sedere “Quando lasceremo il campo Massimo ci aiuterà a trovare un medico che ti assista.”
“Vera non verrò con voi.” la lapidaria risposta di zia Baba mi confonde e non trovo le parole per replicare “E nemmeno tu dovresti.”
“Perché dici questo zia?”
“Come possiamo fidarci di Massimo? Potrebbe stare con i tedeschi.”
“Non lo farebbe mai, ha promesso che ci avrebbe protetti!”
“E’ passato molto tempo Vera.” risponde tristemente zia Baba “Le persone cambiano, hanno diverse priorità e alcuni sentimenti svaniscono per essere sostituiti ad altri. Sappiamo bene di non poterci fidare di nessuno, perché questa volta dovrebbe essere diverso?”
“Massimo è sincero, te lo posso assicurare zia. Domani finalmente potremo abbandonare il campo e tu verrai con me. Non ti lascerò qui, non ora che abbiamo una speranza.”
“Vi rallenterei solamente e le tue aspettative svanirebbero per colpa mia. Lasciami qui Vera, sono vecchia e ho vissuto abbastanza. Ma tu sei giovane e hai tutto il diritto di riappropriarti della tua vita. E se sei sicura delle intenzioni di Massimo, io sono serena.”
Zia Baba tossisce ancora, questa volta con più violenza. E’ sfinita, gli occhi sembrano non reggere il peso delle sue palpebre.
“Non ti lascerò qui zia Baba.” le dico inflessibile con una determinazione che temevo mi avesse abbandonata per sempre “Non posso immaginare di perdere anche a te. Ti prometto che andrà tutto bene, fidati. Torneremo a casa.”
Zia Baba abbozza un sorriso e annuisce debolmente.
“D’accordo, è giunto il momento di lasciare questo inferno.”

La mattina successiva la temperatura pare essersi alzata di qualche grado e nonostante il lavoro sia comunque estenuante, non dobbiamo combattere costantemente anche con il freddo.
“Non girarti, non dire una parola.”
Volto leggermente il capo scorgendo Massimo alla mia destra fissare un punto nel vuoto, con le braccia incrociate dietro la schiena. Chino rapidamente lo sguardo a terra continuando a lavorare.
“Ascoltami bene. Questa notte rimani vicino al portone d’ingresso del dormitorio, quando sentirai tre colpi dovrai uscire. Io sarò lì fuori per portarvi alla camionetta. Avvisa tua zia e tuo padre.”
Non posso replicare né dire una parola poiché Massimo gira su stesso e si allontana con passo lesto.
Il piano è stato avviato. Non posso tirarmi indietro, anche se la paura di un fallimento è davvero asfissiante.
Decido di recarmi alla recinzione che separa il campo maschile da quello femminile, sperando di riuscire a trovare mio papà e aggiornarlo sul progetto di fuga. Con estrema lentezza e particolare prudenza per non attirare l’attenzione di qualche soldato, mi lascio alle spalle la cava per avviarmi verso il confine del campo.
Tuttavia intravedo proprio zia Baba dirigersi verso di me. La chiamo per catturare il suo interesse ma sembra davvero presa dai suoi pensieri.
“Zia!”
Zia Baba solleva con rapidità il capo come fosse stata percorsa da una lieve scossa. Mi osserva con un’espressione evidentemente angosciata e gli occhi un poco arrossati.
“Sicura di stare bene zia?” le chiedo preoccupata.
“Sì, come no…” risponde vaga chinando per un attimo lo sguardo e fissando il vuoto, poi sembra tornare in sé “Ma tu dove stai andando Vera?”
“Massimo mi ha dato tutte le indicazioni per questa notte. Devo correre ad avvisare papà.”
Muovo a malapena un passo quando sento zia Baba afferrarmi per il polso.
“Zia devo sbrigarmi! Non abbiamo tanto tempo!”
Tuttavia zia Baba mi rivolge uno sguardo implorante e allenta la presa per incrociare le sue dita con le mie.
“Tuo padre è morto la notte scorsa.”
Senza rendermene conto scuoto la testa ripetutamente, incapace di credere alle parole di mia zia. Perché io non voglio crederci.
Le mie dita scivolano lentamente dalla mano di zia Baba e inizio a camminare, un passo dopo l’altro, incredula di avere ancora la forza per reggermi. Cammino e le caviglie si fanno pesanti, come avessi corso per chilometri infiniti. E invece sono ancora qui, sul terreno arido di questo maledetto inferno, sormontato da un cielo che annuncia morte.
Ma io non ce la faccio più, non posso reggere altro dolore. E mio padre mi dava quel coraggio, quella forza di reagire anche quando ero spaventata.
Avverto la mano di zia Baba sulla mia spalla e sussulto. Mi volto gettandomi tra le sue braccia mentre le nostre lacrime e il nostro dolore si fondono in un unico, disperato grido.

La stessa notte, il piano di Massimo è messo in atto e procede come previsto. Mi è difficile riportare per iscritto le fasi esatte che mi hanno permesso insieme a zia Baba di lasciare Mauthausen. Ora mi trovo nella camionetta appoggiata al petto di Massimo, infreddolita ma al sicuro. Quello che è accaduto prima è una serie di immagini rapide e confuse. Non ho la forza di ripercorrere quei momenti durante i quali il terrore di essere scoperti mi impediva di ragionare con lucidità.
Alcuni complici hanno aiutato Massimo nell’impresa e insieme ci stiamo allontanando il più velocemente possibile dal campo. Sulla camionetta c’è anche Filippo, l’amico di Massimo che ho avuto l’occasione di conoscere a Trieste alcuni anni fa, quel giorno in cui mi recai alla caserma.
Filippo posa una coperta sulle spalle di zia Baba. La sua salute non sembra migliorare e spesso è colta da violenti attacchi di tosse.
“Come state signora Bernardis?” le chiede Filippo porgendole un fazzoletto.
“Sto bene, non preoccuparti giovanotto.”
“Cercate di riposare, ora siete salva.”
Zia Baba annuisce flebilmente e socchiude gli occhi.
Filippo si avvicina sorridendomi dolcemente e alcuni dei suoi ricci gli cadono davanti agli occhi. Porge un’altra coperta a Massimo con la quale mi avvolge per riscaldarmi.
Proprio quando sto per assopirmi, la camionetta si arresta all’improvviso frenando rumorosamente. Tutto attorno è silenzio fino a quando quest’apparente tranquillità è lacerata da grida di uomini tedeschi che sembrano farsi sempre più vicine.
Incrocio il mio sguardo con quello altrettanto sconvolto di Massimo.
“Quei bastardi ci hanno scoperto!” dichiara Filippo passando nervosamente una mano tra i ricci.
Zia Baba prova con fatica ad alzarsi ma l’angoscia che l’assale pare impedirle di ragionare con lucidità. Mi avvicino subito a lei stringendola tra le braccia mentre la sento tremare convulsamente.
Le voci scontrose dei tedeschi si fanno più aggressive e nonostante io non capisca la loro lingua, sono piuttosto chiare quali potrebbero essere le reali intenzioni di quei soldati.
“Cosa facciamo Massimo?” domanda agitato il conducente della camionetta, voltandosi con occhi sbarrati verso di noi.
Massimo sospira e incrocia le dita delle mani portandole davanti alla bocca. Fissa il vuoto con uno sguardo iniettato di angoscia mentre i secondi scorrono inesorabili.
Mi allontano da zia Baba per raggiungere Massimo. Non appena poso la mia mano sulla sua spalla, Massimo sembra destarsi all’improvviso afferrando con vigore le mie spalle e costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Ho promesso che ti avrei riportata a casa. E così sarà. Ma dovrai andare da sola Vera.”
Udendo le sue parole sento le ginocchia cedere e un grido di puro terrore sembra nascere dentro me, contorcendo dolorosamente le mie viscere.
“Massimo no, ti prego!” lo imploro disperata mentre le lacrime rigano il mio volto.
“E’ me che vogliono Vera, io ho organizzato tutto questo. Appena uscirò da qui, partite e non fermatevi per nessuna ragione. Io me la caverò.”
“No, no Massimo! Non posso perderti di nuovo!” lo supplico tra i singhiozzi.
“Non preoccuparti amore mio.” sussurra prendendo il mio viso tra le mani “Io tornerò presto, tu aspettami Vera.”
Piango senza controllo, temo di non riuscire più a fermarmi.
“Amico non fare niente di stupido!” grida Filippo avvicinandosi a Massimo, cercando di distoglierlo dalle sue intenzioni suicide.
“Sergente Bassani, non discuta le mie disposizioni! Obbedisca all’istante ai miei ordini!” Massimo riprende con eccessiva severità Filippo il quale non prova a ribattere, si limita a stringere i pugni lungo i fianchi e chinare lo sguardo.
Massimo mi dà un bacio sulla fronte.
“Addio mio dolce Vera.”
Sento Massimo sfuggire dalla mia presa e quando provo a raggiungerlo, Filippo mi afferra prontamente per i fianchi allontanandomi dallo sportello della camionetta.
Massimo ricarica con gesto deciso la sua pistola e volge il suo sguardo verso di me, sorridendomi.
Aspettami Vera.
Con le ultime forze rimaste, provo disperatamente a divincolarmi dalla stretta di Filippo il quale però appoggia il mio capo nell’incavo della sua spalla per impedirmi di urlare.
E in un attimo Massimo è scomparso, le porte della camionetta si aprono e richiudono con rapidità e ripartiamo a tutta velocità.
Udiamo le voci dei soldati tedeschi e degli spari. Alcuni colpiscono la superficie del mezzo provocando un rumore assordante. E poi, più niente.
Filippo mi stringe forte a sé. Chiudo gli occhi mentre dentro mi sento morire.



Angolino dell'Autrice: Miei cari, anzi carissimi, amici! Giungiamo al penultimo capitolo della storia...non so voi ma io sono tristissima. :(
Ho già pensato ad un seguito, spero davvero di riuscire a realizzarlo. Mi sono affezionata tanto a questi personaggi e non me la sento di salutarli. Vi ringrazio infinitamente per tutto il supporto e per le dolci parole che mi riservate, vi adoro! Grazie per apprezzare il mio lavoro, grazie per aver creduto in me. GRAZIE!
Ci vediamo prossiamente per l'ultimo capitolo. Un bacione enorme a tutti!
   
 
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