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Autore: TheSlayer    25/11/2013    2 recensioni
Kat Moore è nata e vissuta a Los Angeles finché non è arrivato per lei il momento di trasferirsi a Londra per cambiare completamente la propria vita. In Inghilterra incontra nuovi amici e trova l'amore, ma il suo misterioso passato torna a tormentarla influenzando irrimediabilmente il presente. Quella partenza da Los Angeles sarà stata una fuga? Da cosa starà scappando Kat? A cosa andrà incontro?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 7
 
“Com’è possibile?” Mi chiese Sarah. Ormai aveva raggiunto la soglia della porta e sembrava che facesse fatica a sostenere il mio sguardo.
“E’… è una storia lunga e complicata. M-ma…” Balbettai.
Kat - o chiunque tu sia – non ho intenzione di rimanere qui un secondo di più, sapendo che mi hai mentito per tutto questo tempo. Quindi o mi spieghi cosa sta succedendo in questo preciso istante, o esco da quella porta e non ci vedremo mai più.”
Mi tremavano le labbra e avevo gli occhi gonfi di lacrime. Non volevo rivivere il mio passato, ma non potevo nemmeno perdere Sarah. Non avevo mai avuto un’amica come lei e sapevo di essere stata una persona orribile per averle mentito. Meritava delle risposte. Dovevo dirle la verità. Sospirai e mi sedetti su una delle sedie intorno al tavolo.
“D’accordo.” Mormorai. “Cercherò di spiegarti cos’è successo.” Aggiunsi. Sarah non sembrava convinta, ma si sedette su una sedia di fronte a me e cominciò a fissarmi con aria ostile.
“Ti ascolto.”
“Chloe Robson è…” Cominciai a dire, ma mi interruppi subito. La storia non sembrava avere un senso se avessi cominciato a raccontarla da quel punto. Cercai di riordinare le idee e ricominciai a parlare. “Chloe è il mio secondo nome e Robson è il cognome di mio padre, quello che mi è stato dato alla nascita.” Dissi infine.
“E perché adesso ti fai chiamare Kat Moore?”
“Perché a sedici anni ho deciso di cambiare vita e non volevo più essere me stessa. Volevo scappare dalla mia vita, essere qualcun altro.” Cominciai a raccontare. Sarah aprì la bocca, come se volesse interrompermi, ma la richiuse e continuò ad ascoltare quello che avevo da dire. Mi incitò ad andare avanti con un gesto della mano, così inspirai profondamente, pronta a tuffarmi nel passato. “La morte di mia nonna mi aveva scossa e volevo fare qualcosa per smettere di pensarci, per smettere di sentirmi così vuota. Non riuscivo a credere di aver perso la persona più importante della mia vita, quella che mi ha cresciuto e che mi ha voluto bene incondizionatamente. Non riuscivo a farmene una ragione, nonostante sapessi da anni che quel momento prima o poi sarebbe arrivato.” Continuai. Chiusi gli occhi e per un istante mi sembrò di vedere nonna CeCe davanti a me. Il suo sorriso gentile, gli occhi azzurri contornati dalle rughe e i capelli bianchi come la neve. Le lacrime cominciarono a sfuggire al mio controllo, scivolando sulle mie guance.
“Quindi cos’è successo?” Domandò Sarah.
“Frequentavo una scuola privata a Beverly Hills e le mie compagne di classe avevano sempre mille storie da raccontare su quello che facevano durante i weekend, chi incontravano e cose del genere e sembravano così felici... Io, invece, passavo il mio tempo libero a casa di nonna CeCe e poi, dopo la sua scomparsa, solo in biblioteca. Non ero per niente popolare e anzi, le mie compagne di classe si divertivano a tormentarmi e a prendermi in giro tutti i giorni. Studiavo tantissimo, prendevo bei voti e non mi cacciavo mai nei guai. Almeno finché ho deciso di cambiare tutto.”
“Vai avanti.” Mi esortò Sarah.
“Poco dopo la scomparsa di mia nonna ho cominciato a cambiare e a cercare di diventare più simile alle ragazze più popolari della mia scuola. Non è stato facile, ma ho cominciato a uscire con loro e a inserirmi nel loro gruppo. Mi hanno procurato un documento falso e hanno cominciato a portarmi nei locali più di moda del momento. Volevo essere un’altra persona, cominciare una nuova vita e lasciare tutto il dolore che stavo provando in quella passata. Volevo smettere di ascoltare le storie degli altri con aria sognante ed essere io la ragazza che raccontava a tutti quello che avevo combinato nel weekend. Insomma, sembrava che quello stile di vita funzionasse per le altre. Erano sempre felici, sembrava non avessero nessuna preoccupazione e volevo diventare esattamente come loro. Così ho cominciato a usare il mio secondo nome per presentarmi alle persone nuove nei locali. Non ero più Katherine Robson, la ragazza che aveva appena perso la persona più importante della sua vita. Ero diventata Chloe, quella che nascondeva il suo dolore a tutti e che, invece, amava divertirsi.”
Sarah chiuse gli occhi per qualche secondo e cominciò a scuotere la testa lentamente, come se non volesse credere a niente di quello che le stavo raccontando.
“Da dove viene Moore?”
“E’ il cognome da nubile di mia madre. Quello da sposata di mia nonna.” Risposi. “L’ho cambiato legalmente prima di trasferirmi in Inghilterra. E’… è un modo per ricordare nonna CeCe, per portarla sempre con me.”
“Sei una maledetta bugiarda.” Mormorò improvvisamente Sarah. Alzò lo sguardo su di me e provai una stretta allo stomaco. Mi stava guardando con disgusto, con odio.
“Sarah…”
“No, sai una cosa? Me ne vado, perché non sopporto l’idea che tu mi abbia mentito per più di un mese. Ti ho raccontato tutto di me, ti ho considerata la migliore amica che non ho mai avuto! Mio Dio, pensavo che fossi diversa da tutte le altre! Nella mia vita ho incontrato tante persone come te e dopo l’ultima amicizia finita male ho deciso di stare essere più prudente e sono esattamente dov’ero prima! Mi sono fidata di una sconosciuta che sembrava a posto e invece mi hai mentito anche tu!” Esclamò con le lacrime agli occhi. La ragazza si alzò di scatto dalla sedia della cucina, entrò in camera come una furia per recuperare la sua borsa e uscì dal mio appartamento, continuando a guardarmi con la stessa espressione delusa finché le porte dell’ascensore si chiusero, lasciandomi completamente da sola. Le lacrime si trasformarono velocemente in singhiozzi. Passai le mani tra i capelli e chiusi gli occhi, sentendomi a pezzi. Ero sicura che sarebbe finita così, ma speravo di riuscire a finire di raccontare la storia, di spiegarle il motivo per cui non volevo più pensare al mio passato.
 
Quando riuscii finalmente ad addormentarmi, dopo aver ripulito la cucina e passato ore a fissare il soffitto della mia camera, mi svegliai di soprassalto perché avevo sognato che Sarah e Tommy avevano cercato il mio nome su Internet e avevano scoperto tutto quello che stavo nascondendo. Tutto quello di cui mi vergognavo. Non riuscii più a prendere sonno, così decisi di fare colazione e andare a fare una passeggiata nel parco. Avevo mille domande in testa e nessuna risposta. Come si sarebbe comportata Sarah al lavoro? Avrebbe detto qualcosa a Tommy o ad Evan? L’ansia mi stava distruggendo e non riuscivo a smettere di pensarci.
Decisi di sedermi in riva al laghetto artificiale dei Kensington Gardens e di dare da mangiare ai cigni, un’attività che solitamente tendeva a rilassarmi. Avevo alzato il volume della canzone che stavo ascoltando con gli auricolari al massimo, perché di solito il suono della batteria che martellava incessantemente nei timpani mi aiutava a non concentrarmi su nulla se non sulla musica. Quel giorno, invece, sembrava che il livello dei miei pensieri superasse di gran lunga quello dell’album rock che avevo scelto.
L’unica cosa che riuscii a decidere nelle ore in cui rimasi in quel punto del parco fu che avrei dovuto parlare con Tommy. Avrei dovuto raccontargli tutto prima che lo scoprisse da qualcun altro.
 
“Kat, dovresti rimanere fino a tardi questa sera, ti dispiace? Aspettiamo un carico di nuova merce e dobbiamo sistemarla per domani.” Disse Samantha, la proprietaria del negozio, quando entrai al lavoro.
“D’accordo.” Replicai. Cercai Sarah con lo sguardo ma non la trovai. Aveva finto di essere malata per evitarmi? Non l’avrei biasimata se l’avesse fatto davvero. Invece la ragazza entrò nel negozio pochi minuti dopo, tenendo lo sguardo basso ed evitando il mio per tutta la giornata.
Provai a parlarle mentre sistemavamo i nuovi abiti dopo la chiusura, approfittando del fatto che eravamo rimaste sole, ma mi ignorò dopo avermi rivolto uno sguardo che mi fece provare una stretta al cuore. No, non sarei riuscita a recuperare la nostra amicizia. Avevo rovinato tutto come al solito.
 
Mi resi conto di non aver risposto al telefono a Tommy per tutto il giorno solo quando tornai a casa e mi sdraiai sul letto senza nemmeno aver mangiato. Avevo perso l’appetito e non avevo voglia di cucinare in ogni caso. Anzi, non avevo proprio voglia di fare nulla.
Allontanai il telefono da me, ignorando l’ennesimo messaggio del ragazzo. Lanciai l’oggetto sul cuscino di fianco al mio e chiusi gli occhi. Perché? Per quale motivo il passato doveva continuare a rovinarmi la vita in quel modo? Certo, me l’ero meritato dopo quello che avevo fatto. Però pensavo di aver pagato le conseguenze e di poter andare avanti. Tutti si meritavano una seconda possibilità, perché io no?
Ripresi il telefono nelle mie mani e aprii la rubrica dei contatti. Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma non riuscii a trattenermi. Ne fissai uno in particolare: Derek.
Gli eventi degli ultimi giorni avevano fatto in modo che continuassi a pensare a lui, anche se non volevo. Con gli occhi lucidi e un nodo in gola che mi rendeva difficile deglutire chiamai quel numero e appoggiai il cellulare all’orecchio.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!” Sentii la mia voce in lontananza. Derek scoppiò a ridere per qualche secondo, prima di ricominciare a parlare.
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Interruppi la chiamata e mi raggomitolai sul letto, mentre le lacrime scorrevano sul mio viso. Sapevo che non avrei dovuto chiamare quel numero e sentire la sua voce. Ero riuscita a resistere per un anno e mezzo, ma alla fine avevo ceduto.
 
La mattina successiva mi svegliai tardissimo e non riuscii ad andare a correre e nemmeno a fare colazione. Mi vestii velocemente e mi precipitai al lavoro, dove non avevo la minima voglia di stare. Incrociai lo sguardo di Sarah, che distolse immediatamente il suo e concentrò la sua attenzione su Seth, uno dei nostri colleghi in cassa.
“Sarah, possiamo parlare?” Le chiesi all’ora di pranzo.
“Non ho niente da dirti.” Rispose con freddezza e mi superò per andare a mangiare con Seth. Aveva perfettamente ragione a comportarsi così, ma faceva male comunque. Parlai solo con i clienti durante la giornata e mi sentii ancora più sola di prima. Quando tornai a casa e finalmente guardai il cellulare trovai un paio di sms di Tommy e una chiamata persa. Li ignorai e aprii il frigo per trovare qualcosa da mangiare. Ovviamente non mi era rimasto nulla, perché fare la spesa era diventato l’ultimo dei miei pensieri in quei giorni, così presi la giacca che avevo lanciato sul divano quando ero rientrata e uscii di casa.
Fortunatamente Whole Foods rimaneva aperto fino alle dieci di sera, così riuscii a comprare qualcosa di commestibile e tornai nel mio appartamento, dove mangiai velocemente, distratta dall’idea della bottiglia di vino che avevo acquistato. Mi ero fermata davanti allo scaffale carico di bottiglie per almeno venti minuti, cercando di decidere cosa fare. Nel mio cervello sembrava che fosse scoppiata una guerra. La parte razionale mi ordinava di non guardarle nemmeno e di tornare a casa, mentre quella irrazionale mi urlava di comprarne una e fregarmene di tutto. Alla fine cedetti e ne infilai una nel carrello. Fino al momento di pagare cercai di convincermi a non prenderla, a rimetterla dove l’avevo trovata e ad andarmene. Invece la comprai e la appoggiai sul tavolo di fronte a me mentre mangiavo. La fissai per qualche minuto, tentata come non mai di aprirla. Poi spostai lo sguardo sul telefono che spuntava dalla mia borsa e lo recuperai. Con le dita tremanti ricomposi il numero di Derek e premetti il tasto verde.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!”
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Con la gola che bruciava e gli occhi gonfi di lacrime stappai la bottiglia e versai il contenuto in un bicchiere. No, non avrei dovuto. Il profumo del vino riempì l’aria e mi fece provare una stretta allo stomaco. Non mi era mai piaciuto. Avevo sempre preferito altri alcolici, ma quella bottiglia era la prima che avevo trovato. Quella più vicina a me. L’avevo presa velocemente, senza nemmeno fermarmi a leggere il nome sull’etichetta o il prezzo. Per me era esattamente identica a tutte le altre sullo scaffale del supermercato, quelle che avevo fissato per venti minuti senza vederle davvero. La parte irrazionale del mio cervello mi aveva ordinato di fare in fretta, altrimenti mi sarei convinta a non comprarla.  
I ricordi del passato mi stavano facendo impazzire e volevo solo che smettessero di tormentarmi. Credetti di riuscire a sentire il profumo del dopobarba di Derek dopo più di un anno e mezzo e sentii le lacrime che scorrere sul mio viso.
Ripensai alla prima volta in cui l’avevo visto e a tutte le sensazioni che avevo provato. Avevo cominciato a rispondere “sì” quando qualcuno mi chiedeva se credessi ai colpi di fulmine, perché era esattamente quello che mi era successo quando l’avevo visto. Mi ero innamorata di lui dal primo istante. Era la prima volta che mi succedeva qualcosa del genere e l’intensità dei sentimenti che avevo provato per lui mi aveva spaventata. Era come se mi sentissi costantemente felice.
Felicità, ecco qualcosa che non provavo da tanto tempo.
Abbassai lo sguardo sul liquido di fronte a me e lo fissai. Ero con Derek la prima volta che avevo assaggiato il vino. Mi aveva portata a cena a casa sua e mi aveva offerto da bere per sciogliere la tensione. Non era da molto che ci frequentavamo, ma mi sembrava di conoscerlo da tutta la vita. Sospirai, pensando a quella sera, alla cena, alla nuotata in piscina notturna e a quel bacio. Quel bacio che sapevo avrebbe portato a qualcosa di più, alla nostra prima volta. Alla mia prima volta.
Appoggiai il bicchiere alle labbra, chiudendo gli occhi. La mia mano stava tremando.
Cosa stai facendo, Kat? Mi domandai.
Era da tanto tempo che non mi sentivo così sola, così senza speranza. Sarah non mi rivolgeva più la parola, e quando lo faceva era fredda e distaccata. E chi stavo prendendo in giro? Con Tommy non avrebbe mai funzionato. Era un musicista come Derek e non mi avrebbe mai perdonata una volta scoperto quello che stavo nascondendo. Appoggiai il bicchiere sul bancone e lo allontanai di qualche centimetro. Le lacrime continuarono a scorrere sul mio viso. Premetti di nuovo un tasto del mio telefono e riascoltai il messaggio registrato della segreteria telefonica di Derek.
“Ehi, hai chiamato Derek! In questo momento sono molto impegnato, probabilmente a riempire uno stadio con le mie canzoni bellissime…”
“Ma smettila, presuntuoso!”
“In ogni caso se hai un messaggio per me lascialo dopo il ‘bip’ e forse ti richiamerò!”
Ripresi il bicchiere e lo portai velocemente alla bocca, senza pensare. Quando il liquido toccò le mie labbra mi resi conto di quello che stava succedendo e mi alzai dalla sedia, spaventata. No, non potevo. Mi avvicinai al lavandino e mi costrinsi a svuotare il contenuto del bicchiere e quello della bottiglia. Poi abbandonai tutto in cucina e corsi in camera mia, dove accesi il computer. Sapevo cosa dovevo fare.
 
Meno di mezz’ora dopo ero seduta su una sedia pieghevole in una stanza spoglia, circondata da un gruppo di persone che non conoscevo. Avevo trovato l’indirizzo su Internet ed ero stata fortunata, perché l’incontro non era ancora cominciato e avevo fatto in tempo ad arrivare. Ne avevo trovato uno poco lontano da dove abitavo ed ero uscita di casa senza nemmeno sistemarmi, con gli occhi gonfi, il trucco colato e i capelli spettinati.
Il ragazzo di fianco a me terminò il suo racconto e il gruppo applaudì. Sapevo che era il mio turno e non ero sicura di essere pronta, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Mi alzai e puntai lo sguardo su una bacheca piena di fogli in fondo alla stanza per non incrociare gli occhi di nessuno.
“Mi chiamo Kat e sono un’alcolista.” Dissi.
Intorno a me si levò un brusio, mentre il gruppo mormorava “Ciao, Kat.”


 


Pubblico questo capitolo con mani un po' tremanti, perché è il primo inedito ed è uno dei più importanti perché finalmente scopriamo qualcosa del passato di Kat. La scomparsa di quella che è stata sostanzialmente la figura più importante per lei l'ha portata a fare delle scelte che hanno cambiato il corso della sua vita. Questo capitolo non svela tutto, ma solo il primo dei grandi segreti di Kat. Cominciamo a vedere parte del suo passato, partendo dal motivo per cui ha cambiato nome e scopriamo che la sua vita è molto più complicata di quello che sembra. Andando avanti scopriremo il pezzo che manca, quello che Sarah non ha voluto ascoltare e quello che le ha cambiato ulteriormente la vita.

Spero che vi sia piaciuto e grazie per aver letto! Il prossimo lo posterò giovedì e ripartirà dal punto in cui è finito questo. Inoltre rispunterà il povero Tommy, che è stato ignorato per due giorni. Kat gli racconterà tutto? Se sì, come reagirà davanti alle confessioni della protagonista?


Alla prossima!

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