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Autore: Marge    25/11/2013    2 recensioni
Frozen Flowers è il seguito di Flowers Wall; dopo aver coronato il loro sogno d'amore sotto *diversi* punti di vista, Howl e Sophie si cacceranno di nuovo in qualche guaio. Di chi è la colpa, questa volta?
E dal momento che ne hanno già vissute molte in patria, mi sembra giunto il momento di esplorare un po’ i dintorni. Chi è Hilde, e che paese è mai il suo, perennemente immerso nei ghiacci? E cosa avrà a che fare con i nostri due eroi ed il loro demone del focolare?
Si consiglia la lettura solo dopo aver letto Flowers Wall e tutte le storie della stessa saga!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti | Coppie: Howl/Sophie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Flowers Wall'
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FROZEN FLOWERS

II

In cui Sophie studia geografia, e poi combina un pasticcio


Seduta su un muretto accanto ad un cesto da cui faceva capolino un cavolo rosso, Sophie leggeva con le sopracciglia aggrottate una lettera. Il foglio era spiegazzato e Sophie sospirava ad ogni frase.

Carissima Sophie, figlia mia,

Ti scrivo per aggiornarti sulle ultime novità. In questi giorni autunnali tua sorella Lettie sta illuminando le mie giornate con la sua presenza, che sempre mi è cara e di gran conforto. Sai perché dico questo: non vorrai certo avermene se continuo ad insistere per una tua venuta nella mia dimora, che sia una breve visita od un periodo più lungo – anche se non accetterei mai di vederti ripartire prima di qualche settimana. La sola idea che ti consumi ostinandoti a far da sarta e da governante in un paesello di pescatori così lontano da Market Chipping mi angustia e mi tiene sveglia tutte le notti. Cerco di fare il possibile per bandire il pensiero penoso che ho di te, ma un altro, ancor più grave, mi è da qualche tempo saltato alla mente: e cioè che tu possa trovarti in una situazione alquanto disdicevole nel vivere nella stessa casa di quel mago.
Quanto lo conobbi, l’estate passata, ebbi senz’altro di lui un un’ottima impressione: un gentiluomo distinto ed educato, di bellissimo aspetto e modi finissimi. Tuttavia, devo ammetterlo, il suo splendido personale è forse offuscato dalla vanità che dimostra, e dalla facilità con cui tu, mi par di comprendere, ti sei adattata a fargli da serva (oh Dio, che parola orribile, Sophie!) senza percepire nulla in cambio che la sua ospitalità. Ho il diritto, a questo punto, di pensare ben poco di bene di questa situazione alquanto ambigua.
Una fanciulla come te merita ben altro! La tua posizione, ora che ad ogni buon diritto ti si potrebbe chiamare figliastra del conte, è ben diversa da quella modesta in cui versavamo anni fa. Ed ad ogni modo, neanche allora ti consigliai o ti diedi mai esempio di vita scostumata. Vivere nella stessa casa di un uomo senza essere sposata, ed uno così ambiguo, poi!
Ti consiglio vivamente, Sophie, in quanto madre, di riconsiderare la tua scelta. Un posto per te, nella mia casa, vi sarà sempre, come ben sai. Non capisco perché ti ostini a voler stare così lontana; oltretutto qui abbiamo una serie di amici benevoli, ogni settimana vi è un ballo a cui partecipano tutti i giovanotti della contea, e sono certa che riuscirai perfino a trovarne uno per un ottimo matrimonio, e la faccenda del mago sarà presto dimenticata. Sono sicura che ti troveresti molto bene.
Fammi avere presto tue notizie, con amore

Tua madre Fanny



“Eccoci dunque arrivati al momento” mormorò tra sé e sé. Ripiegò il foglio e lo infilò nella tasca del grembiule. “Non potevo certo aspettarmi che questa situazione andasse bene a lungo” continuò a riflettere incamminandosi. “Perfino Nina mi aveva avvertita: questo è un paese di pescatori, è vero, e contadini, gente semplice che non bada troppo alla apparenze. Ma l’entroterra di Ingary è di tutt’altro avviso, per non parlare poi di principi e nobili.”
Cominciò a scendere le scalette che dalla strada principale portavano all’isolotto su cui nasceva la loro casa a Dengulls, una delle tante uscite della porta del Castello.
“Figliastra del conte!” esclamò a voce alta. “Figurarsi! Io, Sophie Hatter, cappellaia un tempo ed ora sarta! Neanche il più bel vestito di tutto il regno farà di me una damina.”
Pensò per un momento alla sorella, che sicuramente si adattava bene a quella vita. “Mia madre si dovrà accontentare di Lettie” concluse, ma giunta davanti alla porta di casa si fermò nuovamente e sospirò: non sarebbe stato facile convincerla. “Povera mamma, dopo tutto quello che ha passato con la morte di papà, il distacco da Lettie e poi la guerra…”
Scosse la testa facendo sobbalzare la lunga treccia argentata sulla schiena, ed abbassò la maniglia.
“In questi giorni non so veramente come vestirmi” brontolò entrando nel Castello. “A Dengulls fa freddo, ma non quanto nelle Lande, o nel giardino! Non so davvero cosa mettermi: se mi copro ed esco per delle faccende in paese, muoio di caldo. Ma non posso passare la giornata a cambiarmi d’abito…”
“Questo accade perché tu marci con il passo di un soldato, quando devi sbrigare le tue faccende. Dovresti camminare in maniera più femminile, Sophie” ribatté Calcifer dal suo focolare, e si allungò a prendere un altro ciocco. “Sbrigati a chiudere, entrano gli spifferi!”
“È solo perché non ho mai abbastanza tempo per tutto.”
La fanciulla barcollò per le scale sotto al peso di un cestino colmo, poi riuscì ad arrivare al tavolo e posarvelo.
“Ho fatto un bel di provviste” esclamò sorridendo, evidentemente soddisfatta degli acquisti. “Così, anche se dovesse nevicare, non avremmo problemi.”
“Dengulls è troppo a Sud, non nevica quasi mai.”
“E tu come fai a saperlo? Sei solo un demone del fuoco.”
“Noi abbiamo studiato molto” rispose lui con superiorità.
“Su, abbassa la testa, voglio preparare un thè” lo rimbeccò lei, affrettandosi all’acquaio per riempire una pentola.
“Non capisco perché dobbiate sempre bistrattarci a questa maniera, anche ora che siamo un demone libero! Potresti utilizzare un fuoco normale, no?”
“Ma nessuno è forte e potente come te” lo blandì lei, chinandosi sulle fiamme azzurrine. “Nessuno sa far bollire l’acqua per il thè così velocemente, ed in maniera così perfetta.”
“Dici davvero?”
“Ma certo! Sei il più grande demone del fuoco del focolare che io abbia mai…”
“Siamo alle solite” li interruppe Howl, comparendo dalla porticina laterale. La ragazza volò tra le sue braccia.
“Grande demone sì, ma mai quanto quel mago incantatore…” mugugnò Calcifer da sotto la pentola.

“Chi è quest’uomo raffigurato qui?”
Seduti uno accanto all’altra sul divano davanti al fuoco caldo, Sophie e Howl erano chini su di un libro.
“Questo è il grande mago Robert O’Yale, vissuto circa trecento anni fa, ed esperto di divinazione.”
“Credevo che la più grande esperta fosse stata Shahanna, ed in seguito il padre della nonnina.”
“La divinazione è una oscura materia, e non si finisce mai di studiarla. Per alcuni è come un talento divino: hanno spontaneamente, o quasi, visioni su cosa accadrà in futuro.”
Sophie annuì, e passò due dita sul profilo severo dell’uomo disegnato.
“Ma è molto difficile spiegare perché ciò accada, e soprattutto come far sì che accada quando si vuole.”
“Come quando sono stata nel tuo passato? O quando ho assistito alla vita di Ilary?”
“È veramente un mistero come tu sia riuscita a far ciò. Ma c’è una differenza: la prima volta tu non hai solo visto il passato, ma vi hai partecipato. Calcifer ed io ti abbiamo udita e vista.”
“La seconda volta invece mi sembrava di non avere un corpo.”
“Questo è più simile ad una divinazione. È incredibile che tu ci sia riuscita.”
“Ma non sono stata io” sorrise lei, alzando le spalle. “La prima volta sei stato tu, no? A mandarmi lì. Il tuo anello magico mi ha indicato la via. Mentre la seconda è stata senz’altro Ilary. Come avrei potuto, io?”
Howl scosse la testa, non convinto.
“Tu sei un esperto di divinazione?”
“È una delle materie che ho studiato maggiormente, ma come tutti i maghi che se ne occupano, al momento tutto ciò che ottengo sono esclusivamente immagini sfocate, confuse, e spesso molto lontane da ciò che chiesto.”
“Per questo passi così tanto tempo nel tuo laboratorio, ora?”
“Voglio capire come poter ottenere di più. Soprattutto, voglio esercitarmi nel comprendere le visioni: quando andai da Talibah, la scorsa estate, per capire cosa ti stava accadendo, l’immagine che ottenni raffigurava la mia stanza da ragazzo all’Accademia. Non ho saputo cogliere questo suggerimento, non ho intuito nulla su Raphael.”
Sophie corrugò la fronte a quel nome: non poteva certo dimenticare i guai che quel pazzo aveva fatto passare loro.
“Non arrovellare la tua testolina” mormorò lui, e le posò un bacio tra i capelli. “Penso io alla magia, tu pensa ai tuoi bottoni.”
“Non me ne parlare, ho tantissimo lavoro” replicò lei, e stiracchiò le braccia verso l’alto. “Sembra che tutta Dengulls quest’inverno abbia deciso di rinnovare il guardaroba. Pare che vada di moda la pelliccia, e le signore continuano a chiedermi di cucirne inserti in ogni punto di ogni tipo di vestito…”
Howl ridacchiò.
In quel momento le fiamme divennero verdi e si alzarono quasi fino al soffitto.
Sophie balzò all’indietro per lo spavento, e Howl si alzò d’istinto e si pose davanti a lei.
“Stai indietro” sussurrò. Sophie lo vide muovere le labbra.
Le fiamme divamparono accecanti ancora per un momento, poi si ritirarono per tornare del normale color arancione. Dal fumo grigio spirò un foglietto, che volteggiò fino a posarsi in terra.
Circospetto, Howl si accovacciò ad osservarlo.
“Cos’è?” chiese Sophie, sporgendosi sopra la sua spalla.
Howl mosse un braccio in un ampio gesto, ed il foglietto si voltò: vi era disegnato uno strano simbolo, con un inchiostro slavato ed acquoso, tanto che sembravano lacrime trascinate da un pennino.
“È la scrittura di Angelia” disse il mago.
“E chi è Angelia?”
“Probabilmente proviene da Espen, il mago di corte.”
Come se avesse pronunciato una parola magica, le lacrime sul foglietto si mossero, scivolando da un angolo all’altro finché non trovarono il loro nuovo posto.
“È una richiesta d’aiuto” mormorò lui aggrottando le sopracciglia. “Ed è diretta a me. Devono avere qualche problema, laggiù.”
“Howl!” gridò allora Sophie. “Mi puoi spiegare chi è questa Angelia?”

“Dunque” esordì il mago, esibendo il suo migliore tono da insegnante. “Questa colorata in giallo è Ingary, chiaro?”
Sophie annuì, ricordando vagamente qualche lezione di quand’era bambina.
“Come puoi vedere, su due lati è circondata dal mare, mentre sugli altre due è separata dagli altri paesi da una lunga catena montuosa. Possibile che tu non conosca neanche la geografia del tuo Regno, Sophie?”
“Non era esattamente la mia materia preferita. Preferivo i romanzi.”
“Anche a noi piacciono le storie” confermò Calcifer roteando gli occhietti. “Ma non per questo non conosciamo un po’ di geografia.”
Sophie lo zittì con un’occhiata e si chinò nuovamente sulla mappa.
“Ecco Kinsgbury!” esclamò felice indicando un punto.
“Esattamente. Come puoi vedere si trova praticamente al centro del Regno. Qui, affacciata sul mare, vi è Porthaven, città di pescatori ed esploratori. Invece Dengulls si trova in questa lunga penisola a sud.”
“E Market Chipping?”
“Si trova a nord, poco prima delle Lande, che sono questa lunga distesa poco abitata ai piedi delle montagne del nord.”
“Dovremmo appendere una mappa del genere da qualche parte, qui al Castello, in maniera tale che io possa vederla spesso e memorizzare tutte le città.”
Howl la guardò come se avesse detto qualcosa di assurdo, poi sfogliò le pagine del volume fino a trovarne un’altra: “Ecco i regni confinanti con Ingary. Qui c’è Turny, lo ricordi?”
“Certo: il Regno di Rapa.”
“Bene. Qui ad est vi sono moltissimi altri principati e regni minori, ed è veramente un’impresa ricordarli tutti; alcuni sono veramente stravaganti… ed oltre comincia una enorme terra selvaggia, popolata da tribù tradizionali, ma non è rappresentata in questa mappa.”
“Oh. Credo siano molto interessanti.”
“Lo sono” confermò lui, ed alzò allusivamente le sopracciglia.
“Ti odio quando mi fai sentire così piccola ed inesperta” brontolò lei, incrociando le braccia. “Fossi stata una grande maga, probabilmente anche io avrei girato il mondo e provato ogni tipo d’esperienza.”
Howl rise bonariamente: “Ti piacerebbe viaggiare?”
“A chi non piacerebbe?”
“Benissimo, dunque! Perché è qui che andremo: ad Angelia!” esclamò, e posò il dito su una vasta terra, tutta colorata in bianco, a nord delle montagne del nord.
“Angelia è una nazione?”
“Un posto eccezionale, vedrai Sophie: coperto di neve tutto l’anno, ed abitato da persone fantastiche.”
La ragazza rabbrividì: “Neve?”
“Oh, ma è così piacevole, vedrai! Hanno abiti caldissimi, di pelle morbidissima, e cibi favolosi, capaci di scaldarti fino alla punta dei piedi. La capitale, Freedam, è una fantastica città di ghiaccio, splendente come un diamante. È lì che andremo!”
“Chi è Espen?”
“Il loro mago di corte. Io vi sono stato pochi anni fa, ed insieme abbiamo sperimentato degli interessantissimi incantesimi sul controllo dei venti… lo ricordi, Calcifer?”
“Ricordiamo solamente la difficoltà di rimanere accesi: neve, ghiaccio, praticamente acqua in ogni angolo. Siamo vivi per miracolo.”
“Sarebbe molto bello partire” ammise infine la ragazza, conquistata dall’idea della città glaciale e di porre una distanza ancora maggiore fra sé e sua madre, “ma ho così tanto lavoro! Ho bisogno di un po’ di tempo per organizzarmi, qui a Dengulls.”
“Perfetto, dunque partiremo tra una settimana” concluse lui.
Sophie sussultò, immediatamente preoccupata per tutto ciò che avrebbe dovuto concludere in soli sette giorni, ma Howl era così felice della decisione presa che l’afferrò tra le braccia e la fece volteggiare per la stanza.
“La nostra fine è vicina” sospirò il demone del fuoco, osservando i due.

“Se partiamo con il Castello, che bisogno c’è di abbandonare Dengulls?”
“Non possiamo certo fare tutto noi! Calcifer, acqua calda in bagno! Calcifer, c’è da preparare la cena!” Ad ogni frase, il demone cresceva verso il soffitto e diveniva di un rosso più acceso. “Calcifer, c’è da mantenere aperti i varchi per quattro diverse città! Calcifer, c’è da portare questo enorme, instabile, folle trabiccolo volante che vi ostinate a chiamare Castello dall’altra parte del mondo!”
“Credo di aver capito” confermò Sophie, annuendo. “Non c’è alcun problema. Una vacanza farà bene a tutti.”
Il demone soffiò un gran quantità di fumo grigiastro, poi si sgonfiò e tornò delle sue usuali dimensioni. “Oltretutto, noi odiamo quel posto così freddo ed inospitale.”
“Howl ne parla così bene.”
“Howl ha delle idee bislacche praticamente su tutto. Non ti fidare.”
“Potresti rimanere, o andare da Markl.”
“I demoni del fuoco non sono ammessi all’Accademia.”
“Ma ci sei già stato: con Howl.”
“Proprio per questo lo sappiamo!” sbraitò ancora. Sembrava estremamente irritato per qualcosa, al punto che Sophie decise che sarebbe stato meglio eclissarsi, e con la scusa di dover lavorare scomparve in negozio.
In realtà ciò che voleva fare era scrivere con calma delle lettere a Lettie ed a Markl. Le si strinse il cuore a pensare che non lo avrebbe visto ancora a lungo, e fu quasi sul punto di riconsiderare la partenza.
Non scrisse a Fanny.
Mentre pensierosa fissava la pergamena indirizzata al ragazzino, Nina varcò la soglia.
“La sua peggior allieva è pronta per la bastonata di oggi, signorina Hatter!” esordì. “Purtroppo, neanche ieri mi hanno lasciato del tempo per stu… ehi, tutto bene?”
Sophie scosse la testa: “Credo di sì. Scusami, sono solo soprappensiero. Vieni, siediti.”
L’amica si issò sul solito sgabello, ma non tirò fuori dalla cesta il libro.
“Guai?”
Sophie si affrettò a scuotere la testa: “No, anzi! Buone notizie: stiamo partendo!”
“Partendo?”
“Sì, Howl, Calcifer ed io. Andremo per un certo periodo ad Angelia, un regno a nord di Ingary.”
“Mai sentito nominare.”
“È un luogo in cui nevica tutto l’anno.”
“E che ci andreste a fare?” esclamò l’altra, sinceramente orripilata. “Al freddo ed al gelo!”
Sophie rise: “Affari di Howl. Ma pensa, Nina, io non sono mai uscita da Ingary! Fino a pochi mesi fa non avevo praticamente messo piede fuori da Market Chipping. È un’occasione magnifica!”
“Non è che finirete per incappare in qualche oscura maledizione anche questa volta?”
“Non vedo perché. Non devi preoccuparti, davvero. Ero solo triste pensando a Markl.”
L’amica sorrise comprensiva: “Quel piccoletto! Chissà come ste la sta cavando.”
“Markl è un ragazzino molto forte ed intelligente.”
“Sì, ed anche molto legato a te, nonché a quel pazzo del tuo mago. Mi raccomando, fate attenzione!”
“Ma certo. Ed ora su, tira fuori i libri. Non hai studiato neanche stavolta, eh?”
“E ormai a che serve? La mia insegnante preferita sta per abbandonarmi!”
“Quando torno, voglio sentirti leggere spedita come Markl!”
“Cosa?” ribatté Nina, e scoppiarono a ridere.

La mattina in cui partirono il cielo sopra le Lande era terso ed azzurro, e splendeva un gelido sole. Sophie, colta da una strana sensazione, alzò il viso e si godette i raggi in silenzio.
“Non è proprio come una vera partenza” disse Howl, sopraggiunto alle sue spalle.
Lei lo guardò interrogativa.
“Non abbiamo bagagli, o bauli o casse di alcuna sorta.”
“Come quando siamo andati a Kinsgbury.”
“Oh, neanche quella lo era” sminuì lui. “Avevo con noi soltanto una misera sacca!”
“Ma grazie alla tua magia era piena di cianfrusaglie!” ridacchiò lei.
“Mai quante ne avrei volute con me. Ne ho sentito tanto la mancanza! Per fortuna oggi non devo scegliere cosa portare via e cosa lasciare.”
“Già, per fortuna” continuò a canzonarlo Sophie.
“Quel viaggio è stato molto bello” continuò lui, senza farvi caso. Le prese una mano: “Sono successe molte cose, rammenti?”
“Oh, sì. Abbiamo volato sopra un Heen gigante, e ci siamo raccontati l’un l’altro la nostra infanzia… o qualche particolare di essa. Ed abbiamo anche firmato un trattato di pace, mi pare” elencò lei.
“Ed è anche cominciato qualcos’altro, tra noi” disse Howl, e portò la mano alle labbra. Vi posò un bacio lentamente, guardando Sophie negli occhi. Lei arrossì immediatamente. “Ricordi?”
“Ricordo perfettamente” assicurò mentre avvampava. Howl le si avvicinò, e mettendole una mano su un fianco la trasse a sé, chinandosi su di lei.
“Howl! Noi siamo pronti!” urlò Calcifer dall’interno.
“Un bacio prima di partire” disse lui noncurante, e senza farsi distrarre reclamò ciò che desiderava. Sophie sorrise e si fece vento con la mano, quando lui fu rientrato nel Castello.
“Se non altro, quando saremo ad Angelia ed io sarò morta di freddo, saprà come scaldarmi” mormorò tra sé e sé.

“Quanti giorni di volo saranno necessari?” chiese quella sera Sophie, durante la cena.
“In un paio di settimane saremo alle montagne, oltre le Lande” assicurò Howl.
“Vedremo il nostro giardino dall’alto!”
Howl annuì sorridendo: “Ovviamente, e potremo fermarci, se ti va.”
“Ho sempre considerato il giardino un luogo molto vicino, ma da quando abbiamo interrotto il varco sembra così lontano…”
“Si trova esattamente ai piedi delle montagne. Poi impiegheremo altre due settimane, almeno, a sorvolarle tutte, se non di più: dipende dal tempo che troveremo.”
“Non abbiamo alcuna intenzione di venire sballottati di qua e di là se vi è una bufera” assicurò Calcifer, arcigno. “Ci fermeremo per tutto il tempo necessario.”
Howl scosse la testa e riprese: “Vi è una lunga striscia di terra desolata, paragonabile alle Lande, al di là delle montagne. Quella zona fa già parte del regno di Angelia, ma la capitale è lontana, ci vorranno altri giorni di volo.”
“Così avrò tempo di finire i miei lavori” sorrise Sophie.
Il mago spostò lo sguardo sul cestino da lavoro dell’instancabile ragazza, in una angolo accanto al camino, sommerso da stoffe: “A costa stai lavorando, ancora? Non ti sembra il caso di prenderti una lunga vacanza da impegni e scadenze, ed essere un po’ più spensierata?”
“E come posso farlo, dopo aver saputo del freddo che vi è in Angelia? Devo assolutamente prepararmi.”
Si alzò e corse a prendere il contenuto del cestino per mostrarlo.
“Ma quella è la mia giacca nera!”
“Infatti, guarda: la sto foderando di pelliccia, tutta quella che avevo acquistato per le signore di Dengulls! E ne farò una uguale per me.”
“Ma Sophie…” cominciò lui in tono conciliante, alzandosi tuttavia allarmato: quella ragazza sarebbe stata capace di tagliuzzare tutti i suoi miglior abiti. “Non ve n’è affatto bisogno: quando saremo lì, potremo comprare i migliori abiti locali e non soffrirai il freddo, te lo pr…”
“E con quali soldi?”
Howl rimase senza risposta, e Calcifer dal focolare ridacchiò.
“Vedrai che il Re ci fornirà di tutto il necessario. Del resto, è stato lui a chiamarci, non ci farà morire di freddo!”
“Sarà” concesse lei, “ma non mi fido: nel frattempo fodererò queste giacche di pelliccia. Non ci farà male averne un paio in più.”


“Raccontatemi di Angelia.”
“Fredda, bianca, bagnata” riassunse il demone del fuoco.
Sophie rise: “E le persone?”
“Il popolo di Angelia si divide in due etnie: i Ramepohl ed i Kamepohl. La famiglia reale, se non erro, è dei Ramepohl, ma i Kamepohl rivendicano da sempre il dominio del regno, perché assicurano di abitarvi da molto più tempo.”
“Ed è così? I Ramepohl sono arrivati dopo?”
“Si tratta di qualcosa accaduto centinaia di anni fa” si intromise Calcifer, “è impossibile ormai sapere quale dei due popoli abbia più diritto di vivere in Angelia.”
“Giusto” continuò Howl, “ ed inoltre sono numerose le famiglie nobili che vorrebbero vivere in perfetta armonia, e che considerano entrambi i popoli cittadini di Angelia allo stesso modo. Purtroppo c’è sempre qualche frangia estremista che tenta di creare scompiglio.”
Sophie puntò un dito sul mento, pensierosa.
“Se vivono insieme da centinaia di anni, si saranno mescolati” affermò poi.
“Vi sono molte famiglie miste, ma in generale tendono a non farlo.”
“E sono riconoscibili?”
“Decisamente! Vedrai tu stessa: i Kamepohl hanno occhi e capelli scuri, neri come il carbone, ed una pelle olivastra. Mentre i Ramepohl hanno capelli rossi, ed occhi chiari, ed una pelle molto chiara.”
La ragazza spalancò gli occhi, colpita da tanta diversità.
“Ma hanno anche molti aspetti in comune” precisò ancora Howl. “Vestono allo stesso modo, ed hanno gli stessi dei e la stessa cucina. Inoltre sono molto ospitali, cerimoniosi ed educati. Credo che solo i paggi di madame Suliman reggano il paragone!”
Calcifer ridacchiò sputacchiando lapilli.
“Comincia a tirare un forte vento” disse poi. “Potremmo fermarci per la notte? Domani mattina raggiungeremo il passo.”
“D’accordo” concesse il mago. “È il mio turno di lavare i piatti, se non erro.”
“Non erri” confermò Sophie. “E mentre tu sistemi ogni cosa, io vado a prepararmi per la notte! Per una volta che posso avere il bagno tutto per me! Calcifer, potresti…?”
“Ma certo, Sophie!”
“Perché quando sono io a chiedere acqua calda, ti lamenti sempre?”
“Perché Sophie sa come ringraziarci” rispose il demone, ed indicò con una fiammella dalla curiosa forma a mano una casseruola lasciata accanto a lui, ripiena di avanzi.
Howl scosse le spalle e si diresse al lavabo, lanciando un’ultima occhiata alle gambe della fanciulla che scomparivano, veloci, sugli ultimi scalini.
“Sbrighiamoci a terminare questo affare.”

Il Castello diede i primi segni di cedimento quando ebbero valicato le montagne ed il territorio di Angelia comparve all’orizzonte.
Preoccupato, Howl si coprì per bene ed uscì a controllare gli strani cigolii e sbuffi che la struttura emetteva; e non era certo un macchinario silenzioso, di solito, ma in quel momento sembrava ansimare come una vecchia che sale un’immensa scalinata: come se stesse attingendo alle sue ultime forze.
“Cosa c’è che non va?” chiese a Calcifer, la testa infilata in una delle finestrelle.
“Non capiamo, noi stiamo fornendo energia al massimo” sfiatò il demone, che dal focolare della casa controllava al meglio ogni ingranaggio.
“Qui fuori il rumore è assordante!”
Balzò, non senza qualche difficoltà, su una delle zampe del Castello; durante il volo erano solitamente piegate all’indietro, per favorire la velocità, ma in quel momento se ne stavano aperte, ognuna per la sua direzione, e sgambettavano di qua e di là come a cercare l’equilibrio. Ogni rumore generava una serie di cigolii sinistri
“Calcifer! Possibile che tu non riesca a fare nulla?” urlò ancora. Rabbrividì e decise di tornare all’interno. “Forse scendendo nella pancia potrei esaminare gli ingranaggi e capire cosa…”
“È tutto maledettamente a posto!” ribadì Calcifer. “Ma il Castello sembra semplicemente non rispondere. Vi sarà qualche altro demone del fuoco, più potente di noi, nei paraggi?”
Howl divenne, se possibile, ancora più pallido. “Dov’è Sophie?”
“Un paio di ore fa l’abbiamo sentita borbottare su quanto sia pieno di polvere il tuo laboratorio. A quest’ora avrà fatto amicizia con la famiglia di ragni che ospiti. Sempre che non abbia dato loro lo sfratto.”
In quel momento il Castello interruppe bruscamente il suo volo; si fermò esattamente a mezzaria e cominciò a precipitare, e Howl fu sbattuto contro il soffitto. Calcifer si gonfiò fino a riempire il focolare e virò verso il verde, tutto concentrato nel frenare la brusca caduta. Il Castello rallentò, sbandò lievemente lateralmente, per poi caracollare a terra, con un colpo che non lo distrusse, ma riuscì a creare un bel po’ di scompiglio: piatti e stoviglie caddero in terra frantumandosi, i libri dal tavolo crollarono in terra, perfino la poltrona davanti al caminetto non resse il colpo e si rovesciò sullo schienale.
Howl si rialzò dolorante, corse alla porta e la spalancò: davanti a lui il vuoto si estendeva infinito, in un’impalpabile nebbiolina azzurra.
“Non muoverti troppo” lo ammonì il demone, ridotto a poche fiammelle tra la brace, “siamo appollaiati su uno sperone di roccia. Il Castello non è molto stabile.”
“Sophie!” gridò allora Howl, e si precipitò alla porticina che recava al piano inferiore, nella pancia del Castello in cui aveva sede il nuovo laboratorio. Calcifer s’intrufolò dietro di lui sulle strette scale.
“Sophie!” la chiamò ancora Howl, ma non ebbe risposta. La caduta aveva fatto cadere le candele e c’era un buio fitto: solo Calcifer rischiarava appena il locale.
Avanzando, Howl mise il piede su qualcosa in vetro che si frantumò, e nel tentativo di trovare appoggio sull’altro piede scivolò su qualcosa di viscido in terra. In quel momento si udì un pianto sommesso.
“Sophie?” chiese ancora, turbato. Aveva la sensazione che laggiù ci fosse qualcosa di diverso.
Calcifer prese aria e si gonfiò, illuminando tutt’attorno.
Ed in quel momento la videro: una bambinetta sommersa da un enorme vestito azzurro, da cui emergeva con tutto il corpo attraverso il colletto, strappato in alcuni punti. Piagnucolava tra sé e sé strofinandosi gli occhi con i pugnetti chiusi, e quando vide i due scoppiò in un pianto dirotto.
Tentò di alzarsi, ma gli abiti enormi le impedirono di camminare e cadde nuovamente; strisciò quindi fino a raggiungere la gamba di un attonito Howl. Vi si ancorò saldamente e strofinò il naso sul suo polpaccio.
“Sophie?” sussurrò dunque Calcifer, timoroso di dar forma ai suoi pensieri.
La bambina alzò il viso e li guardò, smettendo immediatamente di piangere. Alzò le braccia al cielo, manifestando la ferma volontà di essere presa in braccio.
Senza riuscire ad emettere neanche una parola, Howl la raccolse da terra, con tutto lo strascico di vestiti enormi che si portava appresso.
Il suo sguardo era fisso sulla quantità di barattoli, polveri e liquami che era caduto in terra quando il Castello era atterrato, e che con ogni probabilità si era riversato sulla sua testa.
“Pipì” disse Sophie, ed Howl inorridì.



*** Questo capitolo può vincere il premio di "più revisionato" di tutti i capitoli di tutte le storie che io abbia mai scritto in vita mia. Spero che, a storia conclusa, non mi accorga che qualcosa ancora non torna, mi prenderei a mazzate!
Dunque, come avete letto, ho messo un bel po' di carne al fuoco: Howl e Sophie si sono cacciati in diversi bei pasticci! Che altro accadrà, ora? Stay tuned, e se volete chiacchierare, leggere i miei scleri, conoscere qualche dettaglio "dietro le quinte", vi ricordo l'esistenza del mio LJ!
  
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