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Autore: enemyarrives    25/11/2013    2 recensioni
Fino a che punto un vuoto può essere riempito, o una ferita rimarginata? E un cuore spezzato può essere riparato tanto facilmente? I ricordi torneranno sempre a tormentarci ed i protagonisti di questa storia lo sanno bene.
“E’ possibile sentirsi soli, in un posto pieno di gente? Credo proprio di sì, perché era così che mi sentivo costantemente. Non avevo più nessuno, nemmeno una famiglia. Avevo persino dimenticato cosa volesse dire averne una ed era tutta colpa mia, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro." (Dal capitolo 8.)
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV Shannon.
Facevo avanti e indietro per il camerino, a causa del nervosismo che mi pervadeva completamente, dalle dita dei piedi alla punta dei capelli e mi impediva di stare fermo. Sentivo le esibizioni degli altri, nonostante avessi la porta chiusa, e questo non faceva altro che agitarmi di più. Strinsi le bacchette tra le mani, facendo un respiro profondo. Mi ero allenato per settimane per quel saggio e adesso non potevo assolutamente permettere che sbagliassi. Ci sarebbero stati dei giudici molto famosi e, se gli fossi piaciuto, mi avrebbero accettato in una scuola famosissima per batteristi. Era un’occasione che non potevo perdere, non mi si sarebbe più presentata una cosa simile. In quei mesi, non avevo fatto altro che suonare, comporre nuove cose e studiare gli spartiti. Sentivo che era quello lo scopo della mia vita, era la mia passione. Non avrei voluto fare nient’altro. Allenarmi così duramente, mi aveva aiutato a non pensare alla vita che mi ero lasciato alle spalle. Studiare non mi era servito a nulla, mia madre mi aveva solo costretto a farlo, la vedevo così. Ma ormai ero maggiorenne e nessuno avrebbe più potuto decidere per me.
Sentii bussare alla porta e sospirai, nervoso, dando il permesso di entrare.
Era Jane, una biondina che faceva parte dell’organizzazione.
“Shannon? Preparati, tra dieci minuti tocca a te.”
Mi sorrise lievemente, per poi andarsene.
Cercai di fare qualche respiro profondo, mentre mi sentivo ancora più ansioso. Avevo aspettato tanto e, a pochi minuti, ci sarebbe stata l’occasione che mi avrebbe permesso di diventare qualcuno.
Appena sentii chiamare il mio nome, guardai dritto di fronte a me, stringendo i pugni e camminando deciso verso il palco.
‘Sii coraggioso, Shannon, non puoi fallire proprio adesso.’
Mi incoraggiai mentalmente e sospirai, per poi salire sul palco e andare a sedermi dietro la batteria. Cercai di non fare caso a tutta la gente che mi guardava e mi concentrai, battendo il tempo con il piede. Iniziai a suonare energicamente, tenendo gli occhi fissi sulla batteria. Mi passarono per la mente mille cose, in quel momento. Io, a sei anni, che battevo due posate su dei piatti o per terra, fingendo di suonare davvero. Il primo giorno in cui mi ero trovato davanti una vera batteria. Mia madre, che me ne regalava una. Claire e Jared che mi sorridevano e noi tre che scherzavamo, andando a scuola. I boccoli ramati di Claire, che mi ricordavano l’Autunno e l’odore delle fragole. La sensazione di vuoto che avevo provato, quando era andata via. Tanti flashback che mi diedero ancora più carica, che mi aiutarono a credere che, dopo tanta sofferenza, forse anch’io avrei potuto fare successo ed essere davvero felice. Muovevo con forza le braccia, facendo battere le bacchette sui piatti ed i tamburi, tanto da produrre un suono scandito e pieno di amore per quel che stavo facendo, pieno della mia passione per la musica. Finii il pezzo, stanco e madido di sudore, mentre il pubblico mi applaudiva calorosamente e mi ripagava per tutta la fatica fatta. Mi sembrava un sogno così irreale, eppure così vero. Mi alzai, facendo un piccolo inchino, per poi sparire dietro le quinte.
“Sei stato magnifico, dico davvero!”
Mi disse Jane, entusiasta, porgendomi un asciugamano.
La ringraziai, mentre mi asciugavo il collo ed il viso.
“Che ne dici di bere qualcosa, più tardi?”
Sorrise, puntandomi lo sguardo addosso, come se esistessi solo io. Questo mi appagava, ma mi faceva sentire anche un po’ a disagio.
“Perché no.”
Annuii, stringendomi nelle spalle. In fondo non c’era niente di male nell’andare a bere qualcosa con una ragazza e poi non me lo impediva nessuno, dopo tutta la fatica che avevo fatto. Il problema era uno: Jane mi piaceva davvero?
“Allora ci vediamo alle undici, qui fuori.”
Mi sorrise di nuovo, per poi andarsene.
Alle undici in punto ero fuori dal teatro e l’aspettavo, un po’ impaziente ed un po’ ansioso. Ero impaziente perché non uscivo con una ragazza da tempo ed ansioso perché non sapevo come comportarmi. La vidi arrivare dopo poco e le sorrisi lievemente.
“Bene, andiamo.”
Mi incamminai subito dopo con lei nell’aria umida di Boston.
Ci sedemmo in uno di quei Caffè con le vetrate, oltre le quali si vedevano i marciapiedi pieni di persone. Non stavo facendo molto caso alla compagnia di Jane, avevo la testa altrove, anche se non avrei dovuto pensarci.
“Comunque sei stato davvero bravo, stasera.”
Mi disse, come per distogliermi dai pensieri.
La guardai, annuendo piano.
“Ti ringrazio, speriamo sia piaciuto anche ai giudici.”
“Sono sicura di sì.”
Continuammo a parlare della mia esibizione a lungo, ma era solo lei a blaterare su quanto fossi stato fantastico. Io mi limitavo ad annuire e a sorseggiare il mio caffè, non ero per niente interessato a quella conversazione. Mi maledii per aver accettato il suo invito, sarei dovuto andare a casa, farmi la doccia e andare a dormire. Invece no, eccomi lì in un bar deserto, con una ragazza che non m’interessava minimamente. Dopo minuti o, forse, ore, finalmente uscimmo dal locale.
“Grazie per la chiacchierata.”
Mi disse, sorridendo.
Feci spallucce, mentre lei si avvicinava a me. Appena mi fu davanti, mi mise le mani sulle spalle e mi baciò. Rimasi fermo, mentre le sue labbra premevano sulle mie. Non provavo nulla, il vuoto totale. Sapevo benissimo che non era lei quella che avrei voluto baciare. Chiusi gli occhi, cercando di pensare al volto di Claire, ma non funzionava. Non era lei, lo sentivo.
Quando Jane si staccò, delusa, feci un lieve sorriso di scuse.
“Ci vediamo.”
Le dissi, andandomene subito dopo. Camminai verso casa, con le mani in tasca, sentendomi vuoto. L’energia che avevo avuto durante il concerto era sparita, mi aveva lasciato una voragine nel petto. Non ero soddisfatto di nulla, ormai. Nonostante stessi andando incontro al sogno della mia vita, era come se avessi lasciato un pezzo di me stesso.
Mentre camminavo, mi parve di vedere in lontananza i capelli di Claire, ma non volevo illudermi ed era impossibile che fosse lì. Avevo immaginato tante volte di rivedere i suoi capelli da lontano, o il suo viso così fragile. Probabilmente lei mi aveva dimenticato o mi odiava, dopo che l’avevo trattata in quel modo. Ero stato uno stupido, ne ero consapevole, ma lo avevo fatto perché tutto quel che provavo per lei mi spaventava. Non mi era mai successo e non sapevo come comportarmi.
Appena arrivai a casa, mi buttai sul letto, fregandomene se fossi ancora vestito. Probabilmente, dopo pochi minuti, mi addormentai. Poi non ricordai più nulla.


Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo immenso, ma non avevo ispirazione. Spero possiate perdonarmi cwc anyway, questo capitolo è per farvi capire cosa fa il nostro Shannon nel frattempo. Sì, ha sempre le allucinazioni, ma ha perso quel brutto vizio, sapete di cosa parlo. Mi farebbe piacere se lasciaste qualche recensione, alla prossima c:
                                                                Martina.

 
   
 
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