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Autore: GioTanner    25/11/2013    3 recensioni
'Ogni addio era eterno per lui.
Per lui, lui che aveva tutto il cosmo e tutta la vita del mondo davanti e poteva vivere ere intere, mentre tutto intorno semplicemente sbiadiva e invecchiava, ingrigiva e si logorava, cambiava o scompariva definitivamente. [...]
Eppure si era ritrovato a pensare che gli addii, alla fine, erano giusti. Era meglio dire addio -così come aveva fatto con Sarah Jane- che andarsene lasciando speranze.
-
«Ehi, dico a lei! Non può stare qui.»
«Sì che posso.- rispose lui ovvio, aprendo le braccia e scrutando a destra e manca -Io posso stare dovunque e, se permetti, non parlo al vento. Fatti vedere!» perse la pazienza. Non riusciva ancora a frenare l'ira nonostante le cause del suo dolore fossero così lontane.'

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Fan fiction ambientata dopo l'addio a Donna [4x13]. Il Dottore parte con il TARDIS e si ritrova in un circo. Non sarà un clown a tirarlo su di morale, forse una funambola, forse no.
Genere: Avventura, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angeli Piangenti, Doctor - 10, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buildings In The Sky


«Portami al circo, Dottore. È tempo.» e lui l'aveva fatto. Neanche una parola, né un gesto, solo il solito rumore della cabina che preannunciava l'arrivo sulla terra ferma. Il suono cessò quando le dita dell'uomo lasciarono andare una leva verso l'alto, spingendo in contemporanea un pulsante. Il Dottore strinse appena gli occhi, per poi appoggiarsi con le mani su i comandi, capo chino e schiena lievemente incurvata. Neanche una parola, né un gesto, solo un sospiro.

Questa volta Maria non ebbe esitazioni: datasi un'ultima volta una sistemata alle scarpe e alle calze viola, spalancò le porte del TARDIS con fermezza. Sapeva cosa l'aspettava dall'altra parte, non dubitava più delle capacità temporali di quella stramba cabina blu.

Erano atterrati all'interno del circo stavolta, dietro le prime due file di bancarelle, all'inizio del lungo viale che proseguiva in direzione del grande stand centrale.

La ragazza uscì fuori e si guardò intorno: era ritornata alla fiera, come niente fosse successo e così come il Dottore le aveva promesso. Fine della storia.

Sorrisi incantati, gente innocente e ignara, montagne di dolci e zingari qua e là, venditori ambulanti, qualche poliziotto in dormiveglia e lampioni a gas accesi per illuminare la serata. Solo qualche volto non vedeva più, qualche genitore che prima era fra le bancarelle e adesso, forse, era alla centrale di polizia per cercare suo figlio o per chiedere aiuto, anche se era facile che dei ragazzini scappassero a quel tempo e sembrava non importare poi molto.

«Che ore sono?»

«Come?» alzò di poco la testa lui, ancora dentro la sua astronave.

«Quanto ci manca allo spettacolo, che ore sono?» chiese nuovamente.

«“Show must go on”, diceva un mio amico*. Bella voce eh, grandiosa!- schioccò la lingua sul palato cercando di ricordarsi a che ora aveva stabilito l'atterraggio -Dovrebbero essere le nove in punto. Puntuali come un orologio svizzero o come una sentenza dell'inquisizione spagnola.» tolse le mani dai comandi e si andò a sedere, con le gambe distese e le Converse poggiate sulla console, su uno dei sedili liberi.

La ragazza rientrò un momento, guardò dove fosse l'uomo e fece un leggero inchino non appena i loro sguardi si incrociarono: «Ti devo molto Dottore dello spazio. E ti ringrazio, perché sei uno che non molla. E mi dispiace che tu debba partire, ma parlo io, ah, che non sto mai ferma! Mi ricorderò di te, contaci. Mi ricorderò di te, come tu ti ricordi di me. Diventerò quello che SAI, e lo sarò perché anch'io sono una che non molla.» e chiuse le porte del TARDIS, come se il taglio netto e la parola fine a quella stravagante e disorientante avventura spettasse a lei. Anche se non era così.

Maria si ritrovò a pensare che fosse l'addio più sciocco che avesse mai dato ad una persona, figuriamoci ad un alieno. Era banale e scontato, da romanzetti per bambine, ma non aveva trovato niente di meglio da dirgli una volta guardato negli occhi. Occhi di chi ha osservato l'universo intero cosa possono mai farci con le parole di un'umana?

Voleva chiedergli un mucchio di cose a dir la verità, e gli doveva così tanti sorrisi che avrebbe almeno potuto sorridere mentre gli diceva addio per sempre.

Però non c'era riuscita, perché un addio era una cosa veloce, senza troppi fronzoli, e in più lo show era in procinto di cominciare. Forse.

Già, forse. Come avrebbe potuto infatti far andare in scena la compagnia? Aveva fatto solamente pochi passi quando una lacrima le scivolò rapida giù dal viso. Si fermò e strinse le mani. Rabbia repressa, o qualsiasi altra emozione fosse quella.

I due uomini scaraventati nel passato se la sarebbero cavata; “solitamente era così” gli aveva assicurato il Dottore. Ma il presente era sulle spalle del circo restante.

Il peggio era passato, ma l'ombra di una disfatta sembrava essere dietro l'angolo. Anzi, dietro un tendone da circo, in cui Frank non avrebbe più potuto presentarsi... e presentare la serata.


Maria non si era girata per vedere se ci fosse ancora la cabina, ma sperava se ne fosse andata perché aveva fatto così pochi metri che, se solo si fosse azzardata a voltarsi indietro, l'avrebbe potuta vedere ancora con chiarezza nella sua particolare inserzione 'Police -pubblic call- Box'. E le sarebbe salita la nostalgia, nonostante tutto.

Aveva lasciato, quasi apposta, il suo cappello dentro l'astronave del Dottore: certo, poteva essere stata una dimenticanza la sua. Ma la verità era che quando gli aveva detto 'Mi ricorderò di te, come tu ti ricordi di me' sperava sul serio che ora lui la ricordasse non solo per la sua storia, ma anche per il loro breve incontro. Non si sarebbero più rincontrati, di questo ne era sicura. Così le aveva lasciato il suo cappello di paglia, che magari avrebbe tenuto con sé in qualche stanza polverosa del suo TARDIS. Le piaceva pensarlo.

La folla continuava ad aumentare al botteghino aperto da poco, la ragazza lo guardò da lontano incapace di camminare più alla svelta, mentre numerose persone la sorpassavano e la spintonavano qua e là senza sapere chi fosse.

Non avrebbe giovato alla sua carriera l'esser parte di una compagnia che non si sarebbe presentata quella sera, né quelle dopo. Forse il futuro poteva essere cambiato, chissà se il Dottore lo sapeva. Magari non sarebbe diventata niente di ciò che aveva detto.

Avrebbe voluto scappare, ma il circo era la sua vita e ne doveva accettare le conseguenze. Drizzò la schiena e alzò il mento, cercando di darsi contegno.

Per prima cosa avrebbe parlato agli altri circensi della situazione, omettendo angeli e robot e qualsiasi altra roba strana, e poi avrebbero cercato il modo di...

Di...-

«Come sto? Il cilindro me lo ha regalato Hans Christian Andersen*, mente aperta e tanta fantasia! Sarà per colpa mia? Gli ho fatto fare un giretto, sai...» l'uomo tolse il cappello dal capo e lo fece girare su un dito, per poi fare lo stesso inchino che poco prima Maria gli aveva riservato in segno di saluto.

Il cuore della ragazza balzò nel petto all'udir quella voce: si voltò di scatto, come si fosse sentita chiamare per nome. Senza pensarci, senza pensare neppure un momento che potesse esserselo immaginata, dopotutto.

Ma invece l'aveva visto, davvero! In mezzo a tutta quella folla delirante e scomposta lo aveva intravisto farle un inchino e rimanere lì sulla soglia di quell'astronave dove l'aveva lasciato solo poco prima. Era rimasta attonita, ferma in mezzo al viale mentre tutto intorno a lei andava avanti e aveva stretto ancor di più nella mano sinistra la piccola conchiglia che aveva preso a mare con lui.

Il Dottore chiuse le porte del TARDIS e, rimettendosi il cilindro in testa, raggiunse la ragazza: un sorriso spontaneo e intrigante gli assottigliava le labbra.

«Oh, non fare quella faccia! Tu mi hai detto addio senza che io potessi neanche dirti un arrivederci.» canzonò.

«Dettagli!» rispose lei, cercando di darsi un tono, ma con scarso successo perché la sua voce suonò tremendamente emozionata e tremolante.

«Beeh... Puoi abbracciarmi se vuoi.» si guardò attorno il Dottore, puntando gli occhi altrove e mettendo momentaneamente le mani in tasca.

Non ci fu poi molto da aspettare perché l'abbraccio arrivò quasi subito. Un abbraccio reciproco che era così naturale e umano da far star bene entrambi.

Una volta staccati si guardarono nuovamente negli occhi e prima ancora che l'uomo potesse parlare, Maria lo precedette: «Perché in Frac? Ammetto: adoro le code di rondine*. Certo, potevi pure non mettere i guanti bianchi, però. -osservò, indicando con lo sguardo i guanti del Dottore- Potevi dirmelo che volevi venire a vedere il circo, questa sera. Ora credo tu debba metterti in fila.»

«Hai un accento del nord. Non mi ero mai accorto che tu avessi un accento del nord!» notò lui cambiando radicalmente discorso prendendole la mano sinistra.

Cercò poi qualcosa nelle tasche della giacca: «Trovato! Tieni, almeno potrai indossare la conchiglia che hai raccolto sulle spiagge di Copenaghen.» le dette un braccialetto d'argento, che aveva un solo pendente: una stella marina argentata. Prese quindi la conchiglia dalla mano sinistra della ragazza e col suo cacciavite sonico riuscì a bucare da parte a parte il guscio facendole un piccolo foro in alto, aprendo una fessura in cui potesse passare una parte del bracciale.

«Cosa ci fai tu con un bracciale da donna in tasca?»

Il Dottore abbozzò una smorfia bonaria: «Tante volte io e quella persona che viaggiava con me andavamo nei bazar di mezzo universo. Questo proviene dalla galassia di Starar Maret IV, che è molto lontana da qui. -spiegò, con un misto di malinconia e luce negli occhi- Questa persona adorava i souvenir, gli aggeggi inutili e alla fine piacevano un po' anche a me. Una volta che se ne è andata via li ha lasciati nel TARDIS. Non voglio sbarazzarmene, i suoi oggetti sono i suoi, ma penso te lo regalerebbe lei stessa se solo fosse qui. Quella persona era fatta così.» le confidò, trattenendole la mano e passando il braccialetto intorno al suo polso legandoglielo poi stretto perché non cadesse.

Era bello, bello davvero: una piccola conchiglia che tintinnava cozzando con la stella argentata.

«Grazie.»

«La sua particolarità è che il suo argento quando si consuma diviene di un azzurro acceso e... Prego.»

Maria si riguardò un paio di volte il bracciale, prima che il Dottore riprendesse di nuovo parola: «Ah, e comunque non sono qui per vedere il circo.»

«No?»

«Quello era il mio scopo iniziale, a-ah. Prima di trovare robot clown e angeli piangenti, per certo.- le appuntò -Ma ora sono qui per far parte del circo!»

«Cioè? Vuoi fare un circense? Vuoi... sostituire Dandén? Un Signore del Tempo sa anche fare il trapezista?» domandò, sinceramente curiosa e interessata.

«Eeeeh...- intervenne con tono acuto lui, grattandosi il capo -Non mi sono vestito con il Frac per dondolarmi su un trapezio! Pensavo a qualcosa più di classe, sai... “Madame et Monsieur, la prossima esibizione sarà...”» e diede un colpo di tosse come per esortarla a capire.

«No..!» affermò lei, spalancando gli occhi dopo un attimo d'esitazione, comprendendo cosa volesse essere il Dottore.

«Sì!» annuì lui.

«No-o! Davvero? Oddio!- sorrise Maria, incredula quanto meravigliata, indicandolo -Saresti il presentatore più strano ed euforico che io abbia mai visto!»

«Potrei offendermi, sai?- ridacchiò anche lui, aggiustandosi la cravatta bianca e prendendole la mano -Andiamo a conoscere i tuoi amici. Ho da imparare nomi e numeri, allons-y!» e a passo svelto s'avviarono verso il retro del gran tendone.


Tutto era pronto, ogni cosa era dove doveva essere e i posti a sedere erano gremiti di persone che non aspettavano altro che il passare una piacevole serata all'insegna del divertimento e dello svago. Il buio aumentava la suspense e il pubblico non vedeva l'ora di ascoltare i tamburi che avrebbero suonato non appena l'esibizione fosse iniziata.

C'era un clima di sopita adrenalina e concentrazione misto a nervi a fior di pelle in ogni membro della compagnia, dietro le quinte.

All'inizio Maria non aveva pensato bene in che modo poter far accettare il Dottore come 'membro d'urgenza al posto di Frank Derrie Pavlov' -così l'aveva soprannominato lei prima di arrivare dai suoi compagni-. Aveva accettato il suo aiuto e basta perché con il Dottore era così: non potevi rifiutare la mano che poteva davvero cavarti d'impiccio. E che non vorresti più lasciare andare.

Eppure prima d'entrare nella tenda, dov'erano riuniti tutti i circensi, il pensiero che tutto finisse in un grande flop la sfiorò. Notato l'accenno di timore negli occhi della ragazza, l'uomo le strinse più forte la mano e con le labbra sussurrò un “Nessun problema!”.

Giunti dentro Maria cercò di spiegare -inventando e improvvisando- dove fossero Frank e Dandén, che cosa avesse fatto quella giornata visto che non s'era vista agli allenamenti e rispose ad un mucchio di tante altre domande che i suoi amici le avevano posto una dietro l'altra. In fine, alle domande cruciali, su come avrebbero fatto senza presentatore quella sera e su chi fosse l'accompagnatore sconosciuto al suo fianco il Dottore, con la sua parlantina, aveva imbastito risposte quantomeno convincenti e ne aveva chiarito le intenzioni.

Anche i più restii si erano rilassati appena egli s'era presentato, in modo molto professionale, con una specie di carta d'identità. La stessa carta che aveva usato con i robot, molto comoda. La ragazza si ritrovò a pensare che fosse meglio non chiedere spiegazioni, in quel frangente, perché tutto stava andando a meraviglia.

L'uomo aveva chiacchierato, aveva fatto quattro risate con un nano e con un domatore di leoni, e aveva parlato del tempo Londinese con l'inglese Danny Do. Insomma si era dato da fare per essere piuttosto alla mano e tutti gli erano stati grati, perché un buon rapporto in una compagnia era sempre un gran affare per far funzionare bene il circo.

«Okay, ditemi velocemente i vostri nomi e i vostri numeri da circo, cercherò di tenerlo a mente.» batté le mani, tirandosi su dalla panca in cui s'era seduto, una volta che il gruppo fu pronto.

«Oh, e fidatevi ci riesce!» lo spalleggiò Maria, strizzando un occhio mentre dava gli ultimi ritocchi al suo trucco di scena.


Gli spalti erano silenziosi, in attesa.

Una fioca luce si distese per tutto il grande tendone, fino a che non venne a centrare nitidamente un uomo nel bel mezzo della sala, guanti bianchi e gran bel cilindro, ciondolava un po' avanti e indietro nelle sue scarpe italiane.

Solo allora fischi e urletti di gioia s'alzarono dal pubblico: «“Ladies and Gentlemen, Signori e Signore, Madame et Monsieur”, aah da quanto tempo desideravo dirlo! Fantastico! Spero abbiate preso posto e che siate comodi, lo spettacolo sta per aprire i battenti e sia mai che non avete messo le cinture di sicurezza! -la gente rimase perplessa, ma il presentatore era simpatico e pieno di grinta cosicché partirono delle urla d'incitamento- Ah, giusto, 'cinture di sicurezza', avete ancora le carrozze voi! Un po' scomode non trovate? Maa... lasciatemi dire, lasciatemi presentare uno dei più grandi circhi del diciannovesimo secolo, parola mia! Abbiamo giocolieri, acrobati, domatori di leoni e puledri meravigliosi. Ora tocca a voi acclamarli e far partire quei tamburi che non aspettano altro che i vostri plausi! Non fateli aspettare, allons-y!» la folla incominciò ad applaudire festosa, incoraggiata da quella singolare quanto eccentrica presentazione. La luce si spense poco a poco, l'uomo fece un inchino togliendosi il cappello, poi sparì nell'ombra; piano il tamburellare di un tamburo riecheggiò all'interno della sala nello scroscio d'applausi che seguitava ad esserci.

Pochi minuti dopo il Dottore presentò la prima esibizione: l'inglese Danny Do insieme ad altri due giocolieri. E gli schiamazzi d'ammirazione e gli applausi del pubblico continuarono imperterriti per tutto lo spettacolo.

Giunse in fine l'esibizione di Maria Spelterini: il Dottore scrollò un po' il capo per poi tornare, con l'ennesimo sorriso stampato sul volto -incrementato dalla gente che rapita lo stava ad ascoltare-, in mezzo al palco a presentare l'ultimo numero.

In un gesto plateale aprì le braccia, come a voler prendere su di sé delle silenziose acclamazioni di un pubblico in apnea:

«Signori! Siamo quasi giunti alla fine di questo spettacolo! Chiudete un po' le bocche, ehi, avete ancora da stare col fiato sospeso! Ecco a voi Maria Spelterini: 'impavida danzatrice dei cieli'. Vi consiglio un cuscino, uno di quelli comodi! E naso all'insù ora, puntate gli occhi verso l'alto!» declamò.

Ancora una volta le luci si spensero e lui tornò verso le quinte mentre Maria, già in procinto di salire le scalette, aspettava solamente il suono del tamburo per partire e percorrere la fune che le si presentava dinanzi. Gli applausi arrivarono e con loro anche la carica necessaria.

Anche per questa ultima esibizione il Dottore cercò di non rientrare completamente nel retro del tendone, volendo assistere ad ogni numero e divertirsi anch'egli come uno spettatore. In più chi stava adesso sul palcoscenico era quell'incredibile ragazza e per niente al mondo le avrebbe staccato gli occhi di dosso: ammirava il suo coraggio, giorno per giorno, di camminare sul filo del rasoio senza nessuna rete o appiglio sotto di lei. Solo il vuoto.

Un fascio di luce puntò la figura della funambola non appena partirono i tamburi, un faro che proveniva da terra e che andava a gas la illuminava mostrandola al pubblico. Maria fece un piccolo sospiro, alzò il capo fissando il punto preciso in cui v'era la fine della traversata e partì decisa, un piede dopo l'altro, per arrivare alla meta.

Il Dottore si emozionò a vederla lassù, come ogni uomo e donna e bambino presente in sala, ma l'idillio si spezzò quasi subito...

Maria fremette bruscamente sulla fune, bloccandosi e solo grazie alla sua maestria nell'avere equilibrio non cadette: l'aveva visto, era a pochi metri da lei.


«Un angelo!» urlò l'uomo gettando via i guanti bianchi e correndo verso le scalette.




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*un mio amico: Freddie Mercury, cantante e frontman dei Queen.

*Hans Christian Andersen: famoso per le sue fiabe. Per esempio: La sirenetta, il brutto anatroccolo etc. Morto nel 1875, siccome siamo nel 1871 è ancora vivo. Famoso ANCHE per indossare quasi sempre un cilindro.

*code di rondine: per chi non ha presente sarebbe quella giacca nera che hanno solitamente presentatori e anche direttori d'orchestra con dietro la parte più 'lunga' mentre davanti e corta.


Eh lo so, lo so. Sono mancata tantissimo, ma sono finalmente riuscita ad aggiornare. Questo è forse -insieme all'ultimo- il capitolo che mi è piaciuto di più scrivere. L'abbraccio fra i due, un po' inadeguati, il cambio d'abiti, la frizzantezza del Dottore e … niente, sono ancora COLLASSATA dopo 'The Day of the Doctor' quindi capitemi bene.

Spero piaccia a voi quanto a me è piaciuto scriverlo. E vi ringrazio per avermi seguita sino a qui, se volete lasciate un commento. (:


Enjoy,

Giò.


   
 
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