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Autore: MilesRedwing    25/11/2013    2 recensioni
La zia Quickdraw e Nonna Sparrow, due personaggi dai libri ispirati a pirati dei caraibi, due donne molto simili e due agguerrite piratesse. Come è cominciata la loro storia? Quante avventure hanno passato insieme? E perché si odiano al punto di non potersi vedere senza abbordare l'una la nave dell'altra?
Un grazie speciale a FannySparrow che mi ha dato l'ispirazione per questa mia prima long con le sue Famiglia, dalla raccolta del capitano e Noose- Accalappiati, di cui sono appassionata, grazie, Fan! ^.^
Ah, buona lettura e figli maschi
Milletta
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wicked Wenches - cap 8 - Doom and Gloom

Quegli aspri ricordi destati da quel sapore amaro.

Avrei preferito mille volte morire piuttosto che doverlo sentire

ancora. Quell’afa orribile, quel calore confuso, quei sogni

ingannatori che ingarbugliano la mente d’aspri significati e

insulse visioni.

Lo sentii su quel legno d’ebano per la prima volta,

nella sua bella cabina. Lo sentii dopo averlo baciato e mai più e

ora mi sembra un vecchio incubo risvegliato di colpo dai

meandri della mia memoria.

Oppio. Quel fiore rosso che battuto ne ingabbia il maligno, il

fuoco ne sancisce l’unione con la pietra e il fungo e può rendere vane le menti più geniali.

Ma perché? Perché evocare l’ennesimo dolore? Come poteva

esser tale in quel luogo dimenticato dagli dei? Per quale motivo e chi stava commettendo quell’orrendo crimine?

“Perdonami.” Una voce roca a riportarmi alla realtà, il freddo ad abbracciarmi, l’aria di mare un tempo compagna d’avventure a pungermi le labbra, il legno delle assi della cabina a premermi addosso, come le stecche di un corsetto o le sbarre d’una prigione.

“Chi sei tu?” C’è un ragazzo. I tratti d’un mozzo di bassa lega, gli occhi d’un capitano e i vestiti di uno sceicco. Che sia frutto dell’ennesima visione? Circondato da quei suffumigi, quell’afa asfissiante si avvicina e mi porge una ciotola d’acqua. “Bevi.”

“Preferisco la canna da zucchero, compare.” Gelida gli strappo dalle mani la fiaschetta e ingurgito più rum di quanto perirebbe una balena. Mi manca la lucidità, mi manca la forza. Il dolce nettare mi pulsa nelle vene e l’agognata vendetta mi desta dall’ormai prossima pazzia.

“Sei John Raja, vero? Ti ho visto in sogno, ragazzo.” Continuo a tenerlo d’occhio seppur con un fil di sguardo. Come una lama sottile a penetrargli la gola.

“Anch’io, credo.” La sua vista annebbiata, la sua mente confusa, i riccioli scuri incorniciano un viso ormai spento, zuppi di sudore e lacrime.

“Ti fa male quella robaccia. La smetterei anzichenò se lo scopo fosse morire.”

“Già, morire.” In quegli occhi neri balena un losco piano, riesco a sentirlo a pelle. L‘idea del suicidio lo consuma dalle viscere. Tuttavia non intendo lasciarmi scappare un paio di braccia da lavoro. Dopotutto, una nave si manovra meglio in due.

“E perché vuoi morire? Cos’è, hai perso qualche tesoro? Non ti sta bene che mia sorella continui a farti strappare la carne dalle ossa a ogni sferzata?” Fuori imperversa l’uragano, l’acqua batte lo scafo, sento i fulmini squarciare le vele. “O è libertà che agogna la tua anima?”

“Siete voi Quickdraw? La sorella perduta?”

Vago per la stanzetta in cerca di bottiglie, fiasche, barili o cime intrise anche solo dell’odore. La sete mi da alla testa.

“Perduta o ritrovata, forse. Per quanto ne so non che prima fossi in condizioni migliori, a pulire quel sudicio bancone dalle blatte e soccorrere ubriaconi e malati di sifilide.”

“Allora andatevene, andate via! Siete ferita, perché non fuggite? Perché non prendete una scialuppa? Perché non …”

“Piuttosto gli abissi! Che i fulmini mi possano bruciare, che le maree mi possano ingoiare se questa lama non le trafiggerà il cuore!” Un pugnale, ferro, legno, pietra levigata a contornare le mie paure e riflettere il mio umore, un umore maledetto come quella losca notte.

“E che mai mi si dia della codarda, John Raja, per questo non scapperò dinanzi al mio destino ... come lei non scapperà dal suo.” Vedo le sue pupille spegnersi, vedo la sua anima gelare e una lacrima solitaria rigargli l’ambrato viso.

“Tutto ciò che sento è deprimente!

Nella mia stanza è tutto buio

Con la luce vedo il tuo viso

Ragazzo provaci

Perché non balli con me?

Deprimente, ma quando quei tamburi suonano,

Con la notte vedo il tuo viso

Ragazzo, provaci.” Come un grido che risuona, come lo sciabordare del più alto e piratesco grido le nostre forme s’intrecciano e balliamo. Balliamo come se altro non fosse il nostro scopo in questa vita.

“Ricordi questa ballata, John Raja? Ricordi? E nelle notti buie cantavano quei poveri diavoli, per darsi coraggio quelle note risuonavano in quella buia stiva, al sapore del rum i loro desideri e quella musica a ricordare loro chi fossero!”

“Perché? Perché è così importante vivere se la morte è tanto dolce?”

“ Il niente è dolce. Un dolciastro amaro, come la droga, come l’oppio che dalla canna di legno passa alla bocca e poi dà al cuore, non alla testa, come fa il rum. Dammi retta, i loro cannoni spareranno vittoria contro di noi se ci sapranno morti.

Subiremo un’umiliazione vivendo sul ciglio della strada.

Quei pensieri per la mente ti fanno esplodere le viscere, sentirai una sorta di dolore.

È deprimente.

La vendetta, John Raja, l’unico nostro scopo è la vendetta”

Il ballo continua, al ritmo dei tuoni quelle parole scolpisco nel suo intento e come una droga inebrio il suo spirito.

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Ohilà, marinai! Vi stringo calorosamente la mano e mi rivolgo a voi come vostra serva umile e contrita .. ehm, scusate il ritardo nell’aggiornamento, buona lettura per questo capitolo finalmente in porto e ... oh! Le parole in gothic style sono tratte dalla canzone “Doom and Gloom” dei Rolling Stones, da cui mi sono permessa di prendere ispirazione. Spero di non ricevere troppe torte in faccia

  
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