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Autore: Gemini_no_Aki    26/11/2013    7 recensioni
Le cose importanti, quelle davvero, davvero, importanti finiscono sempre perse, perse nella confusione di una stanza troppo disordinata, o di una mente troppo piena, o ancora di una biblioteca troppo grande dove non trovi mai il libro che cerchi.
[...]
“Quello stupido gatto si è mangiato il mio stilo!”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Heronstairs'
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Le cose importanti, quelle davvero, davvero, importanti finiscono sempre perse, perse nella confusione di una stanza troppo disordinata, o di una mente troppo piena, o ancora di una biblioteca troppo grande dove non trovi mai il libro che cerchi.
La letteratura non è mai stata il mio punto di forza, leggevo i libri di studio, gli spartiti che più amavo e quelli che componevo, ma non libri così, per il gusto di passare un momento in silenzio davanti al fuoco immerso in un altro mondo.
C’eri tu che leggevi per me, infinite, drammatiche e struggenti storie d’amore che non credevo potessero piacerti, ti chiedevo leggermi di grandi ed epiche battaglie, lo chiedevo scherzando e lo sapevi.
Hai sempre saputo che non mi importava cosa stessi leggendo, che tutto ciò che contava era la tua voce.
Tu leggevi per me ed io suonavo per te, componevo per te a dire il vero ma non l’ho mai detto, suonavo e lasciavo che la musica ti dicesse quello che avevo paura di dire, e tu capivi, non l’hai mai detto ma so che capivi.
E sorridevi.
Eri importante, forse ciò che di più importante mi era rimasto, ti avevo trovato, eravamo legati, eri come una famiglia.
La casa in cui tornare quando il giorno finisce , quando ti perdi per le strade nebbiose e grigie di una Londra ormai lontana.
Il tempo è così crudele, fratello mio, così crudele da far male ad un corpo che ha già sofferto a lungo.
Ho una vita di nuovo, da vivere appieno, in salute, una vita che non hai mai visto.
Mi hai accettato quando ero solo un bambino la cui esistenza poteva svanire in un battito di ciglia, quando ero un ragazzo dipendente da una droga che lo manteneva in vita e lo uccideva al tempo stesso, quando dovevi prendermi per mano, sorreggermi fino alla mia stanza cercando di scherzare e sorridere comunque, quando mi tenevi la mano, nei momenti peggiori ed io ti chiedevo di andartene, perché nei tuoi occhi vedevo un dolore più grande del mio e tu rispondevi recitando l’Antico Testamento.
«Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te; perché dove andrai tu andrò anch'io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch'io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà da te.»
Quei versi da cui deriva il nostro giuramento, quelle parole che facevano svanire nelle lacrime ogni dolore, e nelle tue braccia che mi circondavano in un abbraccio silenzioso.
Tutte le cose davvero importanti vengono perse alla fine, a volte si ritrovano, a volte no.
Cosa ne sarà di me in questa vita senza di te?

Ogni pensiero nella sua mente si interruppe al cigolio della porta in legno; si era fatto coraggio, una volta tornato umano dopo 133 anni, per incontrare un ragazzo che portava lo stesso nome del suo Parabatai.
La runa sbiadita sul suo braccio sembrava bruciare al pensiero di ciò che ormai era perso.
Si voltò ma non era il giovane Herondale ad essere appena entrato, bensì un gatto dal pelo bianco e morbido, forzò un sorriso inginocchiandosi e accarezzandolo, non aveva idea di cosa fosse accaduto ma, sicuramente, quello non era un gatto comune.
Per la prima volta in tutti quegli anni l’unico ricordo che gli venne alla mente fece nascere un sorriso.

“Quello stupido gatto si è mangiato il mio stilo!”
Ti osservavo senza parole e con un sorriso accarezzando il manto candido del cosiddetto colpevole.
“L’avrai perso nella tua stanza. Di nuovo.”
Sottolineai pacato mentre tu continuavi ad inveire senza sosta.

“Alla fine era sotto il materasso...”
Disse come se stesse raccontando a qualcuno quell’aneddoto, Church miagolò piano andandosi ad acciambellare su una poltrona quando il Cacciatore si alzò.
Davanti a quella poltrona, e lo notò solo allora, un vecchio violino, era come comparso dal nulla, per lui.
Lo prese ed iniziò a suonare entrando in un mondo solo suo.
Una melodia che viaggiava a ritroso nel tempo, ad una Londra Vittoriana , a strade nebbiose, carrozze e cocchieri che si destreggiavano come le auto nelle grandi vie di New York, una melodia che passava tra vicoli scuri e ponti meravigliosi, tra stanze così familiari ed accoglienti, e si fermava su visi amici che sorridevano, su strane invenzioni senza nome o uso, su vite lontane, su riccioli bruni e iridi color cielo.
E finalmente era di nuovo a casa.





Note dell'autrice: Per la serie "ogni tanto ritornano" TA DAAAA~!!! Sono tornata ad infestare il sito con qualcosa di mio, ma passamo ai dettagli.
La citazione da cui deriva il giuramento, beh lo dico anche sopra, viene dall'Antico Testamento, l'alleanza tra Rut e Naomi per la precisione.
La scena dello stilo mangiato da Church l'ha tirata fuori una amica invece, mi ha mandato l'immagine di un gatto grasso su facebook dicendomi che Church si era mangiato il suo stilo e che dovevo prestargli il mio... sempre ad incolpare il gatto, mah...
La scena invece in cui dice di aspettare Jace Herondale invece è basata su queste tre tavole... QUI
E... basta, al solito, non ho riletto o avrei cambiato idea sul postare, fate un fischio se vedete errori osceni (Che l'Angelo me ne scampi) e... spero vi sia piaciuta.
Alla prossima (E spero non tra sei mesi)

Bye Bye~
Aki
   
 
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