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Autore: Pandora86    26/11/2013    3 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
Capitolo 14.
 

Rukawa aprì svogliatamente gli occhi.

Qualcuno stava bussando insistentemente alla porta della sua camera.

Guardò l’orologio: erano le dieci di sera passate.

Si alzò, facendo mente locale su chi potesse venire da lui a quell’ora.

Possibile che Mito fosse già rientrato?

Quando si era recato in sala per la cena, non aveva visto né lui né Sendoh.

Forse è appena rientrato, pensò andando ad aprire.

E magari vuole dirmi qualcosa su Hanamichi.

Quel pensiero lo fece precipitare alla porta.

In fondo, Mito era l’unico che la clinica potesse recapitare se fosse successo qualcosa al numero dieci.

Aprì velocemente la porta senza nascondere la preoccupazione.

Il suo volto però cambiò repentinamente espressione quando vide chi era venuto a bussare.

“Tu?” domandò senza preoccuparsi di nascondere il suo stupore.
 

***
 

Yohei sedeva a terra, a gambe incrociate, con le spalle pigramente poggiate al letto.

Guardò l’orologio che segnava le 22:30.

Era passata più di un’ora da quando era rientrato alla pensione.

Immediatamente l’armata gli era andata incontro, ma doveva aver capito subito, dalla sua espressione, che non era il momento adatto per nessuna cosa avessero in mente.

Non avevano domandato nulla, consci che il braccio destro del loro capo non avrebbe risposto e Mito si era avviato nella sua camera senza calcolarli.

Una volta entrato, era andato a sedersi lì e non si era più mosso.

L’indomani, sarebbe ritornato da Hanamichi e non poteva permettere che l’amico si accorgesse di qualcosa.

Perché i suoi problemi erano insignificanti rispetto a quelli di Hanamichi; era questo, quello che aveva sempre pensato. Così era stato in passato così come doveva continuare a essere nel futuro.

Sospirò.

Chi l’avrebbe mai detto che la serata sarebbe finita in quel modo.
Sendoh gli piaceva, ora non aveva più problemi ad ammetterlo.

Era per questo che si era poi regolato di conseguenza; perché aveva capito di interessare al giocatore. Sendoh stesso glielo aveva poi confermato, dichiarando che sarebbe riuscito a farlo innamorare di lui.

Forse ci sei riuscito, Akira! Pensò con un sorriso, chiamando, per la prima volta, il giocatore con il nome proprio.

E questo poteva anche andare bene; ma che si annoiasse di andare al ritiro, questo non poteva proprio accettarlo.

Sendoh aveva una carriera folgorante da percorrere e Yohei non poteva e non voleva diventare colui che avrebbe ostacolato il brillante avvenire del numero sette del Ryonan.

Perché, se in quelle ore il giocatore si annoiava semplicemente di cambiare pensione a causa sua, poi nei giorni a venire si sarebbe distratto pensando a lui.

E la cosa sarebbe cresciuta sempre di più.

E Yohei non voleva diventare un ostacolo.

Su questo punto era fermo e anche Sendoh doveva aver capito che non si era semplicemente impuntato.

Quello di Yohei non era stato un semplice capriccio; questo doveva averlo percepito anche Sendoh dato che non gli era corso dietro come in precedenza.

E questo è un bene! Pensò Yohei con un sorriso.

Lui non sarebbe diventato un intralcio.

Quello che era avvenuto in passato, non si sarebbe ripetuto mai più.

Era stata questa la posizione che aveva assunto parecchi anni prima con se stesso.

Posizione che non avrebbe cambiato in nessun caso; costasse quello che costasse.

I ricordi cominciarono a fare capolino nella sua testa.

Ricordi che Yohei non aveva mai cancellato, anche se dolorosi.

Ricordi che Yohei si era sempre imposto di non cancellare.

Il perché era chiaro; Mito, a differenza di Hanamichi che cercava di andare avanti come se nulla fosse, non voleva dimenticare.

Ricordare senza provare più dolore: era questo il suo obiettivo.

Obiettivo che, dopo anni, era riuscito a raggiungere.

Una voce, che non aveva mai dimenticato, fece comparsa nella sua mente.

Mi rifiuto di prendermene cura!

Questo urlava la voce.

Mi rifiuto!

MI RIFIUTO!

Yohei sorrise.

E chi ti vuole!

Fu questa la risposta che diede mentalmente alla voce mentre un ghigno cattivo prendeva forma sul suo viso.

Io non provo nulla! Si rispose allargando il sorriso.

Sorriso che però si increspò quando il volto di Sendoh fece la sua comparsa in quell’oceano di ricordi.

Yohei allungò pigramente la mano sullo zaino che aveva alla sua sinistra.

Aveva un modo tutto suo per andare avanti quando la tristezza cercava di prendere il sopravvento.

Ne estrasse un block notes dalle pagine immacolate.

Prese la matita e chiuse gli occhi, con l’intenzione di fare una cosa che non faceva da tempo.
 

***

“Posso?” chiese con noncuranza Sendoh, ignorando lo sbigottimento dell’altro.

Rukawa si fece da parte lasciandolo entrare.

“Non aspettavi me, dalla faccia che hai fatto!”.

“Mito” rispose semplicemente Rukawa, andando a stendersi sul letto.

“Eh?” chiese Sendoh con l’aria interrogativa.

“Pensavo lo avesse contattato la clinica” si degnò di dargli una risposta completa Rukawa.

Sendoh si stizzì di fronte a quell’affermazione.

Sakuragi sembrava essere in cima ai pensieri di tutti.

Però non ce l’aveva con il numero dieci. Si era irritato momentaneamente solo perché anche Yohei, poche ore prima, l’aveva accolto con una frase simile.

“Che vuoi?”

La voce di Rukawa, che si era girato e poggiato su un gomito mentre lo osservava attento, lo distolse dai suoi pensieri.

“Quanto sai di Yohei?” chiese diretto Sendoh, senza mezzi termini.

Rukawa avvertì una nota grave nella voce dell’altro giocatore.

“Non sapevo foste così in confidenza” esclamò, con lo sguardo attento.

Il sospiro rassegnato di Sendoh gli arrivò fin troppo chiaro alle orecchie.

“Se lo fossimo non sarei qui” disse l’altro tristemente.

Rukawa lo vide sedersi sul letto e prendersi la testa tra le mani.

Lo sguardo di Sendoh era inconfondibile; anche lui, mesi addietro, si era trovato in una situazione analoga.

Solo che lui, diverso caratterialmente, non aveva mai manifestato uno sconforto così palese.

Inoltre, aveva Mito dalla sua parte.

“Ti ha rifiutato!” esclamò secco, arrivando alla radice del problema.

Sendoh però lo sorprese, negando con la testa.

“E allora che vuoi?” chiese Rukawa che, a quel punto, non capiva dove fosse il problema.

“Che diamine è successo?” chiese con una nota d’impazienza nella voce.

Prima il giocatore lo veniva a bussare chiedendogli cosa sapeva di Mito e poi gli diceva che non era stato rifiutato.

Sinceramente, trovava difficile raccapezzarsi.

E se Sendoh non si sarebbe deciso a spiegare allora gli avrebbe tirato un pugno come incoraggiamento.

“Non lo so!” rispose sinceramente Sendoh facendo un sorriso triste.

“All’inizio” incominciò titubante, ” sembrava intenzionato a conoscermi, poi… qualcosa lo
ha fatto cambiare idea” cercò di spiegarsi.

“Ti avevo già detto che non era un tipo facile” dichiarò spiccio Rukawa.

Se, infatti, Sendoh voleva semplicemente la strada spianata allora aveva sbagliato soggetto.

Lui stesso, mesi addietro, aveva faticato per arrivare al cuore del do’hao.

Mito lo aveva aiutato, certo; ma il suo aiuto si era limitato alle sole e indispensabili informazioni.

Informazioni essenziali per avvicinare Hanamichi; il resto lo aveva fatto tutto da solo.

Stava per mandare al diavolo Sendoh, quando il giocatore lo precedette.

“Questo l’ho sempre saputo” sbottò il numero sette alzandosi in piedi e fissandolo duro.
Rukawa assottigliò gli occhi a quel brusco cambiamento d’umore.

“Se fosse stato uno qualunque, non me ne sarei innamorato” continuò Sendoh, guardandolo storto.

“E di certo, non sono qui perché voglio che tu metta una parola buona per me” si sentì in dovere di specificare mentre si risedeva sul letto e continuando a guardare l’altro con aria torva.

Rukawa assistette a quel repentino cambio d’umore con interesse, cercando di valutare la situazione.

Sendoh aveva facilmente compreso la direzione dei suoi pensieri e, infatti, aveva risposto ancor prima che lui parlasse.

D’altro canto Sendoh non era certo il tipo che sarebbe venuto da lui per un banale consiglio su Mito.

Qualcosa doveva essere successo.

Qualcosa di grave, a giudicare dall’atteggiamento brusco del numero sette.

Il problema era, per l’appunto, cosa!

“Se non mi spighi non pretendere che io capisca!” disse atono.

“Detto da te! “ non poté fare a meno di provocarlo bonariamente l’altro.

“Nh” mugugnò Rukawa in risposta.

“È difficile” parlò ancora Sendoh.

Rukawa rimase in silenzio aspettando che l’altro continuasse.

“Yohei” aggiunse lentamente, “Mi ha detto una cosa strana”.

Il numero undici, a quell’affermazione, si fece più attento.

“Una cosa che credo riguardi il suo passato e che gli impedisce di vivere normalmente” concluse l’asso del Ryonan.

Rukawa analizzò velocemente la situazione.

Anche Hanamichi si portava dietro costantemente i fantasmi del suo passato.

Rukawa, quando ne era venuto a conoscenza, aveva cercato di regolarsi di conseguenza, agendo nel modo giusto.

Qui però, qualcosa non quadrava.

Da quello che gli aveva detto Sendoh, allora Mito gli aveva facilitato il compito dicendogli cosa lo tormentasse.

Eppure, sempre da quello che Sendoh aveva detto, la situazione più che essere chiara, si era invece ingarbugliata ancora di più.

“Se ti ha detto cosa lo tormenta, dovresti regolarti di conseguenza!” disse a quel punto il numero undici, con il suo modo di fare pratico.

Se Sendoh conosceva il problema, cosa diamine voleva da lui?

“È questo il punto, Rukawa” specificò Sendoh accompagnando la frase con un sospiro.

“Lui non mi ha detto nulla” concluse massaggiandosi gli occhi.

Rukawa lo guardò, indeciso sul da farsi.

Quello che Sendoh diceva non aveva alcun senso.

Valutò l’idea che l’altro avesse preso una botta in testa.

Magari, si era spinto troppo oltre con Mito che aveva poi risposto con una testata.

Certo, quello era lo stile di Hanamichi ma a quel punto, o prendeva in considerazione l’idea che Sendoh non avesse tutte le rotelle a posto, oppure c’era dell’altro e il giocatore non si decideva a parlare chiaro.

Optò per la seconda ipotesi.

“Sinceramente, non ti seguo”disse annoiato, cercando di capirci qualcosa.

Sendoh si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra.

“Lui…” e qui fece una pausa, “si è definito in maniera strana. Troppo strana per un ragazzo della sua età!” disse Sendoh, volgendo lo sguardo verso l’altro.

Rukawa assottigliò gli occhi mostrando interesse.

“Non esisto” disse solo il numero sette con tono triste.

“Nh?” mugugnò l’altro interrogativo.

“È stato questo, quello che mi ha detto, Rukawa” si alterò il giocatore stringendo i pugni.

Rukawa si alzò in piedi con sguardo crucciato.

Che diamine significava tutto quello?

“Ombra!” parlò ancora Sendoh, con rammarico evidente nella voce.

“Lui si è definito un’ombra” concluse, chiudendo gli occhi.

“Ma non sono state tanto le sue parole a sconvolgermi, Rukawa” parlò ancora, forse più a se stesso che all’altro, “quanto il suo tono. Mi ha fatto accapponare la pelle la freddezza e la decisione con le quali ha pronunciato quelle frasi” terminò definitivamente Sendoh.

Rukawa si sedette nuovamente sul letto con un sospiro.

Adesso, gli era tutto chiaro.

Era per questo che Sendoh era venuto da lui.

Quelle affermazioni non erano strane, erano agghiaccianti.

Avevano sconvolto anche lui, anche se esteriormente non c’era nessuna traccia evidente del suo turbamento; figuriamoci Sendoh che era stato il diretto interessato in quel dialogo.

Tornò indietro con la mente a parecchi mesi prima.

Ricordò quando, dietro indicazione di Mito, lui aveva seguito il do’hao.

Ricordò le sensazioni di gelo che aveva provato quando aveva visto Hanamichi parlare a due lapidi facendo finta che fossero vive.

Solo che, in quel caso, la faccenda gli era apparsa chiara e, dopo lo shock iniziale, aveva capito come agire afferrando la radice del problema.

Sendoh invece, a quanto pareva, si era ritrovato a fronteggiare chissà quali fantasmi senza conoscere però i dati essenziali.

Sospirò ancora.

Ecco perché Hanamichi aveva chiamato l’armata a raccolta.

Non solo perché il suo braccio destro aveva bisogno di una bella scrollata.

Ma perché anche Mito nascondeva un oscuro passato; passato che gli impediva di vivere normalmente.

Rukawa ipotizzò che se Hanamichi non fosse stato bloccato in quella dannata clinica allora avrebbe assistito alle stesse scene che lui aveva vissuto mesi addietro, anche se con i protagonisti invertiti in effetti.

Rukawa, questa volta, sarebbe stato solo uno spettatore e Hanamichi avrebbe saputo risolvere la situazione proprio come aveva fatto Mito tempo prima.

Purtroppo però Hanamichi non poteva intervenire con la stessa prontezza con la quale era intervenuto Mito mesi addietro e quindi la situazione era arrivata a quel punto.

Situazione che rischiava anche di degenerare, considerato che lui, Kaede Rukawa, non poteva assolutamente aiutare il giocatore.

E non perché non lo volesse ma, semplicemente, perché non poteva.

Si intristì.

Quanto gli sarebbe piaciuto, in quel momento, riuscire a risolvere gli enigmi che Sendoh aveva portato con lui quella sera.

Il do’hao ne sarebbe stato felice… eppure, non poteva farlo.

Perché c’erano cose di Mito che solo Hanamichi conosceva. Cose da cui lui era escluso, purtroppo.

Tuttavia, questa non era una colpa imputabile a nessuno.

Lui e Hanamichi avevano avuto fin troppo poco tempo per parlare di loro, figurarsi di Mito.

Ecco perché il do’hao era così preoccupato.

Mito, da quanto gli aveva accennato, stava facendo di tutto per consentirgli una riabilitazione serena.

Eppure, senza che Mito lo sapesse, era proprio lui a impensierire Hanamichi.

Lui, d’altro canto, aveva promesso al do’hao, e allo stesso Mito, di esserci, sempre e comunque.

Ma cosa diamine poteva fare per risolvere quella situazione, se gli mancavano i dati essenziali del problema?

Nulla!

Ancora una volta, non poteva fare nulla.

“Non posso aiutarti” si ritrovò a dire. “Io non so nulla di Mito” ammise, con tono sconfitto.

“Lo so!” lo sorprese Sendoh.

Rukawa alzò lo sguardo, guardandolo interrogativo.

“Puoi aiutarmi in un altro modo” continuò il numero sette, con un sorriso.

Rukawa alzò un sopracciglio, osservando l’altro con interesse.

“Puoi farmi parlare con Sakuragi” concluse Sendoh, allargando il sorriso.

Rukawa lo squadrò per un lungo istante, ponderando o meno se il giocatore si fosse rimbecillito all’improvviso.

La situazione non era facile, Mito gli aveva detto delle frasi shock e lui voleva risolvere tutto con una chiacchierata a telefono?

Sendoh dovette intuire i suoi pensieri, visto che si affrettò a chiarirgli cosa intendesse realmente.

“Non voglio il numero della clinica per telefonargli!” spiegò con un sorriso furbo.

“E allora che vuoi?” domandò Rukawa, indurendo pericolosamente il tono.

Sendoh gli si avvicinò con un ghigno.

“Voglio parlare con Sakuragi” disse ancora. “Di persona” chiarì il concetto.

“E voglio farlo stanotte!” concluse con semplicità, come se stesse parlando della cosa più fattibile del mondo.

Alcuni istanti di silenzio regnarono nella camera.

“Tu cosa?” domandò Rukawa dopo un po’, perplesso.

“Non farmelo ripetere! Hai capito benissimo” rispose Sendoh con decisione marcando le parole.

Rukawa si perse alcuni istanti a osservare gli occhi del numero sette.

Mai aveva visto una luce così decisa nei suoi occhi.

Sendoh non stava scherzando, questo era fin troppo evidente.

Un bussare insistente e rumoroso interruppe le sue riflessioni.

Rivolse un’occhiata a Sendoh che, di rimando, lo guardava perplesso.

“Che sia Mito?” domandò il numero sette con un sussurro.

Rukawa scosse la testa; non aveva idea di chi potesse venire a bussare alla sua porta a quell’ora.

Tuttavia, vista la situazione, non escludeva a priori che fosse proprio il fidato braccio destro del suo do’hao a fargli visita.

Si avvicinò alla porta con decisione.

“Scansati!” ordinò all’altro giocatore che, in tutta risposta, lo afferrò per un braccio.

“Se è Yohei…” incominciò Sendoh.

“Mh” rispose Rukawa, allontanando il braccio con decisione.

“Tu pensa a scansarti!” ripeté al giocatore che stavolta si allontanò, togliendosi quindi dalla visuale.

Rukawa aprì la porta rimanendo, per la seconda volta in poche ore, stupito da chi gli si parava davanti.

L’armata al completo era venuta a fargli visita.

Anche Sendoh, con le spalle al muro, lontano dalla porta, rimase sorpreso nel sentire la voce che parlò negli istanti successivi.

“Non abbiamo intenzione di disturbarti” parlò Noma rivolto a Rukawa.

Sendoh riconobbe la voce di chi aveva parlato.

“Dicci solo in che stanza alloggia il porcospino” sentì ancora Sendoh capendo a chi si riferisse.

Rukawa, in tutta risposta, si scansò facendo loro capire che dovevano entrare.

Noma e gli altri due si rivolsero uno sguardo perplesso, prima di fare qualche passo avanti.

Rukawa chiuse la porta andando a sedersi sul letto.

“Senti” disse Okuso, “forse non hai capito, ma dobbiamo sapere in che stanza si trova Sendoh”.

“E se non ce lo dici” parlò ancora Noma, “ ti assicuro che andiamo a bussare a tutte le porte della pensione”.

“Non credo sia necessario” palesò la sua presenza il numero sette, decidendo di uscire allo scoperto.

Gli altri si ripresero velocemente dalla sorpresa facendo comparire un ghigno identico sui loro volti.

Rukawa seguì quello scambio di battute sospirando pesantemente.

Sicuramente l’armata aveva notato qualcosa di strano ed ecco che interveniva a modo suo.

Perché, le facce dei compari di Hanamichi erano eloquenti.

Ci manca solo la rissa! Pensò Rukawa sconsolato.

I tre componenti dell’armata potevano essere utili in quella situazione; sicuramente loro sapevano cosa affliggeva il braccio destro del do’hao e quindi, potevano fornire a Sendoh quelle informazioni che lui non conosceva.

Tuttavia, avrebbe prima dovuto dissuaderli dall’attaccare briga con il numero sette, visto che sembravano intenzionati a conciarlo per le feste.

Fu con queste motivazioni che decise di intervenire.

Ma non fu necessario visto che Sendoh, mostrando ancora una volta una prontezza di spirito fuori dal comune, parlò al posto suo.

“Suppongo che non sia per darmi la buonanotte che mi cercate!” disse con un sorriso conciliante, rivolto ai tre.

Rukawa lo guardò scettico; se aveva capito perché lo cercavano, allora perché li provocava?

O forse contava sul fatto che lui, Kaede Rukawa, li avrebbe tenuti buoni?

No, Sendoh non ragionava in questo modo.

Inoltre, il numero undici dubitava che fosse così ansioso di farsi ricoverare.

Sicuramente aveva qualcosa in testa, considerò osservando ora il giocatore, ora i tre componenti dell’armata e decidendo di tenersi pronto in ogni caso.

“Supponi bene, porcospino!” parlò quello biondo stringendo i pugni con un’aria molto poco rassicurante.

“Allora credo dobbiate rimandare i vostri propositi” continuò Sendoh fronteggiandoli in tutto il suo metro e novanta e non lasciandosi intimorire.

Rukawa capì, dallo sguardo dell’altro, che anche lui doveva aver avuto pensieri simili ai suoi; visto che l’armata era lì, poteva aiutarlo nel suo intento.

Sorrise impercettibilmente assistendo a quella scena; Mito aveva trovato una persona degna di stargli accanto; una persona che non si lasciava intimorire da nulla quando aveva un obiettivo prefissato.

Un po’ come lui, quando era intenzionato a tutti i costi a far capitolare Hanamichi.

“E perché mai?” intervenne quello con i baffetti, mettendo una mano sulla spalla a quello biondo.

Rukawa lesse interesse in quella domanda.

“Perché devo risolvere una faccenda e voi potete aiutarmi!” affermò sicuro Sendoh.

Quello biondo fece un passo avanti, guardando male il giocatore.

“Tu vuoi proprio soffrire, amico!” disse minaccioso.

“Ma sentitelo” continuò, rivolgendosi agli altri.

“Yohei torna in quello stato e noi dobbiamo dare una mano al porcospino a fare chissà cosa” concluse con scherno.

A quelle parole, sia Sendoh che Rukawa li fissarono attenti.

“Ci avete parlato?” sussurrò il numero sette con sguardo preoccupato.
In quello stato!

Allora non si era sbagliato quando aveva intuito che Yohei potesse essere sconvolto per qualcosa.

“Sei matto?” lo rispose ancora Okuso, non degnandosi di dire altro.

Sendoh lo guardò interrogativo e Noma dovette intercettare il suo sguardo visto che si affrettò a spiegare.

“Da quando conosciamo Hanamichi e Yohei” incominciò con sguardo serio.

“Abbiamo visto solo due volte Yohei con quella faccia” continuò.

“E, in quelle occasioni, è sempre e solo Hanamichi che si è potuto avvicinare” terminò, certo che il giocatore avrebbe afferrato al volo il significato delle sue parole.

Si sedette sul letto prevedendo che quella sarebbe stata una lunga serata.

“Tu permetti vero?” chiese scherzoso, rivolto a Rukawa.

“Allora” cominciò rivolto a Sendoh “raccontami come sono andate le cose”.

“Sei impazzito?” sbottò quello biondo.

“E tu ti sei rincretinito?” intervenne, per la prima volta, Takamiya.

“Non sappiamo come sono andati i fatti” continuò, accomodandosi sul pavimento.

“Sendoh ci può illuminare ed io stasera non ho voglia di menare le mani. Fa troppo caldo!” concluse, tirando fuori un pacco di biscotti, nascosto chissà dove, e incominciando a mangiarne uno.

Okuso rimase un istante perplesso, prima di sedersi anche lui a terra, non rinunciando però a lanciare continue occhiate omicide verso il numero sette.

Anche Sendoh lì imitò, accomodandosi sul pavimento a gambe incrociate.

Rukawa li osservò, considerando che mai avrebbe pensato di ritrovarsi coinvolto in una situazione del genere.

Tutti lì, riuniti per un unico scopo.

Persone così diverse, unite da una preoccupazione comune.

Era questa la magia di Hanamichi; aveva formato un gruppo inossidabile e indistruttibile, unendo in un legame profondo persone che si prestavano bene a essere delle teste calde.

Mito gli era stato affianco, assecondandolo in quello scopo.

E gli altri li avevano seguiti con cieca fiducia, sicuramente colpiti dal legame fra il loro capo e il suo braccio destro.

Tutti lì per Hanamichi; lui per ovvie ragioni e l’armata perché, non appena il do’hao aveva fatto un fischio, subito era corsa.

Sendoh invece perché doveva aver capito che Hanamichi era indispensabile per arrivare a Mito.

Tutti lì per le stesse persone.

Tutti lì per Hanamichi come per Mito.

Lui perché provava stima nei confronti di chi l’aveva fatto avvicinare al do’hao, l’armata perché teneva a lui allo stesso modo di come tenesse a Hanamichi; non per nulla era il loro capo in seconda.

Sendoh perché innamorato di quest’ultimo e non intenzionato a farsi lasciare da parte.

Tutti lì, tutti momentaneamente amici, uniti da un unico scopo.

Rukawa sorrise impercettibilmente.

Sarebbe stata una lunga serata ma non gli importava granché rinunciare alle sue preziose ore di sonno.

Hanamichi, e prima di lui Mito, gli aveva regalato non solo la sua fiducia; lo aveva fatto essere parte di un gruppo.

Lo aveva fatto entrare nel suo mondo.

E la cosa non gli dispiaceva per nulla.
 

Continua…
 
Note:
 

Come avrete notato, ci sono molti riferimenti a “Il tuo vero volto”.

Le situazioni, in effetti, sono abbastanza speculari anche se sarà più evidente nei capitoli più avanti.

Spero che questa struttura vi piaccia!

Spero ovviamente che anche il capitolo vi sia piaciuto.

Come sempre, attendo i vostri pareri.

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui!

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
  
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