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Autore: jas_    26/11/2013    3 recensioni
«Ricordi il giardino di tua madre, te lo ricordi?»
Annuii, «come dimenticarselo» dissi acida, tirando su col naso.
Pierre mi asciugò una lacrima col pollice e mi accarezzò una guancia senza smettere di guardarmi.
«Tu sei come una di quelle primule che io ti ho aiutato a portare in casa quando ci siamo conosciuti, sei bellissima e hai tanto da dare se solo... Se solo riuscissi a tirare fuori il coraggio! Ti nascondi sempre dietro a questi occhi tristi, so che è difficile ma così non fai altro che renderti piccola. Io vedo cosa sei, so il tuo potenziale, sei come una primula in inverno. Fa' arrivare la primavera e sboccia, mostrando i tuoi colori veri.»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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Capitolo 23

 
 
 
Lo studio legale al quale Pierre mi aveva rimediato un colloquio era uno dei più grandi di Montreal, l'avevo riconosciuto soltanto quando avevo prestato attenzione al nome e all'indirizzo scritti sul biglietto da visita che mi aveva dato.
Erano le 14.45 ed io ero stretta nel tailleur migliore che avessi, in equilibrio su quei tacchi vertiginosi, i capelli raccolti in un alto chignon, un'aria professionale che non mi apparteneva, davanti alla porta dello studio.
Nonostante nella mia vita avessi dovuto sostenere soltanto un colloquio di lavoro - non l'avessi mai fatto - mi ero preparata talmente bene che sapevo tutti i trucchi per sopravvivere.
Non arrivare mai in ritardo, ma nemmeno troppo in anticipo, potresti sembrare disperato.
Salutare educatamente, una stretta di mano vigorosa, essere sicuri di se stessi ma senza mostrarsi vanitosi. Non sedersi prima che il tuo interlocutore l'abbia fatto. Non sembrare indecisi se viene chiesto cosa si vorrebbe fare nella vita.
Aspettarsi anche delle domande sulla propria vita personale, aiutano a comprendere meglio anche come lavora chi deve essere assunto.
Presi un respiro profondo e suonai il citofono, la risposta non tardò ad arrivare.
Lo studio era più grande ed elegante di quanto mi sarei aspettata, ma potevo essere all'altezza, continuavo a ripetermi mentre la segretaria mi accompagnava verso la sala d'attesa.
Mi sedetti su una poltroncina in pelle ed accavallai le gambe, indecisa se prendere una rivista da sfogliare o meno. Meglio di no.
Mi guardai in giro, dovevo perlustrare la zona e prepararmi a tutto. Il colloquio era stato così inaspettato che non ero riuscita a raccogliere informazioni sullo studio e capire che tipo di avvocati cercassero.
Forse aveva ragione Pierre, dovevo essere solo me stessa. Se andavo bene, okay, altrimenti non sarebbe stata la fine del mondo.
Ad interrompere i miei pensieri fu la stessa segretaria di prima che mi avvertì che il signor Depp mi attendeva nel suo studio.
Aggrottai le sopracciglia, da quando in qua i colloqui li faceva il capo e non il reparto risorse umane?
La seguii verso la porta infondo al corridoio, lasciata socchiusa e oltre la quale mi attendeva un attraente uomo sulla cinquantina che non aveva per niente l'aria dell'avvocato con quei pantaloni di lino, la camicia troppo sbottonata, i capelli troppo lunghi e quegli occhiali dalle lenti scure.
«Buongiorno» salutai sorridendo gentilmente e stringendo la mano piena di anelli del "signor Depp".
«Piacere, Johnny Depp.»
«Lola Roland.»
Aspettai che l’uomo si fosse seduto dietro la sua scrivania per accomodarmi anch'io su una delle due sedie poste sul lato opposto. Presi la mia ventiquattrore ed estrassi il mio curriculum, piuttosto vuoto per una ventisettenne.
L'unica esperienza nel campo della giurisprudenza era quella con Alec, per il resto, oltre che ai miei titoli di studio, c'erano soltanto alcuni lavori di poco conto fatti durante l'università.
Osservai in silenzio gli occhi del signor Depp muoversi a destra e sinistra mentre leggeva i fogli che gli avevo dato, tuttavia non fece trasparire nessuna emozione.
Dopo alcuni minuti alzò lo sguardo e mi osservò.
Lasciò cadere i fogli sulla scrivania, appoggiò la schiena alla sedia che produsse un inquietante scricchiolio e le mani dietro la testa.
«Allora...» lanciò uno sguardo al curriculum, «Lola» disse, marcando il mio nome, «qual buon vento ti spinge nel mio studio?»
Drizzai la schiena e mi schiarii la voce, «mi sono licenziata dal mio precedente impiego» dissi atona.
«E perché mai?»
«Vede, signor Depp...»
«Chiamami pure Johnny.»
«Johnny» ripetei, «sentivo che quello non era l'ambiente adatto a me. Non sono mai riuscita a praticare davvero la professione di avvocato, nonostante i tanti anni in cui ho lavorato lì non sono mai riuscita ad ottenere nessuna promozione e a costo di sembrare vanitosa, so che la colpa non era propriamente mia. Insomma, non mi è mai stata data la possibilità di mettere in pratica ciò che so e...»
«Ho capito» mi interruppe lui, e per un attimo ebbi l'impressione di essermi lasciata andare troppo. Avevo mosso un passo falso.
«Sa... Il signor Alec mi ha mandato una lettera sul tuo conto.»
A quelle parole trattenni il respiro, cominciai improvvisamente ad avere caldo e a pensare a cosa potesse avere scritto in quella dannata lettera.
Come faceva a sapere che avevo ottenuto un colloquio lì in così poco tempo, quando io stessa lo avevo scoperto il giorno precedente?
Ero preoccupata, sconvolta e arrabbiata. Cominciai a pentirmi del mio comportamento poco professionale nei confronti di Alec, avrei dovuto mordermi la lingua prima di parlare, pensare alle conseguenze di quel gesto. Insomma, era ovvio che mi avrebbe chiuso tutte le porte per ripicca. Il coltello dalla parte del manico ce l'aveva lui, l'aveva sempre avuto lui e così sarebbe stato sempre.
Johnny notò il mio sconforto.
«Perché ti hanno turbata le mie parole?» domandò.
«Non me l'aspettavo» dissi soltanto, mentre la mia mente era alla disperata ricerca di una via di fuga.
Improvvisamente non vedevo l'ora che quel colloquio finisse, volevo soltanto chiudermi in camera e pentirmi del mio gesto per il resto della vita, con i gemelli e Gigì che strillavano nell'altra stanza.
«Bene» disse Johnny in un sospiro, alzandosi dalla poltrona. «Senza troppe cerimonie, volevo solo vederti di persona, so già tutto quello che c'è da sapere sul tuo conto, volevo una conferma delle mie informazioni. Tutto qui.»
Chiusi la ventiquattrore e mi alzai, lisciando la gonna del tailleur.
Annuii, «grazie mille» dissi con un sorriso e la mano tesa.
Johnny me la strinse con vigore, «ti farò sapere entro un paio di giorni. Ciao Lola.»
«Arrivederci» dissi, prima di uscire dall'ufficio.
Salutai frettolosamente la segretaria, seduta dietro la sua scrivania e mi diressi verso l'ascensore.
Osservai in silenzio i numeri sopra la porta che scorrevano, il cuore che batteva all'impazzata e il respiro accelerato. La mia mente invece era annebbiata.
Non pensavo a niente in particolare, né alla mia vita che pian piano stava andando a rotoli nonostante i miei sforzi, né a mia madre o mia sorella, Ryan, Alec. Nemmeno Pierre, l'unica cosa bella in tutto quel casino.
Entrai nell'ascensore, schiacciai il tasto del piano terra e mi guardai allo specchio.
Ero la stessa di mezz'ora prima, i capelli in ordine, il trucco perfetto, senza nessuna sbavatura, il tailleur perfettamente stirato.
Il sorriso però era sparito, così come la speranza che traspariva dai miei occhi, l'ottimismo, la voglia di ricominciare era stata completamente sotterrata dagli sbagli commessi in passato.
Non appena le porte si aprirono camminai velocemente verso l'uscita, raggiunsi la porta di vetro che stavo quasi correndo, mi accorsi all'ultimo di Pierre che mi aspettava sul marciapiede, appoggiato ad un lampione con un mazzo di fiori in mano.
«Com'è andata?» domandò d'istinto, sorridente, ma appena mi guardò in viso la sua espressione cambiò repentinamente.
«Cos'è successo?»
Non gli risposi, mi buttai tra le sue braccia e mi lasciai andare ad un pianto liberatorio.
Gli strinsi le braccia intorno al collo ed appoggiai la testa sulla sua spalla, lasciandomi completamente andare. Le sue mani che mi stringevano i fianchi.
Pierre era il mio unico sostegno in quel momento, l'unico che mi capisse fino in fondo. Che mi sostenesse davvero.
«Ehi, ci sono qui io» mi sussurrò accarezzandomi i capelli e poi la schiena scossa dai singhiozzi.
Rimanemmo così per alcuni minuti, fino a quando non mi tranquillizzai.
A quel punto Pierre si staccò leggermente da me e mi prese il viso tra le mani, mi asciugò le lacrime e mi baciò sulle labbra umide.
«Va tutto bene» mi disse, sorridendomi rassicurante. «Qualunque cosa sia successa, la supereremo insieme, okay?»
«Non c'è niente da superare, Pierre. Alec gli ha mandato una lettera sul mio conto, chissà quali cattiverie avrà scritto, ma anche se avesse detto solo la verità sarebbe grave comunque. La mia carriera è rovinata, ovunque andrò ciò che ho fatto arriverà prima di me» dissi, riprendendo a singhiozzare.
Pierre mi accarezzò la guancia e poi mi abbracciò di nuovo, «non dire così. Vedrai cosa ti diranno qua, al massimo andrai a parlare con Alec o riproverai da un'altra parte. Avrà di meglio da fare che mandare lettere sul tuo conto a tutti gli studi legali di Montreal e dintorni.»
«Anche se non fosse lui a mandarli è normale che chi mi vorrebbe assumere chieda informazioni sul mio conto ai miei precedenti datori di lavoro. Sono stata una stupida, avrei dovuto pensarci prima.»
«Non fa niente, troveremo una soluzione dai, non ci pensare.»
«Ho rovinato tutto» borbottai, appoggiando il viso sul petto di Pierre.
«Io ero venuto qua per darti una bella notizia» disse lui.
Mi allontanai di scatto e lo guardai, «cos'è successo?» dissi allarmata.
Lui rise, «stai tranquilla! Ti ho detto che è una bella notizia.»
Sospirai, «e cos'è questa bella notizia? Tanto ormai non ci spero più, succederà qualcosa che la rovinerà.»
Pierre scosse la testa, «non credo proprio.»
«Che cos'è? Dai dimmelo!» cominciai a piagnucolare come una bambina.
«Riguarda Alice.»
Strabuzzai gli occhi, «il bambino sta male?»
«Se ti ho detto che è una bella notizia!»
Lo guardai confusa, ma non feci in tempo a dire nulla perché lui continuò.
«Le si sono rotte le acque.»


 

-




Scusate ma l'altro giorno ho postato il capitolo sbagliato solo che ero di frettissima e non me ne sono nemmeno accorta.
Questo invece è il penultimo, il prossimo sarà l'epilogo!
Aggiornerò il prima possibile :)
Jas


 

   
 
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