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Autore: Tears990    26/11/2013    2 recensioni
Questa che sto per raccontarvi, signori e signore, è la drammatica storia di una grande amicizia, nata e maturata sul campo di battaglia sino a legare due esseri per l’eternità.
Avverto ogni lettore che non è una storia per i deboli di cuore, per pusillanimi, bensì la cronaca di un sublime patto di fiducia stipulato millenni orsono fra il fuoco incrociato degli sputi dei lama delle Ande.
Vi auguro una buona lettura.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gilgamesh e Gilgamito
- Amici fra uno sputo e l’altro –

Tears990
 

Era una calda estate anche sulle Ande. Quel giorno il cielo era terso, limpido, sereno mentre Gilgamesh si inoltrava sulle aspre creste di quelle catene montuose.
Vi era giunto grazie alla ben sviluppata tecnologia Atlantidea, difatti era in missione per conto del suo re, mandato in avanscoperta per carpire preziose informazioni su quella terra ancora selvaggia ed inesplorata.
Camminò per giorni trovando diverse tracce di vita umana su quelle aspre rocce e probabilmente anche di battaglie e scontri; è noto oramai a tutti che ovunque vivano, gli uomini sono sempre spinti a mettersi in lotta fra loro da avidità e necessità di potere nel perseguire i loro intenti ed il guerriero era fatto esattamente allo stesso modo. Gilgamesh aveva accettato quell’incarico non tanto per la sua avidità, ma per la sua brama di potere: aveva sentito racconti riguardanti la fonte dell’eterna giovinezza e decise, dunque, di mettersi in viaggio per poter usufruire dei benefici di quella mistica fonte, che si dice fosse la madre di ogni fonte d’acqua sulla terra.
Fino a quel momento però le sue ricerche non avevano sortito alcun risultato, portandolo esclusivamente a disegnare carte e mappe e redigere rapporti su ciò che incontrava.
In alcuni di questi raccontava di bestie feroci e sanguinarie, cacciatori spietati, come ad esempio i puma, descritti da lui come “enormi gatti malnati” o gli alligatori delle zone palustri, “piccoli dinosauri anfibi”, oppure pappagalli che divennero nei suoi rapporti per il re “volatili parlanti dei colori dell’arcobaleno”.
Ma era uno l’animale che lo aveva incuriosito più di tutti, e questo era il lama: ne parlava quasi come fosse una divinità, sfuggente e bellissimo. Ne aveva scorto solo le ombre, a volte delle tracce, ma mai ne aveva incontrato uno faccia a faccia.
Fu così che si incontrarono infatti: Gilgamesh si era svegliato di buon ora quella mattina, ansioso di trovare tracce sulla fonte della giovinezza, mentre seguiva le tracce dei lama, pensando che fossero collegati con il mistero della sua ricerca. Si era messo subito in marcia sebbene fosse ancora stanco per la lunga camminata del giorno precedente, così finì per inciampare accidentalmente in una piccola sporgenza del terreno e cadendo batté la testa perdendo i sensi. Fece un sogno stranissimo durante la sua incoscienza: era un luogo mistico e stava sospeso nel vuoto, ai piedi di un grande tempio circondato da un cielo stellato profondissimo ed una stupenda aurora boreale.
Prese a salire gli enormi gradini di quella costruzione e man mano che avanzava prendeva sempre più le sembianze di un altare sacrificale.
Ad un certo punto scorse un essere in penombra sulla sua sommità, aveva il corpo di una capra e il lungo collo simile a quello delle giraffe, ma era coperto di folta pelliccia. Curioso di arrivare a lui Gilgamesh salì sempre più rapidamente quei gradini e una volta in cima vide l’enorme figura di quell’essere di fronte a se e gli disse – Chi sei tu? Sei per caso Dio??? Quella strana figura allora parlò e rispose – Ora questo non ha importanza umano, destati! Quando la sua voce smise di echeggiare l’essere sputò addosso al guerriero, precipitandolo al centro di un gigantesco vortice di saliva. L’uomo vorticava sempre più veloce respirando a fatica e tutto iniziò a diventare liquido. Ad un tratto un forte belare, iniziò a salire dal centro del vortice ed il nostro eroe decise di dirigersi verso quel punto, sperando di trovare aiuto. Poi ebbe la sensazione di cadere nel vuoto e si svegliò di colpo sentendosi sputare in un occhio. Rialzandosi lo vide davanti a se: a sorreggerlo forti e agili zampe, poi un peloso corpo caprino ed infine un lungo collo villoso sormontato da una testa che ricordava un incrocio fra un cammello ed una capra. Il suo folto pelo argenteo si infiammava di rosso durante quella stupenda alba e l’animale lo fissò con sguardo assente.
Fu amore a prima vista, Gilgamesh saltò al collo del suo salvatore stringendolo forte a se mentre quasi in lacrime elogiava il suo benevolo salvatore – Grazie, mio Dio! Mi hai salvato da quel terribile vortice! I-io non sarei vivo se non fosse stato per te... –
Il lama sembrò non dare alcun conto a quella esternazione, tanto che restò completamente immobile mentre ruminava dell’erba che aveva in bocca-
-Mio salvatore siete così pacifico, così erudito! – L’animale continuò a fissare il vuoto con sguardo assente mentre il guerriero si esibiva in quella penosa scenata.
- Mio signore come posso chiamarvi? – A quel punto il lama belò fragorosamente e gli sputò in occhio.
- Si! Gilgamito! Il tuo nome è Gilgamito mio signore! Tutto ciò è sublime! –
Disse convinto, mentre il lama fece dietro-front ed iniziò a camminare.
Gilgamesh si alzò in piedi e asciugò lo sputo del divino lama dal suo occhio ed iniziò a seguirlo. Mentre camminavano lo tempestò di domande sul senso della vita e il segreto dei lama e la fonte della giovinezza e per tutta risposta l’animale continuò a belare e sputargli addosso, tanto che ormai sembrava prenderci gusto.
Inebriato dal fanatismo per il suo salvatore Gilgamesh seguì l’animale per tutta la giornata.
Alla sera si accamparono lungo una sporgenza sulla montagna, e davanti al fuoco l’animale si distese accanto al suo nuovo amico continuando a sputargli addosso.
– Amico mio – disse Gilgamesh sorseggiando dell’acqua e porgendone una ciotola anche a lui – mi hai salvato la vitae questo è il mio ringraziamento per ciò che hai fatto –
Il guerriero tolse una lunga stola arancione dalla sua cintola per legarla al collo del lama e poi aggiunse
 – Questa è una stola molto importante per me, è l’ultimo ricordo che ho di mio padre e te la offro in dono come pegno della mia gratitudine nei tuoi confronti e della nostra amicizia. –
Continuando a fissare impassibile Gilgamesh con lo sguardo più assente del solito il lama gli sputò ancora in entrambi gli occhi stavolta e l’uomo interpretò quel gesto come un ringraziamento, rispondendo – Di nulla amico mio! –
In realtà all’animale non importava nulla di ciò che stava accadendo e non aveva neanche la benché minima di intenzione di salvarlo qualche ora prima, ma semplicemente vedeva quell’individuo come una sputacchiera vivente e decise di continuare ad utilizzarlo.
Il mattino seguente i due si svegliarono abbastanza tardi e ripresero la loro marcia verso la fonte che era ormai vicina secondo gli indizi da lui raccolti.
Fra uno sputo e l’altro ben presto i due compagni si ritrovarono in una stretta valle che sorgeva in concomitanza di sue picchi molto elevati e frastagliati. Quelli erano i monti che, secondo la leggenda, nascondevano alle loro spalle la leggendaria fonte della vita eterna.
Gilgamesh felice esclamò al suo nuovo amico – Ce l’abbiamo fatta! – indicando una grotta poco distante – grazie alla tua guida ho finalmente trovato la fonte!
Colmo di felicità abbracciò l’animale che rimase impassibile come sempre, finché non avvertì il pericolo iniziando a belare in maniera forsennata.
Rispondendo a quel grido Gilgamesh estrasse la sua spada e osservò le rocce attorno a loro, che ora brulicavano di Centinaia di lama dal pelo nero come la pece.
- Dannazione, devono essere i guardiani della fonte! – Esclamò turbato.
In realtà erano semplicemente una colonia di lama infuriati per essere stati svegliati dalle stupide urla di gioia di Gilgamesh, ma questo poco importa.
A quel punto quegli esseri iniziarono a sputare in direzione dei due amici, che iniziarono ad evitare il fuoco incrociato dei loro sputi da entrambi i crinali.
Gli sputi crivellarono il terreno, mentre gli altri li evitavano agilmente, ma uno di essi stava per colpire il guerriero dritto in mezzo alla fronte, quando Gilgamito fece un balzo incassando il colpo al posto del compagno.
Il fuoco cessò improvvisamente mentre Gilgamesh si chinava sul fratello d’armi, accasciato su un fianco.
- Perdonami amico mio… - Disse in lacrime sotto gli sguardi vuoti dei lama neri – io avrei dovuto proteggerti stando più… più… - prese a stringere il pelo del suo lama con forza, pieno di rabbia per il suo madornale errore.  Gilgamito gli toccò la fronte con la punta del muso e il guerriero alzò lo sguardo verso di lui e il lama gli sputò nuovamente in un occhio.
Grazie a quel gesto Gilgamesh prese il coraggio a due mani e urlò al suo amico – HAI RAGIONE AMICO MIO, NON CI ARRENDEREMO MAI A LORO!
Lo sollevò di peso e si nascosero dietro una roccia e gli disse – ascoltami bene, ho un piano. Tu non riesci a camminare per il colpo che hai subito ed i miei colpi non sono in grado di raggiungerli, quindi uniremo le nostre forze e li affronteremo!
Per una volta il lama belò deciso e sembrava quasi aver capito ciò che stava dicendo l’uomo (non che quest’ultimo avesse mai dubitato della capacità di comprendere il linguaggio umano di quell’animale, dopotutto è noto ad ognuno di noi che i lama parlano correntemente la nostra lingua).
Lo prese in spalla e uscirono allo scoperto: Gilgamesh lo puntò immediatamente contro uno degli oppositori, al che urlò in preda all’eccitazione – SPUTA! ORAAAAA!!! FALLO! –
Gilgamito non se lo fece ripetere e sputò, colpendo in pieno il bersaglio ed abbattendolo.
- SIIII! – esultò felice mentre Gilgamito belava assieme a lui.
I nemici non avevano scampo e ben presto il gioco di squadra dei due amici ebbe la meglio sul loro numero; cadevano come mosche e prima della disfatta finale si ritirarono amareggiati dalla sconfitta (sempre che un lama possa sentirsi amareggiato ovviamente).
Alla fine dello scontro Gilgamesh fasciò il ventre ferito (?) del compagno e disse
- Scusami amico mio, è accaduto per colpa mia e non lo meritavi, per ben due volte mi hai salvato la vita e te ne sarò riconoscente in eterno - disse facendolo rialzare lentamente – ho deciso di rinunciare alla fonte e di trovare un altro modo per raggiungere il mio scopo… ma per ora devo andare e anche tu devi prendere la tua strada. –
Senza farselo ripetere due volte il lama iniziò la scalata della montagna mentre il nostro eroe lo guardava allontanarsi all’orizzonte, poi arrivato su una riccia si stagliò contro il sole, proiettando la sua sagoma nitida e precisa, rivolse lo sguardo verso il suo amico e belò riecheggiando in tutta la vallata.
- A presto Gilgamito! – Urlò al lama mentre svaniva alla sua vista.

 
FINE (per ora)
 
   
 
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