E mentre declinava con crescente velocità, talvolta si nascondeva timidamente dietro le facciate dei palazzi per poi riapparire con un colore più intenso di quello precedente. Durante questo buffo processo di scomparsa e rivelazione il tuorlo seguiva la direzione dell’Ovest. Tanto è vero che la Signorina Aldobrandini ad un certo punto dalla sua finestra non poté più osservare quel simpatico cammino.
E perciò adesso nell’Aldobrandini si sarebbe fatto largo spazio un’atroce enigma: dove si sarebbe eclissata definitivamente quella sfera? Nell’incavo tra il colle di San Martino e il Colle Fiorito o dietro il grigio edificio comunale?
Come fare a saperlo, la signorina l’avrebbe gradito senz’altro; ma come sarebbe stato possibile questo: lei era lì, immobile, adagiata su un letto con la sola compagnia di un ago infilzato nel flaccido braccio ed un sacchetto ripieno di urina.
Lei era lì, con i soli due amici inanimati.
Anche il suo affossato sguardo appariva senz’anima, chissà cosa avevano visto quegli occhi e cosa pensava la donna stesa su quel materasso; chissà quali riflessioni scorrevano nella sua mente caduca da ottantenne. Forse: ho fatto abbastanza nella mia vita, quante volte non ho colto le piccole gioie che essa preserva, quante altre volte avrei potuto godere a pieno di quei tramonti, assaporandone ogni singolo momento?
Una lacrima scivolò dall’iride vitreo lungo la guancia smunta.
Rintoccarono tre campane.