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Autore: hiromi_chan    26/11/2013    5 recensioni
Un drago decaduto propone una sfida a Merlin e Morgana: il primo dei due che riuscirà a portargli il cuore umano di un Principe dei Draghi si vedrà esaudito un desiderio come ricompensa. In occasione del duello si aprono nuovamente le porte che collegano il regno della magia con la Terra. Merlin si lancia nella sfida per poter mettere piede nel mondo delle misteriose creature umane e dare una svolta alla sua vita, mentre Morgana ha in serbo dei piani più oscuri.
L'ignaro Arthur, erede al trono inglese, viene coinvolto nella gara come bersaglio diretto. Ma come possono gli stregoni, che per natura non conoscono l'amore, riuscire a catturare un cuore umano che palpita e prova emozioni? E se poi Morgana decide di fare le cose in modo letterale e di riportare a casa quel cuore su un piatto d'argento, cosa farà Merlin?
Era profondamente egoista, l'amore degli esseri umani. Pretendeva di possedere il cuore dell'altro, pretendeva di possederlo tutto, alienando da esso qualunque altra cosa non appartenesse a quel sentimento.
[Merthur]
ATTUALMENTE IN REVISIONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Drago, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo otto: L'essenziale è invisibile agli occhi

 

 

 

“Come ben sapete, la Fondazione Lady Ygraine ritiene che la lettura sia uno dei diritti fondamentali dei bambini. Per sostenere l'idea di cui oggi io sono portavoce ho scelto di leggervi, a conclusione di questa breve introduzione, alcuni brani tratti da un libro celebre per supportare proprio i diritti fondamentali dei bambini...” Arthur stava provando a voce alta il discorso che, di lì a un paio d'ore, avrebbe tenuto per l'evento da Hatchards.

Merlin, seduto dietro la sua scrivania, una mano a coppa sulla guancia, lo guardava.

Inchiodato in una posa marziale che strideva con il ciuffo biondo spettinato sopra la fronte e la camicia sbottonata, Arthur parlava, parlava... Fissava duramente un punto non ben definito verso l'anticamera, ogni tanto si fermava, portava le mani ai fianchi, riprendeva fiato. Ripeteva due o tre volte la stessa frase, cambiando appena l'intonazione, a ogni parola faceva un segno col capo.

Merlin si ritrovò a fingere di mangiarsi le unghie per nascondere il largo sorriso che gli tirava la pelle quasi dolorosamente.

“... Ed è per questo che la lettura è una tappa fondamentale per il percorso di crescita non solo di un bambino, ma di un uomo in quanto tale” disse a un certo punto Arthur. Poi si voltò verso lo stregone, l'aspettativa chiara sul viso.

“Cosa?” fece Merlin, mettendosi dritto contro lo schienale della sedia. “Avete finito?”

Il principe ruggì, grattandosi forte la testa. Il ciuffo che prima era ribelle prese una piega decisamente antigravitazionale. “In teoria avresti dovuto fare attenzione a quello che dicevo, Merlin. A cosa pensi che servirebbe, altrimenti, la tua presenza qui?”

“Be'” disse lui, “qualcuno dovrà pur assistere a questo spettacolo. Sarebbe uno spreco farvi comportare in modo così ridicolo senza avere nemmeno una testimonianza.”

“Il punto è proprio che non dovrei affatto sembrare ridicolo, ci arrivi?” si lamentò Arthur, virando verso la solita tonalità isterica. “Ma la colpa è mia, che ho pensato tu fossi in grado di capire una nozione così elementare. Del resto, se sei il primo ad essere ridicolo, non puoi insegnare agli altri come fare altrimenti.”

Merlin si tirò in piedi spingendo sui braccioli della poltroncina. “Sentite, innanzitutto rilassatevi un po'” disse, raggiungendo Arthur al centro della stanza. “I bambini non hanno una soglia d'attenzione molto elevata...”

“Come te?”

“... Quindi meglio evitare i giri pindarici di parole in cui vi siete appena esibito, che sono noiosi anche per me, figuratevi per un bambino.”

Arthur storse la bocca. “Non sforzarti di essere troppo condiscendente, mi raccomando.”

“Me l'avete chiesto voi un giudizio onesto, o no?”

“L'ho fatto” ammise il principe, a mala voglia. “E ti giuro che non so che cosa mi abbia spinto a farlo.”

Ah, quello nemmeno Merlin lo sapeva. Ultimamente, però, Arthur gli chiedeva spesso cose come “tu che ne pensi?” o “che te ne pare?” quando parlavano dei suoi impegni, o quando veniva il sarto e gli faceva provare le giacche, o quando doveva prendere una decisione in generale.

Merlin si domandò se non fosse troppo sperare che il principe avesse iniziato a fidarsi di lui.

Si era aspettato di dover fare delle vere acrobazie per conquistare la sua fiducia, e invece... possibile che fosse stato così indolore, facile e naturale al punto che ci fosse riuscito senza nemmeno essersene accorto?

Eppure sapeva bene che Arthur non gli avrebbe mai chiesto un consiglio se non gli fosse importata la sua opinione. La cosa fece venire a Merlin un'impellente voglia di schiarirsi la gola; il pensiero si tradusse in un'esecuzione troppo violenta che fece alzare il sopracciglio all'altro.

“Devo ancora avere un po' di raucedine” disse veloce Merlin. “Comunque, se sarete naturale se ne accorgeranno tutti e l'apprezzeranno. Parlate a cuore aperto, magari di qualcosa di personale. Basterà che stiate tranquillo.”

“Toglimi una curiosità, Merrrlin” disse Arthur, arcuando la bocca così tanto che per un attimo sembrò fare le fusa, “la gente che ti dice di stare tranquillo lo sa che così non aiuta affatto a tranquillizzare nessuno?”

Lo stregone sbuffò, ignorando lui insieme allo stupidissimo modo che aveva di piegare il suo nome tra le labbra. “Magari ci farete più bella figura se vi date una sistemata, però, eh?”

D'improvviso si ritrovò ad abbottonare la camicia di Arthur come se ciò avesse sempre fatto parte della sua routine quotidiana. La sicurezza con cui le proprie dita armeggiavano con il tessuto sorprese Merlin stesso, che, con franchezza, dovette ammettere che la cosa lo divertiva di cuore; arrivato al terzo bottone dall'alto, ricordò di punto in bianco di avere a portata di mano la pettinatura al momento impossibile di Arthur, pronta per essere scompigliata ancora di più da lui – per una volta poteva essere Merlin a spettinarlo a tradimento, e l'occasione era troppo ghiotta per farsela sfuggire.

La visione del ciuffo biondo sparato sopra la fronte del principe, però, lo fece sorridere in un modo che, gli ricordò il pigolio della sua coscienza, avrebbe dovuto allarmarlo. “Quello lasciatelo così” disse, sovrappensiero e con poca coerenza.

“Cosa?” La voce di Arthur lo raggiunse in un soffio sul naso.

Solo a quel punto si costrinse a prendere coscienza di quanto fossero vicini, in effetti, i loro nasi, quello del principe vagamente all'insù mentre lo guardava tra le ciglia.

“I... parlavo dei capelli” incespicò lo stregone.

Merlin...” Le fusa, cavolo, Arthur faceva le fusa, o peggio, a Merlin suonavano spaventosamente come tali, “... mettimi la cravatta.”

“Cosa. Cosa?” Lo stregone sentì la necessità leccarsi le labbra, diventate aride nell'arco di due secondi. “Ehm, no.”

Arthur spalancò gli occhi, tirandosi indietro. “No?”

“Non so annodare le cravatte” si giustificò, decidendo che per ora la cosa più urgente da fare fosse andare a sistemare i fiori finti sopra il tavolinetto, accanto alla scrivania.

Sentì Arthur ridergli dietro; non capì il perché ma s'immaginò fosse uno dei suoi soliti modi per schernirlo.

Passarono qualche momento senza dire altro, gli ingranaggi del cervello di Merlin che roteavano a vuoto mentre sconquassava i poveri fiori di plastica. Sentiva la presenza dell'altro, solida, a pochi passi di distanza da lui.

Il Diamante dentro la sua tasca gli segnalava, inutilmente, che Arthur era lì vicino, irradiando un calore avvolgente. Merlin notò per la prima volta quanto fosse simile alla stessa temperatura di Arthur. Praticamente, aveva il calore di Arthur in tasca.

Fu la voce di quest'ultimo a rompere il silenzio. “So che mia madre ci teneva moltissimo alle attività di questa associazione. Spero solo che fili tutto liscio” ammise.

Di colpo il nervosismo di Arthur prese un significato nuovo, e un'irrazionale voglia di andare lì e accarezzargli il braccio colse impreparato Merlin.

Nei suoi ricordi prese forma l'immagine del principe in piedi accanto al quadro della donna pallida che aveva visto su internet.

Ygraine, aveva saputo da Gaius, era morta dando alla luce Arthur. Il principe non ne parlava mai, seguendo fedelmente il percorso tracciato dal re stesso, che ne aveva parlato a lui il meno possibile nel corso degli anni.

Non fu difficile figurarsi un Arthur, ad ogni compleanno, rannicchiato nel lutto perenne e silenzioso di qualcosa che aveva perso senza mai aver avuto davvero.

Pensando a suo padre che non aveva mai conosciuto, Merlin passò il dito sulle decorazioni azzurre della porcellana, saggiando il sapore amaro del tentennamento appena percepibile dietro alle parole di Arthur.

Certo che sarebbe filato tutto liscio; Merlin non avrebbe permesso diversamente. “Andrà bene, vedrete” disse allora al vaso, annuendo una volta.

Non ti succederà niente di male. Mai.

“Mi fa piacere sentirti così convinto, anche se non so proprio da dove tiri fuori la tua sicurezza” disse Arthur, e Merlin lo ascoltò scuotere la testa con divertimento. “Sarà l'incoscienza?”

“Sarà l'incoscienza” convenne lo stregone, piegando le labbra verso l'alto.

Andrà tutto bene, perché d'ora in poi mi assicurerò io che sia così.

Te lo prometto, Arthur.

 

 

ʘ

 

 

Tornare da Hatchards fu piuttosto una sorpresa; dopo aver fatto due passi all'interno, lo stregone si disse che sì, quello era lo stesso posto, ma era come se ci fosse stato qualcosa di completamente diverso. Come se qualcuno si fosse preso la briga di ridipingere la libreria con colori più brillanti e vivi.

Se l'altra volta il solo toccare il legno dell'ingresso l'aveva sommerso nell'oceano dei ricordi degli altri, adesso erano i suoi ricordi che venivano a galla. La pancia gli si attorcigliò mentre rivedeva scorrere davanti a sé scene di vita quotidiana a Ealdor, casuali e forse un po' insignificanti.

Lo colpì in faccia l'immagine dell'ultima volta in cui aveva corso in mezzo ai campi con Will (la prima in cui aveva sentito la voce di Arthur... !). Allora non l'aveva nemmeno sfiorato l'idea che non l'avrebbe più fatto per diverso tempo. L'avesse saputo prima, avrebbe strappato un filo di grano per portarselo via nel Mondo Riflesso. Gli avrebbe fatto piacere, adesso, annusarlo una volta ogni tanto o tenerlo sotto il cuscino, mentre dormiva.

E poi, poi c'erano le pareti della libreria, che erano dello stesso color crema del nastro che teneva appeso il mazzolino di fiori secchi sopra il caminetto a casa sua.

E il tavolino rotondo al centro della sala, con una stesa di libri messi in bella mostra sopra, non era molto simile al seggiolino che tenevano nella rimessa del legno? Quello su cui Hunith stava seduta per ore a intrecciare la stoffa e rammendare.

La sua mamma e Will... quel posto parlava anche di loro.

Merlin incespicò verso le scale che portavano al piano disotto, chiedendosi come avesse fatto a non notare tutto ciò la prima volta.

“Tutto apposto?” gli chiese amichevolmente Gwaine, battendogli una mano sulla spalla.

“Sì – sì, stavo solo pensando...”

“Vedi, è proprio questo il problema” disse Arthur, rimanendo fermo sul primo gradino senza decidersi ad andare avanti. “Pensare consuma tutte le tue energie. Evita pure di farlo, tanto il risultato non cambia molto.”

Merlin passò oltre il suo commento, una mossa che ormai si stava facendo sempre più abituale, e si concentrò invece sulla sfumatura pallida che aveva iniziato a contrarre l'espressione impassibile di Arthur. “Suvvia, non avrete davvero paura di un gruppetto di marmocchi?” lo stuzzicò, per allentare la tensione.

Gwaine intervenne prima di dare tempo al principe di replicare. “Siamo tutti consapevoli della delicatezza interiore del nostro caro Chiappe d'Oro, altrimenti non saremmo venuti a fare da gruppo di supporto” ammiccò, indicando col mento se stesso, Merlin, Leon, Percy e Morgana, che era rimasta indietro a esaminare con interesse un libro, accompagnata da Gwen. “Scendiamo, su, non ho intenzione di farmi soffiare i posti in prima fila. Non vedo l'ora di vedere se l'educazione che ho ricevuto da bambino rispetta i criteri che detterà la nostra Principessa.” Fece l'occhiolino a Merlin, afferrò Arthur per il gomito e se lo trascinò dietro, la sua risata che già rimbombava per le scale.

Gli altri li seguirono, ma Merlin aspettò che le ragazze lo raggiungessero.

“Oh, sarà fantastico vero?” gli disse Gwen, contenta. “Con i bambini e il resto. Voglio dire, non mi è capitato spesso di assistere a eventi del genere, nonostante tutto, e in effetti se non fosse stato per Lady Morgana non sarei nemmeno potuta venire – ha fatto cambiare il mio turno con quello di Elyan, e lui era quasi livido, Merlin...”

“Non potevo permettere che la mia ragazza preferita del palazzo se ne restasse a fare la Cenerentola in casa durante il giorno del gran ballo” fece Morgana, calzando meglio un guanto.

“Molto gentile da parte tu- vostra” disse lo stregone, facendo loro segno di precederlo di sotto.

“Il nostro Merlin è proprio un gentiluomo, Gwen. Sembra venire da un altro mondo.”

Gwen rise, dando un buffetto sulla spalla di Merlin e lasciando che Morgana la prendesse a braccetto. “Davvero!”

Lo stregone le sorrise e, quando lei si voltò, indurì l'espressione per la strega. Quella si limitò ad alzare un sopracciglio, divertita.

Sembrava che Morgana non perdesse occasione per seguire il principe ovunque potesse. Scendendo le scale, Merlin si ritrovò a desiderare che il Diamante del Giorno gli permettesse di spiare lei anziché Arthur – sarebbe stato più pratico, per lo meno. Peccato che ci avesse provato, ma senza ottenere alcun risultato. La cosa non l'aveva stupito; chissà con che razza di protezioni magiche si era ricoperta Morgana.

Un forte chiacchiericcio pieno di aspettativa accolse il suo ingresso nella saletta dedicata alle conferenze.

L'ambiente, non molto grande di per sé, sembrava ancora più stretto con tutte quelle persone che avevano occupato gran parte delle sedie disposte in sei o sette file. Arthur si era posizionato vicino a un microfono un po' soprelevato. Ora stava parlando con alcuni signori distinti e una signora vistosamente ingioiellata, che Merlin dedusse essere i rappresentati dell'associazione Lady Ygraine.

Il principe non sembrava affatto nervoso, adesso. Il suo bel profilo nobile tagliava l'aria come una spada e tutti lo guardavano già, compiaciuti della sua sola presenza.

Spesso si levava la voce di uno dei bambini, la maggioranza del pubblico presente, che esclamava, meravigliato, “è davvero il principe Arthur!”.

Quando una bambina vociò distintamente un “mamma, da grande voglio sposare il principe!”, lui si voltò dalla sua parte e le regalò un grosso sorriso, che fece sorridere anche Merlin. Poi lo stregone intercettò il suo sguardo per un attimo, giusto il tempo per fare una smorfia alla quale l'altro rispose arricciando le labbra.

“Merlin!” chiamò poi Gwaine, sbracciando tutto storto su una sedia in prima fila. “Vieni a sederti con noi, ti ho tenuto un posto!”

Merlin scosse veloce la testa, facendo anche un segno con le mani per sottolineare la sua posizione irremovibile; solo restando in piedi in fondo alla sala poteva tenere sotto controllo i movimenti di Morgana. Inoltre, ci teneva poco a finire nelle mire dei fotografi appostati ai lati che già si stavano dando da fare per immortalare le nobili prime file.

Al broncio deluso di Gwaine, lo stregone scoppiò a ridere.

Intanto Arthur stava ordinando dei fogli sul leggio davanti a sé, schiarendosi la voce. I flash delle foto si fecero più intensi e, quando le ultime sedie rimaste libere vennero occupate, il principe iniziò a parlare.

Merlin stette ad ascoltare la sua voce ferma e impostata farsi largo tra i convenevoli, salutando gli ospiti presenti e ringraziando l'associazione per aver organizzato l'evento.

A un certo punto, però, il suo fiume di parole ben modulate si arrestò inspiegabilmente. Arthur abbassò per un momento gli occhi sul leggio, la gente che iniziava a mormorare dubbiosa. Poi alzò la testa, andando direttamente ad incontrare lo sguardo di Merlin.

Le labbra dello stregone si modellarono in una piccola “o” e il principe gli regalò, anche se solo per un attimo, un sorriso storto – Merlin aveva imparato che i sorrisi storti di Arthur erano quelli più sinceri.

“Non vi nascondo di aver passato molto tempo, nelle ultime settimane, a rimuginare su cosa dire oggi, qui davanti a voi tutti” fece Arthur, abbracciando con lo sguardo l'intera sala. “Dato che credo davvero nella causa per la quale si batte la 'Lady Ygraine', avevo un certo timore di risultare inadeguato, qualunque cosa dicessi. E il timore è raddoppiato proprio perché questa associazione di mia madre non porta soltanto il nome, ma anche i desideri e le aspirazioni.”

Le foto si intensificarono; i flash illuminavano i capelli del principe di una sfumatura artificiale di platino.

“Ma poi” continuò lui, senza farsi distrarre, “mi è stato suggerito che sarebbe stato meglio evitare i discorsi troppo complicati e noiosi, scegliendo invece di parlare a cuore aperto di qualcosa di personale. E quindi, eccomi qua.” Allargò teatralmente le braccia, alcuni bambini risero e Merlin, anche se Arthur non poteva vederlo, sentì di accendersi tutto quanto in un sorriso per lui.

“Recentemente ho conosciuto un ragazzino che, pur di avere una copia del suo libro preferito, sarebbe perfino arrivato a rubarla” iniziò a raccontare Arthur. “E alla fine, se a un bambino viene l'idea di rubare un libro, vuol dire che muore davvero dalla voglia di leggerlo.”

Molti tra i più giovani sghignazzarono insieme ai genitori.

Merlin si agitò sul posto, riconoscendo citato il discorso che aveva fatto ad Arthur mentre tornavano a casa, dopo quella volta con Mordred. Più tardi si sarebbe assicurato di rinfacciarglielo.

“Sarebbe bello avere sempre una passione del genere che ci spinga verso la lettura” continuò il principe, “anche se, ovviamente, non per tutti è la stessa cosa. Per esempio, da piccolo io non leggevo affatto. Molto strano, da parte del figlio della duchessa rinomata per il suo amore per la letteratura, vero? Il fatto è che... mia madre non c'era. Non era lì per trasmettermi questa passione.”

Merlin sentì le proprie dita avvinghiarsi alle maniche.

Arthur, sempre riservatissimo sulle faccende personali e sulla sua famiglia in generale, parlava ora come se stesse chiacchierando davanti a un tè insieme al suo amico più intimo.

“Scommetto che a mia madre sarebbe piaciuto un mondo leggermi un libro ogni sera prima di andare a dormire, e ne ero convinto anche da bambino. Tutti mi raccontavano del suo grande amore per la lettura... per questo io non leggevo. Speravo che, se avessi tenuto sul comodino qualche libro pronto per lei, prima o poi l'avrei vista comparire per leggermi la fiaba della buonanotte. Alla fine ho capito che, purtroppo, non sarebbe mai apparsa ai piedi del mio letto, per quanto io l'aspettassi... ma i libri erano sempre lì, sul comodino. Così ho iniziato a leggere io. Sfogliando le pagine, mi chiedevo: 'Chissà se anche lei le ha sfogliate, chissà con quale voce mi leggerebbe queste righe'. La sentivo così vicina...”

Forse fu perché Merlin rivide se stesso accucciato davanti al fuoco , intento a sognare sopra gli enormi volumi sulle leggende del Mondo Riflesso che pesavano più di lui; o forse fu perché gli tornò alla memoria la voce di Arthur che diceva a Mordred “non devi aspettarti che arrivi sempre qualcuno a toglierti dai guai, le soluzioni ai tuoi problemi non cadranno mai più dal cielo” – Arthur che aveva sempre dovuto contare su se stesso, Arthur che, pur crescendo con lo spettro di una mamma e con padre difficile, era diventato un uomo onesto e corretto e giusto; forse fu per il senso di inadeguatezza latente in entrambi, oppure fu per il fatto che lo splendore di Arthur stesse mostrando a Merlin proprio in quel momento che un modo per superarlo si poteva trovare, sempre.

Merlin non sapeva se fosse a causa di uno di questi motivi, o magari per un miscuglio di tutti insieme... ma nel suo petto, proprio là, qualcuno strattonò una corda. E se avessero tirato con maggiore forza, tutto ciò che Merlin aveva dentro sarebbe gocciolato fuori e sarebbe stato esposto al mondo. Come la marea pigra che deposita sulla sabbia le conchiglie con noncuranza, dimenticando che le sta strappando alla loro terra madre, rivoluzionando tutta la loro esistenza.

E faceva un po' male.

“Il potere della lettura è anche questo” proseguì il principe. “Può avvicinare persone lontanissime tra loro e farle sentire unite.”

Unite in un'unica stretta al cuore...

Come Merlin e Arthur?

“Sarebbe meraviglioso avere sempre qualcuno che legga per noi. Il brano che ho scelto di portare oggi, però, lo dedico in particolar modo a quei bambini che non hanno nessuno che possa leggere per loro. Non intristitevi per questo. Ricordate che potete sempre essere voi a leggere per gli altri. Magari anche per le persone a cui volete bene, come sto per fare io.”

Ed Arthur lesse.

 

Oh, Piccolo Principe, ho capito a poco a poco la tua piccola vita malinconica.

Per molto tempo tu non avevi avuto per distrazione che la dolcezza dei tramonti.

Ho appreso questo nuovo particolare il quarto giorno, al mattino, quando mi hai detto:

Mi piacciono tanto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto...”

Ma bisogna aspettare...”

Aspettare che?”

Che il sole tramonti...”

Da prima hai avuto un'aria molto sorpresa, e poi hai riso di te stesso e hai detto:

Mi credo sempre a casa mia!”

Sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo, e guardavi il crepuscolo tutte le volte che volevi.

Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte!”

E più tardi hai soggiunto:
“Sai, quando si è molto tristi si amano i tramonti...”

Il giorno delle quarantatré volte eri molto triste?”

Ma il Piccolo Principe non rispose.

 

Il principe era un magnete: la sua catena di parole teneva incollati tutti i presenti in sala, l'uno all'altro e su di lui insieme. Arthur era il centro. Ogni tanto alzava gli occhi dai suoi fogli e a Merlin sembrava che accarezzasse la testa del pubblico con la sua voce.

Un picchiettare di gocce di pioggia che rimbomba in una grotta senza fine – questo erano le parole di Arthur. Si infrangevano sulla nuca di Merlin, insinuandosi sotto la sciarpa, scendendo giù lungo il collo e, alla fine, il suo corpo le assorbiva. Merlin beveva la pioggia delle parole di Arthur.

Ed era assurdo e contraddittorio, perché anche se gli sembrava di sentirlo sotto la sua pelle, allo stesso tempo era come se lo stesse ascoltando da molto, molto lontano, distante un mondo intero.

A poco a poco gli altri rumori si spensero, tintinnii messi a tacere sotto un bicchiere di vetro. Le esclamazioni estasiate dei bambini sparirono, si ammutolirono anche le loro risate, venne zittito il respiro degli addetti stampa o qualunque altra cosa.

Rimase solo la voce di Arthur e quelle che la magia di Merlin, estensione dei suoi sensi, riconobbe come delle vere gocce di pioggia, che avevano iniziato a posarsi contro la vetrina al piano disopra.

Alla fine Merlin non riuscì più a distinguere quale fosse la pioggia reale e quale no. Lo scrosciare delle parole di Arthur lo bagnava e lo stregone, inondato da quello, si sentiva lontano da lui e vicino a lui come non mai.

Il fragore di un lungo applauso gli fece riaprire gli occhi, che non si era nemmeno accorto di aver chiuso.

Il principe aveva terminato la sua lettura, tutti sembravano soddisfatti e contenti, le prime file addirittura erano in standing ovation, dirette da Gwaine.

Stette a guardare mentre il protagonista della giornata stringeva mani a destra e a sinistra, posava per un paio di scatti e poi lo raggiungeva tutto sorridente, seguito dagli amici e da un'impassibile Morgana.

Avrebbe voluto stringergli la mano anche lui, o fargli una battuta, e visto che non era poi così difficile? Visto che ce la puoi fare, quando ti levi dalla testa che hai costantemente uno standard da superare?

Invece non fece in tempo a fare nulla; Leon aveva messo una mano sulla schiena di Arthur e lo stava spingendo verso le scale, prima che i giornalisti iniziassero a trasformare quel bel momento nell'ennesimo conflitto.

Però c'era una cosa che Merlin ci teneva a fargli sapere. “Sono fiero di voi” mormorò, abbastanza forte perché Arthur potesse sentirlo mentre passava.

Proprio in quel momento qualcuno fece scattare un flash accanto a loro e lo stregone strizzò gli occhi, mancando la faccia del principe. Lo sentì però strofinare la spalla contro la sua in un gesto che sarebbe potuto benissimo passare per una casualità... se non fosse stato per quella leggera pressione in più che gli fece formicolare la pelle.

“Lo sapevo che sarebbe stato bello” disse un'entusiasta Gwen facendolo sobbalzare.

Le era arrivata accanto insieme a Morgana, e ora tutti e tre se ne stavano lì nell'angolo ad aspettare che un po' di folla defluisse.

“Chi è che è stato bello?” disse con indifferenza la strega.

“Il princip... il discorso! Il discorso del principe!” balbettò Gwen, tormentandosi le unghie. “Non sei d'accordo con me, Merlin?”

“Gwen, hai un ombrello nella borsa, giusto?” le parlò sopra Morgana. “Raggiungi Arthur, ho la netta sensazione che abbia iniziato a piovere e nessun altro di noi si è portato l'ombrello. Siamo in Inghilterra, in Inghilterra, e nessuno ha pensato di portare un ombrello per il principe ereditario. Buon dio, mi chiedo dove finiremo di questo passo.”

L'altra, ingenuamente, non colse l'ironia e invece fece vagare lo sguardo preoccupato da Morgana allo stregone. “Ma poi voi?”

“Merlin sarà contento di prestarmi la sua giacca per fare in modo che non mi bagni la testa.”

Merlin si toccò il ponte del naso con il pollice e l'indice. “Certo, io... sicuro.”

“Allora vai, Gwen cara, prima che Arthur esca” disse Morgana, facendole un ampio segno con la mano.

La ragazza non se lo fece ripetere ulteriormente e volò su per le scale, un vorticare di sorrisi e ricciolini neri.

“Che cosa volevi dirmi per mandare via Gwen così in fretta, Lady Morgana?” sussurrò poi Merlin, incrociando le braccia al petto.

“Oooh, ci andiamo giù pesante con gli incantesimi di protezione” disse lei, annusando l'aria intorno. “Senti che puzza... Devo farti proprio paura.”

“Ed io devo farne a te” replicò Merlin, percependo, ora che erano così vicini, le barriere che Morgana aveva abilmente nascosto. “E no, te lo ripeto, la mia magia non puzza affatto.”

La strega individuò un punto accessibile nell'intrico delle braccia di Merlin e ci fece scivolare una sua mano, spingendolo avanti. “Può essere che l'odore mi sembri amplificato a causa di tutte le protezioni che hai messo intorno al Principe dei Draghi. Sorridi, ora, sorridi per la stampa.”

Merlin piegò un pochino le labbra all'insù, fissando le punte delle scarpe con il tacco assassino della strega. Salirono in silenzio, le loro malie che si spintonavano a suon di scosse elettriche dove si toccavano.

“Non capisco cosa ci sia stato tanto da applaudire, comunque” soffiò Morgana quando Leon li individuò.

Mentre faceva un cenno per fargli capire che li stavano raggiungendo, Merlin notò che Arthur, molto galantemente, stava condividendo l'ombrello con Gwen.

“Certo che non capisci, Morgana” disse un po' perso, allungando il collo. “Arthur è stato molto coraggioso a parlare davanti a tutti di una cosa tanto personale.”

“Mi viene da chiedermi se non disponga anche lui di una qualche sorta di magia” mormorò velenosa la strega.

Merlin la fissò, stupito.

“Ma guardati... Ha incantato perfino te, solo con la forza della voce e con due paroline drammatiche su sua madre. Ti piacciono così tanto le storie strappalacrime, Merlin? Sembra che ti abbiano appena colpito in testa con una mazza.”

Lui roteò gli occhi al cielo, togliendosi poco delicatamente di dosso la mano di Morgana una volta raggiunta l'uscita. Quando lei fece per mettere un piede fuori, però, la bloccò e si tolse la giacca di pelle.

Morgana lo guardò con palese diffidenza, ma Merlin alzò la giacca sopra le loro teste. “Che c'è?” mugugnò. “Nonostante tutto, sono davvero un gentiluomo. L'hai detto tu.”

 

 

ʘ

 

 

Erano le nove di sera, Gaius aveva insistito per accendere il riscaldamento e il tepore della tisana alle erbe dolcificava la cucina.

Merlin si rigirò il bicchiere tra le dita, la schiena appoggiata all'usuale punto – all'altezza del fornello del gas, sopra al forno. “Gaius, non ti ho mai chiesto cosa ne pensi sul serio tu, di tutta questa faccenda del Duello del Drago” disse, pacato.

In realtà era da un paio di giorni che si preparava quella conversazione nella sua mente. L'attacco non era stato dei più brillanti; le parole erano uscite per conto loro, come gli succedeva spesso, ma Merlin si disse che sapeva dove arrivare, e che alla fine era quello l'importante. Quello, e cercare di non deludere lo “zio” comunicandogli la decisione che aveva preso.

Gaius si liberò le mani dal terriccio strofinandole distrattamente su uno straccio. “Io sono un mentore, Merlin. Do consigli, ma il mio ruolo deve rimanere piuttosto neutrale. Non vorrei mai influenzare i tuoi pensieri, capisci...”

“Ah, non preoccuparti, lo sai che non sono uno che si lascia influenzare facilmente” lo spronò lo stregone.

“Già, già, fai sempre di testa tua in generale” convenne subito l'altro.

“Quindi?”

“Quindi...” temporeggiò Gaius, passandosi il palmo sulla fronte. “Sarò onesto, ragazzo mio, è veramente una sciocchezza!” disse alla fine, buttando per aria lo straccio interrato. “Te lo dico con onestà perché so che tu farai in ogni caso quello che ritieni più giusto, e sei intelligente, Merlin, e mi pare corretto parlarti francamente.”

Lo stregone lo invitò ad andare avanti, interessato alla piega favorevole che stava prendendo la discussione.

“Mandare due giovani stregoni nel Mondo Riflesso per una vera e propria... battuta di caccia,” alzò un poco la voce Gaius, “mettendo a rischio la loro magia per salvare un drago che, onestamente, ha già vissuto la sua parte di vita!” disse ancora più forte. “Pretendere che, in quanto mentore, mi assicuri di preservare la magia del mio protetto, che lo aiuti a comprendere il Mondo Riflesso e allo stesso tempo a non immischiarsi troppo nelle faccende degli esseri umani... ma dico! Ti pare logico?”

Merlin era tutto un annuire e uno scuotere la testa con vigore, assecondando il fervore di Gaius con gli occhi spalancati.

“Ti pare logico” continuò l'uomo, “pretendere di catturare un cuore umano senza rimanere toccati almeno un po' dall'umanità? Come se fosse possibile, stare qui a lungo e non sentirsi un po' più umano, alla fine!”

Si smorzò di botto quasi comicamente, fissando Merlin con un sopracciglio molto più in alto dell'altro. “Voglio dire, per te forse è possibile, ragazzo, per il discorso dei Figli dell'amore... capire l'amore senza amare completamente” aggiunse, con un tono che faceva intendere avesse lasciato tra le righe un immenso “ma”.

“Ma?” disse allora lo stregone al posto suo.

Gaius allargò le braccia, sconfortato, quasi colpendo la sua tazza di tisana abbandonata sul tavolo. “Ma a me, in tutta sincerità, sembra così incompleto, così ingiusto nei tuoi confronti, cercare l'amore sforzandosi di non amare davvero. E anche...”

Merlin inspirò e fece un favore a entrambi, arrivando al punto. “Anche molto poco possibile?”

Gaius rimase interdetto per un attimo.

Merlin socchiuse gli occhi; non avrebbe avuto senso evitare di affrontare la cosa, a questo punto.

Era innegabile che nell'ultimo periodo lui fosse cambiato. Il contatto con le creature opposte l'aveva già influenzato, lui stesso se ne rendeva conto. “La libreria che sa di mamma...” mormorò, portandosi una mano tra i capelli. “Andiamo, a uno stregone non verrebbe in mente di associare un posto alla sensazione che si prova a stare con la propria madre. È molto...”

“Umano” concluse Gaius.

Merlin alzò lo sguardo per incontrare quello del mentore, che era cauto, forse perfino un po' guardingo. Come se Gaius stesse maneggiato un oggetto particolarmente delicato e avesse timore di romperlo con il minimo movimento sbagliato.

Solo che Merlin non era un soprammobile di vetro e non c'era motivo per non chiamare le cose col loro nome. “È sentimento” disse quindi, alzando la testa, “io sto già sentendo il sentimento.”

La simpatia istantanea per Elena, la voglia di aiutare Mordred, quel piacevole solletico quando Gwaine, Percy, Leon, Elyan e Gwen lo coinvolgevano nelle partite allo studio piccolo...

“Hai sentito la nostalgia” disse Gaius. “Ti manca casa tua, certo. Suppongo che tu la stia percependo per la sua innata predisposizione naturale.”

Entrambi però sapevano che non era tutto lì. La verità era che la linea che separava quel primo passo dall'umanizzare il proprio cuore era quanto di più sottile ed etereo Merlin avesse mai immaginato.

Sebbene all'inizio avesse creduto che il suo essere frutto dell'amore gli avrebbe reso le cose in qualche maniera più facili, be', ora non ne era più tanto convinto.

Nel corso di una delle loro prime sessioni di studio del mondo terrestre del dopo cena, Gaius gli aveva detto che un cuore umano parla solo a chi è disposto ad ascoltarlo. Merlin l'aveva ascoltato – perlomeno, aveva ascoltato i ricordi di quello di Arthur.

Ma il cuore degli esseri umani è magnificamente egoista, Gaius gliel'aveva ricordato, come aveva fatto sua madre prima di partire. E quando un cuore si apre a te del tutto, non gli rimane altro che volerti accogliere al suo interno. Rispondere alla sua chiamata, varcare il confine, avrebbe significato perdere la magia, lo sapeva bene.

“È molto labile” si ritrovò a dire Merlin, tormentandosi il labbro.

Il mentore lo guardò interrogativo, senza nascondere un velo di preoccupazione che aveva irrigidito il suo viso.

“È un confine molto labile, quello tra il capire e il provare” tentò di spiegarsi lo stregone, facendo grandi cerchi con le mani. “Non è facile rendermi conto di dove dovrei fermarmi.”

Sempre se avesse potuto fermarsi...

Le braccia gli ricaddero mollemente lunghi i fianchi.

“Temo che sarà più difficile, giorno dopo giorno” sospirò Gaius, intuendo a cosa si riferisse.

“Ed io ho un po' paura di questo... !” disse Merlin. L'ammise quasi lanciando in aria le parole. “Inizio ad avere paura che non saprò fermarmi se – ”

Se mai il cuore di Arthur mi chiederà di rispondere.

Una singola, secca risata scoppiò nella sua gola impedendogli di esprimere ad alta voce l'ultimo pensiero, e forse fu meglio così. “Ma hai sentito cos'ho appena detto?” riuscì invece a dire a Gaius, frettolosamente. “Che ho un po' paura. Credevo di non avere nemmeno la minima idea di cosa significasse avere paura. Invece adesso...”

Gaius lo raggiunse, mettendogli una mano sulla spalla nel gesto più paterno che gli fosse mai stato diretto. Le sue dita malferme strofinarono sulla maglia dello stregone una goffa carezza che lui apprezzò immensamente, grato del sollievo che quel tocco gli portava.

“È proprio per questo che dicevo fosse una sciocchezza, quell'accidente di duello” disse l'uomo, comprensivo. “Non so se sia più contro natura per uno stregone o per un Figlio dell'amore, avere a che fare con il cuore degli umani tentando di non lasciarsene influenzare fino al punto di non ritorno.”

“Gaius, non puoi paragonare le due cose! Per Morgana è di certo più facile” fece Merlin, fintamente scandalizzato. “Scommetto che lei non si fa i miei problemi... davvero, però” disse, alzando il sopracciglio per sottolineare che era serio. “Per chi è semplicemente uno stregone è tutto molto meno complicato.”

A quella frase seguì un momento che non si sarebbe potuto definire con altre parole se non “un momento”.

Il mentore, in silenzio, trasformò i movimenti della sua mano sulla spalla di Merlin in pacche poco decise. Gesti a quali, sovrappensiero, associò un ritmo costante: un buffetto, un secondo.

Merlin si ritrovò a contare: pacca, pacca, pacca, pacca.

E le lancette dell'orologio a muro – tac, tac, tac, tac.

E la pioggia, di nuovo, sul finestrone – pic, pic, pic, pic.

Fino a quando Gaius non aprì di nuovo bocca, usando quel tono che Merlin sospettava riservasse per parlare di sé, talmente intimo da mettergli addosso un certo disagio solo a starlo ad ascoltare. “Opporre resistenza a oltranza al sentimento non è facile nemmeno per chi non è un Figlio dell'amore, credimi, ragazzo mio. Finisce che si soffre... e poi un giorno si realizza che proprio soffrire è il segnale che tutto è cambiato.”

La domanda stava appesa alle sue labbra. Merlin se la rimangiò.

Gaius spostò la mano dalla sua spalla alla schiena, che scosse con un singolo colpetto in un segno di compatimento diretto più a se stesso che a Merlin. Con una brusca virata, poi, tornò a rinforzare la lista dei motivi secondo i quali il Duello del Drago fosse, a quanto sembrava, una delle cose più assurde a cui avesse mai assistito in vita sua. “È privo di senso per tutti quelli che sono coinvolti” disse, scaldandosi di nuovo un po'. “Per non parlare del Principe dei Draghi. Quel povero ragaz...”

Merlin represse appena la protesta del suo stomaco al pensiero di Arthur.

Il balletto in cui si stava esibendo la magia nelle sue vene non sarebbe stato meno buffo anche se Gaius, notata la sua espressione, non si fosse bloccato mordendosi la guancia.

“Oh no, non guardarmi in quel modo” disse il mentore. “Non voglio farti sentire responsabile, non più di così. Lo so già quanto ci hai rimuginato sopra.”

“Non farti scrupoli, Gaius” lo rassicurò Merlin. Era proprio lì che voleva arrivare, sin dall'inizio della conversazione. “Vai avanti; puoi parlare di Arthur senza remore, lo sai. Preferisco un maestro onesto a uno che addolcisce la pillola.”

Gli rimaneva solo da sperare che l'indignazione di Gaius arrivasse ad abbracciare pienamente il discorso sulla sorte del principe. Altrimenti, be', Merlin avrebbe dovuto sperticarsi in un'opera di convincimento piuttosto colossale, e non era sicuro del risultato, se si trattava di Gaius.

L'uomo si avvicinò al tavolo con la sua caratteristica andatura traballante. Merlin liberò uno sgabello da un vaso di ibiscus e ci fece accomodare Gaius, riavvicinandogli anche la tazza di tisana. Meglio metterlo comodo per ogni evenienza.

“Quando sono arrivato a palazzo lui aveva appena tre anni, sai. Arthur...” iniziò a tradimento Gaius, bloccando lo stregone in un movimento a mezz'aria prima che potesse sedersi. “Con quelle guanciotte imbronciate e i grandi occhi blu.”

Passando le dita sul bordo della tazza sorrise affettuosamente, e Merlin con lui.

“Tirava le gonne delle domestiche perché gli venisse prestata attenzione e ha imparato presto a dare ordini a destra e a sinistra. Una peste con la faccia d'angelo.”

Merlin annuì con vigore; non era cambiato molto.

“Ogni volta che scappava dalle cene di gala, me lo ritrovavo sempre nascosto sotto il tavolo da lavoro. Ancora adesso ogni tanto viene da me quando ha bisogno di una scappatoia... quando ci siamo conosciuti, a East End, per esempio. Credi che sia normale che un principe accompagni un giardiniere a far compere fuori dalla City?” disse Gaius retorico.

Merlin scosse la testa piano, sbattendo una volta le ciglia.

Arthur che leggeva i libri impolverati lasciati per sua madre, Arthur che si rifugiava negli ambienti della servitù e cresceva sentendosi sempre fuori posto.

Merlin che aspettava invano sull'uscio di casa il ritorno del suo papà dal Mondo Riflesso, il librone delle storie umane stretto stretto tra le dita, Merlin sul tetto, la testa tra le mani, la magia insensata per una vita che non sembrava affatto giusta per lui...

“No, Arthur certamente non è tra quelli che si meritano di morire giovani” disse Gaius con grande amarezza. “È un bravo ragazzo. L'ho visto crescere.”

Lo stregone annuì ancora. “Se potessi, quindi, tu eviteresti che Arthur soffrisse le conseguenze del Duello?” disse, preparando il terreno.

Gaius lo fissò, un po' stralunato. “Ma certo, ovviamente! Da quando ho ricevuto la lettera dalla Regina, sto facendo tutte le ricerche possibili per trovare una soluzione alternativa. Tuttavia non sono ancora venuto a capo di nulla, e... so che se il destino ha parlato, non c'è scampo – no, Merlin, ci ho vissuto per più tempo di te, nel nostro regno. Però, che dovrei dirti... è sempre dura accettare che arrivi il momento di separarsi da una persona cara.”

“Ma quindi” lo incalzò nuovamente, allungandosi tutto sul tavolo fino a toccare la tazza di Gaius con le dita, “mi stai dicendo che preferiresti anche tu evitare tutto questo.”

“Se il Grande Drago ha detto che il destino è stato già-”

“Destino a parte!”

“Be', sì! Sì, ragazzo, certo che sì!”

Lo stregone si tirò su lentamente, cercando di frenare con scarso successo il tremolio di eccitazione nelle labbra che si stendevano in un largo sorriso.

Insieme a un microscopico sbuffo d'aria dalle narici, gli scappò anche una risata bassa, quasi silenziosa. E lanciò la bomba. “Perfetto, perché io non ho la minima intenzione di lasciare che Arthur muoia.”

Il sopracciglio di Gaius raggiunse vette astronomiche, indicando chiaramente che dovesse ritenere che il suo allievo aveva una rotella fuori posto.

“No, sul serio. Impedirò che ad Arthur venga torto anche un solo capello. È già da un po' che ci penso.”

Era vero. Merlin non avrebbe saputo dire quando, di preciso, avesse preso quella decisione. Era stato un processo graduale e forse un po' subdolo, e se all'inizio l'idea di privare del suo cuore un tizio scorbutico con degli occhiali tremendi non sembrava così sbagliata, ora immaginare se stesso come il fautore della fine di Arthur era diventata una barzelletta di cattivo gusto.

Merlin, in realtà, non era mai stato convinto di poter fare una cosa del genere a un povero essere umano, ma adesso...

Arthur.

Lui al Duello aveva deciso di partecipare per dare una svolta alla sua vita, magari per riuscire a trovare un senso alla sua magia che non ne aveva alcuno e che lo faceva sentire estraneo in casa sua.

Adesso lo sapeva bene, cos'avrebbe fatto: avrebbe protetto il cuore di Arthur, da Morgana, da un drago o da chiunque altro l'avesse minacciato. La sua magia sarebbe servita a quello.

“Se sono uno degli stregoni più forti, potrò farcela, no?” disse a Gaius, guardandolo dritto in faccia. “Altrimenti a che servirebbe tutta questa forza?”

La luce orgogliosa negli occhi del suo mentore suggerì a Merlin che aveva già trovato un alleato. Improvvisamente si sentì molto sciocco per aver dubitato dell'appoggio di Gaius, ma del resto non aveva potuto essere sicuro della sua reazione.

Sapeva che quella era la decisione più sconsiderata che avesse mai preso e il primo compito di Gaius, in quanto mentore, era di aiutare Merlin a preservare la sua magia dalla “contaminazione”. Decidendo che la sua priorità era proteggere il Principe dei Draghi anziché portarlo alla morte, lo stregone si stava volontariamente buttando in acqua senza saper nuotare. Ma mai niente gli era sembrato più giusto.

“Non c'è bisogno che ti ricordi che il destino del Principe dei Draghi è già segnato” disse Gaius.

Merlin sorrise di nuovo; capiva che la debole protesta non era una vera opposizione, ma solo un proforma che l'uomo si sentiva in dovere di rispettare. “Non mi importa di quello che ha detto Kilgharrah” gli rispose, stoico. “Per quanto ne so, potrebbe anche essere tutta una scusa colossale – va bene, diciamo un'esagerazione, messa in piedi da lui solo per ottenere più facilmente il suo sacrificio.”

Non suonò tanto convinto nemmeno alle sue orecchie, in verità. Però non si potevano escludere tutte le possibilità, no? In fondo, i draghi erano creature di cui ci si poteva fidare poco – come gli stregoni.

“E tu? E il Duello?” chiese ancora Gaius, tentando di suonare distaccato. Ma la voce celava molto male tutta la sua approvazione.

Merlin mulinò le mani in aria, cercando le parole. “Deve... deve esserci un modo per riuscire ad avere il cuore di Arthur senza che lui muoia e... lo so che cosa stai pensando, mi riferivo a un modo che, possibilmente, mi permetta di non perdere la magia.” Sperò che il mentore avesse afferrato che, tra le righe, intendesse piuttosto 'senza che tutta la faccenda del coinvolgimento degeneri ulteriormente'. “Se non riuscirò a trovare una soluzione, be', allora al diavolo il Duello. Lo lascerò perdere e penserò soltanto a proteggere Arthur. Per me, in fondo, vincere non è fondamentale.”

Non era mai stato quello il punto. E di certo una vittoria, un titolo, un desiderio realizzato non valevano la vita di Arthur.

“Ah!” fece Gaius, coprendosi la bocca con la mano.

Si alzò in piedi, raggiunse Merlin, fece per tornare indietro, girò su se stesso ma tornò sui suoi passi. “Ah!” disse ancora, e a quel punto entrambi erano scoppiati una serie di risolini piuttosto imbarazzanti, ma lo stregone non ci pensava nemmeno a tentare di trattenersi. “E io che temevo che ti saresti arrabbiato” disse, senza fiato.

“Oh, per tutti i draghi, razza di stupidotto” disse l'uomo, lanciandosi su di lui per abbracciarlo.

Restarono così per un po', con Merlin seduto sul bordo della sedia, le braccia del mentore che gli avvolgevano le spalle e la testa.

Nel silenzio scandito dalla pioggia e dal ticchettare dell'orologio a muro, lo stregone sbatté le palpebre, un po' confuso ma felice.

“Ci speravo tanto, che tu lo dicessi, sai” mormorò Gaius tra i suoi capelli. “Non potevo dirti di più. Suggerirti come la pensavo non sarebbe stato giusto, perché avrei potuto influenzarti. Ma dall'inizio ho sperato che tu prendessi questa decisione. Che tu salvassi Arthur, e te stesso, e tutti noi da questa follia.”

“Non sapevo come dirtelo” disse Merlin, per qualche ragione quasi sussurrando. Forse perché era tutto così bello da sembrare surreale e non voleva parlare troppo forte nel timore di mandare in mille pezzi quel momento. “Pensavo che saresti rimasto deluso. Ti ho fatto fallire come mentore.”

Una pacca gentile sul collo lo ammonì amichevolmente. “Starai scherzando” disse Gaius. “Il mio compito era anche aiutarti a muoverti bene tra gli esseri umani, e meglio di così non avresti proprio potuto comportarti. Te l'avevo già detto, tu sei molto migliore di qualunque stregone. Sei talmente coraggioso... Sono certo che non mi deluderai. Non potrai mai deludermi, ragazzo mio, mai.”

Merlin volle dire qualcosa, ma non trovò le parole. Forse non ce n'erano nemmeno, quindi rimase placidamente in silenzio. Sentì la tensione scivolare via dalle sue articolazioni e abbandonò del tutto la testa nell'abbraccio del suo mentore. Odorava di tisana dolce e timo e origano.

“Ne ero sicuro” mormorò di nuovo Gaius, stringendolo un po' di più.

 

 

ʘ

 

 

“... E lei storce il naso e mi fa: 'Non hai messo l'ombrellino nel mio bicchiere'. Allora io: 'Be', gli ombrellini e le cannucce sono qui sul bancone. Se proprio lo vuoi tanto, serviti da sola'. Davvero non ne potevo più di quella Vivian. Mi ha fatto passare una serata... Ha continuato a lamentarsi fino alla chiusura. A un certo punto ha pure preteso che portassi io al tavolo da bere a lei e a tutte le sue amiche. Allora l'ho fatto perché, sai, sono una tipa educata. Non è colpa mia se poi sono inciampata e le ho rovesciato tutto sulle gambe. In quel momento mi sono sentita molto te... so che mi capisci. Perché mi capisci, vero Merlin? Merlin? Mi stai ascoltando?”

Lo stregone si riscosse, chiudendo con un piccolo tonfo il libro che aveva tra le mani. Spinto da un'idea improvvisa, aveva fatto in tempo a sgattaiolare nella sala della biblioteca. Non credeva nemmeno che sarebbe riuscito a trovarlo; e invece adesso eccolo lì, tra le sue mani.

Elena l'aveva chiamato prima che lui potesse iniziare a leggere in pace.

Ormai aveva appurato che le sue telefonate duravano come minimo una mezz'ora, e lui era talmente curioso... “Ehm, scusami, Elena” farfugliò. “È che stavo leggendo una cosa. Ma non ti stavo proprio precisamente ignorando.”

“Ma io ti sto parlando a raffica da... dieci minuti!”

La ragazza protestò con una tale veemenza che lo stregone credette che l'orecchio gli avrebbe preso a sanguinare, e il telefono quasi gli cadde di mano.

“Mi stai facendo parlare a vuoto da dieci minuti, Merlin?”

“Ehm...”

“Come minimo adesso devi leggermi ad alta voce questa cosa così interessante che ti distrae e ti impedisce di prestare attenzione a me.”

“Se insisti” disse Merlin, scivolando sui cuscini del letto fino a mettersi steso.

Ma Mini-Kilgharrah parve guardarlo con una luce saccente che lampeggiava negli occhi gialli. Lo stregone ricambiò per una frazione di secondo lo sguardo truce.

Con tutto quello che era stato detto prima, l'idea di avere un Kilgharrah, per quanto in miniatura, sul comodino pronto a giudicarlo, non lo faceva sentire del tutto a suo agio. Allora si alzò con un pigro colpo di reni e voltò il draghetto dall'altra parte, perché non lo guardasse direttamente. “Scusa, però è una conversazione privata” bofonchiò.

“Merlin? Chi altro c'è lì?” lo richiamò Elena, uno scoppio di disapprovazione della gomma da masticare ben udibile. “Quindi mentre parli con me al telefono, oltre che non ascoltarmi mi tradisci anche? Potrei non arrabbiarmi solo ed esclusivamente se tu avessi anche un terzo amico disponibile per me.”

Merlin fece finta di valutare la cosa. “Mmh, ti sto tradendo con un drago di plastica alto tre centimetri. Il più attraente dei suoi amici potrebbe raggiungere un'altezza massima di quattro, mi pare si chiami Ungaro Spinato. Aspettative deluse o ti fisso un appuntamento?”

“Nah, compagnia di amici sbagliata. Credevo che stessi tenendo nascosto sotto il letto il tuo dolce principe dagli occhi chiari. Sarei contenta per te, però, se mi stessi tradendo con lui.”

Merlin rise sonoramente. “Non succederà mai, tranquilla. Tanto per cominciare, non si nasconderebbe mai sotto il mio letto; è troppo grosso e non rischierebbe mai di impolverarsi i vestiti. E poi non è un dolce principe. E non è nemmeno il mio.”

“Ma ti piacerebbe, vero?” replicò subito lei, e Merlin poté quasi sentire il suo indice invisibile che lo pungolava sul fianco.

Sospirò con stanchezza, coprendosi gli occhi con il braccio. Se Arthur fosse stato suo, se il suo cuore fosse stato suo, non avrebbe dovuto temere che Morgana glielo rubasse sotto il naso; se fosse stato già suo, nessuno avrebbe rischiato nulla e tutto sarebbe andato bene. “Eh, Elena...”

“Merlin?”

“Elena?”

“Leggi!”

Lo stregone sorrise, aprendo il libro a caso. Trovò una pagina che lo ispirava particolarmente e lesse ad alta voce:

La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano.

E io mi annoio...

“È il discorso della Volpe, vero? 'Il Piccolo Principe'! Aww...” indovinò Elena.

Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla mia tana come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù, in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste...

Ma tu hai i capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... Per favore, addomesticami.

Merlin si fermò. Le palpebre gli si erano abbassate un po' e il cuore... aveva accelerato il battito?

Quel passo gli aveva fatto pensare... gli aveva fatto pensare a...

Ecco il mio segreto, è molto semplice” continuò a citare per lui Elena, sentendo che non proseguiva. “Non vedo bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi. Era così, vero Merlin?”

“Sì, sì, è proprio in questo modo” mormorò lui, sfogliando le pagine distratto.

“È un passo davvero molto tenero. Non mi stupisce che ti piaccia. L'avevo capito che eri un tenerone!”

Lo stregone sorrise, roteando gli occhi. Poi li tenne chiusi; quelle parole erano state come una dolce litania che l'aveva cullato fino a che non si era ritrovato spalmato sul suo plaid preferito. Allora si rovesciò il libro aperto sul petto, sistemandosi il cellulare tra la spalla e l'orecchio.

D'istinto, buttò un'occhiata al Diamante del Giorno: Arthur, a pancia in sotto, un braccio sul cuscino e uno che penzolava verso il pavimento, dormiva di già. Finalmente si era deciso a mettersi la maglia del pigiama.

Una sensazione di calma accarezzò Merlin con leggerezza, posandoglisi sopra come una coperta di lana.

Improvvisamente si chiese che senso avesse avuto la preoccupazione che gli aveva dato un certo affanno prima, mentre parlava con Gaius. Scervellarsi sul Duello, pensare e ripensare al perdere la magia se si fosse spinto troppo oltre... tutto questo sembrava poco più grande di un granello di polvere, adesso.

Forse era la quiete data dal sonno ad alleggerirlo di ogni suo peso. Eppure, nella quiete il suo cuore stava battendo inspiegabilmente forte. Lo sentì pulsare sotto la sua pelle quando, dalla sua bocca, uscì un lieve sbuffare di “secondo te, che cosa significa il discorso sull'addomesticamento?”.

Elena si prese una pausa dal suo rumoroso masticare e lo stregone la sentì sorridere dall'altra parte della linea. “Be', Merlin” disse, schioccando la lingua sul palato. “Io penso che la Volpe stia semplicemente chiedendo al principe di insegnarle ad amarlo. Non ti pare?”

 

 

~

 

 

 

 

Salve! Innanzitutto mi scuso per la lentezza con la quale è arrivato l'aggiornamento...per questo capitolo ho dovuto fare un vero e proprio lavoro di restauro. L'avevo scritto in gran parte tempo fa, ma col procedere della storia ho cambiato parecchie cose, e alla fine ci ho messo tantissimo a riaggiustarlo...forse avrei pure fatto prima a riscriverlo del tutto xD

Comunque, le parti in corsivo, il discorso dei tramonti e quello della Volpe, sono, come avrete capito (xD) estratti dal “Piccolo Principe” di Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry.

Mentre ideavo questa fiction, mi venne in mente così, di colpo, quanto in effetti ci fosse del Piccolo Principe nel mio Arthur e della Volpe nel mio Merlin. E niente, era dai primi capitoli che non vedevo l'ora di arrivare al punto in cui poter inserire queste citazioni >w<

 

Oh, alla fine il nostro stregone ha deciso che la sua priorità è difendere Arthur, in barba al duello, anche se non ha messo via del tutto l'idea di riuscire a vincere il suo cuore.

Spero che non generi confusione lo stato (patologico xD) in cui Merlin si trova adesso.

Ma, vi chiederete, dopo tutto questo parlare d'amore, l'ha capito che cosa significa Arthur per lui? La risposta è...sì e no, ma più sì che no. Lo sta capendo. Work in progress. I suoi pensieri oscillano un po' tra il sapere, il nascondere inconsciamente la testa sotto la sabbia e l'indugiare. Però siamo un bel pezzo avanti rispetto a prima, vero? xD

 

 

Angolino Soundtrack:

Melodia per Morgana: Destiny, the Second Story (Brilliant Legacy OST)

Love Theme per Merlin e Arthur: Destiny (Arang and the Magistrare OST)

(nel video ci sono due versioni della melodia; in particolare, per la scena in cui Arthur legge in libreria mi sono ispirata alla seconda versione, che parte dal minuto 3:16. E' la più malinconica e lenta delle due, ed è estrapolata direttamente da un episodio di un drama coreano...quindi ignorate le voci che a un certo punto si sentono sotto xD)

 

Spazio pubblicitario: ho aggiornato con la quarta shot di “Kairos”.




 
   
 
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