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Autore: Lucy_inthesky_withmagic    26/11/2013    3 recensioni
Questa è la prima storia che pubblico su internet,spero che leggendola qualcuno possa appassionarsi,anche perchè ci ho davvero messo il cuore nello scriverla.
Dal testo:
"Si allontanò e io mi sedetti su una panchina lì vicino,in attesa del suo arrivo.
"Ciao Juliet" esclamò una voce alle mie spalle.
Sussultai.
C'era troppo silenzio,e quella voce lo aveva spezzato troppo velocemente,cosa che mi aveva spaventato parecchio.
Mi voltai e lo guardai negli occhi.
Non erano castani misti al verde."
...spero di avervi incuriosito con questa breve descrizione...Buona Lettura e Grazie Mille!:)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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[Roma, 11 Settembre 1959] Quel suono assordante stava iniziando a darmi un po' sui nervi. Mi trovavo all'aeroporto di Roma già da un paio di ore,per colpa di mia madre che mi aveva tirata giù dal letto prestissimo per paura che perdessi l'aereo,aereo che presto mi avrebbe portato molto lontano da quella che fin da quando ero nata,era stata casa mia. "I passeggeri del volo A-3 diretto da Roma a Liverpool è in partenza al gate n° 4" L'annuncio mi fece ritornare alla realtà,poichè assorta com'ero nei miei pensieri,se non l'avessero ripetuto un paio di volte,non mi sarei accorta di nulla e avrei perso sicuramente il mio volo. Ero entusiasta di andare in Inghilterra,patria di scrittori e cantanti famosi in tutto il mondo, anche perché vista la mia passione per la musica Inglese non vedevo l'ora di scoprire tutto sulla lingua e sulla storia della nazione. Sarei stata ospitata da una famiglia,in cui a quanto pare viveva anche un ragazzo della mia età,con il quale avrei condiviso la classe e la casa. Mia madre e mio padre mi salutarono molto calorosamente,ripetendomi le solite raccomandazioni che tormentano la mente di tutti i genitori,mentre mia sorella,Beatrice,scoppiò in lacrime ancor prima di salutarmi e mi abbracciò per almeno cinque minuti. Lei mi somigliava molto.Era mora come me,ma invece di avere gli occhi verdi,li aveva neri come la pece,che la rendevano ancora più particolare nelle sue movenze.Era più piccola di me di tre anni,ma già ci raccontavamo tutto, mi rendeva molto partecipe della sua vita privata e mi aggiornava sempre sui suoi segreti in continua evoluzione.Il suo nome era stato scelto da mia madre per rendere "omaggio" alla divina commedia di Dante Alighieri,un classico letterario che era riuscito a catturare il suo interesse. Salii sull'aereo,e mi sistemai accanto al finestrino per riuscire ad osservare le nuvole,il cielo,e la mia amata Italia dall'alto,che non avrei rivisto per almeno un anno e mezzo. Il volo durò un bel po',tempo nel quale preferii non dormire,e perciò mi dedicai prima,ad imparare le parole di una canzone di Elvis con la quale mi sarei esercitata alla chitarra una volta arrivata nella famigerata Liverpool,e dopo mi immersi nella lettura del mio libro preferito:"Romeo and Juliet" di William Shakespeare. La passione per questo libro l'avevo ereditata da mia madre,che appunto per questo mi aveva dato il nome della protagonista: Juliet; a suo parere questo nome racchiudeva bellezza e virtù,doti che avrei posseduto una volta imparati i principi della vita e dell'amore,o almeno questo era ciò che pensava lei. All'incirca 4 ore dopo,il pilota dell'aereo annunciò tramite l'autoparlante,di allacciare le cinture perchè ci saremmo preparati ad atterrare a Liverpool da lì a qualche minuto. Cercai di scorgere qualcosa dal finestrino dell'aereo,ma l'unica cosa che riuscivo a vedere nitidamente erano le grosse nuvole scure che sovrastavano la città con la loro presenza. L'atterraggio andò a buon fine,per mia fortuna,non perchè avessi timore di morire o chissà che,ma perchè la signora seduta di fianco a me mi afferrò per un braccio e iniziò a recitare a manetta tutte le preghiere possibili e immaginabili per la completa durata della manovra,lasciandomi la manica della maglietta verde tutta bagnata di lacrime e sporca di rossetto. Una volta scesa,andai a recuperare le valigie e la mia chitarra da quella specie di nastro trasportatore che si trovava nella zona degli arrivi e li poggiai su una delle sedie vicine a me,in attesa che qualcuno venisse a prendermi da quel posto abbastanza caotico per i miei gusti. Una Signora si avvicinò molto cauta a me e mi chiese:"Ehm..Sorry!Are you Juliet Moon?" "Yes,I'm Juliet" le sorrisi molto dolcemente,quella signora così gentile mi ricordava tanto la mia mamma. "Piacere di conoscerti Juliet,io sono la signora Harrison,ma tu puoi chiamarmi semplicemente Louise" mi sorrise "e loro sono i miei figli e mio marito,Il sign. Harrison" aggiunse "Chiamami Harold,Juliet" la corresse subito lui. "Va bene Mr. Harris...ehm Harold" mi misi a ridere e loro insieme a me "Non preoccuparti ti ci abituerai col tempo cara" mi incoraggiò il sign. Harrison "E loro sono i nostri figli:Harold,il maggiore,Peter,Louise e lui è George" li indicò ad uno ad uno,e quando toccò a quello che si chiamava George, notai che il suo sguardo si perse nel miei occhi per qualche secondo,prima che li distogliesse di colpo molto imbarazzato. "Piacere di conoscervi" dissi. "Il piacere è nostro" disse la ragazza,Louise. Entrammo in macchina,dove i signori Harrison si sistemarono sui sedili anteriori,mentre io e gli altri quattro figli ci sedemmo su quelli posteriori stringendoci un po' per entrarci tutti. La signora Harrison,ripetutamente durante il breve viaggio si scusò con me per "Il disagio causato dalla capienza dell'autovettura". Le spiegai diverse volte che quella situazione non mi dava affatto fastidio,anzi mi faceva sentire in un modo o nell'altro come se fossi tornata un po' a "Casa mia" in italia,dove cose del genere per me erano all'ordine del giorno,più o meno come una routine. L'auto si fermò davanti ad una piccola Casetta,molto graziosa e accogliente. Peter e George si offrirono di portare le mie valigie,e quando George notò la custodia della mia chitarra sembrò andare su di giri per poi chiedermi: "Suoni la chitarra anche tu?" "Si,beh la suono da due anni ormai...devo dedurre che anche tu sai suonarla vero?" gli chiesi sorridendo "OH si...da un po',magari se vuoi possiamo suonare qualcosa insieme prima o poi....sempre se ti va" specificò con cautela. "Ma certo che si George,Mi farebbe molto piacere" a quelle parole mi sorrise,evidentemente soddisfatto. Salimmo al piano di sopra,e arrivati di fronte ad una porta Peter l'aprì e mi disse sorridendo: "Questa è la tua stanza Juliet" "Grazie Peter" dissi ricambiando,ed entrai. Era una stanza molto graziosa.Le pareti erano ricoperte di una carta da parati di un colore tra il verde ed il blu,con un motivo floreale stampato sopra.Al centro della stanza c'era un letto ad una piazza con una coperta verde adagiata sopra,un comodino con una piccola lampada da lettura e un po' più distante,c'era una finestra che affacciava sulla strada e sul giardino. Sulla parete più vicina alla porta c'era un bellissimo quadro che raffigurava un paesaggio naturale con una cascata circondata dagli alberi,e sopra si estendeva un arcobaleno che ravvivava la colorazione dell'opera,mentre a fianco si trovava un armadio molto antico,con dei fiori intagliati sopra,abbastanza grande e semplicemente meraviglioso. Sentivo che quella sarebbe stata presto la mia piccola "Zona fuori dal mondo" nella quale avrei potuto chiudermi tranquillamente nei miei pensieri senza essere disturbata da nessuno.Per quanto amassi stare in compagnia,molto spesso avevo bisogno di celare la parte di me che ogni tanto veniva a galla,quella estremamente insicura e piena di complessi. "Ti piace la stanza,tesoro?" Mi girai all'improvviso.La signora Harrison mi aveva appena posto una domanda,ma io ero talmente assorta nei miei pensieri che ci misi un po' per rispondere razionalmente. "Oh Certo,è stupenda!Grazie di tutto Signora Harrison" "E di cosa cara?A noi fa piacere la tua presenza" "Anche a me fa piacere essere qui" le sorrisi. "Ne sono contenta" mi sorrise anche lei e poi continuò "ti lascio a disfare le tue valigie,ma di qualunque cosa tu abbia bisogno chiedi pure " disse e se ne andò chiudendo la porta. Aprii la mia valigia,e iniziai a tirare fuori alcuni vestiti. Scelsi con cura dove riporre tutti i vestiti,le scarpe e gli accessori.Mi piaceva essere ordinata ma soprattutto mi piaceva programmare qualunque cosa per non trovarmi sommersa dagli imprevisti. Finii in fretta,infondo non avevo portato tantissime cose con me,ma soltanto l'essenziale. Decisi di scendere al piano di sotto,per fare maggiore conoscenza con quella che sarebbe stata la mia "nuova famiglia" per un bel po'. Peter e Louise erano usciti,Harold era nella sua stanza e i signori Harrison erano impegnati nelle commissioni e nelle faccende di casa e perciò l'unico con cui potessi parlare era George. "Hey George" dissi sedendomi accanto a lui sul divano. Sussultò per qualche secondo,ovviamente non mi aveva sentito arrivare. "C-ciao Juliet" "Che ne dici se mettiamo in pratica la tua proposta di stamattina?" Gli sorrisi "Ovvio che si!!" disse entusiasta aprendosi in un gran sorriso. George era un ragazzo molto timido all'apparenza,ma avevo come l'impressione che con chi lo conosceva bene,sapeva essere anche molto aperto. Mi prese per un braccio e mi trascinò al piano di sopra,nella sua stanza. Non era molto diversa dalla mia,ma tutto ciò che conteneva era decisamente più maschile,dominata dal color blu e nero. Afferrò la chitarra che c'era sul letto,e poi un libro che conteneva spartiti e testi delle canzoni, e mi ri-trascinò fuori, e a quel punto andai a prendere anche la mia chitarra con lui che mi seguiva in silenzio. Tornammo al piano di sotto,ci sedemmo nuovamente sul divano e lui iniziò a strimpellare qualcosa con la chitarra. "Conosci qualche canzone di Elvis?" mi chiese,un po' diffidente. Probabilmente si aspettava che fossi una di quelle tipiche ragazze che odiavano il Rock 'n' Roll e che al contrario prediligevano solo ed esclusivamente la musica classica,ma si sbagliava di grosso,anche se non ero molto estranea a quell'ultima. Mio padre era di origini inglesi ed aveva imparato a suonare il piano da mio nonno che poi lo aveva insegnato anche a me prima di scoprire la mia grande passione per le chitarre. "Certo,è impossibile non conoscere le canzoni del RE" gli risposi. Fu ovviamente soddisfatto della risposta e poi iniziò a suonare una canzone che mi sembrava un po' troppo familiare, e dopo qualche istante imbracciai la chitarra,imitandolo,ed iniziai a suonare con lui. Mi sorrideva contento,infondo insieme eravamo proprio bravi,ma avevo la sensazione che mancasse qualcosa. Lo guardai e lui fece lo stesso,poi abbassai gli occhi sorridendo e iniziai a cantare "Love me tender Love me sweet Never let me go You have made my life complete and I love you so" Si unì a me,e nella seconda strofa iniziò a cantare con un tono più basso del mio,ovviamente. "Love me tender Love me true All my dreams forsfield For my darling,I love you and I always Will" Proprio mentre ripetevamo la prima strofa,entrarono i signori Harrison con delle buste di plastica in mano. Sorridevano felici,mentre io e George rendevamo armoniosa la casa sulle note di Love me tender,e tutto ciò che ci circondava appariva sempre più bello e colorato. Finimmo la canzone e ci alzammo per aiutarli con la spesa,e la portammo in cucina dove la signora Harrison stava già iniziando ad armeggiare con i fornelli. Io e Geo mettemmo tutto a posto e poi comparve Harold dal piano di sopra. "Geo,Juliet, insieme siete davvero bravi con la chitarra" ci sorrise Io e Geo ci battemmo il cinque e ridemmo come due matti. La sera la trascorsi con lui,sia prima e sia dopo cena,e fu in quel momento che iniziai a conoscerlo veramente. Gli chiesi qualcosa di Liverpool,e lui fece altrettanto chiedendomi dell'Italia e poi iniziammo a sentirci sempre più amici. Mi raccontò di tutto ciò che lo appassionava,dalla musica al cibo(Che sbalzo!)di cui a quanto pare riusciva a divorarne quantità incredibili,anche se quest'affermazione non sembrava molto attendibile visto che era magro più o meno come un chiodo. Le parole che gli uscivano di bocca ormai erano inquantificabili,ma dentro di me sentii che non ne avrei mai avuto abbastanza. I pensieri di George mi interessavano eccome,anche perchè in Italia al di fuori dei miei amici,pochi avevano delle menti così interessanti e variopinte. "Si è fatto tardi George,andate a dormire o domani chi ci va a scuola?" ci incitò il signor Harrison. "Va bene Papà" acconsentì George un po' scocciato. "Vieni Juliet" lo seguii e dopo che salimmo le scale mi augurò la buonanotte e io feci lo stesso,ma prima che potessi entrare nella mia stanza mi disse: "Ah Juliet...sono contento che tu sia qui,sei una ragazza molto speciale e ce ne sono molto poche come te" "Oh Geo,sei così dolce!" lo raggiunsi,lo abbracciai e gli diedi un bacio sulla guancia. Dopodichè sorridendo entrai nella mia stanza e chiusi la porta. Indossai una canottiera e mi tolsi i pantaloni,infondo faceva abbastanza caldo per essere settembre. Il giorno dopo sarei dovuta andare a scuola,e questo mi preoccupava un po',ma l'improvvisa amicizia con George mi dava molta fiducia,sentivo già di volergli molto bene. Mi addormentai,esausta per il viaggio e per la cena abbastanza pesante,ma veramente deliziosa che la mamma di George aveva preparato per tutti.




ANGOLO DELL'AUTRICE: Salve!c: Questa come avrete capito leggendo l'introduzione,è la mia prima storia e spero che riesca a catturare l'interesse di molti! In questo primo capitolo gli avvenimenti sono molto tranquilli visto che è solo l'inizio...ma ci saranno moltissimi colpi di scena. Gradirei molto se qualcuno recensisse anche solo per avere dei consigli tecnici...Grazie a Tutti!^_^
  
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