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Autore: Pineapple__    27/11/2013    3 recensioni
"Fino a che punto si è disposti a sacrificarsi per proteggere ciò che più si ama?"
La storia si svolge su un'isola fredda e deserta, dove il capitano Law viene esiliato dalla Marina in cambio della salvezza della sua ciurma. Ma, un giorno, mentre è impegnato a contemplare il mare in tempesta, la sua attenzione viene attratta da una cesta bruciacchiata. Il canestrino nasconde una piccola neonata, arrivata da chissadove, come per uno scherzo del destino sull'isola di Law. Il chirurgo è scettico a riguardo, ma decide di crescere come la piccola come fosse sua figlia. Comincia così una conversione per il nostro spietato capitano, il quale scoprirà quanto sia meraviglioso, e a volte pericoloso, voler bene a qualcuno.
Genere: Azione, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E’ tempo di iniziare, vero? 
Diventerò un po' più grande 
Ma poi ammetterò che 
Sarò lo stesso di quel che ero 
Adesso non capisci che 
Non cambierò mai quello che sono.

-It’s Time, Imagine Dragons-
 
 
 
Il pirata alzò stizzosamente lo sguardo, incontrando quello inquieto del Marine in piedi di fronte a lui. Sollevò un sopracciglio, mentre il pungente odore della tazza di caffè appoggiata sul basso tavolino di fronte a lui gli accarezzava il diritto setto nasale. Lo scoppiettante crepitio del fuoco riempiva il pesante silenzio creatosi pochi minuti addietro tra i due uomini. La luce generata dalle fiamme colpiva tremolante il viso serio e imperscrutabile del capitano, risaltandone i lineamenti morbidi e perfetti.
 
All’esterno, intanto, innumerevoli fiocchi lattei pattinavano leggiadri nella polare etere, per poi accasciarsi aggraziatamente al suolo. Lo sguardo si perdeva alla vista di quello spesso ed immacolato manto che avvolgeva l’area circostante. Gli occhi del corsaro si spostarono annoiati verso l’impolverata finestra, osservando tacito la bufera che soffiava inclemente sull’isola, facendo cigolare lo spiovente tetto di tegole rossicce. Quei pochi mesi che aveva trascorso in quella sperduta landa, li aveva passati nella granitica morsa dei costanti ghiacci del Nord. L’estate non arrivava mai e mai sarebbe arrivata. La fitta pineta non sarebbe mai stata accarezzata dai caldi raggi del sole d’agosto, ma avrebbe sempre mugolato tristemente sotto il peso della neve.
 
Scosse lievemente il capo e riportò l’attenzione sul Marine, riprendendo a fissarlo grevemente. Non sapeva perché, ma il fatto di intimorire così tanto il giovane uomo lo divertiva infinitamente. Il suo sadico giochetto venne interrotto dal fastidioso squittio di un secondo giochino, molto più innocuo del primo. Una pallina a striature violacee rotolò vicino alle scarpe di Law, il quale si abbassò seccato e squadrò seccato la piccola figura che gattonava goffa cercando il piccolo oggetto sferico.
 
“Vogliamo smetterla con questo gioco scemo, piccola peste?” chiese con una punta di ironia sulla lingua.
 
Allungò le braccia e la afferrò con delicatezza innaturale, poggiandola sulle sue smagrite cosce. La piccola gorgheggiò di protesta, pretendendo che le fosse restituito il gioco. Il Marine deglutì sonoramente e serrò i pugni, forse deciso a proferire parola.
 
“Allora, vuoi portare via questa piccola pulce gorgheggiante o vogliamo continuare a giocare alle belle statuine?” sbottò l’uomo dal cappello a macchie porgendogli sgraziatamente la bambina.
 
“I Grandammiragli si sono riuniti per parlare della tua situazione, Trafalgar Law…” iniziò titubante il marinaio passandosi una mano sulla rada barbetta.
 
“Interessante. Prendi la bambina e sparisci.” incalzò Trafalgar, cominciando a perdere la pazienza.
 
“E hanno pensato che, per la tua stabilità mentale, sarebbe meglio che tu tenga la piccola.” sentenziò mordendosi l’interno delle guance.
 
Il pirata sbarrò gli occhi e schioccò tediato la lingua, scagliando un’occhiata raggelante al Marine.
 
“Sono mentalmente più stabile di tutti voi della Marina messi insieme. Non intendo abbassarmi a fare da balia ad una mocciosa. Ho ancora una reputazione da Supernova da difendere.” asserì riacciuffando la neonata che cercava di sgattaiolare via dalle sue gambe.
 
“Se riuscirai a crescerla fino ad otto anni compiuti, avrai in cambio la libertà.” continuò imperterrito l’uomo allacciando le mani dietro la schiena.
 
Per il corsaro fu come una cannonata in pieno stomaco. Avrebbe solo dovuto fare da padre ad una marmocchia per ricevere in cambio la libertà. La storia gli puzzava inimmaginabilmente, ma se quel piano fosse andato veramente in porto, avrebbe rivisto la sua ciurma. Certo, otto anni erano davvero tanti. Ma avrebbe affrontato quel lungo periodo solo per sentire di nuovo l’odore asettico che aleggiava pesantemente in quel suo angusto sottomarino. La sua vera casa. Avrebbe fatto fronte a otto lunghi anni di convivenza con una perfetta sconosciuta, solo per udire di nuovo i bisticci che volavano tra Shachi e Penguin, per poter appoggiare ancora una volta la sua testa sulla morbida pancia di Bepo.
Sapeva di non poter negoziare, conoscendo la testardaggine degli uomini della Marina, soprattutto degli alti ranghi. Ma otto anni erano davvero tanti. Troppi.
Interminabili e silenti si susseguirono, mentre il capitano ponderava doverosamente il da farsi. Buttarsi? Lui non era per queste cose.
Decise di rischiare comunque. In fondo, che cosa aveva da perdere?
 
“E va bene, terrò la marmocchia. Ma da dove comincio?” sbuffò girando lo sguardo contrariato.
 
“Perché non cominci con il trovarle un nome?” propose il Marine dirigendosi verso la porta, per poi uscire come risucchiato dal turbinio di fiocchi nivei.
 
La Supernova si appoggiò esasperato allo schienale del divano, accarezzandosi energicamente una guancia. In che cosa diavolo si era cacciato? Si era aperto un nuovo capitolo nella vita del pirata. E se si fosse affezionato a quella piccola pulce gorgheggiante?
 
“Impossibile. Trafalgar Law non si affeziona a nessuno.”  pensò scuotendo leggermente il capo.
 
Fu a quel punto che la piccina si voltò, fissandolo con quei grandi e luminosi occhi verdi. Lui la guardò solo per pochissimi secondi, prima di distogliere antipaticamente lo sguardo come al solito. La sua attenzione fu catturata nuovamente dalla tempesta che imperversava furiosa all’esterno. Pareva che i fiocchi di neve danzassero trasportati dal vento. Puri. Soffici. Lievi.
 
“Yuki. Ti chiamerò Yuki.” dichiarò con convinzione sistemandosela tra le braccia.
 
Fu solo per un istante, ma Trafalgar intravide un sorriso farsi strada sul volto della bambina. Quel nome sembrava piacerle.
  
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