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Autore: simona_09    27/11/2013    1 recensioni
Inizio a scrivere sulla transiberiana...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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31 luglio 2013,  ore 22.00, da Mosca a Omsk

Incomincio a scrivere in transiberiana, qui dove l’atmosfera non potrebbe essere più romanzata. Mi sento come un personaggio di Tolstoj con compagni di viaggio alla Dostoevskij: io, sola, diretta verso la campagna per cercare di comprendere qualcosa in più della vita, circondata da facce pittoresche e stereotipate.  Ci sono tutti, dagli ex galeotti senza denti alle facce imbellettate da prostitute. Tutto su un treno, lungo quanto una vita, che attraversa le distanze più ampie del mondo nel paese dei contrasti per eccellenza. Un treno che ti trasporta dai +45 ai -70, dall’Europa all’Asia, travalicando culture e sorpassando numerosi microcosmi.
Risate in lontananza, odore di cibo, luce al neon accecante, inizia così il viaggio della verità. Essere fuggitiva ha un prezzo, talvolta si guadagna in sconforto e umiltà. Per ritrovare la mia pace interiore scappo dalla vita, sfido il destino, proprio come questa mia scrittura ondeggiante e poco chiara che procede coraggiosa, nonostante le luci siano prossime allo spegnimento.
Questo paesaggio non è così bello come mi aspettavo. Alberi, alti, altissimi, folti, radi. Poche case, una, nessuna. Tutte le sfumature del verde. Il vero paradosso sta nel tempo: si viaggia fra la natura come se gli alberi del mondo fossero infiniti e i kilometri della terra durassero in eterno; questo treno svia i principi della scienza, che io, guardando dall’oblò, tento di far rientrare nella mia penna.  Questo treno si ferma nel movimento: è un attraversamento di luoghi che diventa immobilismo, ci si muove ma ci si ferma, non si capisce cosa sia reale cosa sogno, si è al crocevia dei desideri tra il fare e il non fare. Noi non siamo più noi, 4 chiacchiere, un sorriso, l’attesa, un po’ di cibo in scatola, della musica, un appisola mento. Resta la noia, si insidia fra di noi, la ci si legge in faccia. Un treno ci sfreccia accanto a velocità impressionanti, ma noi siamo sempre più fiacchi.
Treno, ancora treno, sempre treno: a ritmo di balalaiche ex sovietiche rallento i ritmi biologici e confondo gli orari. Solo poco più di 10 ore all’arrivo, per me vuoti così enormi da riempire, mentre i casermoni all’altra estremità dei binari gridano che non bastano nemmeno 80 anni a riempire vuoti ben più enormi. Attraversare la Russia è come lasciar passare un treno attraverso la storia, sai cosa hai passato ma non sai determinare l’arrivo.
Vuoto e spossatezza. Rivoglio il mio corpo, voglio tornare faccia a faccia con la vita, perché vivere stanca e io ora ho voglia di stancarmi.
 Luci spente.
 Mi manca l’aria. 
  
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