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Autore: moondance    03/05/2008    1 recensioni
Breaking Dawn, dal punto di vista di Jacob Black.
"Ero terribilmente assetato. Quando avevo deciso di vivere sotto forma di lupo non avevo pensato agli svantaggi. Niente più sofferenza umana, questo era stato il mio unico pensiero."
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Oggi finalmente inizio a postare questa fan fiction. Ma prima devo dire alcune cosette.
Questa storia è nata principalmente grazie ad Eclipse. Si perchè grazie a questo libro -TheRaVen- ed io abbiamo iniziato a passare nottate intere a sviscerare ogni singola riga di ogni pagina per capire che cosa sarebbe potuto accadere in Breaking Dawn. Perciò le nostre teorie sono la principale, se non sostanziale, fonte di questa fan fic.
Grazie Ale per le tue idee geniali, per le patatine, per le occhiaie e per il sonno perso, per le risate, per Fire&Ice, per il Lex (smuahahah solo grazie a noi potevano cambiare!), per il nastro rosso e per tutto il resto!
Sei il mio cervello, perciò ti devo davvero tanto.
Spero di non deluderti con questa fan fiction, sii clemente e ricorda che non è facile scrivere tutto quello che abbiamo teorizzato, soprattutto perchè sto maledetto Jacob prende il sopravvento e scrivo cose che non vorrei scrivere ihih
Altro grazie va a Pinefertari85 perchè mi ha fatto da Beta e perchè, come sempre, se non ci fosse lei non posterei mai le mie fan fiction. Anzi se non ci fosse lei non avrei mai iniziato a scrivere nulla XD
Detto ciò, direi di iniziare col primo capitolo. Spero vi piaccia e confido nei vostri commenti ^^

Through the Fire [Jacob Breaking Dawn]

 

CAP 1 Lonely Werewolf

 

Ero terribilmente assetato. Quando avevo deciso di vivere sotto forma di lupo non avevo pensato agli svantaggi. Niente più sofferenza umana, questo era stato il mio unico pensiero. Ma il mio corpo aveva dei bisogni, bisogni ai quali dovevo rispondere.

Il cibo era il mio principale problema, gli animali crudi non mi erano mai piaciuti.

Non ero mai stato schizzinoso, ma andare in giro per l’Alaska ad uccidere come un… animale, mi irritava, non lo sopportavo. Mi faceva sentire sempre meno umano. Mi faceva sentire… un mostro. Come loro. Come lui.

Non potevo pensare oltre, non potevo permettermi di pensare a lei, nemmeno da lupo.

Raggiunsi un ruscello e fui immediatamente dissetato dall’acqua fredda che mi scorreva lungo la gola. Gelida, come tutti loro.

Dannazione, ogni cosa qui mi ricordava loro… ogni cosa mi gridava: vampiro, ecco quello che sarà. Fredda. Assetata. Morta.

Istintivamente mi gettai in acqua ed attraversai in fretta il fiume.

Non avevo mai provato nulla di simile, era come se milioni di aghi appuntiti cercassero di forarmi la pelle per succhiare la mia vita. Mi sentivo pesante, stanco e sofferente, ma non per questo mi lasciai andare. La furia che provavo dentro ribolliva e mi portava a muovere una zampa dopo l’altra, sino all’altra sponda.

Mi scrollai velocemente l’acqua di dosso ed iniziai a correre senza meta, spinto solo dai miei naturali istinti.

Correre solitamente mi eccitava. Sentire l’aria fredda e compatta resistere al mio corpo per poi venire inesorabilmente vinta dalla mia potenza era una sensazione inebriante. La velocità era favolosa. Non così favolosa però da annientare i miei pensieri.

Un ringhio cupo e profondo mi nacque dal petto al ricordo della lettera di invito al matrimonio. L’istinto mi diceva di andarmene, e così avevo fatto. Ma la ragione… la ragione mi diceva ben altro. Avrei voluto cambiare le cose e avrei potuto farlo. Sarei andato al matrimonio, avrei ucciso il succhiasangue. Li avrei uccisi tutti, per lei. Poi l’avrei sposata. Saremmo vissuti come avremmo dovuto vivere. Tutto sarebbe andato come avrebbe dovuto sempre essere. Lui non sarebbe esistito.

Fu in quel momento che l’odore nauseabondo mi colpì le narici. Era esattamente troppo dolce come lo ricordavo. Il naso mi bruciava già: era vicino. Non potevo chiedere di meglio, di chiunque si fosse trattato l’avrei ucciso. Era un vampiro, non avevo bisogno di nessun altro motivo. Si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il mio corpo fremeva pregustando già l’eccitazione della battaglia. Magari sarei morto. A chi sarebbe importato dopotutto? Chi l’avrebbe mai scoperto? Ero in un luogo dimenticato da Dio. Ero un lupo, nessuno mai, anche qualora mi avesse ritrovato, mi avrebbe portato a casa. Forse avrebbero scoperto di me dai giornali. Un enorme lupo rosso avrebbe senz’altro dato scalpore. Non potevo far soffrire Billy, non lo meritava.

Scacciai quei pensieri e seguii la scia del succhiasangue. Evidentemente non mi aveva ancora notato, perché non si muoveva. Mi tenni sotto vento, per non farmi scoprire e mi ritrovai nel cuore della foresta, a poche centinaia di metri dall’essere…e dalla sua vittima. Non potevo ancora distinguere le due sagome ma percepii chiaramente l’odore di sangue. Non era umano, sicuramente si trattava di un animale, anche se non seppi distinguere quale.

Era il momento migliore per attaccare, l’avrei colto totalmente di sprovvista.

Diedi libero sfogo a tutto il ribrezzo che provavo per i vampiri, alla rabbia per il mio dolore, al puro odio che nutrivo per Edward e trovai la forza per accelerare e volare tra gli alberi. Mi gettai come una furia contro il nemico e lo atterrai con le zampe anteriori in un unico slancio. Vidi a malapena il muso del puma dissanguato. Tutto era durato nemmeno una frazione di secondo, sapevo di avere ancora un battito di ciglia a disposizione per affondare i miei denti nel collo del vampiro. Abbassai lo sguardo e fu allora che vidi la pelle candida per la prima volta. Non so perché mi sorprese, avevo visto quel tipo di pelle pallida centinaia di volte, ma esitai un attimo e fu tutto il tempo che occorse al mostro per reagire. Facendo leva con le mani si sollevò e mi scaraventò lontano. Atterrai prontamente sulle zampe e mi voltai repentino, per attaccare.

Non ci sono parole per descrivere a pieno quello che successe.

Mi sembrò che tutto si fosse fermato, che la testa volesse scoppiarmi. Fu come essere trapassati da un lampo accecante, potente, senza però l’ausilio del tuono a giustificarlo. Era qualcosa di primordiale, che aveva a che fare col fuoco. Bruciavo dentro. Un fischio sordo risuonava nelle mie orecchie. Avevo gli occhi spalancati, non riuscivo a mettere a fuoco nulla se non lo sguardo rabbioso che mi fissava. Non potevo muovermi di un solo millimetro.

Che cosa mi stava succedendo?

Che quella vampira avesse un dono particolare come i succhiasangue di Forks? Che mi stesse uccidendo col controllo della mente? O magari riusciva a rendermi immobile e presto mi avrebbe fatto a pezzetti, lentamente, per prolungare il suo piacere e la mia tortura?

Approfittando nuovamente della mia indecisione la vampira mi attaccò. Fu subito su di me, con una mano mi afferrò il collo, sollevandomi sulle zampe posteriori. Sapevo che nel giro esatto di un secondo sarei morto: mi avrebbe spezzato il collo. Sapevo che dovevo agguantarla e ferirla, ma non feci nulla.

Non potevo attaccarla. Non ci riuscivo.

Nell’istante esatto in cui le nostre pelli si toccarono il fulmine mi colpì ancora, più intensamente, tanto che mi scappò un guaito per il dolore. La fitta al collo era stata brevissima, ma non avrei mai dimenticato quella sensazione, quel calore elettrico che mi aveva percorso.

Il mio guaito non fu l’unico suono che ruppe il silenzio della foresta, anche la vampira aveva emesso un grido di dolore. Si era subito staccata da me, allontanandosi ad una cinquantina di metri di distanza. Era mezza acquattata e teneva la mano con cui mi aveva afferrato nell’altra e la massaggiava, come se volesse far passare un dolore.

L’attacco era durato nemmeno due secondi, ed io ero ancora immobile, sotto effetto dei suoi strani poteri, che a quanto pareva questa volta non avevano funzionato.

Distolsi lo sguardo dalla sua mano ed osservai nuovamente lo sguardo della vampira. Era sconvolta quasi quanto me. Il suo sguardo mi faceva ribollire il sangue. Nemmeno in presenza degli altri succhiasangue mi ero sentito così travolto e in preda agli istinti. Nonostante ciò non potevo muovermi.

Tutto il mio corpo era teso, pronto a slanciarsi verso di lei.

Volevo toccarla… toccarla, non ucciderla.

La mia avversaria interruppe i miei pensieri parlando con una voce fredda e tagliente: “Cosa sei tu?”.

Se fossi stato in forma umana avrei riso, nonostante la situazione. Che cos’ero, non era evidente? In risposta reclinai la testa e le concessi uno sguardo strafottente, beh strafottente per un lupo almeno.

La vidi indietreggiare lentamente e mettersi in posizione eretta, ma sempre estremamente guardinga.

“So cosa sei, lupo. Ma che magia pratichi? Cos’era quel dolore… non ho mai incontrato uno di voi che non uccidesse se non con denti e forza bruta. Poco importa, non succederà di nuovo”.

Ancora prima che potessi dare un senso alle sue parole me la trovai nuovamente addosso. Chiusi gli occhi, provando a desiderare ardentemente qualcosa che non riuscivo nemmeno a pensare. Non mi mossi.

Mi colpì con tutta la sua furia, ne sono certo, perché il suo calcio oltre ad avermi scaraventato a parecchi metri d’altezza mi aveva anche rotto qualche costola. Eppure quel dolore fu secondario. Quello che sentii inizialmente fu soltanto la fitta che mi aveva colpito anche la prima volta che la vampira mi aveva toccato. Ero senza fiato e sconvolto. Sapevo che mi avrebbe colpito senza permettermi di atterrare al suolo. Lo sapevo ma non feci nulla.

Quando mi schiantai a terra emisi un altro guaito di dolore, che fu accompagnato dalle imprecazioni della succhiasangue.

“Dannazione! Non capisco! Accidenti a te! Non posso attaccarti senza ferirmi, che razza di potere è? Perché non approfitti della mia impotenza per uccidermi? Perché subisci e basta! Attaccami! Voglio… Ahhhh và all’inferno! Trasformati, non sopporto di parlare con chi non può rispondermi”.

Chiunque al mio posto non avrebbe obbedito. Dopotutto chiunque al mio posto si sarebbe difeso, l’avrebbe uccisa al primo attacco. Ma non potevo trasformarmi. Era infantile ma… essere nudo davanti a lei era un’idea imbarazzante.

La fissai, incapace di decidermi.

Sbuffò, “ Non ti colpirò in forma umana, non subito almeno. Esigo delle risposte. Perciò o mi uccidi ora con la tua stupida magia, mettendo fine a questo giochetto, oppure trasformati ed affrontami”.

Ignorando il dolore alle costole mugugnai dispiaciuto ed abbassai inavvertitamente il capo, in segno di resa. Non potevo trasformarmi. Speravo che lei capisse il perché.

Un luccichio di comprensione le balenò negli occhi: “Non è perché non ti fidi, vero? Ti vergogni?”, esplose in una breve risatina sprezzante, “non pensare che me ne importi qualcosa. Tu per me sei solo un mostro da eliminare”.

Un basso ringhio mi salì dal petto, non era propriamente rabbia… non riuscivo a capire i miei sentimenti. Dopotutto non ne avevo il tempo, dovevo cercare di sopravvivere. Col muso le feci cenno di allontanarsi.

Strabuzzò gli occhi incredula: “Non se ne parla! Non sono nata ieri, stai iniziando a darmi sui nervi lupo. Hai tre secondi”.

Ovviamente non si fidava di me, era normale. Anche io non mi sarei dovuto fidare di lei. Dopotutto però, non riuscivo ad attaccarla, non mi restava che assecondarla.

Cercando di ignorare il dolore al fianco mi trascinai lentamente verso il cespuglio più vicino.

“Ti prego! Non abbiamo tutto il giorno!”, imprecò.

Mi voltai ad osservarla mentre mi si avvicinava, con cautela questa volta.

“Non voglio farti del male”, disse, rispondendo alla mia tacita domanda.

Allungò una pallida mano per toccarmi una zampa, la vidi esitare un attimo e mi preparai al dolore che sapevo mi avrebbe colpito.

Era fredda e dura la mano che mi afferrò saldamente. Nonostante questo mi si accapponò il pelo in risposta alla scossa elettrica che mi aveva attraversato il corpo. Sentii la mano che mi stringeva tremare per un istante.

La vampira sospirò, “Ora è sopportabile”, disse, poi mi afferrò anche con l’altra mano e mi sollevò con uno slancio, come se non pesassi niente.

Non mi accorsi nemmeno del dolore al fianco, non mi accorsi di nulla. Il mio cuore batteva così velocemente che temetti mi uscisse dal petto.

Mi portò dietro il cespuglio, ma prima di depormi a terra aumentò la sua presa, per stritolarmi. Nello stesso istante l’elettricità che mi aveva percorso ritornò più forte e mi colpì con una fitta dolorosa. Ci colpì.

Mi lasciò andare immediatamente, sibilando “Maledetto, è così che funziona? Posso toccarti senza ferirti, ma quando voglio ferirti me lo impedisci eh? Astuto, davvero astuto”.

Indietreggiò in modo da permettermi di trasformarmi senza che mi vedesse.

  
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