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Autore: Kikillo    27/11/2013    1 recensioni
Quando una sera Ive, un'ex campionessa di Jotho, rincontra il suo amico di infanzia Bill (il creatore del sistema memoria pokemon) decidono di intraprendere un viaggio per trovare il DNA di Mew, necessario per un'invenzione del ragazzo. Tuttavia questo pokemon è misterioso e sfuggevole e il piano dell'inventore è quello di testare personalmente le leggende metropolitane che corrono su di lui per trovarlo...
N.B. la storia di svolge prima degli eventi di Rosso, Blu e Giallo.
Genere: Avventura, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Videogioco
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“La sua tomba è accanto alla tua Fiamma, vedere i vostri nomi non mi deve far piangere, deve farmi ricordare quanto mi avete dato e quanto ancora posso fare.
Sarebbe così facile pensarla così, mi hai detto di piantarla di chiedere scusa, ma è difficile non credere che sia colpa mia.
Non voglio più perdere nessuno, non permetterò che qualcuno si sacrifichi per me, renderò onore alle vostre vite usando la mia per qualcosa di grande.”


Non so quanto tempo rimasi tra la tomba di Fiamma e quella di Fou, Bill era uscito a prendere aria perché quel luogo lugubre lo soffocava. Lavandonia non è una brutta città, anzi è ben tenuta e piacevole alla vista, peccato che nonostante i crisantemi alle finestre, le tonalità pastello e il parco di Mr. Fuji, si sente qualcosa di pesante, vago e macabro che dalle narici ti inebria il corpo.

Bill tremò anche se non fu per il freddo, mi ero fermata a guardalo dalla finestra della Torre Pokemon, ogni tanto muoveva qualche passo nervoso, si massaggiava le tempie e tornava ad appoggiarsi al muro.
Non erano stati giorni facili nemmeno per lui, giusto ieri aveva perso il suo laboratorio, le sue ricerche ed anche Mew che non eravamo riusciti a recuperare. Non sapevamo dove si fosse cacciato, forse era scappato via terrorizzato, forse erano riusciti a catturarlo…
Tuttavia sentivo che oltre quello c’era altro che lo turbava, in fondo dati e laboratorio si potevano ricostruire, eppure lui continuava a negare al primo accenno di quest’idea, sembrava addirittura spaventato.

«Non voglio pernottare qui» Mi disse appena mi vide, ero d’accordo, Lavandonia inquietava anche me e il calar delle tenebre non aiutava quella città a sembrare più ospitale, tuttavia ero molto stanca.
«Hai paura?» Gli chiesi.
«No, ma non mi piace questa città. Falco riesce a portarci altrove?»
«Ha viaggiato tutta la mattina, non penso riesca a portarci ancora oggi. Bill, sono molto stanca anch’io, per una notte non puoi resistere?»  
Lui si arrese con poco entusiasmo.

Tuttavia la notte a Lavandonia oggi come oggi l’avrei evitata. In hotel non mangiai nemmeno, mi misi subito a letto e finsi di addormentarmi, i dolori alle costole erano diventanti incredibilmente acuti, ma sapevo che Bill si sarebbe preoccupato più del necessario e non volevo nemmeno entrare i discussione. Lui salì dopo aver divorato mezza cucina, lanciò la cravatta e le scarpe e si buttò sul letto come a suo solito. Il contraccolpo mi fece trasalire, speravo non se ne fosse accorto.
«Che c’è?» Domandò alzando il sopracciglio, brutto segno.
«Nulla…» Risposi tentando di fare la disinteressata, mi girai dall’altra parte.
«Come stai?» Continuò.
«Come dovrei stare, Bill?»
«Fisicamente intendo, sei stata presa in pieno da un Iperaggio…» Si avvicinò, appoggiando la mano sul mio braccio.
«Bene, sto bene!» Sbottai un po’ sperando che demordesse.
Così lui si mosse ancora in avanti, venendo col busto sopra il mio, ma senza toccarlo, e fece scivolare la mano sotto la mia maglietta sollevandola.

Lo bloccai.
«No, Bill, non…»
Ma lui, più deciso la tirò su fino quasi al seno. Sbuffai. Lui mi fissò serrando gli occhi.
«Idiota» Mi disse. Sbuffai ancora.
«Devi andare in ospedale Ive»
«Non ne ho voglia» Risposi, certo in maniera molto infantile, ma non volevo assolutamente smettere di sentire quel dolore, per me era una sorta di calmante dal peso della morte di Fou.
«Sei viola, c’è qualcosa di rotto, rischi di perforarti un polmone!» Insistette.
«Domani, ti prego! Cosa cambia? Il pronto soccorso ci terrà lì ore per farmi un antidolorifico e farmi tornare domani mattina per la radiografia, a quest’ora cosa vuoi che facciano qui? Finché fossimo  a Zafferanopoli ancora, ancora, ma… » Mi interruppe.
«Domani mattina si va subito a Zafferanopoli. Non ammetto repliche» Disse Bill con un tono inusuale, quasi troppo autoritario per appartenergli. Io acconsentii.

Sembrava dover finire lì la serata, con i miei mille pensieri che mi tenevano sveglia e Bill che presto si sarebbe appiccicato e avrebbe cominciato a farmi da colonna sonora con quel suo respiro un po’ pesante che ormai ero abituata a sentire.

Invece le cose virarono all’improvviso in maniera del tutto insolita.
Mi venne sete, così visto che il minifrigo della stanza era vuoto, e che al telefono non rispondeva il servizio in camera, Bill andò nella hall per trovare qualcosa con cui dissetarmi e probabilmente torturare verbalmente il receptionist. Tuttavia qualche minuto dopo tornò in camera paonazzo e spinse di fretta e furia la cassettiera contro la porta e si rannicchiò in un angolo. Non mi diede spiegazioni se non : “Non aprire, non aprire”.
Dopo qualche minuto qualcuno bussò alla porta, insisteva colpendo forte, come se tirasse pugni. Pensai ne avesse combinata una delle sue e mi alzai per capire cosa stette succedendo, ma lui corse verso di me, mi tappò la bocca prima che riuscissi a parlare e mi trascinò nell’angolo con lui. Quando i colpi finirono lui sembrò rilassarsi un po’, poi nell’orecchio mi disse: «Le voci che girano su questa città sono vere».
Lo guardai incredula.
«Se è così gli spiriti di Fiamma e Fou…» Azzardai, lui spalancò gli occhi.
«Non ci pensare nemmeno» Prese fiato «Sono appena stato inseguito da un Jinx-zombie, i quadri ridevano e penso che quella cosa che strisciava sul pavimento facendo uscire fuori solo un’infinità di braccia mi volesse uccidere»
«Quale cosa?» Lo guardai stranita, pensavo mi prendesse in giro. Poi notai che il suo colorito mutò nel giro di pochi decimi di secondo dal pallido al cinereo, indicò una specie di grossa macchia d’olio nero in terra, che prima non avevo notato, e si limitò ad urlare. Aprì la finestra, mentre da quella melma uscivano fuori delle strane braccia malformate, uscimmo di lì e proseguimmo sul tetto, arrivati in uno posto apparentemente sicuro ci guardammo attorno.

La città era invasa dai morti.

«Forse era un Machamp… » Osai dire, che nonostante la brutta visione non ero particolarmente preoccupata. Bill era paralizzato, odiava queste cose, anzi le adorava… finché rimanevano in libri, film e creepypaste. I pokemon spettro vagavano felici nel cielo, pensai subito che nessuno ci avrebbe potuto aiutare più della mia Misdreavus.

Fu grazie a lei che riuscimmo a scendere dal tetto, tra i tanti Gastly e Haunter vidi anche un bellissimo pokemon che non avevo mai incontrato prima, cominciai ad inseguirlo incurante del pericolo. Era luminoso e vacuo contemporaneamente, più lo cercavo più si nascondeva attirandomi tra i vicoli della città.
Quando si fermò ebbi modo di ammirarlo in tutto il suo splendore.
Era molto simile ad un candeliere gotico, con le fiamme bluastre e tremanti e gli occhi gialli penetranti.
Bill mi raggiunse e i spaventò, eravamo in trappola e lui lo sapeva.
«Merda Ive, è un Chandelure!» Gridò, mi spiegò che si nutriva delle anime di smarriva la via e che probabilmente aveva tutta l’intenzione di mangiare la nostra. Compresi la situazione in fretta e tentai si scappare, ma le costole dolevano e non riuscivo a correre e per quanto Bill tentasse di aiutarmi sembrava inutile. La mia Shadley lo rallentò a forza di palla ombra, ma non sembrava arrestare la sua fame.
Ci trovammo in un vicolo cieco e Chandelure dietro di noi.

Eravamo morti.
 
 
   
 
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