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Autore: utopsik    27/11/2013    2 recensioni
Ogni goccia del suo sangue, ogni lacrima dei suoi occhi, ogni neurone del suo cervello gli diceva che era troppo tardi, che l’aveva persa per sempre, ma non voleva arrendersi all’ idea di dover condurre, da lì in avanti un’ esistenza senza di lei.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Half a soul.




Niall era abituato ai passi leggeri di Cassie, quando rientrava a casa. Faceva scattare il chiavistello e si affacciava all’ interno del modesto appartamento, ogni volta sentiva passi felpati che si muovevano dalla cucina al salotto, da quest’ ultimo al bagno e la cosa lo rassicurava perché sapeva che Cassie aveva superato un’ altra giornata, cosa che ogni volta si sentiva quasi di festeggiare. Niall amava Cassie più della sua stessa vita, sapeva che sarebbe morto per lei, per vederla sorridere. Cassie era una ragazza che aveva il bisogno di essere protetta, tenuta stretta tra le braccia, ma non troppo, altrimenti si sarebbe spezzata, NIall non riusciva a trovare un solo difetto in lei: ci provava a ripetersi che era una ragazza difficile, che gli avrebbe portato tanti guai, ma poi ricordava i suoi occhi marroni e le sue labbra sempre più pallide che nascondevano i denti leggermente staccati, che le davano un’ aria tanto buffa ed allegra, anche se poi allegra non era, aveva i capelli biondi non troppo lunghi divisi da una riga non troppo definita al centro, li portava sempre sciolti sulle spalle e raramente le veniva in mente di pettinarli, li lasciava vagare sul suo viso pallido, anche se per scaramanzia portava sempre con se un paio di forcine per tenerli a bada se mangiava o se leggeva un libro particolarmente coinvolgente. Niall amava questa suo aspetto tanto elegante e raffinato quanto buffo ed insolito, amava la sua indole taciturna, il modo in cui spalancava gli occhi, quando, di tanto in tanto veniva sorpresa da cose che si allontanavano dalla sua monotonia quotidiana, come quando Niall le portava dei fiori freschi o le diceva che sarebbero usciti a cena.
Quella sera Niall aveva proprio intenzione di farlo, aveva prenotato nel suo ristorante preferito, uno alla periferia della città con solo una decina di posti a sedere, mai del tutto occupati, piaceva ad entrambi perché erano lontani da occhi indiscreti ed orecchie troppo curiose.
Scese dalla sua macchina, un’ utilitaria, il massimo che poteva permettersi un commesso di libreria come lui, stranamente non pioveva quella sera e la luna era ben visibile, l’umore di Niall era alle stelle, si abbassò per osservarsi nello specchietto laterale dell’ auto e si sistemò i capelli biondi, ormai tendenti al marrone alla base, fece scattare il chiavistello e si morsicò il labbro tenendo le orecchie ben aperte per sentire i passi leggerissimi della sua ragazza, ma non sentì nulla.

                                                                                       
Niall chiese il decimo drink della sera, e lo buttò giù in gola come se fosse il primo, con la differenza che ora non ne distingueva nemmeno il sapore. Poteva dire con certezza di avere gli occhi rossi e gonfi ed il viso scarno, quasi grigio, si toccò sulle guancie e verso gli occhi due enormi conche si facevano spazio profonde ormai, quasi fino a raggiungere le ossa. Si sentiva tremare in tutto il corpo, come se non rispondesse più a nessun tipo di comando. “Tutto bene Niall?” gli chiese Louis, l’amico di vecchia data che lo accompagnava da venti giorni ormai in discoteche e pub per fargli annegare tutto il suo dolore, quasi urlando per superare l’assordante suono delle casse. Louis era parecchio preoccupato per il suo amico, probabilmente nemmeno quel giorno si era lavato i denti, o qualsiasi altra parte del corpo, lo poteva intuire dai capelli biondo-castani attaccati alla fronte sudata e dallo sporco presente sulla maglietta rossa che indossava. Niall lo guardò con i suoi occhi rossi e gonfi ed annuì capendo che non sarebbe riuscito a parlare. “Andiamo a casa, hai bisogno di dormire NIall.” Gli consigliò l’amico, stringendogli un po’ il braccio, Niall si oppose e cercò di raggiungere invece una delle ragazze in pista che ballavano strusciandosi su uomini sconosciuti lasciando scoperte le parti del corpo più intime, venti giorni prima Niall le avrebbe guardate con ribrezzo quelle ragazze e avrebbe preso per mano Cassie, portandola al parco o a casa nel loro letto che era l’unico posto in cui si sentivano al sicuro. Invece ora non gli importava più, voleva solo far scomparire quel dolore al centro del petto, voleva smettere di pensare, di piangere, di stare male. Sentì un groppo alla gola e barcollò verso una ragazza bionda e bassa, che gli ricordò particolarmente Cassie, e mentre Louis gli diceva di fermarsi lui la stava già portando su per la scala a chiocciola verso le stanze in affitto del locale.
Nessun tipo di piacere lo avvolse mentre si fece girare e rigirare come un bambolotto di pezza da quella ragazza, non la guardò neanche negli occhi, non volle sapere il suo nome o da dove veniva, sfogò il suo dolore su di lei e quando ebbe finito si rivestì velocemente lasciandola ancora nuda sotto alle coperte bianche e per nulla famigliari.
“Andiamo a casa.” Biascicò solo a Louis, meravigliandosi per sino di essere riuscito a dire quelle tre parole.
                                                                                                                                                                                               
Non si preoccupò più del dovuto all’ inizio, la cercò anche abbastanza divertito credendo di trovarla nel letto a dormire o in cucina a preparare qualche piatto veloce, dopo aver fatto due volte il giro della casa però il suo stomaco iniziò a ribaltarsi, sentì un enorme groppo in gola e gli venne da vomitare l’anima. La camera da letto era disordinata e le lenzuola ancora a terra dalla sera prima, aprì tutti gli armadi per controllare che ci fossero tutti i suoi vestiti, ma essi erano lì perfettamente allineati. Lo richiuse colpendolo con un pugno e si meravigliò della sua stessa forza, dentro di se si ripeteva di non farsi prendere dal panico, ma il cervello era già andato in tilt ed il cuore gli batteva nel petto all’ impazzata. Riprese la giacca e si precipitò all’ auto partendo a tutto gas. Fece un sopraluogo di tutti i suoi posti preferiti: il laghetto, l’amaca, la gelateria, la sua stessa libreria, passò in rassegna persino le case di tutti i suoi amici, ma nessuno sembrava averla vista.
il viaggio di ritorno verso casa fu angosciante, ogni secondo che passava sapeva che sarebbe potuto essere l’ultimo per Cassie, che era così bella ma aveva sempre voluto morire più di ogni altra cosa.
Frequentava uno psicologo una volta a settimana, soffriva di anoressia da cinque anni e depressione da poco meno, Niall cercava di buttare nella spazzatura i rasoi quando si faceva la barba e cercava di tenerla protetta da se stessa, durante quel viaggio si chiese cosa avesse fatto di sbagliato, perché se ne stava andando? Il groppo in gola che lo aveva accompagnato per tutto quel tempo si era ora trasformato in un pianto liberatorio, rumoroso e disperato, ogni lacrima era un sussulto per il suo corpo non preparato ad una situazione del genere, ogni semaforo era come l’inferno, sapeva che stava correndo contro il tempo.
Arrivato a casa vomitò l’anima e non si disturbò di pulire, diede pugni violenti a tutto ciò che lo intralciava, ruppe vasi, specchi, foto e cornici. Si accasciò a terra e iniziò a parlare da solo e poi con Cassie nonostante sapesse non poteva sentirlo, si chiese come avrebbe fatto a superarlo ed ogni volta che si rendeva conto che non ce l’avrebbe fatta era un stretta al cuore. Il pianto disperato si trasformò in una crisi di panico, le ginocchia persero il controllo, il respiro si fece affannoso e lo spavento del ragazzo peggiorò la situazione, si aggrappò all’ intonaco bianco cercando un appiglio e gridando il nome dell’ unica persona di cui aveva bisogno, con la lingua leccava le lacrime copiose che scendevano dal viso e non si fermavano e gridava ed imprecava e supplicava, sapeva che non ce l’avrebbe fatta.


Quando si sentì meglio, quando il cuore cominciò a battere regolarmente, si sollevò da terra e barcollando raggiunse la cucina, prese un bicchiere d’acqua e mentre lo beveva vide un quadratino di carta bianca, lo raccolse e lo aprì, sperando di trovare una lettera o un qualcosa che gli dicesse dove si trovasse la sua Cassie.
Invece erano solo una riga, scritta velocemente, con una calligrafia disordinata.


“Se qualcuno mi sorriderà mentre andrò al ponte, non salterò.”   
                                                              
A Niall servì un secondo per afferrare il concetto, Cassie aveva appena fatto un patto con il diavolo, aveva giocato un gioco che era sicura avrebbe perso, aveva scritto la sua fine su quel pezzo di carta.
Nonostante sapesse fosse troppo tardi, Niall corse con le sue gambe fino al ponte.
Capì che era il ponte su cui si erano incontrati la prima volta, un largo spiazzo di pietre scolpite, con delle alte sbarre di ferro battuto a strapiombo sul torrente che attraversava la città, il quale era in piena in ogni periodo dell’ anno.
Ogni goccia del suo sangue, ogni lacrima dei suoi occhi, ogni neurone del suo cervello gli diceva che era troppo tardi, che l’aveva persa per sempre, ma non voleva arrendersi all’ idea di dover condurre, da lì in avanti un’ esistenza senza di lei.
Perché senza di lei era un’ anima a metà.

 
“Ti accompagno su Niall, va bene? Non voglio  che passi la notte da solo.” Disse flebile Louis accostando la sua auto sotto la casa dell’amico e guardandolo dritto negli occhi, due occhi azzurri ormai spenti dal pianto.
“Non è un problema Louis, vai da Harold ti starà aspettando, è tardi, credo mi infilerò subito nel letto.” Niall cercò di rassicurarlo con un sorriso che più che altro sembrava una smorfia, e senza aspettare una risposta aprì la portiera per scendere. “D’accordo. Domani mattina ti chiamo ed usciamo anche con Harry, vogliamo tutti vederti meglio, sei un cesso e ti stai distruggendo.” Si fermò, aspettando che Niall appoggiasse una mano sulla parte alta della portiera, per ascoltarlo. Quando lo fece, Louis si portò una mano tra i capelli non sapendo come prendere la situazione. “Senti, so.. anzi, sappiamo che è molto difficile per te, ma capisci la vita va avanti per tutti, è passato un mese e..” “Venti giorni Louis, sono passati venti giorni.” Lo interruppe atono il biondo. “certo, venti giorni.. dicevo, Cassie non avrebbe mai voluto vederti così, tu lo sai, se se ne è andata non ne ha colpa nessuno, solo non lasciare che ti ammazzi tutto questo dolore, perché è quello che sta facendo e vederti così fa davvero male a tutti quanti, ti prego Niall..” mentre parlava si sentiva il cuore in petto battere forte e non capiva come avessero fatto parole così toccanti ad uscirgli dalla bocca. Niall socchiuse gli occhi e fece un respiro profondo riempiendo i polmoni di aria gelida e poi annuì dicendo: “Starò bene, lo prometto.”  diede la buonanotte a Louis e si affrettò per le scale per tornare in casa sua.
Per un secondo sperò di trovare Cassie, ed ubriaco la cercò in tutta la casa chiamandola come se stessero giocando a nascondino, ma quando Niall si accorse che Cassie aveva vinto ancora e che ormai avrebbe vinto per sempre, ricominciò a piangere e si chiese come facesse ad avere ancora lacrime in corpo.. erano venti giorni che piangeva ininterrottamente, contando anche le  crisi di panico, a cui ormai aveva fatto abitudine.
 
Non seppe con quale forza raggiunge il vecchio ponte a piedi, ma quando lo fece le lacrime erano come una crosta sul suo viso e i piedi erano indolenziti, mise le mani sulle ginocchia e contò tre respiri, solo tre. Il quarto venne bloccato da un sussulto, alzò lo sguardo, impaurito, sapeva che ciò che avrebbe visto non gli sarebbe piaciuto. La notte era calata scura ed aveva preso nelle sue mani ogni cosa, palazzi, panchine, lampioni, sembrava di stare nel mezzo di un angosciante nulla. Delle luci blu lo accecarono, pose una mano sulla fronte, per proteggersi e strizzò gli occhi, un filo rosso era steso tutto intorno alla prima parte del ponte e dei nastri isolanti sospesi in aria, tenevano lontano gente curiosa. Dentro di lui si stava creando un uragano ed avanzò lentamente, fino a che vide dei capelli biondi e li toccò istintivamente sussurrando il nome della sua amata, la donna si girò. Non era Cassie.
Niall sbarrò gli occhi ed indietreggiò, era un incubo, doveva esserlo per forza, si picchio le mani sulla testa e sugli occhi più volte urlandosi di svegliarsi, ma quando riaprì le palpebre era tutto vero e la ragazza davanti a lui lo fissava attonita e confusa. “Conosci la ragazza?” chiese preoccupata.
“Ragazza?” emise Niall con voce rotta. “Quale ragazza?”
“La ragazza che si è.. hanno trovato una ragazza nel torrente, dei passanti l’hanno vista buttarsi dal ponte ed hanno provato a fermarla ma non ha voluto ascoltare, è saltata ed hanno chiamato i soccorsi..”
per un attimo Niall sentì tepore nel cuore e sentì un briciolo di speranza. “Ed è viva? Sta bene? Insomma l’hanno salvata?” chiese freneticamente con occhi luccicanti d’amore e speranza. “Mi dispiace giovanotto. Era la tu ragazza?”
tutto il suo entusiasmo stava svanendo, sciamando come il vento lasciando spazio al vuoto che lo aveva tenuto in balia fino ad ora. “Si lo era.” Sussurrò.
“Mi dispiace tantissimo.” Fu l’unica cosa che la donna disse e lo abbracciò mentre Niall scoppiava in un pianto liberatorio.
La tristezza durò poco, perché poi si fecero largo una serie di emozioni incontrollabili come rabbia, ribrezzo, sensi di colpa.
“Dovevate solo sorriderle.” Disse sul petto della donna, biascicando le parole tra la saliva e le lacrime.
“Dovevate solo sorriderle.” Ripetè scostandosi e guardando in tutte le direzioni.
“Mi avete sentito?” urlò con tutto il fiato in gola. “Dovevate solo sorriderle okay? Solo un sorriso e lei non si sarebbe buttata. Nessuno le ha sorriso, nessuno!” strattonava la gente ed ora la sicurezza cercava di tenerlo fermo per le braccia lasciando scorrere le gocce salate sulle sue guancie e lasciandolo dimenare sul posto.
“Dovevate solo sorridere.” Man mano che la frase finiva le parole si facevano più deboli e rotte e Niall si lasciò cadere sulle ginocchia, sull’ asfalto freddo continuando a piangere ogni sua lacrima e tirando pugni a terra.

Nella sua testa c’era solo l’immagine della sua Cassie che si buttava, che allargava le braccia al vuoto, sorridendo perché sapeva di aver vinto il gioco e che contemporaneamente piangeva perché sapeva di aver perso la vita. Immaginò i pochi secondi prima dell’ impatto con l’acqua, i secondi in cui ti penti, in cui vorresti tornare indietro con un tasto del telecomando, rifacendo tutto daccapo e prendendo decisioni migliori. Immaginò i suoi capelli bagnati e la sua pelle cianotica dal freddo e dalla mancanza di sangue nelle vene. Impiegò poco a realizzare  che era morta, andata, non sarebbe più tornata.
Quando vide il corpo della sua intera vita steso a terra con le labbra blu, i meravigliosi capelli biondi fradici ed attaccati alla fronte, le mani senza vita lungo i fianchi, sentì una spaccatura dentro di lui, aveva perso qualcosa, o aveva perso tutto e non avrebbe più ritrovato nulla.

 
Tirò un calcio violento al cuscino ai suoi piedi, la casa era un soqquadro, ogni giorno nuovi vasi cadevano, nuove bottiglie si facevano in pezzi, nuovo sangue veniva sparso su quello che sembrava un campo di battaglia. La luce non entrava da venti giorni, Niall aveva trasformato quella casa piena di ricordi in un cimitero di anime, dove giacevano la sua e quella di Cassie. Niall non aveva mai creduto nell’ aldilà, nello spirito, nei fantasmi, ma in quel momento sperò di averci sempre creduto perché un tocco di Cassie era tutto quello di cui aveva bisogno. Si stese sul divano ricoperto da vetri e sentì lame entrargli nella schiena, ma non si scostò, non aveva più senso, lo aveva capito, poteva urlare, poteva piangere, poteva prendere a pugni, nulla gli avrebbe portato Cassie indietro. Quindi che senso aveva? Che senso aveva stare male, distruggersi, non dormire? Aveva senso, perché Niall e Cassie si completavano, erano le due parti di una medaglia, si completavano e senza di lei lui si sentiva a metà, mezzo corpo, mezzo spirito, mezza vita.
Tutto quello a cui pensava era andarsene.

Cassie percorse velocemente la strada di periferia che la allontanava dal centro, ora le luci erano intense: i lampioni illuminavano la via ed era certa illuminassero le sue lacrime ed i suoi occhi rossi.
Vedeva la gente, ma la gente non vedeva lei. Dentro di sé urlava: ‘Sorridetemi, avanti, sto piangendo, sorridetemi ed andrà tutto bene.’ Ma nessuno lo faceva, le gambe non le reggevano più, le sue ossa si facevano sempre più deboli ogni giorno che passava, non aveva il ciclo da un anno ormai e a Niall nemmeno lo aveva detto e si sentì talmente in colpa che decise che la prima cosa che avrebbe fatto andando a casa sarebbe stato dirglielo.
Poi ricordò, ricordò che era tardi per tornare indietro. Si strinse nel suo cappotto ed ancora nessuno aveva sorriso, il tempo stringeva ed il ponte lo scorgeva in lontananza.

 
Si alzò dal divano e la schiena gli bruciò tremendamente, si sfiorò e il dito indice lo ritrovò pieno di sangue, fece passare il dito sul suo viso, ed ora una linea scarlatta ben delineata stava sul suo zigomo destro, bagnata dalle lacrime incessanti.
Cercò un rasoio, ma da venti giorni non si faceva la barba, non aveva tempo di comprarne uno. Barcollò in cucina mentre gridava il nome di Cassie, scivolò a terra ubriaco e vomitò tutti i dieci bicchieri di super alcolico, appoggiò sconfitto la testa al muro, che senso aveva continuare così? Che senso aveva stare senza lei?
Nessuno.
Cercò un coltello, uno dei più affilati e puntò la lama sul suo palmo sinistro, la mano che reggeva l’arma tremava e la sentiva pesante, non sapeva se ce l’avrebbe fatta. La stanza era completamente avvolta nel silenzio, tutto ciò che si sentiva erano i suoi singhiozzi ininterrotti, le sue preghiere ed imprecazioni, si lasciò cadere a terra quando la lama cominciò a lacerare la pelle, chiuse gli occhi ed immaginò le mani di Cassie che lo accarezzavano. Il dolore diventava meno percepibile e la tristezza si affievoliva, sentiva la testa giragli e credette di perdere i sensi, ma quando il coltello passò il palmo dal pollice al mignolo, era completamente cosciente. Lasciò cadere a terra il coltello e prese una matita, un pezzo di carta ed intinse il pezzo di legno nella sua ferita, si concentrò di non pensare al dolore che gli attraversava ogni parte del corpo, e scrisse in stampatello poche semplici parole.

“CHIEDETEMI PERCHE’ SANGUINO E NON SALTO.” 
Un nuovo patto con il diavolo, un gioco già perso in partenza, una fine segnata.
Si fece forza sulle gambe e uscì di casa, camminando velocemente.
 
Ormai era arrivata, nessun sorriso, non uno sguardo. ‘E’ finita.’ Si disse. Asciugò qualche lacrime solitaria che ancora si faceva strada e pensò al sorriso di Niall, pensò che non lo avrebbe più potuto vedere la mattina, pensò che non avrebbe più sentito la sua risata, ne ammirato le sue labbra perfette ed i suoi occhi azzurri, inspirò ancora una volta e le sembrò di sentire il profumo di Niall. Poi si arrampicò sulla sbarra di ferro.
 
Ormai era arrivato, non uno sguardo, non un gesto di preoccupazione. Nessuno si era accorto di lui. Era dunque la fine? Era dunque ora di andare?
Si trovava ormai sul ponte, il sangue sulla mano iniziava a rapprendersi così come quello con cui si era sporcato il viso, si passò la mano pulita tra i capelli e si accorse che stava piangendo ancora, dopotutto lui non voleva andarsene davvero, ma senza di lei lui non era nulla.
“Se davvero volevi salvarmi, avresti dovuto smettere di trattenere il respiro.” Le disse sconfitto e con una spinta salì sul cornicione.
 
Non aveva ripensamenti dell’ ultimo minuto, non si sentiva in colpa, sapeva che non avrebbe più sofferto, che sarebbe stata bene.
“Ti amo Niall, lo giuro, ti ho sempre amato.” Sussurrò assaporando gocce salate, prima di serrare gli occhi e sentire l’aria invaderla come un uragano, credette di volare, ma il volo si trasformò in una caduta e lo schianto la colse completamente cosciente ed impreparata.


Non aveva paura di volare Niall, mai l’aveva avuta, per un attimo credette che sarebbe stato come un breve viaggio in aereo, andata senza ritorno.
Quando saltò, l’ unica cosa che vide, sotto alle sue palpebre chiuse era Cassie che gli copriva gli occhi e che glieli scopriva poi per lasciargli vedere il suo magnifico sorriso infantile che la caratterizzava. Credette di sentire il suo profumo dolce, allargò le braccia come un airone al vento e prima dello schianto, del tonfo solo un ti amerò per sempre comparì nella sua mente.
 
Non avevano avuto paura di sfidare la sorte loro, Niall e Cassie, due patti fatti, due giochi già persi in partenza. Non avevano avuto paura dello schianto, della fine. L’unica cosa di cui avevano avuto paura era delle loro anime, anime perdute. Anime a metà separate l’una dall’altra.

 
                       
 
 
 


                                                                                                                                                
writer's corner
Quando ho deciso di scrivere questa os non immaginavo che mi ci sarei affezionata
e soprattutto non mi aspettavo sarebbe diventata davvero qualcosa.
 E' terribilmente triste, lo riconosco, ma io ho un' animo triste per natura,
spero con il cuore che questo mio scritto sia stato di vostro di gradimento,
perchè io mi ci sono impegnata davvero molto, spero vi abbia emozionati almeno un pochino,
e se non è stato così, mi dispiace di avervi fatto sprecare del tempo prezioso.
Con amore,
Beatrice
  
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