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Autore: _fedss    27/11/2013    8 recensioni
"Era stanco di tutto. Stufo di ogni cosa.
Di se stesso. Del suo carattere. Di quello che la gente pensava di lui. Di Stana. Di Castle. Dei fan.
Era stanco di tutto."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
 
 
 


 
"Allora, cosa hai intenzione di metterti?"
L'attrice sospirò, tenendo intanto il telefono tra l'orecchio e la spalla e cercando qualcosa di suo gradimento nell'armadio.
"Non ne ho idea, Tam", rispose dopo un po'. "Non ho idea di che tipo di cena sia, perché sia stata organizzata e cosa abbia Nathan di tanto importante da dirci!".
Tamala, dall'altra parte della linea, rideva sentendo l'amica così frustrata.
"Non se ne è andato dall'albergo perché ha avuto un impegno urgente, vero?".
"Tamala..."
"Ascoltami, tesoro", la interruppe, "io non voglio costringerti a dire nulla, sul serio, ma non sono stupida come gli altri. Ho capito subito che qualcosa non andava, appena Nathan è tornato agli studios. Era scontroso, intrattabile, ed è rimasto chiuso nello studio di Andrew per più di un'ora! Adesso, non so cosa quei due si siano detti, ma la cosa non mi piace e, non per farti sentire in colpa, la cosa che Nathan dirà stasera, sarà sicuramente collegata a quello che è successo con te in questi giorni! Quindi, dimmi che non devo preoccuparmi e che posso godermi la serata con i miei amici".
Stana si passò una mano tra i capelli prima di afferrare un abito nero da cocktail.
Un altro sospiro.
"Lo spero. Non posso esserne sicura, ma lo spero tanto".
"Avete avuto una notte di..?".
"Cosa?! No, Tamala! Ma che diamine...", Stana arrossì vistosamente e ringraziò Dio che l'amica non potesse vederla in quel momento.
"Okay. Non avete fatto sesso. Allora cosa diamine è successo?", provò a chiederle ancora.
"Avevi detto che non mi avresti forzato a parlare".
"Hai ragione, e non lo farò. Ma vuoi davvero tenerti tutto dentro? Io sono qui, per l'amor del cielo, sono una delle tue migliori amiche!".
Tamala si stava davvero scaldando.
Stana, rassegnata, schiacciò il tasto del viva voce sul telefono e poi posò la cornetta sul letto, così da poter cambiarsi mentre parlava con l'amica.
"Io non avrei voluto essere cattiva con lui", iniziò cautamente, con la voce tremante, "ma le parole mi sono uscite dalla bocca... Così!".
"Cosa gli hai detto?", le chiese Tamala, questa volta più tranquilla.
"Gli ho detto che non avrei mai voluto avere una relazione con lui, a causa del suo comportamento da...".
Lasciò la frase in sospeso, consapevole che l'amica avrebbe capito.
Tamala trattenne il fiato.
Dopo un minuto in cui nessuna dei due disse niente, Stana interruppe quello strano silenzio che si era venuto a creare.
"Sono un mostro, vero?", chiese con voce flebile.
Si sedette sul materasso, accanto al telefono, e si prese il volto tra le mani, non riuscendo a trattenere un singhiozzo.
"Tesoro... Non piangere", le disse Tamala, "so che lo stai facendo".
La conosceva troppo bene.
"Risolverete tutto, vedrai".
"Io non avrei dovuto dirgli quelle cose!", sbottò Stana. "Non sono affari miei, diamine! Cosa mi è saltato in mente? Non posso criticare il suo essere così... Così...". Si interruppe, non riuscendo a trovare un aggettivo giusto.
"Così, come?", le chiese l'amica, sempre dolcemente.
"Non lo so. Non so come definirlo".
"Vuoi il mio parere?"
"Certo!"
Stana ascoltava attentamente mentre si infilava il vestito. Le stava alla perfezione. Si avvicinò allo specchio ed iniziò a pettinarsi, mentre sentiva la sua amica parlare.
"Tu non sai come definirlo, perché quello che gli hai detto, non è quello che pensi veramente di lui. Noi lo conosciamo bene. È un ragazzone, un eterno bambino, giocoso e sereno, ma pronto a diventare estremamente serio nei momenti giusti. Cosa si dice di lui? Che sia un donnaiolo? Che cambi ragazza in continuazione? Beh, mia cara, tu dovresti essere la prima a sapere che non è così. È innamorato da sette anni, sette, della stessa donna".
Stavolta fu Stana a trattenere il respiro. Si girò verso il telefono e corse ad afferrarlo. Se lo portò all'orecchio.
"Ne sei sicura?".
"Ne sei sicura anche tu, solo che non vuoi ammetterlo".
Stana si mordicchiò un'unghia.
"Mi ha accusato di non avergli mai dato una chance", confessò.
"Non ha torto".
"Lo so, ma...".
"Ma, cosa?".
"Stasera sono a corto di parole. Non so cosa dire. Dovrei andare da lui e scusarmi, vero?".
"E me lo chiedi pure?", Tamala si finse shoccata. "Finisci di prepararti, sto uscendo di casa, ti passo a prendere fra dieci minuti".
La canadese andò a prendere un paio di scarpe nere, rigorosamente con tacco di dieci centimetri.
"Perfetto, a tra poco".
Chiuse la conversazione abbattuta, era più confusa di quanto non lo fosse già prima.
Si truccò velocemente ed attese l'amica, seduta sul divano di casa.
Aveva la mente affollata, troppi pensieri, troppe paure sulla possibile reazione di Nathan. Cosa aveva in mente?
Si alzò quando sentì il rumore di una macchina e poi il fastidioso suono di un clacson.
Tamala era arrivata.
 
 
Fecero il loro ingresso nel ristorante come soltanto due donne belle come loro avrebbero saputo fare.
Attirando l'attenzione di alcuni uomini, camminarono fino al loro tavolo dove tutti i loro amici stavano aspettando.
Erano le ultime, come al solito.
Gli uomini si alzarono cordiali, salutandole calorosamente. Nathan schioccò un bacio sulla guancia di Tamala ma ignorò completamente Stana.
Se ne accorsero tutti.
"Questo è davvero un bel locale", disse Jon poco dopo aver ordinato la cena al cameriere.
Nathan annuì. "Lo conosco da poco ma già lo adoro. Oltre ad essere un ristorante, è anche un pub", affermò entusiasta.
"Vuoi sbronzarti, Nate?", lo schernì Seamus, mentre versava del vino alla moglie.
"Oh, altroché", rispose l'attore, lasciando sbalorditi un po' tutti.
"È così che ti piace affrontare i problemi? Scappando e bevendo?"
Neanche Stana sapeva come quelle parole le fossero potute uscire dalla bocca. Se ne pentì troppo tardi, ormai il danno era fatto.
Si venne a creare un silenzio imbarazzante. Nathan non accennava ad alzare lo sguardo, lo teneva puntato sui suoi costosi jeans. Dall'altra parte, invece, Stana, mortificata, rigirava tra le dita un pezzo di pane.
"Allora", fu Andrew a parlare per primo, "solo io ho una gran fame?".
 
 
La cena passò tranquilla. Avevano tutti capito che qualcosa non andasse fra Nathan e Stana, così fecero di tutto per evitare altri momenti imbarazzanti.
Quando i ragazzi iniziarono ad ordinare i primi drink, capirono che l'atmosfera stava cambiando.
Un cameriere sparecchiò velocemente il loro tavolo, per poi lasciarvi i cocktail che avevano chiesto.
Chiacchieravano allegramente quando Nathan catturò l'attenzione dei presenti.
"Ragazzi...", si grattò la leggera barba che gli spuntava sul mento, forse per perdere tempo e pensare a quali parole usare. "Devo dirvi una cosa".
Gli altri lo guardavano curiosi, Stana cercava i suoi occhi azzurri, ma questi non accennavano a posarsi su di lei.
"Finalmente, non stavamo più nella pelle", disse Penny, allegra.
"Forse non mi capirete, dato che la maggior parte di voi sono già ubriachi!", esclamò Nathan, causando una risata generale.
Era tipico di Nathan perdere tempo con delle battute quando non sapeva come affrontare certi discorsi.
"Sono tornato prima dal tour per la premiazione di Castle per un motivo preciso". Stavolta fu lui a cercare con gli occhi Stana, ma lei aveva distolto lo sguardo, troppo impegnata a trattenere le lacrime. "Sono stato chiamato da un produttore australiano per un nuovo incarico. Per favore, prima di uccidermi, ascoltate bene".
Nessuno obiettò. Stavano tutti aspettando spiegazioni, non capivano di cosa Nathan stesse parlando.
"Ne ho già parlato con Andrew, è tutto sistemato".
"Non ti seguo, amico", disse Jon, dopo aver bevuto dal bicchiere di Tamala.
"Lascio Castle, per un determinato periodo".
"Come, scusa?"
"Stai scherzando?"
"Questa è bella!"
Solo Stana continuava a starsene in silenzio.
"Ragazzi... Ragazzi, ascoltatemi!", attirò di nuovo l'attenzione degli amici, e iniziò a spiegare tranquillamente. "Questo produttore, è un mio amico. Gli devo un grosso favore e mi ha chiesto di aiutarlo, era disperato. Gli servo in una parte di una nuova serie televisiva, niente di che, solo dieci puntate. Sono sei mesi. Non un giorno in più".
"E con Castle?!". Tamala era allibita.
"Ci ho già pensato io", stavolta fu Andrew a parlare. "Ve lo spiego brevemente, poi ne parleremo meglio nei prossimi giorni. Castle verrà ferito, gireremo la scena con lo stunt-man di Nathan. Lo faremo andare in coma e le scene con lui saranno davvero poche, si vedrà a malapena. Per ora non vi dico altro, niente spoiler in questo locale", aggiunse per smorzare un po' la tensione.
Nessuno rise.
Nathan si bagnò le labbra con la lingua. "Ragazzi, non abbiatene, mi prendo solo una piccola pausa. Ve l'ho detto, lo faccio per questo mio amico, e poi mi farà bene stare un po' lontano da tutto e tutti".
Quel fastidioso silenzio venne interrotto solamente dal rumore di una sedia che veniva spostata.
Era Stana, si stava alzando. Tutti gli occhi si spostarono su di lei.
"Ehm, scusate, devo proprio andare in bagno".
Si allontanò velocemente, le gambe molli facevano fatica a reggerla.
Al posto di dirigersi verso la toilette, prese la direzione opposta, arrivando davanti la pesante porta trasparente del locale.
Uscì fuori e venne investita immediatamente dalla fresca aria di Los Angeles.
Un respiro. Due.
Le lacrime le solcarono prepotenti le guance, rovinandole un po' di quel leggero trucco.
"Sapevo che l'avresti presa così".
Trasalì, prima di asciugarsi velocemente le lacrime, vergognandosi di mostrarle a lui.
"Vai via, Nathan, lasciami da sola", riuscì a dire, continuando a dargli le spalle.
"Vuoi parlarne?"
"Cosa posso dirti?", si voltò di scatto. "Hai preso la tua decisone, complimenti".
Era davvero arrabbiata.
Nathan la guardò stranito. Lei era arrabbiata?!
"Mi hai accusato di non averti mai dato una chance, ma sai cosa penso?" Non aspettò una risposta. "Mi hai mai chiesto una chance, Nathan? Mi hai mai chiesto di uscire senza il resto del gruppo o di frequentarci fuori il lavoro? Mi hai mai detto che eri interessato a me, per tutto questo tempo? Siamo adulti, Nathan! Sappiamo dirci le cose in faccia!".
Si allontanò di qualche passo lungo il marciapiedi. Lui la seguì in silenzio.
"Mi hai accusata di non averti mai dato una chance ma tu, secondo me, non hai mai fatto niente per averla! Oltre ai complimenti, e gli abbracci, c'è mai stato dell'altro? Quel bacio sulle labbra due anni fa? Quando abbiamo dormito insieme in Francia, abbracciati?! Pensi che io tutte queste cose me le sia scordate? Pensi che i nostri teneri momenti non abbiamo significato niente per me? Ti sbagli. Ti sbagli di grosso. Ogni nostro momento, ogni minuto passato con te, ce l'ho impresso qui", si portò un dito all'altezza del cuore, "e non vuole uscire. Non usciranno mai...", concluse in un sussurro.
Un brivido scosse Nathan. Non riuscì a dire nulla. Non sapeva come ribattere. Stana aveva maledettamente ragione.
"Sei stanca", affermò.
Stana lo guardò curiosa.
"Ti porto a casa".
"Cosa? E gli altri?".
"Vado a salutarli. Li vedrai domani mattina, aspettami qui".
Rientrò nel locale senza darle il tempo di ribattere.
 
 
L'auto sfrecciava tra le strade illuminate di Los Angeles. Al suo interno, i due se ne stavano in silenzio, immersi ognuno nei propri pensieri.
Stana era appoggiata al finestrino, guardava le luci dei lampioni scorrere veloci. Nathan la guardava ogni volta che si fermavano ad un semaforo rosso.
Era così bella...
"Non sono tornato perché quel mio amico mi aveva chiamato. L'ho chiamato io".
Stana non rispose.
"Ho davvero bisogno di questa pausa".
Ancora silenzio.
Nathan si spazientì. "Vuoi rispondermi?".
Stana si voltò verso di lui. "Non volevo dirti cose cattive. Non penso che tu sia quello che la gente dice, dovresti saperlo bene".
Quando arrivarono davanti la villetta di Stana, Nathan si accostò al marciapiede e spense l'auto.
"Quando parti?", gli chiese la donna.
"Domani mattina".
Stana aprì la bocca ma non riuscì a dire nulla. "Così presto?, sussurrò,
Nathan annuì. "A proposito, devo prendere la giacca che ti ho prestato la settimana scorsa", le disse.
L'attrice annuì, ancora scossa. "Certo, entra un attimo".
La casa di Stana profumava di buono, come sempre.
Nathan si sedette sul divano, mentre Stana andò nella sua camera.
Quando tornò, aveva in mano una giacca nera.
"Eccola", gli disse porgendogliela.
Nathan l'afferrò e facendolo, sfiorò la mano di Stana.
Fu un attimo.
Lei si piegò verso di lui, mentre Nathan le cinse il bacino con un braccio. L'attirò a se, facendola cadere sulle sue gambe dove si sedette a cavalcioni.
La baciò con passione, infilando una mano fra i suoi capelli e passando l'altra sulla sua schiena.
Stana si schiacciò contro di lui, ondeggiando con il bacino per provocare l'uomo.
Nathan gemette.
Quando le loro lingue si incontrarono, entrambi sentirono una sensazione di vuoto all'altezza dello stomaco. Si sorrisero, labbra contro labbra.
Nemmeno loro sapevano da quanto le loro bocche erano incollate. Ma non ne erano stufi. Avevano fame l'uno dell'altra.
L'eccitazione di entrambi era sempre più evidente, i pantaloni di Nathan sempre più stretti e il vestito di Stana solo d'intralcio.
Fu proprio lui a prendere l'iniziativa. La sollevò, passandole le mani sotto i glutei e stringendola forte a se. Stana avvinghiò le sue gambe intorno al bacino di Nathan e si lasciò portare in camera da letto. Gli stuzzicava l'orecchio, leccandogli il lobo, facendogli così perdere lucidità.
Per questo motivo l'attore andò a sbattere contro al tavolino del corridoio. Risero entrambi.
L'atmosfera tornò seria una volta sdraiati sul letto, si fissavano negli occhi senza dire una parola, solo i loro respiri eccitati a rompere il silenzio.
Di nuovo fu Stana a prendere il mano la situazione, ritrovandosi ancora sopra di lui.
L'attore l'accarezzava e la toccava ovunque, facendola sospirare. Le tolse i vestiti con una lentezza esasperante, baciandole la pelle morbida e liscia.
Quando, ormai, tutti gli indumenti erano sul pavimento, si presero un momento di pausa, tanto per riprendere fiato.
Stana lo guardò, i suoi occhioni verdi spalancati. Stava succedendo realmente?
Lui la baciò, questa volta dolcemente, prima di afferrarla per i fianchi e riempire Stana con la sua parte più intima.
Fu un momento magico.
Si amarono con passione e dolcezza, fra momenti di tenerezza e serietà.
Fu come una prima volta. Si sentivano come due adolescenti alle prese con la prima cotta.
 
 
 
 
Scusate per il ritardo, davvero.
Ma anche io devo mettermi a studiare… prima o poi.
Grazie, grazie, grazie, Ivi. Sei unica!
Al prossimo (presto, promesso).
Baci,
Fede.
   
 
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