Note:
Questa storia è stata un autentico parto. Poiché l'ho scritta tempo fa, prima dei recenti sviluppi, ovviamente la storia prende una piega leggermente diversa da quella originale (per esempio riguardo a Cora e al passato di Law). Ho
sperimentato un po' di cose e ne sono assai orgogliosa. Spero vi
piaccia.
Come detto nella "trama", se ci volete vedere lo shonen ai,
vedetecelo, altrimenti è leggibile comunque. E' che per me
non c'è Law senza
Kidd XD
E dire che doveva essere una (quasi) Law/Rufy...
Vabbè...
I personaggi degli Hearts che vengono nominati oltre ai quattro
conosciuti sono
tutti personaggi inventati nella mia Role con Ale_Mau. Mi piaceva
tirarli di
mezzo, pardon, ma tanto non bisogna sapere nulla su di loro per capire
il
tutto. Forse eccetto per Mirn. Di lei vi basti sapere che è
una frugoletta.
Ban e Wakame in teoria esistono, ma non si conoscono i loro nomi e di
Wakachan
neppure la faccia, fa una comparsata dall'alto... però ci
sono molte fan art su
di lui (in molte si chiama Seaweed, ma siamo lì), mi piace
il tipo xD
Bene... ah, cosa importante: ho ipotizzato che Doflamingo ad un certo
punto
abbia scoperto della rivolta dei nanerottoli. In qualche modo
l'avrà pur
saputo, concedetemi questa cosa e buona lettura ^_^
Save
me from the dark
Don't let me die here
There must be something wrong
Bring me to life
(Bring me to life, Evanescence)
Plic.
Plic.
Plic.
Goccia dopo goccia, la vita scorreva via da lui, seguendo invisibili
fili tesi
tutt’intorno. Gli occhi appesantiti dalla stanchezza
seguivano quello
sgocciolio inarrestabile.
Plic.
Plic.
“Ci vedremo nel Nuovo Mondo.”
Un vero peccato non poterlo fare, Eustassya. Sarebbe stato davvero
divertente,
ma prima ancora di quello, aveva da sbrigare quella
faccenda. Non era
riuscito a passarci oltre, aveva atteso quell’occasione per
troppo tempo e,
cavolo, solo l’idea di far precipitare quel maledetto
fenicottero in un mare di
merda riusciva ad affievolire qualsiasi rimpianto.
Plic.
Plic.
Il sangue gli colava sugli occhi, annebbiandogli la vista e tingendo il
mondo
del suo crudele colore.
Tremò convulsamente, rifiutandosi di ammettere che fosse per
il terrore.
Era il freddo, sì, il freddo e il dolore.
Gli spasmi gli facevano contorcere le budella in ogni momento,
annebbiandogli
il cervello. Le braccia, le gambe, ogni muscolo del suo corpo sembrava
volersi
staccare, lacerare, strapparsi dalle ossa. All’affievolirsi
di ogni fitta,
sembrava che fosse giunta la fine e invece subentrava nuovamente il
dolore. La
sofferenza era terribile, ma quanto più soffriva
più aveva la certezza di
essere ancora vivo.
Per quanto ancora non lo sapeva.
Osò scoccare un’occhiata verso il basso,
stringendo i denti per il dolore
nell’inclinare la testa all’indietro. Se solo non
avesse avuto quelle maledette
manette ai polsi…
-Come sempre hai un tempismo perfetto, Law.-
Doflamingo se ne stava in piedi davanti alla finestra, forse a scrutare
come
procedessero le cose, con quel suo sguardo rapace.
Era già notte. Per quanto era rimasto privo di sensi?
L’uomo gli si avvicinò, squadrandolo come un ragno
pregusta la sua preda.
Davanti a lui Law si era sempre sentito inerme. Aveva sempre finto il
rispetto
dovuto, per poi spiccare il volo e abbandonare la sua ala. Era tornato
solo per
strappare definitivamente quei fili maledetti che oscuravano il suo
passato, ma
era finito per ingarbugliarsi fra di essi, come una mosca. E col corpo
ridotto
in quelle condizioni, coperto di ferite ancora aperte, immobilizzato
sottosopra
da quelle sottili ma dolorose catene, non poteva che attendere che le
fauci del
ragno si chiudessero su di lui, ponendo fine a tutto.
Una parte di lui gli diceva che non avrebbe mai dovuto sfidare
Doflamingo, che
avrebbe dovuto pazientare ancora. Ma poi tornava alla carica quella
parte di sé
così dispettosa e odiata da tutti a ricordargli che ben
tredici anni erano
trascorsi e che era ora di mettersi a lavoro. Kidd glielo diceva sempre
che era
un fottuto masochista e aveva ragione eccome. E non era solo
masochista, era
persino un gran bugiardo.
Così bugiardo, che riusciva ad ingannare persino se stesso,
bastava mettere su
un bel sorriso e sbandierarlo ai quattro venti perché la
fortuna girasse dalla
sua.
Strinse i denti in un impeto di rabbia: aveva davvero preso da
quell’avvoltoio.
Tutti i suoi insegnamenti, sia quelli che aveva appreso quando ancora
pendeva
dalle sue labbra, sia quelli impostigli con la forza, avevano forgiato
il suo
carattere.
Senza Donquijote Doflamingo, non ci sarebbe stato nessun Trafalgar Law.
Il suo sorriso era un’arma ancor più terribile dei
suoi fili. Uno strumento che
anche lui aveva imparato ad affinare nel corso degli anni, ma per
quanto
incutessero timore, i suoi ghigni non potevano competere con il
“Sorriso”.
A guardarlo, pareva che nulla fosse accaduto.
Che la confusione e i problemi arrecatigli, che il terrore di avere fra
le file
nemiche Kaido fossero ormai passati. Tutto era stato sistemato.
Il timore che quel tutto includesse anche loro gli
attanagliò le
viscere.
-Mi hai davvero causato tanti problemi oggi, ma adesso, grazie ai tuoi
amichetti è tutto risolto.-
Sussultò.
-Che vuoi dire?- domandò con la voce strozzata dai fili che
gli stringevano la
gola, conficcandosi nella carne. Il sangue gli andava alla testa.
Doveva essere
davvero un bello spettacolo per quel maledetto spolverino rosa.
-Già, sei svenuto davanti al Colosseo. Allora, lascia che ti
spieghi: il S.A.D.
è al sicuro, la rivolta è sedata e il torneo
concluso. Tutti i ribelli saranno
trasformati in giocattoli e la famiglia reale uscirà
definitivamente dai giochi
questa notte. E sai questo grazie a chi?-
-…-
-Cappello di Paglia sembra essersi davvero affezionato a te. Forse si
sentiva
in debito perché l’hai salvato a Marineford, ma io
non credo sia solo per
questo. Quel moccioso è capace di stringere dei legami con
tutti quelli che lo
circondano, persino coi suoi nemici, al contrario di te.-
-Quanto sei petulante, arriva al sodo… - commentò
il chirurgo, esasperato.
Non si scompose, il fenicottero, e come poteva? Aveva il coltello dalla
parte
del manico!
Mosse appena un dito, un solo filo si tese, stringendosi intorno al
collo di
Law e penetrandogli la carne ancora più a fondo. Quello
aprì la bocca per
urlare, ma non riuscì ad emettere che rantolii sconnessi,
mentre la paura di
venire lentamente, dolorosamente decapitato, gli pervase la mente;
mentre lo
stesso filo teso gli straziava crudelmente anche i nervi della gamba
sinistra.
E più si agitava in preda a quella sofferenza,
più tendeva gli altri fili e
quelli, collegati ai suoi nervi, lo facevano impazzire, come se
l’intero corpo
gli venisse strappato pezzo per pezzo.
-Non riesci proprio a capire quale sia il tuo limite, marmocchio?- gli
domandò
aspro Doflamingo, senza smettere di deriderlo con quel suo ghigno
sprezzante.
-Ti prendi gioco di tutti quelli che incontri, incurante dei loro
sentimenti.
Non è questo che ti ha insegnato Cora, o sbaglio?-
Law strinse i pugni e digrignò i denti, infuriato,
tendendosi verso l’uomo
sotto di lui. Voleva strappare tutto, incurante del dolore e poi
tagliarlo in
pezzi così piccoli che ricomporlo sarebbe stato impossibile.
-Non… ngggh…
uaaaaagh… non nominar… ugh… non osare
nominaaaaaaaaaaaaagh…
-
Doflamingo rise, godendosi quello spettacolo di rabbia e sangue,
tendendo uno a
uno i suoi fili, beandosi di quelle urla come un musicista gode della
propria
composizione.
Law era sempre stato una piccola spina nel fianco. Aveva sempre temuto
delle
rappresaglie da parte sua, dopotutto era un moccioso sveglio. Gli era
sempre
parso strano che si fosse bevuto quelle menzogne su Cora. Come
previsto, eccolo
lì, a Dressrosa, a compromettere i suoi piani. Per di
più si era trascinato
dietro Cappello di Paglia e i suoi.
E se Law era una piccola spina, quei bastardelli erano una trave, un
grave
problema da estirpare alla radice.
-Ne hai ancora per molto?- gli domandò, avvolgendogli
saldamente i fili intorno
al corpo, come un ragno che intrappola in un bozzolo mortale la sua
vittima.
Strinse la presa, immobilizzandolo completamente, finché non
ciondolò inerme,
forse privo di sensi, senza più neppure la forza di
respirare.
“E’ colpa tua, se sono diventato
così… ” pensò Law, incapace
di controllare le
lacrime.
“E’ per il dolore, il dolore…
”
Il sangue sgocciolava rapidamente sul pavimento formando una
pozzanghera sotto
il corpo.
Doflamingo si avvicinò a Law e gli prese la testa,
strattonandolo verso di sé.
-Cappello di Paglia era veramente incazzato quando ti ho sparato. A
quanto pare
era davvero convinto della tua lealtà. Non ha voluto
credermi quando gli ho
raccontato che tipo di persona sei.-
Il Chirurgo della Morte ansimò debolmente.
-Così, visto che ci teneva tanto, gli ho chiesto di
rimettere le cose apposto
per me.-
Law spalancò gli occhi.
Pur non riuscendo a mettere a fuoco la visuale, il sorriso perfido di
Doflamingo spiccava su tutto il resto.
Tentò di balbettare qualcosa, ma non riuscì ad
articolare alcun suono.
-Il tuo piano così ben articolato, è fallito,
piccolo traditore. E’ dire che ti
ho cresciuto come fossi il mio fratellino… mi senti Law?
Law… -
-Law!
Andiamo, fermati, funghetto!-
Il bambino si fermò in mezzo al corridoio con aria seccata.
-Io non sono un fungo! Sono un dottore!-
-Certo, certo!- Doflamingo sghignazzò, dando delle leggere
pacche sulla testa
del bambino che, seccato, gonfiava le guanciotte e sbuffava.
-Devi sempre prendermi in giro.- borbottò poi.
-Andiamo, non volevo offenderti.- continuò divertito quello,
perché, cavolo,
era così buffo mentre tentava di immobilizzare un rospo per
vivisezionarlo e
dimostrargli quanto era diventato bravo.
-Guarda, per farmi perdonare, ti porto allo zoo.-
Il bimbo non sembrava convinto, ma poi mostrò segni di
cedimento.
-Ci saranno gli orsi polari?-
-Orsi polari, pinguini, orche… ci saranno tutti gli animali
che vuoi.-
Law parve soppesare quelle parole, poi sorrise, contento di quella
prospettiva.
Dofy era un tipo strano, ma gli piaceva. Adorava accoccolarsi sul suo
soprabito
e accarezzare tutte quelle piume così morbide. Certo, era un
po’ troppo rosa
per i suoi gusti, però trascorrere i pomeriggi a leggere
accanto a Dofy era
bello. Lui poi, gli raccontava tante di quelle cose divertenti.
(Gli
riempiva la testa dei suoi
pensieri.)
-Law…- lo guardava con un misto di compatimento e di
rimprovero.
-Non dire nulla.- protestò il ragazzino, con un filo di
voce. Il terrore gli
chiudeva le corde vocali, la vergogna gli impediva di guardare in
faccia
chiunque.
-Non avresti dovuto- -Fare infuriare Vergosan, lo so.- rispose,
stringendo i
denti e trattenendo l’impulso di vomitare nel pronunciare
quel suffisso odioso.
“San”. Law passava spesso per un ragazzino
spocchioso e maleducato, ma in
realtà rispettava soltanto chiunque ritenesse degno di lui.
E Vergo non
rientrava fra questi.
C’era qualcosa in quell’uomo che lo disgustava e
intimoriva al tempo stesso.
L’avrebbe definito un idiota coi rimasugli di cibo sulla
faccia se Dofy non lo
innalzasse su un piedistallo cristallino. Purtroppo a ragione.
-I deboli non hanno neppure il diritto di scegliere come morire.-
ripetè
meccanicamente.
Fu la prima volta che Law si chiese se non avesse osato troppo. Da
allora
avrebbe sempre rispettato Vergosan, contro la propria
volontà, impaurendosi per
ogni suo accigliarsi, ritrovandosi a sospirare di sollievo ogni volta
che
l’uomo l’avesse approvato.
-Non ascoltare certe stronzate.-
-E’ la verità.- ribatté, affranto e
infuriato. Consapevole. -Il debole è alla
mercé del più forte, è così
che funziona in natura.-
-Per gli uomini è diverso.-
-Perché pensi che lo sia, Corasan?-
Cora ridacchiò, puntandosi il dito alla tempia.
-Perché noi abbiamo questo.- disse, ostentando un ampio
sorriso, così diverso
da quello di Dofy.
-L’uomo sa discernere il bene dal male.-
In quel momento, Law pensò che l’uomo fosse un
grande agglomerato
d’incongruenze.
(Un
uomo che discerne il bene dal
male è necessariamente buono? Come può un pirata
dire queste cose?)
Piangeva, Law, depositando dei fiori sulla sua tomba.
Non gli avevano neppure permesso di vedere il suo corpo. Perché Dofy non
aveva voluto?
-Era in pessime condizioni.-
Che cazzo di scusa era?!
Non era il primo che vedeva morto, credeva che non avrebbe retto? Dofy
non
sapeva con chi aveva a che fare. L’uomo gli strinse una mano
sulla spalla
tremante di rabbia e disperazione.
-Mancherà a tutti noi.- gli disse.
Era vero, Corasan aveva lasciato un vuoto perenne nelle anime di molti.
Persino
lui, Doflamingo, aveva smesso di ridere e Vergo non aveva battuto
ciglio quando
lui gli si era avventato contro.
-Tu dov’eri quand’è successo?!- urlo Law
aggrappandosi al suo soprabito
-Dov’eri?!- tenendosi stretto a quell’ultimo
appiglio, crollò sulle ginocchia
-Dov’eri Dofy?-piagnucolò affranto.
(Non
è ipocrita?)
-Hai preso la tua decisione, quindi… -
-Sì, Dofy.- rispose un Law ormai più che
adolescente -Voglio provare a fare
esperienza per conto mio.-
L’uomo si fece pensieroso, ma celò il tutto con il
suo sempiterno sorriso. Law
sapeva che i suoi occhi nascosti dalle lenti lo stavano analizzando,
come a
rilevare un segnale di pericolo.
-Non ti causerò fastidi.- mentì spudoratamente.
E, cavolo, ci godette eccome
nel calcare il tono su quella parola. “Fastidi”.
Dare fastidio alle persone era
quello che gli riusciva meglio. Cora glielo diceva spesso che sembrava
se le
cercasse.
Glielo avrebbe detto ancora, se avesse potuto.
Voleva che sapessero, che intuissero perlomeno che lui sapeva.
Trafalgar Law non era uno scemo, sapeva ricostruire i pezzi di un
puzzle, amava
venirne a capo, qualunque fosse il quadro completo che si fosse trovato
davanti. La verità era ciò che rendeva libero
l’uomo, l’unico mezzo per
discernere il bene dal male, per scegliere se essere forti o meno.
Per scegliere come morire.
Riprese a mangiare con nonchalance, gustandosi quell’ultima
cena che sapeva di
gloria amara.
L’uccellino lasciava il nido.
Doflamingo continuava a fissarlo meditabondo, per poi assentire.
-Avrai bisogno di uomini… -
-Vorrei trovarne di miei. Corasan diceva sempre che la socializzazione
non era
il mio forte.- sorrise malinconicamente.
Doflamingo scoppiò in una piccola risata.
-Sei diventato grande… - gli disse, per poi alzare il
bicchiere per brindare
–Allora, buona fortuna, Law.-
-Law…
-
Non una parola, solo un flebile respiro.
-E’ svenuto.- constatò fra sé,
irritato, Doflamingo. Maledetto moccioso,
riusciva sempre a creargli fastidi. Non aveva ancora finito con lui,
non si era
ancora pentito abbastanza di quello che aveva combinato.
A stento represse il desiderio di stringere ancora i fili intorno al
suo corpo
per dilaniarlo. Non sarebbe stato abbastanza.
L’uomo riprese a camminare nervosamente per la stanza,
fermandosi di tanto in
tanto di fronte alla finestra per constatare che su Dressrosa regnasse
la pace.
La sua pace. Una pace fittizia, il cui vero nome è
controllo. La mancanza di
esso però porta scompiglio negli animi calcolatori e troppe
cose erano successe
perché lui, persino lui, non ne fosse turbato.
Scorse lo sguardo fino a soffermarlo sui lumacofoni immobili sul tavolo.
-Ora che entrerai in Marina, non ci vedremo per molto tempo.
Credo mi
mancherai, Vergo. Fufufufu.-
-Tsk, cerca di diventare il Re dei Pirati in fretta, Dofy.-
Ormai lo strappo alla sua tela perfetta era stato riparato, poteva
stare
tranquillo, riprendere a tessere come un ragno certosino.
-Grazie, per tutto il lavoro fatto finora.-
-…- vide il lumacofono sorridere e poi…
Un’esplosione tuonò nell’aria, facendo
tremare i vetri delle finestre.
Doflamingo alzò di scatto il viso, per tornare a scrutare
l’esterno.
Un pennacchio di fumo si levava minaccioso dalla cinta di mura. I suoi
uomini e
i soldati si mobilitarono immediatamente, per accertarsi di cosa fosse
accaduto.
Lui lo immaginava e quel pensiero non gli piacque molto.
Guardò Law che penzolava dal soffito inerme e il suo
desiderio di farlo a pezzi
crebbe a dismisura. Strinse con forza i suoi fili sulla vittima,
strappandola
dolorosamente dal sonno.
*
Era
buio, era freddo, ma in fondo,
crogiolarsi in quel nulla non era poi così male. Forse stava
morendo, perché
non sentiva quasi più nulla se non una grande desolazione.
Ma almeno era finita, pensò.
Abbandonarsi a quel silenzio e a quella pace era un’ottima
alternativa.
-Ai deboli non è concesso neppure di scegliere come
morire.-
Se così stavano le cose, era giunto il momento di farlo, non
avrebbe avuto
altre occasioni per andarsene.
-Sapevo che non ti avrebbe fatto capire niente… Sai
che un’alleanza è
l’unione di più persone che
hanno come obbiettivo la stessa cosa, vero?-
-Certo.-
-E’ probabile che l’alleanza a cui pensa Rufy sia
un po’ diversa da quella che
hai in mente tu.-
-E’ come essere amici, no?-
Poteva sentire la voce di Corasan rimproverarlo.
-Fai proprio schifo quanto a rapporti sociali, Law. Lascia
stare quel rospo
morto e vai fuori a giocare con gli altri bambini.-
Sbuffò.
Non gli piacevano i giochi stupidi e gli altri bambini erano ancora
più stupidi
dei loro giochi stupidi. A giocare con loro c’era da
rimbecillirsi totalmente!
-I rospi morti almeno mi stuzzicano il cervello, Corasan.-
-E’
probabile che l’alleanza a cui
pensa Rufy sia un po’ diversa da quella che hai in mente
tu.- ripeté la voce di Usop.
-E’ come essere amici, no?-
-A
quanto pare, era davvero convinto
della tua lealtà. Non ha voluto credermi quando gli ho
raccontato che tipo di
persona sei.-
“E’ colpa tua se sono diventato
così…” pensò Law,
mestamente, mentre voci e
frasi frammentarie si alternavano nei suoi pensieri, come scroscio di
pioggia
impietosa.
I volti dei suoi compagni affollavano la sua mente. Bepo, Penguin,
Shachi, Jean
Bart... e non solo loro, anche tutti gli altri… Wakame, Ban,
Amanda, Jamie,
Roc, Mirn… piccola Mirn, coi suoi capelli rosso Eustacchio e
quel vestitino
bianco…
Poteva vederla gettare fiori in mare per lui.
Poteva vedersi gettare fiori sulla tomba di Corasan e piangere tutte le
sue
lacrime.
“Beh, siamo alla fine… Kidd… mi spiace,
te la prenderai lo so… ” pensò, senza
tralasciare di salutare mentalmente quella testaccia rossa.
Pregò mentalmente
che almeno lui avesse più sale in zucca… ma
certo, lui aveva Killer, il pulcino
assassino dopato.
“Non fargli fare sciocchezze. E prenditi cura di Penguin, non
è così forte come
fa credere.” gli disse, come se ce l’avesse avuto
davanti. "Corasan...
perdonami... "
-E’ come essere amici, no?-
Cercò d’ignorare quella voce, dopotutto Doflamingo
aveva ragione.
-Cappello di Paglia era veramente incazzato quando ti ho
sparato. A quanto
pare era davvero convinto della tua lealtà. Non ha voluto
credermi quando gli
ho raccontato che tipo di persona sei.-
“Basta, per favore!” supplicò
appellandosi a qualunque Dio esistesse perché
ponesse fine alla sua vita in fretta, senza fargli fare la sfilata dei
rimpianti.
Ma non sentiva freddo?
Dov’era la morte quando la cercava?!
-Così, visto che ci teneva tanto, gli ho chiesto di
rimettere le cose apposto
per me.-
-E’ come essere amici, no?-
Le viscere gli si contorsero non solo per il disgusto che
provò per se stesso,
ma per quel flebile desiderio che gli stava infiammando il cuore,
proprio ad un
passo dalla fine.
Una debole, stupida speranza.
-Eh? Hai intenzione di tradirmi?-
“L’ho già fatto.”
pensò con un sorriso triste
“Però… ”
*
Urlò.
Non credeva di avere ancora la forza di farlo.
Un dolore improvviso e lacerante interruppe il filo dei suoi pensieri,
dei suoi
tormenti per trascinarlo fuori da quell’angolo buio e freddo
della sua mente,
sicuro, per quanto sfibrante.
Le carni ripresero a lacerarsi e il buio fu cancellato dalla luce dei
nervi
massacrati. Il sangue si ribellava alle sue stesse carni,
abbandonandole o
invadendo gli organi. Ormai del suo corpo restavano solo brandelli
sanguinolenti e doloranti. E ad accompagnare le sue urla
c’era la sua risata
maligna.
-Voglio che tu assista, Law.- gli disse.
“A cosa?” si sarebbe chiesto se ne avesse avuto le
forze. Gli occhi gli si
rivoltarono nelle orbite mentre boccheggiava penosamente per riprendere
aria e
sputare il sangue che lo soffocava.
-E’
come essere amici, no?-
-Torao, Toraaaaaooo!-
La voce di quel sempliciotto sovrastò persino la risata di
quel maledetto
fenicottero.
Quante volte doveva dirgli che non si chiamava Torao?
-Toraooooo!-
“Umphf… ”
Lasciò che quel richiamo invadesse i suoi pensieri, pur di
non udire il suo
riso derisorio.
Era debole, terribilmente fragile, aveva sempre saputo di esserlo e
sarebbe
stato capace di accettare la morte solo che…
Se gli era concesso un ultimo desiderio…
-Anche se dici di averli solo usati, perché questa
strategia avesse
successo, avevi bisogno di fidarti completamente di
loro. Perché credi
in loro così tanto?!-
Boccheggiò con un debole sogghigno.
Già, il pensiero del fenicottero che nuotava nella merda era
sempre una gran
goduria.
-Perché la D provocherà sicuramente
un’altra tempesta.-
Non era solo la D.
Non era solo per gli ideali e la vendetta di Corasan.
Era che…
Se poteva chiederlo, se poteva mandare un attimo a fanculo il proprio
orgoglio…
“Aiutami… ”
-TORAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!-
Wake me up inside
Save me
Call my name and save me from the dark
Law
spalancò gli occhi.
Quell’urlo riecheggiò assordante per il palazzo,
strappandolo alle tenebre
della semincoscienza.
Non era stata solo la sua immaginazione, vero?
Il volto quasi perennemente sorridente di Doflamingo era contorto in
una
smorfia rabbiosa davvero terrificante.
Law, seppure ancora incredulo ma sollevato da quella minuscola
speranza,
sorrise appena.
Credeva davvero che con le sue minacce l’avrebbe fermato?
Lui ne sapeva qualcosa circa l’egoismo quasi a livello di un
imperatore di
Rufy.
Figuriamoci se gli poteva dare ordini uno spolverino rosa con le gambe.
-TORAO DOVE SEI?-
La voce di Rufy si faceva più acuta, più vicina,
iniziava a sentire i suoi
passi pesanti, iniziava a sentire il gran casino che faceva travolgendo
tutto e
tutti.
Stava arrivando.
-E’ come essere amici, no?-
A quanto pareva…
Sorrise.
“Non
riderai
a lungo, perché noi non ci muoveremo secondo le tue
previsioni.”